Conflitto di competenza: la deminutio patrimonii “toglie le castagne dal fuoco”

Il reato di frode informatica si consuma nel momento in cui il soggetto agente ottiene il profitto ingiusto, generando contestualmente un danno patrimoniale alla persona offesa. L'art. 9 c.p.p. indica dei parametri suppletivi per la corretta individuazione del foro competente e deve essere applicato in ossequio ad un principio di residualità.

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36359/16, depositata l’1 settembre. Il caso. Il Tribunale di Milano veniva investito del rinvio a giudizio di un imputato per i reati di cui agli artt. 55, comma 9, d.lgs. n. 231/2007 utilizzo indebito di carte di credito o documenti simili e 640-ter c.p. frode informatica . Se, da una parte, non era stato accertato il luogo di commissione dell'illecito relativo all'utilizzo illecito di carte di credito, dall'altra il reato di frode informatica veniva contestato come realizzato nel luogo della deminutio patrimonii provincia di Lodi . Il Tribunale di Milano declinava la propria competenza territoriale ed ordinava la trasmissione degli atti al Tribunale di Lodi. Secondo il primo, infatti, non essendo stato determinato il locus commissi delicti per l'illecito più grave, ma essendo stato indicato in un paesino della provincia lodigiana il luogo di commissione del reato connesso e meno grave, la competenza doveva radicarsi presso il Tribunale di Lodi. Quest'ultimo, invece, facendo riferimento al disposto degli artt. 9, comma 3, e 16 c.p.p., rilevava come la competenza spettasse al Tribunale di Milano, dal momento che non era noto il luogo di commissione del reato più grave e l'imputato era residente all'estero. Un legame tra un momento dell'azione ed il territorio La Suprema Corte ha sanato il contrasto affermando la competenza del Tribunale di Lodi. Gli Ermellini hanno, preliminarmente, precisato che la consumazione dell'illecito di frode informatica deve rinvenirsi nel momento in cui il soggetto agente ottiene il profitto ingiusto, generando contestualmente un danno patrimoniale alla persona offesa. In relazione alla competenza, il Collegio ha rilevato come né l'art. 16 c.p.p., né l'art. 8, comma 1, c.p.p., forniscano spunti risolutivi per la questione. La disposizione che assume rilievo è l'art. 9 c.p.p., a parere dei Giudici del Palazzaccio infatti, elemento fondamentale è costituito dalla deminutio patrimonii, legata al profitto percepito dall'agente. Il Collegio ha precisato come, nel caso di specie, la deminutio patrimonii, avvenuta in un luogo ben identificato paesino della provincia lodigiana , crei un collegamento certo tra un momento dell'azione criminosa ed il territorio. Il dato materiale che emerge da quanto sopra, secondo gli Ermellini, soddisfa il criterio sussidiario enunciato dall'art. 9, comma 1, c.p.p L'art. 9 c.p.p., il quale indica dei parametri suppletivi per la corretta individuazione del foro competente, deve essere applicato in base ad un metodo di progressione selettiva, in ossequio ad un principio di residualità. Dal momento che è applicabile il primo comma della norma in esame, hanno chiosato i Giudici di Piazza Cavour, non può essere dato rilievo alcuno ai criteri di cui al comma successivo. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha dichiarato la competenza del Tribunale di Lodi e a tale Autorità Giudiziaria ha disposto la trasmissione degli atti.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 20 maggio – 1 settembre 2016, n. 36359 Presidente Cortese – Relatore Cairo Fatto e diritto 1. Con sentenza in data 4 dicembre 2014 il Tribunale ordinario di Milano declinava la competenza territoriale ed ordinava la trasmissione degli atti al Tribunale di Lodi, indicato come giudice competente. 1.1. Premetteva che era stato investito dei rinvio a giudizio nei conforti di Vizcaino A.Y., chiamato a rispondere dei delitti di cui agli artt. 55 comma 9 D. Lvo 231/2007 e 640 ter cod. pen. II primo reato risultava commesso in luogo indeterminato, mentre il secondo era contestato come accertato nel luogo della deminutio patrimonii. In ragione del delitto di cui all'art 640 ter cod. pen. ed in forza del combinato disposto di cui agli artt. 51 comma 3 quinquies cod. proc. pen. e dell'art. 328 comma 1 quater cod. proc. pen. si radicava la competenza distrettuale e la relativa cognizione dei Pubblico Ministero e dei giudice per l'udienza preliminare. Non derogavano, tuttavia, le previsioni in esame alla distribuzione degli affari in sede dibattimentale. Il riparto si sarebbe dovuto realizzare, secondo le regole generali ed, in particolare, in virtù dei disposto di cui all'art. 8 cod. proc. pen. Nei caso de quo, non determinato il locus commissi delicti, per il reato più grave, era stato, di converso, indicato in Codogno quello per il reato connesso e meno grave, di guisa che la competenza per territorio si sarebbe radicata in capo al Tribunale di