Ordine di demolizione di un manufatto abusivo: si tratta di una pena?

L'ordine di demolizione del manufatto abusivo è una sanzione amministrativa, con finalità ripristinatoria, e non può essere considerato una pena sulla base dei criteri affermati dalla Corte Edu , con conseguente inapplicabilità della prescrizione di cui all'art. 173 c.p

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35212/2016, depositata il 22 agosto. Il caso. Il Tribunale di Napoli, facente funzione di giudice dell'esecuzione, respingeva la richiesta di revoca o annullamento di un ordine di demolizione, intervenuto a seguito di irrevocabilità di una sentenza di patteggiamento pronunciata contro l'odierna ricorrente. L'impugnante, cui erano rimproverate delle condotte violative della normativa in materia urbanistica, ricorreva per cassazione, lamentando violazione di legge, in relazione agli artt. 172 e 173 c.p. estinzione della pena per decorso del tempo , 7 CEDU principio di lagalità e 31, comma 9, d.P.R. n. 380/2001 sanzioni per interventi eseguiti in assenza di concessione . In particolare, la ricorrente rilevava come il giudice dell'esecuzione avesse erroneamente rigettato l'eccezione di prescrizione della sanzione di demolizione, in spregio della equiparabilità della stessa ad una sanzione penale. L'ordine di demolizione impone un obbligo di fare. La Suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso. Gli Ermellini hanno, infatti, sottolineato come, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, l'ordine di demolizione, che implica un obbligo di fare riconducibile a ragioni di tutela del territorio, non soggiace alla prescrizione quinquennale prevista per le sanzioni amministrative, di cui all'art. 28 della l. n. 689/1981, in quanto tale norma concerne le sanzioni pecuniarie di natura punitiva. Nè, secondo i Giudici del Palazzaccio, l'ordine di demolizione può estinguersi per decorso del tempo, ex art. 173 c.p., dal momento che il medesimo integra una sanzione amministrativa, mentre la sopra citata norma fa riferimento alle sole pene principali. La disciplina dell'ordine di demolizione, secondo il Supremo Collegio, non contrasta con le norme CEDU, come interpretate nel caso Sud Fondi c. Italia n. 49331/2015 i Giudici di Piazza Cavour, infatti, hanno ricordato come, nella sopra citata pronuncia, la Corte di Strasburgo abbia chiarito che la demolizione non può ritenersi una pena, ai sensi dell'art. 7 CEDU, proprio in quanto finalizzata alla effettiva riparazione del danno e non caratterizzata da uno scopo punitivo. Sulla scorta di quanto affermato dalla Corte di Strasburgo, gli Ermellini hanno escluso la natura di sanzione penale dell'ordine di demolizione di un immobile abusivo, emanato in ossequio al disposto dell'art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380/2001, per due motivi la qualificazione giuridica conferita a tale ordine dalla giurisprudenza e l'assenza di una finalità punitiva, dal momento che il provvedimento ha l'esclusivo scopo di ripristinare le condizioni territoriali anteriori all'intervento edilizio abusivo. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 maggio – 22 agosto 2016, n. 35212 Presidente Grillo – Relatore De Masi Ritenuto in fatto Il Tribunale di Napoli - Sezione Distaccata di Ischia, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 12/4/2015 respingeva la richiesta di revoca o annullamento dell’ordine di demolizione emesso a seguito dell’intervenuta irrevocabilità della sentenza di patteggiamento n. 394/1998 del medesimo Tribunale, pronunciata nei confronti di A.G. per violazione della normativa urbanistica, ed accoglieva la subordinata richiesta subordinata di sospensione sino al 24/1/2016 del provvedimento. Avverso l’ordinanza, la A. propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico ed articolato motivo, con il quale deduce, ai sensi dell’art. 606, c.1, lett. b ed e , c.p.p., violazione di legge, in relazione agli artt. 172 e 173 c.p., 7 CEDU e 31, comma 9, D.P.R. n. 380 del 2001, e difetto di motivazione dell’impugnata ordinanza, per avere il Giudice dell’esecuzione respinto l’eccezione di prescrizione della sanzione della demolizione nonostante l’equiparabilità alla sanzione penale, risalendo la sentenza di patteggiamento all’8/6/1998, irrevocabile l’8/7/1998, ed a nulla rilevando la finalità ripristinatoria/reintegratoria della stessa evidenziata nell’ordinanza. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. Questa Corte ha avuto modo di chiarire che l’ordine di demolizione impartito dal giudice, che configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio, non è soggetto alla prescrizione quinquennale stabilita per le sanzioni amministrative dall’art. 28 della L. 689 del 1981, che riguarda le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva Sez. 3, n. 16537 del 18/2/2003, Filippi, Rv. 227176 e, stante la sua natura di sanzione amministrativa, non si estingue neppure per il decorso del tempo ai sensi dell’art. 173 c. p. Sez. 3, n. 36387 del 7/7/2015, Formisano, Rv. 264736 Sez. 3, n. 19742 del 14/4/2011, Mercurio e altro, Rv. 250336 Sez. 3, n. 43006 del 10/11/2010, La Mela, Rv. 248670 , atteso che quest’ultima disposizione si riferisce alle sole pene principali Sez. 3, n. 39705 del 30/4/2003, Pasquale, Rv. 226573 . È stata anche reiteratamente affermata la compatibilità dell’ordine di demolizione e del sequestro eseguiti dopo la cessione a terzi del manufatto abusivo con le norme CEDU, come interpretate dalla Corte Europea con sentenza 20 gennaio 2009, nel caso Sud Fondi c/ Italia Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, P.M. in proc. Delorier, Rv. 265540, Sez. 3, n. 48925 del 22/10/2009, Viesti e altri, Rv. 245918, Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, Arrigoni, Rv. 245403 . Si è, in quell’occasione, precisato che proprio considerando le argomentazioni sviluppate dalla Corte di Strasburgo poteva ricavarsi che la demolizione, a differenza della confisca, non può considerarsi una pena nemmeno ai sensi dell’art. 7 della CEDU, perché essa tende alla riparazione effettiva di un danno e non è rivolta nella sua essenza a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla legge . Si osservava, inoltre, che la sentenza nel mentre ha ritenuto ingiustificata rispetto allo scopo perseguito dalla norma, ossia mettere i terreni interessati in una situazione di conformità rispetto alle disposizioni urbanistiche, la confisca anche di terreni non edificati in assenza di qualsiasi risarcimento, ha invece espressamente ritenuto giustificato e conforme anche alle norme CEDU un ordine di demolizione delle opere abusive incompatibili con le disposizioni degli strumenti urbanistici eventualmente accompagnato da una dichiarazione di inefficacia dei titoli abilitativi illegittimi”. Sembra quindi confermato che la invocata sentenza della Corte di Strasburgo non solo non ha escluso un sequestro o un ordine di demolizione dell’opera contrastante con le norme urbanistiche nei confronti di chiunque ne sia in possesso, anche qualora si tratti di terzo acquirente estraneo al reato, ma ha addirittura implicitamente ritenuto che una tale sanzione ripristinatoria può considerarsi giustificata rispetto allo scopo perseguito dalle norme interne di assicurare una ordinata programmazione e gestione degli interventi edilizi e non contrastante con le norme CEDU. Alla luce delle considerazioni sopra svolte deve dunque pervenirsi alla conclusione che l’ordine di demolizione dell’immobile abusivo impartito dal giudice penale ai sensi dell’art. 31, comma 9 D.P.R. 380 del 2001, diversamente da quanto ritenuto nell’impugnato provvedimento, non ha affatto natura di sanzione penale nel senso individuato dalla normativa CEDU, ostandovi non soltanto la qualificazione giuridica attribuitagli attraverso l’analisi giurisprudenziale, dianzi ricordata, ma anche il fatto che la demolizione imposta dal giudice, come si è più volte rilevato in precedenza, non ha finalità punitive. L’intervento del giudice penale si colloca, come pure si è detto, a chiusura di una complessa procedura amministrativa finalizzata al ripristino delle originario assetto del territorio alterato dall’intervento edilizio abusivo, nell’ambito del quale viene considerato il solo oggetto del provvedimento l’immobile da abbattere , prescindendo del tutto dall’individuazione di responsabilità soggettive, tanto che la demolizione si effettua anche in caso di alienazione del manufatto abusivo a terzi estranei al reato. L’intervento del giudice penale, inoltre, non è neppure scontato, dato che egli provvede ad impartire l’ordine di demolizione se la stessa ancora non sia stata altrimenti eseguita. Va in conclusione ribadito il principio di diritto secondo cui la demolizione del manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi dell’art. 31, comma 9, qualora non sia stata altrimenti eseguita, ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall’essere stato o meno quest’ultimo l’autore dell’abuso. Per tali sue caratteristiche la demolizione non può ritenersi una pena nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU e non è soggetta alla prescrizione stabilita dall’art. 173 c.p. . Segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna al pagamento della spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.