Niente confisca allargata per i fatti associativi di lieve entità

Non è applicabile la confisca allargata in caso di condanna per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di illeciti di lieve entità.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, con la sentenza n. 27770 depositata il 6 luglio 2016. Un'associazione modesta. Cinque persone sono giudicate colpevoli di spaccio e associazione a quest'ultimo finalizzata. In secondo grado la Corte di appello ridetermina la portata offensiva dei fatti oggetto di giudizio e inquadra sia le singole cessioni di stupefacenti, sia la stessa struttura associativa nelle corrispondenti fattispecie di lieve entità. Viene, però, mantenuta ferma la confisca allargata , a suo tempo applicata su alcuni veicoli motocicli e autovetture appartenenti agli imputati. Nel giudizio di legittimità si affrontano numerose questioni, e tra queste anche quella della confiscabilità dei beni per le ipotesi attenuate in materia di stupefacenti. La confisca allargata i presupposti sono tassativi. E' una misura ablativa arcinota per chi si impegna nella difesa di soggetti giudicati per associazione mafiosa, ch'è soltanto il reato cui più frequentemente si ricollega. Misura di prevenzione dai contorni singolari, è notoriamente rivolta alla requisizione dei beni di cui non si sappia giustificare la provenienza, o il cui valore appaia sproporzionato ai redditi. Può applicarsi non soltanto nel caso di associazione mafiosa vi è, infatti, un catalogo di gravi fattispecie di reato che ne legittimano l'applicazione in caso di condanna. Anche gli illeciti in materia di stupefacenti possono giustificare la confisca allargata, ma con esplicita esclusione delle fattispecie di lieve entità. Nulla è espressamente detto, però, per l'associazione attenuata . L'associazione per fatti lievi esclude la confisca? L'elencazione degli illeciti che permettono il ricorso a questo strumento ablativo è da considerarsi tassativa, dicono gli Ermellini. Il carattere particolarmente afflittivo della confisca, infatti, esclude la possibilità di operare estensioni analogiche di qualsiasi tipo. Nei casi esclusi dalle ipotesi della confisca allargata potrà, se ne ricorrono le condizioni e i presupposti, farsi luogo soltanto all'ablazione del prodotto o del profitto del reato. Non vi sono dubbi sulla inapplicabilità della confisca allargata nel caso dello spaccio di lieve entità, che oggi risulta essere fra l'altro una autonoma fattispecie di reato non rientrante nel catalogo di quelle che legittimano il ricorso alla predetta misura . Residua qualche incertezza applicativa nel caso in cui a venire in gioco sia la fattispecie associativa, sia pure attenuata perchè finalizzata alla commissione di fatti lievi . L'autonomia della fattispecie taglia la strada ad ogni dubbio. La valutazione anche dell'associazione per fatti lievi come ipotesi autonoma di reato ha solide basi ermeneutiche vi è un precedente delle Sezioni Unite del 2011, puntualmente citato nella sentenza in commento, che espressamente ha sancito questo principio di diritto. Difettando il presupposto giuridico per l'applicabilità della confisca allargata, la conclusione non può quindi che essere una i beni sottratti agli imputati devono essere restituiti. La problematica interpretativa affrontata dalla Corte, al di là del caso specifico, ci induce a riflettere. Il giudizio di applicabilità della confisca, in questo caso, passa tutto attraverso la definizione che viene data all'illecito-presupposto ipotesi autonoma di reato o circostanza attenuante di una fattispecie base che, invero, consentirebbe il ricorso alla misura ablativa? E' proprio questo il nodo centrale della problematica, cioè disporre di strumenti sicuri per distinguere gli accidentalia delicti dagli elementi costitutivi di una separata ipotesi di reato contraddistinta da una minore offensività rispetto ad altra, simile, fattispecie . Non vi sono indicazioni normative, al riguardo. Tutto è nelle mani dell'interprete che, volta per volta, dovrà affrontare il problema definitorio tenendo conto di numerosi parametri. Primo tra tutti quello dell'intenzione del legislatore. Ch'è il più aleatorio di tutti.