Patteggia per bancarotta societaria e omessa dichiarazione dei redditi: legittima la confisca per equivalente

In materia di reati tributari il valore della somma evasa costituisce il profitto del reato e, pertanto, la misura del valore dei beni da sottoporre a confisca per equivalente.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 35215/2016, depositata il 22 agosto. Il caso. L’imputata patteggiava la pena davanti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani per avere, in concorso con altri soggetti, commesso i reati di bancarotta societaria e violazione della legge tributaria omessa dichiarazione dei redditi” . La sentenza di applicazione pena su richiesta delle parti pronunciata dal Gip produceva la sospensione condizionale della pena e la confisca per equivalente di beni immobili in sequestro per un valore di oltre 500 mila euro, valore equivalente all’entità della somma evasa così come quantificata dalla polizia giudiziaria. La confisca è legittima? Oggetto della censura davanti al Giudice di legittimità è la confisca del profitto del reato. La difesa sosteneva, infatti, l’inapplicabilità ratione temporis della norma sulla confisca in relazione al profitto del reato perché i fatti contestati erano stati posti in essere in un’epoca anteriore all’entrata in vigore della legge di contrasto alla corruzione n. 190/2012 che ha modificato la norma sulla confisca per equivalente. La confisca nei reati tributari. Rispetto ai reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto non soltanto per il prezzo ma anche per il profitto del reato. Invero, la legge 24 dicembre 2007 n. 244 Legge finanziaria 2008” entrata in vigore l’1 gennaio 2008 ha fatto rinvio integrale alle disposizioni sulla confisca prevista dall’art. 322- ter c.p. confisca per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione . A seguito della commissione di reati tributari, quindi, può essere disposta la confisca per equivalente rispetto ai quali viene in rilievo il profitto, cioè il vantaggio economico che il reo lucra dalla commissione di tali reati. La disposizione di cui all’art. 322- ter c.p. è stata modificata ad opera del legislatore del 2012 che ha esteso il parametro di riferimento del valore corrispondente dal prezzo anche al profitto del reato. L’estensione pare motivata dall’esigenza di consentire l’operatività del sequestro per equivalente del profitto riguardo quelle ipotesi in cui l’esclusivo riferimento al prezzo non consentiva di estendere oltre al prezzo l’oggetto della confisca. Le spinte sovranazionali verso l’estensione della confisca al profitto del reato. La menzionata modifica normativa costituisce la risposta alle sollecitazioni provenienti dagli organismi della comunità internazionale e dell’Unione Europea volte all’adozione delle misure necessarie a consentire la confisca di strumenti o proventi o di beni il cui valore corrisponda ai proventi dei reati. Natura della confisca. La giurisprudenza è solita attribuire alla confisca per equivalente natura di misura di sicurezza patrimoniale con carattere sanzionatorio giacché si tratta di una forma di prelievo pubblico volta a compensare prelievi illeciti. Tuttavia, di recente, altra giurisprudenza ha particolarmente valorizzato la dimensione sanzionatoria della misura ablativa affermando trattarsi di vera e propria sanzione penale e non misura di sicurezza . In proposito si è sottolineata l’indifferenza rispetto all’attitudine pertinenziale tra reato tipica delle misure di sicurezza reali e beni confiscati e altresì rispetto alla pericolosità sociale del soggetto o della cosa. In altri termini, l’intervento ablatorio dello Stato assicura alla misura una incisiva capacità di diminuire e neutralizzare i benefici economici ritraibili dal reo a seguito della propria condotta criminosa senza richiedere un collegamento tra beni e reato. Non è necessario un collegamento tra bene confiscato e reato commesso se la confisca è indiretta”. Il legislatore della riforma del 2012, inoltre, pare aver rotto con il meccanismo secondo cui vi doveva essere un collegamento tra bene e reato che pare del tutto superato là dove, nell’ammettere la confisca indiretta o di valore” o per equivalente” il riferimento al prezzo o al profitto sembra rilevare unicamente quale parametro per determinare il valore per equivalente” da sottoporre ad ablazione in sostituzione del provento del reato non rinvenibile nel patrimonio del reo . Di qui, secondo alcuni, la conferma della natura di pena e non di misura di sicurezza della confisca nella sua proiezione per equivalente”. Reati tributari e responsabilità degli enti. In tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, nel 2014 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno precisato che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente” non può essere disposto sui beni dell’ente, salvo che questo sia privo di autonomia e costituisca solo uno schermo fittizio attraverso il quale il reo agisca quale effettivo titolare dei beni. È invece legittimo il sequestro del profitto rimasto nella disponibilità della persona giuridica, derivante dal reato tributario commesso dal suo legale rappresentante in quanto l’ente non è persona estranea” al reato perché partecipa all’utilizzazione degli incrementi economici che sono conseguenza della commissione del reato commesso da un organo. In tal caso, tuttavia, si tratta di confisca diretta. Scrutinando il caso in esame, la Suprema Corte non reputa, pertanto, condivisibile