Lodi. 1.2. Rilevata, d'altro canto, la connessione tra i due titoli di reato, ai sensi dell'art. 12 lett. b cod. proc. pen., il Tribunale di Lodi richiamava i'art 16 cod. proc. pen In particolare, annotava che la competenza sarebbe spettata al Tribunale di Milano, in ragione dell'art. 9 comma 3 cod. proc. pen., poiché il reato più grave era stato commesso in luogo ignoto e l'imputata era residente all'estero. Ha concluso, pertanto, richiedendo l'intervento della Corte regolatrice e denunciando conflitto di competenza in negativo. Osserva in diritto 1. II conflitto è ammissibile in rito, poiché entrambi i giudici rifiutano di prendere cognizione dell'affare penale ed il contrasto deve essere risolto nel senso della affermazione della competenza del Tribunale di Lodi. 1.2. II delitto di frode informatica si consuma nel momento in cui l'agente consegue l'ingiusto profitto con correlativo danno patrimoniale altrui Sez. 6, n. 3065 del 04/10/1999 - dep. 14/12/1999, P.m. e De Vecchis F, Rv. 214942 Sez.1,Sentenza n. 46101 dei 2014 . Tale principio deve essere ribadito, pur se alcuni successivi arresti massimati hanno indicato quale criterio di collegamento della competenza il luogo di esecuzione della attività manipolatoria del sistema di elaborazione dei dati o il luogo di esecuzione della alterazione del funzionamento del sistema cfr. Sez. 2, . n. 6958 del 25/01/2011 - dep. 23/02/2011, Giambertone e altri, Rv. 249660 e Sez. 3, n. 23798 del 24/05/2012 - dep. 15/06/2012, Casalini e altro, Rv. 253633 . Per vero, nei succitati casi scrutinati è dato rilevare corrispondenza cronologica e spaziale tra l'attività di frode dei soggetto attivo di alterazione o manipolazione dei sistema informatico e il conseguimento dei profitto. La tipizzazione normativa della condotta concerne, tuttavia, precipuamente il conseguimento dei profitto ingiusto, causalmente indotto in alternativa dalle condotte strumentali di alterazione dei sistema informatico e di intervento, o accesso abusivo, senza diritto con qualsiasi modalità art. 640 ter cod. pen., comma 1 . 2. Posta questa premessa nella fattispecie il criterio di soluzione della questione di competenza fissato dall'art. 16 cod. proc. pen. non si rivela risolutivo. Non si è in gado di individuare con certezza, infatti, né il locus commissi delicti relativo al reato più grave, né quello che caratterizza il primo reato. Sovvengono, pertanto, i criteri ulteriori. Non è risolutivo quello di cui all'art. 8 comma 1 cod. proc. pen., relativo alla consumazione dei reato , giacché, si disconosce sia il luogo in cui l'agente ha conseguito il profitto della truffa informatica, sia quello di indebito impiego dello strumento di pagamento. Residua, pertanto, l'art. 9 cod. proc. pen. La contestazione, su cui si deve misurare lo scrutinio in punto di competenza ratione loci, dà, tuttavia, esatto conto del luogo in cui si è verificata la deminutio patrimonii. Detto elemento è intimamente connesso alla parte finalistica della condotta, cui risulta legato, sul piano effettuale, da una relazione di stretta simmetria, rispetto al profitto perseguito e conseguito dall'agente. Detto elemento, in fatto estrinsecatosi in un luogo certo Codogno è idoneo, pertanto, ad istituire un collegamento certo tra una parte della condotta ed il territorio. Si enuclea, pertanto, un dato materiale che soddisfa il criterio di distruzione degli affari penali posto dall'art. 9 comma 1 cod. proc. pen. Deve, del resto, annotarsi che i criteri indicati dall'art. 9 cod. proc. pen., definiti regole suppletive , non risultano equipollenti, nella volutas legis. Piuttosto sono retti da un principio d'ordine sussidiario, in ragione dei quale opera la relativa prevalenza. L'operatività dei modello risolutivo di cui al primo comma parte dell'azione o dell'omissione esclude il ricorso al criterio di cui al secondo comma residenza, dimora o domicilio dell'imputato . Quest'ultimo, ancora, prevale su quello di cui al comma 3 adempimento di cui all'art. 335 cod. proc. pen. . La ratio che governa l'applicazione della disposizione è, pertanto, quella di una progressione selettiva che incede per gradi, secondo il principio di residualità. Ricorrendo elementi idonei ad istituire un collegamento certo tra fatto e territorio, secondo un criterio sovraordinato, non è possibile valorizzare altri elementi che rendano operativo il criterio succedaneo. Ciò posto, individuandosi il luogo in cui è avvenuta la deminutio patrimonii, esso istituisce un collegamento in fatto idoneo tra l'azione ed il criterio regolatore fissato dall'art 9 comma 1 cod. proc. pen. La relativa operatività esclude che si possa valorizzare quello finale e di chiusura contemplato dall'art. 9 ult. comma cod. proc. pen. Va, pertanto, dichiarata la competenza per territorio del Tribunale di Lodi. P.Q.M. Dichiara la competenza dei Tribunale di Lodi cui dispone trasmettersi gli atti. Così deciso in Roma, il 20 maggio 2016