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 giugno – 6 luglio 2016, n. 27770 Presidente Franco – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza del 19 giugno 2014 la Corte di Appello di Catania, in parziale riforma della sentenza del Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale di detta città emessa in data 23 settembre 2013 nei confronti di T.A. , TE.An. , T.R. , S.L. e G.M. imputati dei reati di cui agli artt. 74 e 81 cpv. cod. pen. – 73 comma 1 del D.P.R. 309/90 , qualificate le condotte di cui all’art. 73 D.P.R. 309/90, nelle ipotesi di cui al 5 comma del citato articolo e, ferma restando l’ipotesi di cui al comma 6 dell’art. 74 D.P.R. 309/90, già riconosciuta dal primo giudice nei riguardi di tutti gli imputati in riferimento alla contestazione di cui al capo A , rideterminava le pene inflitte ai predetti, rispettivamente, in anni quattro di reclusione per T.A. , TE.An. , T.R. e S.L. previo aumento per la recidiva, ed in anni due e mesi otto di reclusione per la G. . Revocava, altresì, la pena accessoria della interdizione dai pp.uu. applicata nei confronti di quest’ultima, nonché la pena accessoria della interdizione legale durante l’espiazione della pena applicata nei confronti dei rimanenti imputati, sostituendo nei loro riguardi la pena accessoria della interdizione perpetua dai pp.uu. con l’interdizione temporanea e confermando nel resto. 1.2 Avverso la detta sentenza propongono ricorso T.A. , TE.An. , T.R. , S.L. e G.M. tramite i rispettivi difensori di fiducia. Il difensore dei ricorrenti T.A. , TE.An. , T.R. , S.L. deduce con un primo motivo, vizio di motivazione per contraddittorietà ed illogicità manifesta, per avere la Corte territoriale disposto irragionevolmente l’aumento di pena per la contestata recidiva per avere, altrettanto irragionevolmente, negato le invocate circostanze attenuanti generiche nonostante la riqualificazione delle condotte nella meno grave ipotesi di cui al 5 comma dell’art. 73 D.P.R. 309/90 ed, infine, per avere mantenuto ferme le statuizioni sulla confisca delle cose in sequestro autoveicoli e motomezzi appartenenti, rispettivamente, a T.A. , TE.An. e S.L. tralasciando di valutare una serie di elementi indicativi delle disponibilità economiche lecite che giustificavano l’acquisto, nel tempo, di detti mezzi. Il medesimo difensore, nell’interesse della ricorrente G.M. deduce con un unico motivo, vizio di motivazione per contraddittorietà ed illogicità manifesta, per avere la Corte territoriale disposto irragionevolmente l’aumento di pena per la contestata recidiva e per avere, altrettanto irragionevolmente, negato le invocate circostanze attenuanti generiche, nonostante la riqualificazione delle condotte nella meno grave ipotesi di cui al 5 comma dell’art. 73 D.P.R. 309/90. 1.3 Altro difensore, nell’interesse del solo ricorrente TE.An. , deduce, con un primo motivo vizio di motivazione per illogicità manifesta in punto di determinazione della pena rilevando come la Corte di merito sia ricorsa a formule di mero stile nell’operare l’aumento per la recidiva e nel quantificare la pena in concreto. Con un secondo, articolato motivo, lamenta medesimo vizio di motivazione per manifesta illogicità ed inosservanza della legge penale in riferimento alle mantenute statuizioni sulla confisca osserva, al riguardo, che la Corte ha ribadito la sussistenza dei presupposti per la confisca di tali cose ai sensi dell’art. 12 sexies della L. 356/1992, ritenendo l’insussistenza di una disponibilità economica lecita che potesse giustificare l’acquisto dei mezzi nel tempo. E tuttavia rileva come la Corte catanese - in relazione alla operata riqualificazione delle condotte di cui al capo B nella diversa e meno grave ipotesi delittuosa di cui al comma 5 dell’art. 73 D.P.R. 309/90 - avrebbe dovuto revocare le disposte confische, anche perché l’intervenuto riconoscimento da parte del G.U.P. della ipotesi di cui all’art. 74 comma 6 del medesimo D.P.R. escluderebbe la possibilità della confisca integrando detta ipotesi non già una circostanza ad effetto speciale dell’art. 74 L. Stup., ma l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 416 cod. pen. in ordine alla quale l’art. 12 sexies della L. 356/92 esclude la possibilità della confisca. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato limitatamente alle questioni concernenti la confisca, mentre deve essere rigettato con riferimento ai rimanenti motivi per le ragioni qui di seguito esposte. 2. Va premesso in punto di fatto che la Corte di Appello - sulla base dell’intervenuto riconoscimento da parte del primo giudice della ipotesi contemplata nell’art. 74 comma 6 del D.P.R. 309/90 associazione per delinquere finalizzata alla commissione di fatti ricompresi nell’art. 73, comma 5 D.P.R. citato - ha riqualificato tutte le condotte indicate nel capo B della rubrica ed afferenti a singoli episodi di spaccio attribuiti ai diversi imputati, in quelle incluse nel 5 comma del detto articolo, costituenti oggi, dopo le riforme intervenute per effetto del D.L. 146/23 convertito con modificazioni nella L. 10/14, fattispecie autonome di reato. Da qui la possibilità di valutare in modo autonomo la sussistenza della recidiva non più suscettibile di bilanciamento in assenza di altre circostanze aggravanti. 2.1 Detto questo, ritiene il Collegio che la valutazione operata dalla Corte territoriale in punto di aumento per la contestata recidiva è immune da qualsiasi vizio logico, così come la decisione di mantenere ferma la recidiva contestata ai vari imputati. Come ripetutamente precisato dalla giurisprudenza di questa Corte con orientamento costante, nel caso - come quello di specie - in cui ci si trovi in presenza di recidiva qualificata rientrante nelle ipotesi disciplinate dai primi quattro commi dell’art. 99 cod. pen. compete al giudice il compito di valutare in concreto - dandone adeguata motivazione - se la reiterazione dell’illecito costituisca un effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di accentuata pericolosità sociale del suo autore, tenuto conto della natura dei reati, del tipo di devianza di cui essi sono il segno, della qualità e grado di offensività dei comportamenti, della distanza temporale tra i fatti e del livello di omogeneità esistente tra loro, dell’eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali in termini S.U. 27.5.2010 n. 35738, P.G., Calibè e altro, Rv. 247838 Sez. 6^ 23.11.2010 n. 43438, Manco e altro, Rv. 248960 Sez. F. 19.8.2013 n. 35526, P.G. e De Silvio, Rv. 256713 v. anche S.U. 27.10.2011 n. 5859, Marcianò, Rv. 251690 in cui si specifica l’obbligo, per il giudice, di motivare in ordine alla rilevanza della recidiva cd. facoltativa , sia quando ritenga di escluderla, sia quando la ritenga sussistente . 2.2 Ai detti criteri si è attenuta la Corte distrettuale, esprimendo un motivato - e per nulla illogico o contraddittorio - giudizio di accentuata pericolosità sociale dei singoli imputati cui la recidiva era stata contestata i ricorrenti T.A. , TE.An. , T.R. e S.L. dopo aver valutato le singole condotte che denotavano in modo inequivocabile come la reiterazione dell’illecito non fosse affatto occasionale, ed aver tenuto conto della distanza temporale tra i fatti e del loro livello di omogeneità. 3. Per le medesime ragioni è del tutto infondata la censura sollevata in riferimento all’asserito, irragionevole ed immotivato diniego delle circostanze attenuanti generiche. 4. Valgono, in proposito, le regole elaborate da questa Suprema Corte secondo le quali, in tema di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche volte ad un adeguamento della sanzione alle peculiari e non codificabili connotazioni, tanto del fatto quanto del soggetto, la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, avendo il giudice l’obbligo, ove ritenga di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo l’insussistenza e, quando ne affermi l’esistenza, di dare apposita motivazione per fare emergere gli elementi atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio Sez. 2^ 2.12.2008 n. 2769, Poliseno, Rv. 242709 conforme Sez. 5^ 17.1.2013 n. 7562, P.G. in procomma La Selva, Rv. 254716 . 