l’assunto difensivo secondo cui la confisca del denaro o di altri beni direttamente riconducibili al profitto del reato tributario commesso da un organo della persona giuridica sarebbe possibile solo quando tale profitto si trovi nella disponibilità dell’ente, residuando la possibilità di disporre la confisca per equivalente” nella misura del profitto del reato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 maggio – 22 agosto 2016, n. 35215 Presidente Grillo – Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il Tribunale di Trapani ha applicato a C.M. la pena di anno uno e mesi otto di reclusione, dalla stessa richiesta, per i reati di cui agli artt. 110 co. pen., 216, comma 1, e 223 R.D. n. 216/1942, 110 cod. pen e 5 d.lgs. 74/2000, con la sospensione condizionale della pena e la confisca ai sensi dell’art. 322 ter cod. proc. pen. dei beni immobili in sequestro fino all’ammontare di Euro 537.134,82, pari all’entità della somma evasa così come quantificata dalla p.g 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione C.M. , per il tramite del difensore di fiducia, articolando unico motivo fondato sulla violazione di legge, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen La ricorrente deduce l’inapplicabilità, ratione temporis , della disposizione di cui all’art. 322 ter cod. pen. in relazione al profitto del reato, poiché i fatti contestati sono stati posti in essere fino alla data del 30.12.2011 e, quindi, in epoca precedente all’entrata in vigore dell’art. 1 della legge n. 190/2012 deduce, inoltre, che la confisca del denaro o di altri beni direttamente riconducibili al profitto del reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica sia possibile solo quando tale profitto sia nella disponibilità della persona giuridica. 3. Il Sostituto Procuratore Generale della Repubblica presso questa Corte di Cassazione ha rassegnato ex art. 611 cod. proc. pen. proprie conclusioni, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso e rilevando che la consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione ha affermato che il sequestro funzionale alla confisca per equivalente, in tema di reati tributari, può essere disposto non soltanto per il prezzo ma anche per il profitto del reato e che tale principio rimane valido anche dopo le modifiche apportate all’art. 322 ter cod. pen. dalla legge n. 190 del 2012. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. 2. Questa Corte ha reiteratamente affermato che, con riguardo ai reati tributari considerati dall’art. 1, comma 143, della l. n. 244 del 2007, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente , può essere disposto non soltanto per il prezzo, ma anche per il profitto del reato posto che l’integrale rinvio alle disposizioni di cui all’articolo 322 ter del codice penale , contenuto nell’art. 1, comma 143, della legge n. 244 predetta, consente di affermare che, con riferimento appunto a detti reati, trova applicazione non solo il primo ma anche il secondo comma della norma codicistica tra le altre, Sez. 3, n. 35807 del 07/07/2010, Bellonzi e altri, Rv. 248618 Sez.3, n. 25890 del 26/05/2010, Molon, Rv. 248058 . A diverse conclusioni non può condurre neppure la modifica dell’art. 322 ter, comma 1, attuata dall’art. 1, comma 75, lett. o della legge 6 novembre 2012, n. 190, per effetto della quale la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità è consentita, per i delitti previsti dagli articoli da 314 a 320 c.p., per un valore corrispondente non più solo al prezzo del reato ma anche al profitto di esso. Tale modifica è infatti, con ogni evidenza, stata introdotta proprio per consentire l’operatività del sequestro per equivalente del profitto in relazione a quelle ipotesi per le quali l’esclusivo riferimento al prezzo non consentiva di estendere al di là di esso l’oggetto della misura reale, in tal modo essendosi adeguato il sistema interno alle indicazioni in tema di confisca di valore desumibili da una serie di fonti internazionali ed Europee tra cui le decisione quadro 2005/212/GAI del 24 febbraio 2005 del Consiglio dell’Unione Europea, che all’art. 2 impone agli Stati Membri di adottare le misure necessarie per poter procedere alla confisca totale o parziale di strumenti o proventi di reati punibili con una pena della libertà superiore ad un anno o di beni il cui valore corrisponda a tali proventi è evidente pertanto come tale modifica, lungi dall’invalidare, come vorrebbe la ricorrente, l’interpretazione di questa Corte fondata, come detto, sul richiamo all’art. 322 ter operato dall’art. 1, comma 143, della I. n. 244 del 2007, si inserisca, anzi, nella medesima direttrice volta a sanzionare compiutamente, attraverso lo strumento della confisca per equivalente, le condotte illecite volte a procurare all’agente illeciti profitti, senza irragionevoli distinzioni fondate sulla diversa tipologia dei reati posti in essere Sez. 3,n. 23108 del 23/04/2013, Rv. 255446 . 3. Quanto all’ulteriore doglianza, va richiamata la decisione delle Sezioni Unite di questa Corte Suprema che ha chiarito che in tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente prevista dagli artt. 1, comma 143, della L. n. 244 del 2007 e 322 ter cod. pen. non può essere disposto sui beni dell’ente, ad eccezione del caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni Cass. Sez. U, sent. n. 10561 del 30/01/2014, Rv. 258646 . 4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000 , alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.