Soggetto che emette fatture false e soggetto che si avvale di dette fatture: le condotte sono “autonome”

In materia di emissione di fatture per operazioni inesistenti, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può essere disposto sui beni dell’emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture medesime poiché il regime derogatorio previsto dall’art. 9 del d.lgs. n. 74/2000 impedisce l’applicazione del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 35459/16, depositata il 24 agosto. Il caso. Il gip del Tribunale di Napoli disponeva nei confronti di un noto procuratore sportivo il sequestro del profitto del reato per aver lo stesso emesso fatture false per operazioni inesistenti, al fine di consentire ad una società di calcio di evadere l’Iva e agli atleti di evadere le imposte, tenendo per sé il vantaggio consistente nella conclusione del contratto di cessione. Con ordinanza, il Tribunale di Napoli rigettava l’istanza di riesame proposta dall’indagato e confermava il predetto decreto. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il procuratore sportivo. Due condotte diverse. L’indagato argomenta che il Tribunale aveva erroneamente accomunato la posizione del soggetto emittente le fatture con quella del soggetto utilizzatore delle stesse soggettivamente inesistenti, in quanto al giudice della cautela è normativamente precluso sottoporre a sequestro i beni del soggetto che, in tesi, si sarebbe reso responsabile dell’emissione di fatture solo soggettivamente inesistenti. Il Tribunale, pertanto, nell’accomunare le due posizioni ha erroneamente applicato il principio solidaristico di cui all’art. 110 c.p No all’applicazione del principio solidaristico. La Suprema Corte ritiene di dover accogliere il ricorso. Richiama infatti la disposizione dell’art. 9 del d.lgs. n. 74/2000 laddove stabilisce, in deroga alle disposizioni dell’art. 110 c.p., che l’emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’art. 2 che chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’art. 8 . Dunque la condotta posta in essere dal soggetto che emette le fatture per operazioni inesistenti e quella di chi si avvale di dette fatture sono autonome” e non danno luogo ad un illecito plurisoggettivo, sicché non può trovare applicazione il principio solidaristico secondo cui vi è riparto tra i correi del profitto conseguito. La Suprema Corte ha pertanto affermato il principio di diritto secondo cui in materia di emissione di fatture per operazioni inesistenti, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può essere disposto sui beni dell’emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall’art. 9 del d.lgs. n. 74/2000 – escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e che se ne avvale – impedisce l’applicazione del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo . Secondo la Cassazione, emittente e utilizzatore conseguono profitti differenti da quantificare autonomamente e, dovendosi escludere il concorso, in capo a chi ha emesso le fatture è irrilevante l’imposta evasa.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 luglio – 24 agosto 2016, numero 35459/16 Presidente Amoresano – Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con decreto 21.12.2015 il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli disponeva nei confronti di M.A. , indagato per i reati di cui agli artt. 4 e 8 d.lgs. 74/2000 perché, in qualità di procuratore sportivo ed in occasione di trasferimenti di calciatori da una società ad un’altra agendo fittiziamente nell’interesse della società sportiva pur essendo il procuratore dei calciatori interessati a trasferimenti da una società sportiva ad un’altra, emetteva fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire alla società di calcio di evadere l’IVA e al calciatore di evadere l’IRPEF traendo per sé il vantaggio consistente nella conclusione del contratto di cessione e per aver reso una dichiarazione infedele al fisco non dichiarando quale imponibile la fattura emessa nei confronti del calciatore L.I.E. in occasione del suo trasferimento dal al omissis , il sequestro del profitto del reato della complessiva somma di denaro di Euro 1.164.223,56 nella sua disponibilità e nel caso in cui tale somma, profitto diretto del reato, non venisse rinvenuta nella sua disponibilità immediata il sequestro per equivalente della somma equivalente al predetto profitto del reato sui beni del valore equivalente nella disponibilità dell’indagato. Con ordinanza del 16.2.2016, il Tribunale di Napoli rigettava l’istanza di riesame proposta dall’indagato e confermava il predetto decreto. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione M.A. , per il tramite dei difensori di fiducia, articolando quattro motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. penumero . Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 8 e 9 del d.lgs. 74/2000. Argomenta che il Tribunale erroneamente accumunava la posizione del soggetto emittente con quella del soggetto utilizzatore delle fatture soggettivamente inesistenti, in quanto al giudice della cautela è normativamente precluso sottoporre a sequestro i beni del soggetto che, in tesi, si sarebbe reso responsabile dell’emissione di fatture solo soggettivamente inesistenti il Tribunale, pertanto, nell’accomunare la posizione del soggetto emittente con quella del soggetto utilizzatore ha erroneamente applicato il principio solidaristico di cui all’art. 110 cod. penumero il soggetto emittente risponde del reato di cui all’art. 8 del d.lgs. 74/2000 mentre il soggetto utilizzatore risponde del diverso reato di cui all’art. 2 del d.lgs. 74/2000 ed il successivo art. 9 esclude espressamente qualsiasi ipotizzabilità del concorso di persone tra questi due soggetti agenti. Con il secondo motivo deduce violazione di legge per omessa motivazione in relazione agli artt. 8 e 9 del d.lgs. 74/2000. Argomenta che in caso di sequestro preventivo di cui all’art. 321 comma 1 cod.proc.penumero il giudice del riesame deve valutare le concrete risultanze processuali e l’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti e non limitarsi alla astratta configurabilità del reato nella specie il Tribunale, nonostante specifica doglianza della difesa, non offriva alcuna motivazione in ordine al regime di cui all’art. 9 d.lgs. 74/2000 che esclude la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli artt. 8 e 9 del dlvo 74/2000. Argomenta che il Tribunale non indicava in maniera precisa e coerente l’entità del profitto attribuibile al M. , elemento necessario per la disposizione di un sequestro finalizzato alla confisca. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e difetto di motivazione in ordine all’art. 4 del d.lgs 74/2000 e 7 sexies comma 1 lett. a del dpr 633/1972. Argomenta che erroneamente il Tribunale riteneva che la prestazione resa dal M. in favore del calciatore L. si connotasse quale mediazione in quanto essa deve, invece, qualificarsi quale prestazione di natura mista in quanto contiene in sé sia le caratteristiche dell’intermediazione pura sia le caratteristiche del mandato pertanto, essa, pertanto, non rientra nella deroga di cui all’art. 7 sexies comma 1 lett. a del dpr numero 633/1972. Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con restituzione dei beni in sequestro. Il Procuratore Generale presso questa Suprema Corte ha rassegnato ex art. 611 cod. proc. penumero proprie conclusioni, con le quali ha chiesto annullamento con rinvio limitatamente al profitto illecito di cui all’art. 8 d.lgs. 74/2000. Considerato in diritto 1. Va preliminarmente esaminato il quarto motivo di ricorso, che si profila inammissibile. Il ricorrente, pur deducendo formalmente violazione di legge, propone sostanzialmente censure attinenti il merito delle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato. Va ricordato che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice Sez. U, numero 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 Sez. 5, numero 43068 del 13.10.2009, Rv. 245093 sez. 6, numero 6589 del 10.1.2013, Rv. 254893 . Il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell’art. 325, comma 1 cod. proc. penumero , quindi, può essere proposto solo per mancanza fisica della motivazione o per la presenza di motivazione apparente, ma non per mero vizio logico della stessa, Sez. 5, numero 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129 . 2. Vanno, quindi, esaminati congiuntamente i primi tre motivi di ricorso in quanto involgono tutti censure afferenti violazioni di legge con riferimento al sequestro disposto in relazione alle imputazioni provvisorie per il reato di cui all’art. 8 d.lgs. 74/2000. 2.1. Le censure, come riferite alla individuazione del profitto illecito relativo alle condotte di cui all’artt. 8 dlvo 74/2000, sono fondate. 