4.1 Peraltro, per costante indirizzo di questa Corte Suprema, la concessione delle circostanze siffatte non esige l’esame da parte del giudice di tutti i parametri di cui all’art. 133 c.p. bastando che venga specificato a quale di essi si sia inteso fare riferimento Cass. Sez. 1^, 7.7.2010 n. 33506, P.G. in procomma Biancofiore, Rv. 247959 . Inoltre la sussistenza delle circostanze suddette forma oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione basata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, purché correttamente argomentate senza che assuma rilevanza il fatto che in tale operazione valutativa il giudice non abbia effettuato specifici apprezzamenti sui pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato Cass. Sez. 6^ 24.9.2008 n. 42688, Cardi ed altri, Rv. 242419 . 4.2 Non è superfluo, poi, ricordare che l’imputato il quale invochi la mitigazione della pena per effetto di tali circostanze, ha uno specifico onere di enunciare ed indicare gli elementi sui quali è basata la sua richiesta. 4.3 Orbene la Corte distrettuale sul punto ha fornito adeguata ed esauriente motivazione tenendo conto anzitutto dei profili negativi degli imputati ed ancora delle modalità della condotta, non attribuendo alcuna valenza all’intervenuto riconoscimento della ipotesi di cui al comma 6 dell’art. 74 D.P.R. 309/90 che lasciava intatta la concreta pericolosità sociale degli imputati derivata dai precedenti penali, numerosi e specifici, a loro carico. 4.4 Anche in riferimento alla posizione della G. le argomentazioni della Corte territoriale sono assolutamente corrette con riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, in quanto, pur non essendo la stessa gravata da precedenti penali che ne autorizzassero la contestazione della recidiva, si trattava di soggetto che, sia per le modalità della condotta si vedano, in particolare, le pagg. 5-7 della sentenza in cui vengono descritte le specifiche condotte tenute dalla G. che partecipava in modo attivo e continuo alla associazione familiare dedita allo spaccio di stupefacente, sottolineandosi in termini ovviamente negativi, la particolare intensità del dolo , sia per la mancata prospettazione di situazioni a sé favorevoli, è stata ritenuta - a ragione - immeritevole delle invocate circostanze. 5. A diversa soluzione deve invece pervenirsi in riferimento alle statuizioni sulla confisca. Non entrano qui in gioco gli argomenti sviluppati dal difensore dei ricorrenti T.A. , TE.An. , T.R. , S.L. circa l’omessa o comunque illogica valutazione da parte della Corte territoriale degli elementi asseritamente dimostrativi di una disponibilità economica lecita giustificativa degli acquisti nel tempo dei mezzi oggetto di confisca in particolare autovettura Lancia Musa tg. XXXXXXX scooter Honda tg. XXXXXXX scooter Honda SH 300 tutti intestati a TE.An. scooter HONDA SH tg. XXXXXXX intestato al coniuge del ricorrente T.A. altro scooter HONDA SH ccomma 125 e scooter Honda SH ccomma 300 intestati al ricorrente S.L. , quanto, piuttosto, della impossibili intrinseca di disporre la confisca in relazione alla natura dei reati per i quali è intervenuta la condanna, non ricompresi tra quelli indicati nella L. 356/92, art. 12 sexies in forza della quale la confisca era stata disposta dal primo giudice. 5.1 Va premesso che l’art. 12 sexies del D.L. 306/92 convertito nella L. 356/92 specificamente introdotto con il D.L. 399/94 convertito nella L. 501/94 a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale con cui si era dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 12 quinquies, comma 2, della legge 356/92 disciplina una speciale ipotesi di confisca cd. allargata o per sproporzione che non costituisce una vera e propria fattispecie incriminatrice ma una misura di carattere patrimoniale. 5.2 Presupposto per la applicabilità della confisca è la condanna o l’applicazione della pena su richiesta per una serie di reati tassativamente indicati nel comma 1 del detto articolo. In particolare vengono in rilievo - per quanto può interessare nel caso in esame - la condanna per il delitto di associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone art. 416, comma 6, cod. pen. la condanna per il delitto di associazione per delinquere realizzato alla scopo di commettere determinati delitti previsti dal codice penale ordinario nonché la condanna per il reato di cui all’art. 12 quinques comma 1 del D.L. 306/92 o ovvero di quello previsto dall’art. 260 del D. Lgs. 152/06 e s.m. la condanna per taluno dei reati disciplinati dal D.P.R. 309/90 in particolare gli artt. 73 e 74 , con esclusione delle fattispecie di lieve entità di cui al comma 5 dell’art. 73 D.P.R. 309/90 oggi fattispecie autonoma di reato dopo le modifiche introdotte dal D.L. 146/13, convertito nella L. 10/14 . 5.3 In evenienze siffatte è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore proporzionato al proprio reddito, dichiarativo ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. 5.4 A differenza della confisca ordinaria prevista dal codice penale all’art. 240 cod. pen., la norma in esame non richiede un nesso di pertinenzialità tra il reato consumato e il bene oggetto di confisca Sez. 2^ 26.2.2009 n. 1054 , sicché essa viene intesa come una misura di prevenzione sui generis in quanto, per essere applicata, richiede comunque una condanna. 5.5 Detto questo va anche precisato che, come indica il testo della norma, tra le condizioni da questa richieste per la applicabilità della confisca vi sono l’esistenza di un complesso di elementi patrimoniali attivi costituiti da denaro, beni o altre utilità di cui il soggetto sia titolare ovvero abbia la disponibilità a qualsiasi titolo, anche per interposta persona la sproporzionalità del valore di tale complesso patrimoniale rispetto al reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o all’attività economica svolta da accertarsi sulla base di una ricostruzione storica della situazione reddituale e delle attività economiche del condannato al momento dei singoli acquisti S.U. 17.12.2003, n. 920, Montella, Rv. 226490 Sez. 1^ 13.5.2008 n. 21357, Esposito, Rv. 240091 l’impossibilità per l’interessato di giustificare la disponibilità dei beni. 5.6 Naturalmente tali condizioni operano in presenza di un presupposto che costituisce un antecedente giuridico, rappresentato dal tipo di reati per i quali è intervenuta la condanna, nel senso che laddove si tratti di reati esclusi dal testo della norma in esame - stante l’elencazione tassativa e non potrebbe essere altrimenti, dovendo escludersi qualsiasi tipo di interpretazione estensiva o analogica in malam partem, stante il carattere estremamente afflittivo della norma suddetta - la confisca non può avere luogo, ferma restando la possibilità di una confisca ex art. 240 c.p. laddove ne ricorrano le condizioni Sez. 3^, 16.12.2010 n. 11962, Zarelli, Rv. 249741 con riferimento a confisca di beni costituenti prodotto o profitto o provento di reati in materia di stupefacenti . 6. Nessun dubbio può residuare sulla impossibilità di procedere a confisca ex art. 12 sexies della L. 356/92 nei casi di violazione della legge sugli stupefacenti contemplata dall’art. 73 comma 5 del D.P.R. 309/90, tanto più oggi, dopo le modifiche legislative che hanno trasformato in autonoma fattispecie di reato quella che un tempo era considerata circostanza attenuante ad effetto speciale Sez. 6^ 8.1.2014, N. 14288, Cassanelli, Rv. 259057 Sez. 4^ 11.2.2014 n. 11525, Sotgiu, Rv. 258189 Sez. 3^ 25.2.2014 n. 11110, Kiogwu, Rv. 258354 . 6.1 Come già accennato, anche in tale ipotesi è ben possibile una confisca del bene laddove provento o profitto della cessione illecita di stupefacenti non ostandovi il divieto posto in relazione alla ipotesi attenuata de qua dal citato art. 12 sexies della L. 356/92 che, quale disposizione speciale, trova applicazione solo nella ipotesi particolare di condannato che non sia in grado di giustificare la provenienza del denaro di cui abbia la disponibilità così Sez. 4^ 15.3.2000 n. 4214, De Santis M. ed altro, Rv. 216003 Sez. 3^ 16.12.2010 n. 11962,cit. . 6.2 Il problema - di specifica rilevanza nel caso sottoposto al vaglio di questa Corte Suprema - si pone nelle ipotesi di soggetti imputati del reato di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90 per i quali sia intervenuta condanna ai sensi del comma 6 di tale articolo. 6.3 Recita testualmente l’art. 74 del D.P.R. 309/90 1. Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall’articolo 73, chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l’associazione è punito per ciò solo con la reclusione non inferiore a venti anni. 2. Chi partecipa all’associazione è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni. 3. La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più o se tra i partecipanti vi sono persone dedite all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope. 4. Se l’associazione è armata la pena, nei casi indicati dai commi 1 e 3, non può essere inferiore a ventiquattro anni di reclusione e, nel caso previsto dal comma 2, a dodici anni di reclusione. L’associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito. 5. La pena è aumentata se ricorre la circostanza di cui alla lettera e del comma 1 dell’articolo 80. 6. Se l’associazione è costituita per commettere i fatti descritti dal comma 5 dell’articolo 73, si applicano il primo e il secondo comma dell’articolo 416 del codice penale. 7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all’associazione risorse decisive per la commissione dei delitti. 8. Quando in leggi e decreti è richiamato il reato previsto dall’articolo 475 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, abrogato dall’articolo 38, comma 1, della legge 26 giugno 1990, n. 162, art. 38 il richiamo si intende riferito al presente articolo . 6.4 Dal testo normativo risulta che la fattispecie, per così dire, principale , è costituita dai commi 1 e 2 che sanzionano la condotta di coloro che compongono l’associazione finalizzata alla commissione di uno o più delitti previsti dall’art. 73 del medesimo D.P.R. o quali capi o promotori, costitutori, dirigenti organizzatori o finanziatori comma 1 ovvero come meri partecipi comma 2 . I commi da 3 a 5 disciplinano specifiche circostanze aggravanti ad effetto speciale, mentre il comma 7 prevede una particolare ipotesi di circostanza attenuante ad effetto speciale pena diminuita dalla metà ai due terzi legata all’attività collaborativa del soggetto con l’Autorità giudiziaria. 6.5 Un diverso regime caratterizza, invece, l’associazione costituita al fine di commettere i fatti descritti dal comma 5 dell’art. 73 D.P.R. citato, per la quale si applicano le disposizioni rispettivamente previste dal primo e da secondo comma dell’art. 416 cod. pen. 6.6 È da escludere che la struttura di tale disposizione corrisponda ad una circostanza attenuante ad effetto speciale rispetto alla ipotesi ordinaria disciplinata dai primi due commi dell’art. 74 soccorre, in proposito, il principio - che questo Collegio condivide - fissato da S.U. 23.6.2011 n. 34475, Valastro, Rv. 250352, secondo cui il reato di associazione per delinquere finalizzato alla commissione di fatti rientrati nel paradigma dell’art. 73/5 D.P.R. citato costituisce autonoma fattispecie di reato e non mera ipotesi attenuata del reato di cui all’art. 74 comma 1 del citato D.P.R. conforme Sez. 1^ 19.3.2015 n. 13062, Maiarù, Rv. 263106 che, muovendo da tale presupposto, riconosce l’applicabilità dell’indulto previsto dalla L. 241/06 altrimenti vietato ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. b per le altre ipotesi disciplinate dall’art. 74, nei commi 1, 2, 4 e 5 . 6.7 Se così è, dovendosi fare riferimento, nel caso di specie, alla ipotesi di cui all’art. 416 cod. pen. commi 1 e 2 cui si riferisce, per espresso richiamo, la disposizione contenuta nel comma 6 dell’art. 74 D.P.R. 309/90 per il quale è intervenuta condanna, deve pervenirsi alla coerente conclusione della giuridica impossibilità di disporre in simili casi la confisca dei beni ex art. 12 sexies della L. 356/92 per l’assenza dell’antecedente giuridico costituito dalle norme tassativamente enunciate in tale articolo, tra le quali figurano, sì, alcune ipotesi peculiari di associazione per delinquere quali, l’art. 416 comma 6 associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone ovvero lo stesso art. 416 finalizzato alla commissione di determinati reati previsti dal codice penale ovvero da leggi speciali, ma non alla commissione di reati in tema di stupefacenti, per i quali soccorre l’apposita figura dell’associazione delinquenziale disciplinata dall’art. 74 del più volte citato D.P.R 7. Una conferma della esattezza di tale situazione si ricava da altre numerose decisioni di questa Corte Suprema che, chiamata a valutare la possibilità di applicare, o meno, determinati benefici nella ipotesi di condanna per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, costituita per commettere fatti di lieve entità, ha sempre dato risposta positiva, ora riconoscendo la possibilità di escludere la cd. recidiva obbligatoria di cui al comma 5 art. 99 cod. pen. non rientrando il reato di cui all’art. 74/6 D.P.R. citato nelle ipotesi regolate dall’art. 407 comma 2 lett. a cod. procomma pen. Sez. 5^ 10.1.2013 n. 3820, Ignomeriello e altri, Rv. 254568 ora riconoscendo l’inoperatività del divieto di sospensione dell’esecuzione della pena previsto dall’art. 656 comma 9 cod. procomma pen. Sez. 1^ 21.9.2012 n. 41940, Tumminello, Rv. 253621 Sez. 1^ 6.7.2006 n. 26310, La Monica, Rv. 235018, in cui si fa esplicito riferimento al regime giuridico previsto dall’art. 416 cod. pen. nelle ipotesi di condanna intervenuta per il delitto associativo volto alla commissione di fatti di speciale tenuità ex comma 6 dell’art. 74 ora escludendo l’operatività della presunzione di adeguatezza esclusiva della misura cautelare di massimo rigore Sez. U. 23.6.20111 n. 34474 cit. . 7.1 Se ne ricava un sistema assolutamente omogeneo bipolare che, da un lato, mostra una giustificata linea di rigore verso qualsiasi forma associativa finalizzata alla commissione di fatti in tema di stupefacenti direttamente connessa alla gravità intrinseca della condotta anche per i reati-fine e dall’altro, tempera opportunamente tale rigore nella residua ipotesi di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di fatti di modesta rilevanza per i quali una assimilazione alla associazione per delinquere ordinaria non sarebbe ragionevole, oltre che nei confronti di fatti di spaccio di speciale tenuità. 7.2 In tale solco si colloca quindi il problema della confisca di beni disposta ai sensi dell’art. 12 sexies l. 356/92 il cui ambito di applicazione, seppur progressivamente allargato in coincidenza con altre situazioni ritenute dal legislatore meritevoli della massima attenzione, è in ogni caso destinato ad accogliere ipotesi delittuose di specifica gravità o comunque tale ritenuta dal legislatore la soluzione adottata da questa Corte in riferimento alla condotta disciplinata dall’art. 74 comma 6 del menzionato D.P.R. si pone in una linea di continuità logica con l’aprioristica scelta politico-giudiziaria di escludere dal sistema della confisca allargata i fatti di speciale tenuità commessi in tema di stupefacenti, non mancando di sottolineare, oltretutto, che la ipotesi di cui all’art. 74/6 D.P.R. 309/90, costituisce una sorta di presupposto logico che esclude la possibilità che reati-fine programmati da una associazione costituita per la commissione di fatti di limitatissima gravità possano essere ricompresi nelle ipotesi disciplinate dai commi 1 e 4 del D.P.R. 309/90, dopo il noto intervento della Corte Costituzionale sentenza n. 31/14 che ha ripristinato l’assetto normativo precedente alla riforma introdotta in materia dalla L. 49/06. 8. Può dunque affermarsi il principio di diritto secondo cui la condanna per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di fatti illeciti di lieve entità in materia di stupefacenti osta alla applicabilità della confisca di beni disposta ai sensi dell’art. 12 sexies comma 1 della L. 356/92, ferma restando la possibilità per il giudice di disporre la confisca di quegli stessi beni laddove ritenuti profitto o provento o prodotto del reato ai sensi dell’art. 240 c.p. in costanza dei necessari presupposti e previa una loro verifica in concreto sulla base di adeguata e congrua motivazione . 9. Nel caso in esame nessuna valutazione da parte del giudice di merito è stata compiuta in ordine alla possibilità di procedere alla confisca dei beni di pertinenza dei ricorrenti T.A. , TE.An. e S.L. , essendosi la motivazione sviluppata unicamente in riferimento alla sproporzionalità di tali beni rispetto alle possibilità economiche dei singoli interessati. 10. Consegue l’annullamento sul punto della sentenza impugnata senza rinvio con eliminazione della disposta confisca e coeva restituzione delle cose confiscate ai singoli aventi diritto. Nel resto i ricorsi vanno rigettati. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle disposte confische che elimina. Rigetta i ricorsi nel resto. Ordina la restituzione delle cose confiscate agli aventi diritto.