Giudicato cautelare: copre le questioni trattate ma non quelle deducibili e non dedotte

L’effetto preclusivo del cd. giudicato cautelare è superabile dalla prospettazione di nuovi elementi di valutazione e inquadramento dei fatti, acquisiti a seguito di ulteriori sviluppi delle indagini e anche qualora riguardanti circostanze precedenti alla decisione preclusiva.

In questo senso la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35470/16, depositata il 25 agosto. Il caso. Il Tribunale di Napoli, quale giudice del riesame, confermava con ordinanza il provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari con cui veniva applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di due indagati un uomo ed una donna . Oggetto dell’imputazione provvisoria era il reato di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti aggravata ex art. 7 l. n. 203 del 1991 dal metodo mafioso”, associazione in cui gli indagati avevano avuto il ruolo di partecipi. Il predetto Tribunale del riesame annullava, invece, l’ordinanza cautelare in relazione all’altra contestazione di appartenenza all’associazione camorrista. Associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. L’ordinanza applicativa della misura cautelare aveva descritto l’esistenza e l’operatività dell’associazione per delinquere dedita al narcotraffico in contrapposizione armata con un altro gruppo criminale. I collaboratori di giustizia avevano fornito elementi relativi ai fatti oggetto di indagine giudiziaria e tali dichiarazioni erano state riscontrate da altre dichiarazioni rese da ulteriori collaboratori nonché dall’attività di polizia giudiziaria e da intercettazioni da cui emergeva, tra l’altro, che l’indagata aveva il compito di custodire e distribuire alle famiglie dei detenuti le somme destinate al pagamento degli affiliati al sodalizio percependo, per questa attività, la somma di euro 500 a settimana. Il precedente cautelare naufragato”. Il giudice per le indagini preliminari, in un primo momento, aveva rigettato la richiesta di misura cautelare proposta dal pubblico ministero motivando nel senso della mancanza di gravità indiziaria per assenza di dichiarazioni convergenti. Si escludeva, in quella sede, la sussistenza di gravi indizi in ordine alla partecipazione all’associazione camorrista. Misure cautelari equilibri tra pubblico ministero e G.I.P. Come noto, le misure cautelari sono richieste dal pubblico ministero che presenta al giudice elementi a sostegno della richiesta. Il giudice per le indagini preliminari ha funzione di garanzia in materia di libertà personale. Tale garanzia è attivabile ad istanza di parte e con il compito di vagliare la domanda cautelare. Dopo aver adempiuto tale compito, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero che è dominus dell’azione penale e della fase di provvista” degli elementi investigativi necessari per l’esercizio del potere-dovere di indagine. Nessun effetto preclusivo al provvedimento di rigetto. Gli indagati avevano lamentato davanti al Tribunale del riesame la sussistenza di un giudicato cautelare consistente nel provvedimento di rigetto della prima richiesta di misura cautelare. Tuttavia, il Tribunale del riesame negava efficacia preclusiva al precedente provvedimento di rigetto della misura cautelare emesso dal giudice per le indagini preliminari. La Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale del riesame osservando che non rileva la circostanza che nel fascicolo delle indagini fossero contenuti materialmente i verbali delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia se il pubblico ministero non li utilizzò a sostegno della prima respinta richiesta di ordinanza cautelare. Giudicato cautelare. Come noto, al fine di garantire la stabilità dei provvedimenti cautelari, una volta esperiti tutti i mezzi di impugnazione previsti dal codice di procedura penale avverso i provvedimenti cautelari, o trascorsi inutilmente i termini previsti per l’impugnazione, si forma il cd. giudicato cautelare. La ratio di tale giudicato” obbedisce ad esigenze di economia processuale nel senso che si vuole evitare la riproposizione di istanze aventi ad oggetto una stessa misura cautelare, fondate sugli stessi presupposti già vagliati dal giudice dell’impugnazione e respinte. Preclusione superabile per elementi nuovi. L’effetto del cd. giudicato cautelare si sostanzia nel fatto che si verifica una preclusione che deriva da una precedente pronuncia in sede di riesame. Tale definizione” può essere superata solo dalla prospettazione di nuovi elementi di valutazione e inquadramento dei fatti, acquisiti a seguito di ulteriori sviluppi delle indagini e anche qualora riguardanti circostanze precedenti alla decisione preclusiva. La ragione risiede nella circostanza per cui la decisione preclusiva involge solo le questioni trattate esplicitamente o implicitamente e non anche quelle deducibili ma non dedotte. Nuovi elementi nella nuova richiesta di ordinanza cautelare. Nel caso in scrutinio la prima richiesta di emissione di misura cautelare del pubblico ministero rigettata dal giudice per le indagini preliminari si fondava su un compendio indiziario scarno e non comprendeva le dichiarazioni di 3 collaboratori di giustizia che descrivevano la posizione degli indagati ricorrenti né comprendeva le dichiarazioni di altro soggetto in quanto non ancora acquisite al fascicolo delle indagini. La seconda richiesta, però, si basava su ulteriori e nuovi elementi specificamente valorizzati a sostegno dell’emissione dell’ordinanza cautelare. La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso, osserva che non è significativo che nel corpo della precedente richiesta di ordinanza cautelare i collaboratori di giustizia avessero fatto sporadici accenni agli indagati nell’ipotesi in cui – come in concreto era avvenuto – tali dichiarazioni non erano state valorizzate quali indizi a carico degli indagati. Rispetto a dette dichiarazioni utilizzate nella successiva richiesta di ordinanza cautelare non sussisteva, pertanto, alcuna preclusione che impedisse di valutarle a sostegno dell’emissione dell’ordinanza custodiale.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 marzo – 25 agosto 2016, n. 35470 Presidente/Relatore Novik Rilevato in fatto 1. Con ordinanza del 7 dicembre 2015, depositata il 13 gennaio 2016, il Tribunale di Napoli, investito ai sensi dell'art. 309 cod. proc. pen., confermava, per quanto qui rileva, il provvedimento emesso dal G.i.p. dei Tribunale di Napoli con cui veniva applicata la misura della custodia in carcere nei confronti di S. C. e P.M., in ordine al reato di cui al capo B associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, aggravata dall'art. 7 Legge 203 del 1991, con il ruolo di partecipi, in Napoli e altrove dal 2006 e condotta perdurante. Il tribunale annullava invece l'ordinanza cautelare in relazione al capo concernente la contestazione di appartenenza alla associazione camorrista ex art. 416-bis cod. pen. 2. Richiamata per sommi capi l'ordinanza dei G.i.p., che aveva dato conto dell'esistenza e dell'operatività dell'associazione per delinquere indicata al capo B , composta dalla coalizione V.G.-M.-L., dedita principalmente al narcotraffico, in contrapposizione armata al gruppo A. A.-N., il riesame evidenziava gli apporti conoscitivi forniti dai collaboratori di giustizia sulle vicende oggetto dell'indagine giudiziaria, rimarcando in particolare quelle rese dai L., soggetti con ruoli di vertice. Evidenziava che dette dichiarazioni, erano state riscontrate da quelle di altri collaboratori, dalle attività di polizia giudiziaria e da intercettazioni. 3. In via preliminare, il riesame negava l'efficacia preclusiva al precedente provvedimento di rigetto di misura cautelare emesso dal G.i.p., che aveva rilevato la mancanza di gravità indiziaria a carico di C. e M. per assenza di dichiarazioni accusatorie convergenti. Rilevava, sul punto, che non era stato dimostrato che il Pm avesse sottoposto all'attenzione del G.i.p. i verbali integrali delle dichiarazioni rese da A. e F. L. e A. D.R., e non soltanto singoli stralci di esse inoltre, il Pm al momento della richiesta cautelare nemmeno disponeva delle dichiarazioni di A.A Detti collaboranti avevano ricostruito dettagliatamente il ruolo svolto da C. e M. all'interno del sodalizio dedito al narcotraffico e convergevano con le precedenti dichiarazioni, già acquisite, di L. A. e G. sull'organico inserimento di costoro nel settore dello spaccio. Come detto, il riesame escludeva che dai fatti emergessero gravi indizi in ordine alla partecipazione all'associazione camorrista, non avendo nessuno dei collaboratori saputo indicare il ruolo specifico assunto da C. e M. all'interno dei clan L 3.1. In ordine alla gravità indiziaria, quanto a C., il riesame richiamava le convergenti dichiarazioni rese da A. L., F. L. e A. D.R. circa il controllo che costui, soprannominato S. o Totore Berman , con la collaborazione di M. N. esercitava sulla Vela Celeste. Dette dichiarazioni erano attendibili e attribuivano efficacia dimostrativa a quelle di A. e G. L. che avevano indicato e individuato C. come il gestore della Vela. Richiamava ancora le dichiarazioni de relato di A.A. e le intercettazioni ambientali eseguite all'interno dell'autovettura di R. M., che ne avevano confermato il ruolo. 3.2. Quanto alla M., veniva richiamato l'identico apparato dichiarativo da cui risultava che la donna custodiva e distribuiva alle famiglie dei detenuti le somme destinate al pagamento degli affiliati al sodalizio, percependo per questa attività lo stipendio di € 500 alla settimana. 4. Avverso quest'ordinanza, C. e M. hanno proposto ricorso per cassazione a mezzo del comune difensore di fiducia, chiedendone l'annullamento, per la violazione di legge, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione. In particolare, la difesa sostiene che la nuova ordinanza di custodia cautelare sia stata emessa in violazione della preclusione costituita dal giudicato cautelare. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia erano già contenute nel fascicolo trasmesso al G.i.p. in funzione della prima ordinanza cautelare. L'ordinanza pertanto era illegittima laddove aveva ritenuto che il divieto dei bis in idem si formasse soltanto in relazione alle questioni ed agli elementi di prova esplicitamente dedotti, e non anche in relazione a quelli implicitamente oggetto di valutazione perché contenuti nel fascicolo del giudice. Le dichiarazioni di A. non avevano aggiunto nulla di nuovo, né il collaboratore aveva riferito alcunché sulla posizione di M. quelle a carico di C. erano generiche e apprese de relato, senza specificazione della fonte. La difesa contrasta l'affermazione del riesame sulla mancata conoscenza da parte del giudice dei verbali delle dichiarazioni dei collaboratori e ritiene sufficiente che le dichiarazioni fossero contenute nel fascicolo trasmesso dal Pm rimarca di aver indicato nei motivi di riesame come tali propalazioni fossero citate nella richiesta del Pm e nel provvedimento dei G.i.p. all'atto dell'emissione della prima ordinanza. Ai fini dell'autosufficienza allega le pagine di atti dei procedimento pp. 1, 44, 59, 1241 . Considerato in diritto 1. II ricorso è infondato. 1.1. La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di giudicato cautelare. Secondo tali principi, al fine di garantire la stabilità dei provvedimenti cautelare, si ritiene che, una volta esperiti tutti i mezzi di impugnazione previsti dal codice di rito avverso le misure cautelari, o trascorsi inutilmente i termini per presentarli, si formi una sorta di giudicato cd. giudicato cautelare . L'operazione risponde a chiare necessità di economia processuale si vuole evitare la riproposizione di istanze aventi ad oggetto una stessa misura cautelare, fondate sugli stessi presupposti già vagliati dal giudice dell'impugnazione e respinte. La preclusione derivante da una precedente pronuncia in sede di riesame può essere superata dalla prospettazione di nuovi elementi di valutazione ed inquadramento dei fatti, acquisiti da ulteriori sviluppi delle indagini, pur se riguardanti circostanze precedenti alla decisione preclusiva Sez. 6, n. 4112 del 30.11.2006, imp. Di Silvestro, Rv. 235610 , in quanto essa involge solo le questioni, esplicitamente o implicitamente, trattate e non anche quelle deducibili e non dedotte . 1.2. In questa prospettiva, va ricordato che, come emerge dall'ordinanza impugnata, la prima richiesta cautelare dei Pm si fondava su un più scarno compendio indiziario e non comprendeva le dichiarazioni dei collaboratori A. e F. L. e A. D.R., che dettagliavano la posizione dei ricorrenti non erano state ancora nemmeno acquisite le dichiarazioni di A 1.3. Ai sensi dell'art. 291, comma 1, cod. proc. pen., le misure sono disposte su richiesta del pubblico ministero che presenta al giudice gli elementi su cui si fonda. Il Giudice per le indagini preliminari ha in materia di libertà personale una funzione di garanzia, attivabile ad istanza di parte e secondo le attribuzioni previste dalla legge con il solo compito di vagliare la `domanda cautelare , esaurito il quale restituisce gli atti del processo al pubblico ministero, dominus dell'azione penale e, quindi della fase di provvista degli elementi necessari per l'esercizio del potere-dovere di investigazione. A nulla quindi rileva che nel fascicolo delle indagini fossero contenuti materialmente ì verbali delle dichiarazioni di A. e F. L., se di esse il Pm non tenne nessun conto nella presentazione della prima richiesta, non valutandole in relazione alle specifiche posizioni dei ricorrenti, respinta dal G.i.p. Come correttamente rilevato dal tribunale, ed emerge dagli stralci di atti allegati al ricorso, non è significativo che nel corpo della richiesta del Pm i collaboratori avessero fatto sporadici accenni anche ai ricorrenti, se queste dichiarazioni non sono state valorizzate quali indizi a loro carico. Nessuna preclusione pertanto sussisteva a che le dette dichiarazioni, unitamente a quelle di A. e D.R., fossero positivamente scrutinate ai fini dell'emissione dell'ordinanza in esame. 1.4. Venuto meno questo presupposto, nel caso in esame, i giudici di merito hanno dato conto dei gravi indizi di colpevolezza richiamando le precise e attendibili deposizioni dei collaboratori di giustizia, sul ruolo dei ricorrenti nell'organizzazione dedita allo spaccio dì droga nei termini riportati sub 3.1. e 3.2. del fatto , siccome indicativo di una condotta di partecipazione, che richiede la messa a disposizione del soggetto rispetto al gruppo criminale, e un rapporto di collaborazione stabile e continuativo ai fini del perseguimento degli scopi illeciti della consorteria, con la coscienza e volontà di far parte dell'organizzazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto del commercio di droga. 2. II ricorso va dunque respinto con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario, ai sensi dell'articolo 94, co. 1-ter, disp. att. C.P.P.