2.2. Le Sezioni Unite di questa Corte Sez. U,numero 26654 del 27/03/2008, Rv. 239926 hanno affermato che di fronte ad un illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che informa la disciplina del concorso nel reato e che implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente. Più in particolare, perduta l’individualità storica del profitto illecito, la confisca di valore può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato entro logicamente i limiti quantitativi dello stesso , non essendo esso ricollegato all’arricchimento di uno piuttosto che di un altro soggetto coinvolto, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito, senza che rilevi il riparto del relativo onere tra i concorrenti, che costituisce fatto interno a questi ultimi. Il principio solidaristico non trova, però, applicazione nel caso, come quello in esame, relativo alla condotta posta in essere dal soggetto che emette fatture per operazioni inesistenti art. 8 d.lvo 74/2000 in relazione alla condotta posta in essere di chi si avvale delle stesse fatture art. 2 dlvo 74/2000 . Il d.lgs. numero 74 del 2000, art. 9, stabilisce, infatti, che In deroga all’art. 110 del codice penale a l’emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’art. 2 b chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’art. 8 . La condotta posta in essere dal soggetto che emette le fatture per operazioni inesistenti d.lgs. numero 74 del 2000, art. 8 e quella di chi si avvale di dette fatture d.lgs. numero 74 del 2000, art. 2 sono autonome e non danno luogo ad un illecito plurisoggettivo il concorso nel reato è anzi espressamente escluso dal legislatore , sicché non può trovare applicazione il principio solidaristico con conseguente irrilevanza del riparto tra i correi del profitto conseguito affermato dalle Sezioni Unite. Questa Corte ha, quindi, affermato il principio di diritto, secondo cui, in materia di emissione di fatture per operazioni inesistenti, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può essere disposto sui beni dell’emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall’art. 9 D.Lgs. numero 74 del 2000 - escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale - impedisce l’applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo. Sez.3,numero 42641 del 26/09/2013, Rv.257419 . 2.3. Deve, poi, rilevarsi che la determinazione del profitto del reato in relazione al delitto di cui all’art. 8 dlvo 74/2000 deve tener conto che l’emissione di fatture per operazioni inesistenti è funzionale all’evasione da parte di terzi e non genera un diretto vantaggio economico a favore dell’emittente in relazione al risparmio di imposta. Questa Corte ha, infatti, affermato che per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, debba farsi riferimento non tanto al profitto quanto al prezzo del reato, venendo in considerazione per l’emittente il compenso pattuito o riscosso per eseguire il delitto, essendo prezzo del reato ciò che è dato o promesso per commetterlo. Solo in mancanza di acquisizioni processuali che consentano di determinare esattamente il prezzo del reato deve ritenersi corretto il sequestro preventivo, anche per equivalente, con riferimento a qualsiasi utilità, economicamente valutabile, immediatamente o mediatamente derivante dalla commissione del reato tributario Sez. 3, numero 50310 del 18/09/2014, Rv. 261517 . 3. Nella specie, il Collegio cautelare, nonostante le specifiche censure difensive, nel confermare la legittimità del sequestro, non individua il profitto o il prezzo del reato riferibile alle condotte criminose di cui all’art. 8 dlvo 74/2000 se non con riferimento ad un generico vantaggio che sarebbe consistito nella retribuzione per la conclusione di un affare, che a diverse condizioni non si sarebbe perfezionato attribuisce, inoltre, il profitto illecito conseguente alla commissione del reato di cui all’art. 2 dlvo anche all’autore del reato di cui all’art. 8 dlvo 74/2000, in violazione della normativa di cui all’art. 9 dlvo 74/2000 e richiamando erroneamente il principio di diritto espresso dalle Sez. U, numero 26654 del 27/03/2008, Rv. 239926, posto a base del provvedimento genetico. 4. Tali omissioni motivazionali ed errori di diritto viziano l’ordinanza impugnata, che va annullata con rinvio al Tribunale di Napoli che procederà a nuovo esame sul punto, tenendo conto dei rilievi e dei principi di diritto suesposti. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli.