Giudizio abbreviato di appello: sì al legittimo impedimento del difensore

Nel caso di rito abbreviato in appello il legittimo impedimento del difensore determina per il giudice la necessità di rinviare l'udienza. Se, infatti, – come nel caso di specie – il difensore non compare ma rappresenta e documenta tempestivamente il proprio impedimento a comparire, il giudice è tenuto a disporre in tal senso.

Così ha stabilito la Suprema Corte con la sentenza n. 35576/2016 depositata in cancelleria il 29 agosto. Il caso. La Corte d’appello di Ancona ha confermato parzialmente la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno con la quale l’imputato era stato condannato per il reato di cui all’art. 81, secondo comma, c.p. e del d.l. n. 463/1983, per aver omesso di versare all’INPS le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti, per le mensilità dal gennaio 2002 al dicembre 2006. La Corte territoriale ha ritenuto non doversi procedere quanto ai fatti commessi fino al giugno 2005, essendosi estinti per prescrizione, e ha rideterminato in riduzione la pena quanto ai fatti residui. Avverso la sentenza e l’ordinanza del 16 aprile 2014, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l’erronea applicazione degli artt. 420 ter e 599 c.p.p., in relazione alla ritenuta irrilevanza del legittimo impedimento del difensore nel giudizio abbreviato di appello, sull’assunto che si tratterebbe di un giudizio a partecipazione non necessaria. L’intervenuta prescrizione. I reati di cui sopra devono considerarsi estinti per intervenuta prescrizione. Come infatti era già stato chiarito dalla giurisprudenza della Suprema Corte, il presupposto per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, c.p.p., è costituito dall’evidenza che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come reato. Soltanto in tali casi la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunciare la relativa sentenza. E’ necessario però che la prova dell’innocenza dell’imputato emerga dagli atti stessi, dovendo il giudice procedere ad una mera constatazione . I presupposti dell’art. 129, comma 2, c.p.p., così delineati, non sussistono nel caso di specie, in cui la difesa non ha formulato alcuna censura in merito alla responsabilità penale e il ricorso deve essere ritenuto ammissibile, perché il primo motivo risulta fondato. La Corte chiarisce che, con lo stesso, si deduce, infatti, l’erronea applicazione degli artt. 420 ter e 599 c.p.p., in relazione alla ritenuta irrilevanza del legittimo impedimento del difensore nel giudizio abbreviato, motivata dalla Corte d’appello sul rilievo che si tratterebbe di un giudizio a partecipazione non necessaria. Legittimo impedimento. Nel caso in esame risulta che, a causa di un legittimo impedimento, il difensore non sia potuto intervenire all’udienza camerale, trattandosi di un procedimento che in primo grado si era svolto nelle forme del rito abbreviato. La Corte d’appello, senza contestare la sussistenza di detto impedimento, ha rigettato la relativa istanza di rinvio, sulla base dell’orientamento giurisprudenziale per il quale l’impossibilità per il difensore di partecipare all’udienza camerale non costituisce motivo di rinvio della stessa perché in tale procedimento non è prevista la partecipazione necessaria del pm e del difensore, con la conseguenza che l’eventuale impedimento di quest’ultimo non costituisce motivo di rinvio . Ma tale orientamento non può essere condiviso ove solo si consideri che l’art. 420, comma1, c.p.p. prevede, in relazione all’udienza preliminare, la partecipazione necessaria del difensore dell’imputato. Tale disposizione deve trovare applicazione anche nel procedimento camerale d’appello. Deve dunque affermarsi il principio secondo cui nel giudizio abbreviato di appello, soggetto al rito camerale, il legittimo impedimento del difensore impone il rinvio del procedimento. Ne deriva che, se il difensore non compare senza addurre alcun legittimo impedimento, il procedimento è celebrato senza che la mancata comparizione determini l’obbligo di provvedere ex art. 97, comma 4, c.p.p. se invece – come nel caso di specie – il difensore non compare ma rappresenta e documenta tempestivamente il proprio impedimento a comparire, il giudice è tenuto a disporre in tal senso . La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere i reati estinti per prescrizione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 aprile – 29 agosto 2016, n. 35576 Presidente Amoresano – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - La Corte d’appello di Ancona ha parzialmente confermato la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, pronunciata all’esito di giudizio abbreviato, del 5 giugno 2009, con la quale l’imputato era stato condannato, per il reato di cui agli artt. 81, secondo comma, cod. pen., e 2, del d.l. n. 463 del 1983, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 638 del 1983, per aver omesso di versare all’Inps le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti, per complessivi Euro 137.241,00, per le mensilità dal gennaio 2002 al dicembre 2006. La Corte territoriale ha dichiarato non doversi procedere quanto ai fatti commessi fino al giugno 2005, per essere gli stessi estinti per prescrizione, e ha rideterminato in diminuzione la pena quanto ai residui fatti. 2. - Avverso la sentenza e avverso l’ordinanza del 16 aprile 2014 - di rigetto dell’istanza di rinvio della trattazione del procedimento per legittimo impedimento a comparire del difensore - l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione e ha depositato successiva memoria, deducendo 1 l’erronea applicazione degli artt. 420 ter e 599 cod. proc. pen. in relazione alla ritenuta irrilevanza del legittimo impedimento del difensore nel giudizio abbreviato di appello, sull’assunto che si tratterebbe di un giudizio a partecipazione non necessaria 2 la mancata applicazione dell’indulto 3 il decorso, medio tempore, dei termini di prescrizione dei reati. Considerato in diritto 3. - Deve essere dichiarata l’estinzione dei reati per intervenuta prescrizione. 3.1. - Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, il presupposto per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. è costituito dall’evidenza, emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come reato. Solo in tali casi, infatti, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa sentenza. I presupposti per l’immediato proscioglimento devono, però, risultare dagli atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in considerazione della chiarezza della situazione processuale. È necessario, quindi, che la prova dell’innocenza dell’imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un apprezzamento , ma ad una mera constatazione . L’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio, possa essere rilevato dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece dichiarare l’estinzione del reato. In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si troverebbe nella medesima situazione, che gli impone l’obbligo dell’immediata declaratoria della causa di estinzione del reato. E ciò, anche in presenza di una nullità di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità, essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva ex plurimis, sez. 6, 1 dicembre 2011, n. 5438 sez. un., 28 maggio 2009, n. 35490, rv. 244275 sez. un., 27 febbraio 2002, n. 17179, rv. 221403 sez. un. 28 novembre 2001, n. 1021, rv. 220511 . 3.2. - I presupposti per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., come appena delineati, non sussistono certamente nel caso di specie, in cui la difesa non ha formulato alcuna censura relativa alla responsabilità penale. 3.3. - Né il ricorso può essere ritenuto inammissibile, perché il primo motivo risulta fondato. Con lo stesso si deduce, infatti, l’erronea applicazione degli artt. 420 ter e 599 cod. proc. pen. in relazione alla ritenuta irrilevanza del legittimo impedimento del difensore nel giudizio abbreviato di appello, motivata dalla Corte d’appello - con l’ordinanza di rigetto del 16 aprile 2014 - sul rilievo che si tratterebbe di un giudizio a partecipazione non necessaria. 3.3.1. - Nel caso di specie risulta pacifico che, a causa di un legittimo impedimento, il difensore non sia potuto intervenire all’udienza camerale, che è stata fissata di fronte alla Corte d’appello a norma del combinato disposto degli artt. 443, comma 4, e 599 cod. proc. pen., trattandosi di un procedimento che in primo grado si era svolto nelle forme del rito abbreviato. La Corte d’appello, senza contestare la sussistenza di detto impedimento, ha rigettato la relativa istanza di rinvio, sulla base dell’orientamento giurisprudenziale per il quale l’impossibilità, per il difensore, di partecipare all’udienza camerale non costituisce motivo di rinvio della stessa, perché in tale procedimento, non è prevista, per ragioni di speditezza e di concentrazione, intrinseche alla natura dello stesso, la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore con la conseguenza che l’eventuale impedimento di quest’ultimo non costituisce motivo di rinvio, sempre che non debba procedersi a rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ex multis, sez. 6, 19 febbraio 2009, n. 14396, rv. 243263 sez. un., 27 giugno 2006, n. 31461, rv. 234145 sez. 5, 17 febbraio 1998, n. 11269, rv. 211515 sez. 5, 22 novembre 1999, n. 5619/2000, rv. 215482 . In particolare si è più volte affermato che al procedimento camerale del giudizio abbreviato di appello non si applica l’art. 420 ter, comma 5, cod. proc. pen., che impone il rinvio del procedimento in caso di impedimento del difensore, perché in tale udienza la presenza delle parti è facoltativa e solo per l’imputato è espressamente previsto, dall’art. 599, comma 2, cod. proc. pen., che, ove abbia manifestato la volontà di presenziare alla udienza, questa deve essere rinviata in caso di suo legittimo impedimento ex plurimis, sez. 1, 24 novembre 2011, n. 6907, rv. 252401 . E in questa stessa ottica, si è affermato che il contraddittorio è assicurato, quanto al difensore, dalla notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza, con la conseguente irrilevanza dell’assenza del difensore stesso, anche se causata da un legittimo impedimento sez. 6, 19 febbraio 2009, n. 14396, rv. 243263 con la conseguenza che la nullità del procedimento per mancata comparizione del difensore consegue esclusivamente al difetto di notifica dell’avviso di fissazione di udienza sez. 5, 16 luglio 2010, n. 36623, rv. 248435 sez. 6, 23 settembre 2004, n. 40542, rv.230260 . E si tratta di un orientamento così consolidato da essere qualificato dalle Sezioni unite, che più recentemente hanno affrontato la questione, come diritto vivente sez. un. 30 ottobre 2014, n. 15232/2015 , avendo trovato in passato l’avallo delle stesse sezioni unite 27 giugno 2006, n. 31461, rv. 234145 8 aprile 1998, n. 7551, rv. 210796 . 3.3.2. - Tale orientamento non può essere condiviso, ove solo si consideri che l’art. 420, comma 1, cod. proc. pen. prevede, in relazione all’udienza preliminare, pur avendo quest’ultima natura camerale, la partecipazione necessaria del difensore dell’imputato. Tale disposizione deve infatti trovare applicazione, per identità di ratio , anche nel procedimento camerale d’appello sez. 2, 11 ottobre 2000, n. 13033, rv. 217507 . Né osta a tale conclusione il disposto dell’art. 127, comma 3, cod. proc. pen. richiamato dall’art. 599, comma 1, cod. proc. pen., a norma del quale i difensori sono sentiti se compaiono. Questa norma si limita infatti a sancire il diritto del difensore, senz’altro coessenziale alle linee fondanti del sistema accusatorio, di modellare il proprio atteggiamento processuale sulla strategia difensiva prescelta e quindi di decidere se comparire o meno all’udienza camerale, senza che la sua mancata comparizione determini alcuna conseguenza processuale. E del resto, una volta che il difensore abbia optato per una linea difensiva che preveda la comparizione all’udienza camerale, questa scelta non può essere vanificata da eventi costituenti forza maggiore e del tutto indipendenti dalla sua volontà, che gli impediscano materialmente la partecipazione all’udienza, perché la compressione del diritto di difesa che innegabilmente viene a determinarsi in questo caso, non appare giustificabile con la salvaguardia delle esigenze di celerità e snellezza proprie del rito camerale, che non possono prevalere su fondamentali istanze di garanzia dell’imputato, ineludibili quale che sia il modulo processuale adottato. Questo opposto orientamento non risulta, del resto, in contrasto con quanto affermato dalle sezioni unite di questa Corte che, di recente, hanno trattato del problema dell’adesione del difensore all’astensione deliberata dagli organi di categoria. Ed infatti le sezioni unite hanno prospettato l’esistenza di dubbi di costituzionalità della tesi interpretativa maggioritaria, pur ritenendo la questione irrilevante ai fini della tematica nella specie esaminata, sul rilievo che l’adesione del difensore all’astensione non è riconducibile alla nozione di legittimo impedimento sez. un. 30 ottobre 2014, n. 15232/2015, punto 7 del Considerato in diritto . Come ampiamente evidenziato da sez. 6, 21 ottobre 2015, n. 10157/2016, rv. 266531, la diversa soluzione, qui condivisa, appare più conforme ai principi costituzionali, dai quali discende che la possibilità di un adeguato esercizio del diritto di difesa deve essere comunque assicurata, in qualunque modulo procedimentale e in qualunque fase processuale. E tale conclusione si impone a maggior ragione laddove la regiudicanda si trovi in fase decisoria e si discuta, quindi, della fondatezza dell’imputazione, come nel giudizio abbreviato, che, tanto in primo grado che in appello, attribuisce al giudice la piena cognizione del merito dell’accusa, con la conseguente necessità di esaminare approfonditamente e di sottoporre ad un adeguato vaglio dialettico, nel contraddittorio delle parti, ogni risultanza acquisita. In altri termini, la necessità del contraddittorio è da ritenersi ineludibile allorché la decisione abbia per oggetto la responsabilità dell’imputato, la qualificazione giuridica del fatto ed ogni altra questione di merito. Ed appare difficile sostenere che, laddove si assuma che il legittimo impedimento a comparire del difensore sia irrilevante, il contraddittorio possa non ritenersi vulnerato. Basti pensare alla possibilità, che è data al giudice d’appello dall’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., di disporre d’ufficio la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, qualora questa sia assolutamente necessaria, anche nell’ambito del giudizio abbreviato di appello ex plurimis, sez. 1, 14 gennaio 2016, n. 8316, rv. 266145 . Né è sostenibile che l’interpretazione contraria trovi fondamento nel disposto dell’art. 599, comma 2, cod. proc. pen. Infatti tale disposizione, che prevede il rinvio dell’udienza in caso di legittimo impedimento dell’imputato che abbia manifestato la volontà di comparire, non esclude espressamente che il rinvio possa essere disposto in presenza di un legittimo impedimento del difensore. Si tratta, del resto, di una norma del tutto estranea alla problematica inerente al legittimo impedimento del difensore, come si evince dal tenore testuale della disposizione, nella quale manca ogni riferimento a questo soggetto processuale con la conseguenza che da essa non può ricavarsi alcun argomento né a favore né contro l’opzione ermeneutica relativa alla rilevanza dell’assoluto impedimento a comparire del difensore, nei giudizi camerali. Deve dunque riaffermarsi il principio secondo cui, nel giudizio abbreviato di appello, soggetto al rito camerale, il legittimo impedimento del difensore impone il rinvio del procedimento. Ne deriva che, se il difensore non compare senza addurre alcun legittimo impedimento, il procedimento è celebrato senza cha la mancata comparizione determini l’obbligo di provvedere ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen. se invece - come nel caso qui in esame - il difensore non compare ma rappresenta e documenta tempestivamente il proprio impedimento a comparire, il giudice è tenuto, in presenza di tutte le condizioni di legge, a disporre in tal senso. 4. - La violazione del contraddittorio posta in essere dalla Corte d’appello comporterebbe l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, ma il nuovo giudizio che ne scaturirebbe risulta precluso dalla necessità dell’immediata declaratoria della prescrizione dei reati contestati. Si tratta, infatti, di omissioni contributive, l’ultima delle quali è stata commessa il 16 gennaio 2007 a partire da tale data, deve essere computato il termine complessivo di sette anni e sei mesi, applicabile ai sensi degli artt. 157, primo comma, e 161, secondo comma, cod. pen., cui deve essere sommato il termine dilatorio di tre mesi previsto dalla disposizione incriminatrice, giungendosi così alla data del 16 ottobre 2014, comunque precedente alla pronuncia della presente sentenza. La sentenza impugnata deve, perciò, essere annullata senza rinvio, perché i reati sono estinti per intervenuta prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere i reati estinti per prescrizione.