Quale il rapporto giuridico tra truffa e indebita utilizzazione o falsificazione di carte di credito o di pagamento?

Le norme di cui all’art. 640 c.p. e 12 della l. n. 197/1991 non costituiscono un’ipotesi di concorso apparente, né di reato complesso, bensì di concorso formale o materiale di reati, a seconda del concreto atteggiarsi della condotta dell’agente, ciò perché diverso è il bene giuridico tutelato da ciascuna di esse la prima, infatti, tutela il patrimonio del privato la seconda, invece, realizza solo in via mediata siffatta tutela, mentre suo scopo primario è la tutela dell’interesse pubblico, al fine di evitare che il sistema finanziario sia utilizzato a scopo di riciclaggio e di salvaguardare ad un tempo la fede pubblica.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 31957/16, depositata il 25 luglio. Il caso. La Corte d’appello di Milano confermava interamente la sentenza con cui il Tribunale di Busto Arsizio aveva condannato R.C. alla pena ritenuta di giustizia per i reati di cui agli artt. 12 d.l. 143/1991 e 640 c.p Avverso la decisione della Corte territoriale ricorreva per cassazione l’imputato, deducendo violazione di legge con riguardo al rigetto dell’eccezione di incompetenza territoriale sollevata in primo grado e ritualmente riproposta nei motivi di appello violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla affermazione della penale responsabilità. La Seconda Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, nel ritenere infondato il ricorso, ha avuto modo di riprendere e riaffermare alcuni importanti principi di diritto sostanziale e processuale. Il rapporto giuridico tra i due reati di truffa ed indebita utilizzazione o falsificazione di carte di credito o di pagamento. La Corte di legittimità ha, già in passato, avuto modo di chiarire che le norme di cui all’art. 640 c.p. – truffa – e 12 della legge 5/7/1991 n. 197 – indebita utilizzazione o falsificazione di carte di credito o di pagamento – non costituiscono un’ipotesi di concorso apparente, né di reato complesso, bensì di concorso formale o materiale di reati, a seconda del concreto atteggiarsi della condotta dell’agente. Ciò perché diverso è il bene giuridico tutelato da ciascuna di esse la prima, infatti, tutela il patrimonio del privato la seconda, invece, realizza solo in via mediata siffatta tutela, mentre suo scopo primario è la tutela dell’interesse pubblico, al fine di evitare che il sistema finanziario sia utilizzato a scopo di riciclaggio e di salvaguardare ad un tempo la fede pubblica. Tra l’altro, specificano ulteriormente i Supremi Giudici, non solo la condotta truffaldina può presentare un quid pluris dotato di autonomia fattuale e temporale, ma avere momenti e luoghi di consumazione differenti, richiedendosi per la truffa che il soggetto agente abbia conseguito l’ingiusto profitto con altrui danno, mentre per il delitto di cui all’art. 12 d.l. n. 143/1991 si prescinde sia dall’uno che dall’altro, non essendo necessario ai fini della consumazione del reato che la transazione giunga a buon fine. Il riconoscimento fotografico dell’imputato non richiede particolari modalità formali. L’individuazione di un soggetto imputato, afferma la Corte Regolatrice, sia personale che fotografica, è una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione pertanto, la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale. Donde, nel caso di specie, la Corte territoriale ha correttamente desunto l’univocità e la valenza probatoria dell’atto proprio dalla certezza dell’operato riconoscimento fotografico effettuato dal teste in dibattimento, in assenza di elementi di segno negativo tali da inficiarne l’attendibilità. In effetti, è emerso come il teste avesse già riconosciuto l’imputato in maniera certa a breve distanza dai fatti nel corso delle indagini preliminari, che avesse fornito anche una descrizione dello stesso del tutto compatibile con le caratteristiche fisico-somatiche del ricorrente e che nessun elemento di possibile contrasto ai fini della certezza del riconoscimento era emerso dal dibattimento. La perizia grafica non è obbligatoria per verificare la falsità di un documento. La Suprema Corte ha chiarito come la prova di autenticità o falsità di un documento può essere desunta da elementi diversi dalla perizia grafica, allorché l’esame diretto della grafia addebitata all’imputato, raffrontata con scritture diverse certamente riferibili al medesimo, convincano il giudice, in base ai principi del libero convincimento e della libertà di prova, che si tratta di documento attribuibile allo stesso imputato. In effetti, nel caso di specie, la Corte d’appello è pervenuta alla conferma della statuizione di prime cure con riferimento alla responsabilità del ricorrente facendo riferimento, tra gli altri elementi probatori, alla riconducibilità all’imputato della grafia presente su alcuni documenti, e ciò in forza non ad una perizia ma alla comparazione con altre scritture presente agli atti e certamente riconducibili all’imputato stesso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 17 giugno – 25 luglio 2016, n. 31957 Presidente Cammino – Relatore Ariolli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 10/12/2014 la Corte di appello di Milano confermava la sentenza emessa in data 14/12/2009 dal Tribunale di Busto Arsizio che aveva condannato R.C. , con la recidiva, alla pena di anni uno e mesi nove di reclusione in ordine al delitto di cui all’art. 12 D.L. n. 143/1991, limitatamente all’acquisto effettuato presso l’esercizio Crespi Gomme , ritenute assorbite le condotte contestate ai capi B artt. 494 e 61 n. 2 cod. pen. e C art. 640 cod. pen. . 2. Avverso la predetta sentenza ricorre per cassazione il difensore, nell’interesse dell’imputato, chiedendone l’annullamento. Al riguardo, deduce 1 Violazione di legge con riguardo al rigetto dell’eccezione di incompetenza territoriale sollevata tempestivamente dalla difesa nel corso del giudizio di primo grado e riproposta nei motivi di appello. In particolare, la competenza per territorio doveva ritenersi radicata nell’autorità giudiziaria di Roma. Invero, all’imputato era contestato, ai sensi dell’art. 12 D.L. n. 143/1991, non solo l’utilizzo indebito della carta di credito ma, quale antecedente, di aver illecitamente ottenuto il mezzo di pagamento emesso in favore del sedicente notaio Z.V. , condotta all’evidenza ricadente in quelle punite nella seconda parte della disposizione incriminatrice, da ritenersi commessa in Roma, luogo ove erano stati indotti in errore i funzionari American Express che avevano proceduto ad emettere e poi a spedire all’imputato la carta di credito. Essendo quest’ultima condotta di pari gravità rispetto a quella contenuta nella prima parte della disposizione in questione verificatasi successivamente al momento dell’uso della carta , la competenza per territorio apparteneva al giudice del luogo ove il reato era stato commesso per primo e, dunque, al Tribunale di Roma 2 Violazione di legge e difetto di motivazione in ordine all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato. In particolare, si censura la decisione nella parte in cui la Corte territoriale, a fronte del venir meno di uno degli elementi probatori sui quali il giudice di primo grado aveva fondato l’affermazione di colpevolezza l’asserita corrispondenza del modello di autovettura in favore della quale erano state cambiate le gomme, poi pagate con la carta illecita , aveva finito per ravvisare l’elemento fondante la condanna nella sola individuazione fotografica effettuata dal teste/gommista, svolta a distanza di tempo e in assenza di qualsiasi ulteriore elemento esterno che potesse collegare l’imputato alla prestazione resa dal teste. Inoltre, del tutto mancante e/o insufficiente è la motivazione della Corte d’appello riguardo la ritenuta responsabilità dell’imputato in ordine alla sostituzione di persona operata all’atto della richiesta di emissione della carta di credito, desunta esclusivamente da una ritenuta similitudine di grafia riscontrabile tra quanto si rinverrebbe sul modulo di richiesta inviato all’American Express e la sottoscrizione dell’imputato in documenti da egli certamente vergati in atti. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. Infondata è innanzitutto la deduzione relativa all’eccezione di incompetenza territoriale in favore del Tribunale di Roma. Nella specie, sostiene il ricorrente, tra i fatti delittuosi ascritti all’imputato e, in particolare nell’ambito della più grave fattispecie criminosa di cui all’art. 12 D.L. n. 143/1991, era compreso anche quello di avere illecitamente ottenuto l’emissione dello strumento di pagamento, ovvero quella condotta di contraffazione , menzionata nella seconda parte della norma incriminatrice, prodromica alla realizzazione delle ulteriori violazioni e punita negli stessi termini edittali , la quale era da considerarsi consumata in Roma, posto che ivi era ubicato l’Ufficio dell’American Express che, dopo avere ricevuto direttamente dall’imputato il modulo contenente la richiesta di emissione a nome del sedicente notaio Z. , aveva provveduto ad emettere la carta di credito poi utilizzata per le indebite operazioni di pagamento. Tale prospettazione non può essere condivisa. Innanzitutto, sul rilievo, evidenziato dalla stessa Corte d’appello, che la carta di credito così illecitamente ottenuta, in realtà, non è mai stata contraffatta o materialmente alterata e, dunque, al di là della successiva condotta di utilizzo, pacificamente realizzatasi non in Roma, non può ritenersi integrata alcuna delle ulteriori condotte previste dalla disposizione normativa di cui all’art. 12 D.L. n. 143/1991 che, essendo di pari gravità, radicherebbero, per precedenza , la competenza in Roma alla stessa pena soggiace chi, al fine di profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi . Inoltre, va altresì osservato come l’azione fraudolenta dell’imputatoivolta ad indurre in errore l’American Express ai fini dell’emissione della carta di credito, non costituisce un segmento della condotta sussumibile nell’ambito della disposizione a più fattispecie di cui all’art. 12 D.L. n. 143/1991, ma integra la diversa ed autonoma ipotesi della truffa ai danni della Società emittente della carta di credito, che il Pubblico ministero aveva correttamente rubricato in un differente capo di imputazione e che il giudice di primo grado ha invece erroneamente ritenuto una sorta di duplicazione del reato di indebito utilizzo di carta di credito contestato al capo a della rubrica e, pertanto, da assorbire in quest’ultimo. Questa Corte, infatti, ha affermato che le norme di cui all’art. 640 cod. pen. truffa e 12 della legge 5 luglio 1991, n. 197 indebita utilizzazione o falsificazione di carte di credito o di pagamento non costituiscono un’ipotesi di concorso apparente, né di reato complesso, bensì di concorso formale o materiale di reati, a seconda del concreto atteggiarsi della condotta dell’agente. Ciò perché diverso è il bene giuridico tutelato da ciascuna di esse. La prima, infatti, tutela il patrimonio del privato la seconda, invece, realizza solo in via mediata siffatta tutela, mentre suo scopo primario è la tutela dell’interesse pubblico, al fine di evitare che il sistema finanziario sia utilizzato a scopo di riciclaggio e di salvaguardare ad un tempo la fede pubblica Sez. 5, sent. n. 610 del 28/2/1995, Rv. 201058 . Peraltro, non solo la condotta truffaldina può presentare, come nel caso di specie, un quid pluris dotato di autonomia fattuale e temporale si pensi anche all’ipotesi di chi indebitamente utilizza una tessera Viacard che ogni volta viene illecitamente rimagnetizzata Sez. 1, sent. 26300 del 23/4/2004, Rv. 228128 , ma avere momenti e luoghi di consumazione differenti, richiedendosi per la truffa che il soggetto agente abbia conseguito l’ingiusto profitto con altrui danno, mentre per il delitto di cui all’art. 12 D.L. n. 143/1991 si prescinde sia dall’uno che dall’altro, non essendo necessario ai fini della consumazione del reato che la transazione giunga a buon fine Sez. 2, sent. n. 7019 del 17/10/2013, Rv. 259004 . Con la conseguenza che la competenza risulta, ai sensi dell’art. 16, comma 1, cod. proc. pen., ben radicata nel Tribunale di Busto Arsizio, territorio ove, secondo il capo di imputazione, si è consumato il diverso e più grave reato di utilizzo della carta di credito ottenuta dall’imputato inducendo in errore la Società emittente analogamente a quello di truffa posto che in Legnano, presso la Crespi Gomme è avvenuta la transazione illecita e sempre in quel di Legnano era acceso il conto corrente del notaio Z. che ha subito l’indebito prelievo . 2. Manifestamente infondati sono gli altri due motivi di ricorso, relativi all’esistenza di adeguati elementi probatori a sostegno dell’affermazione della penale responsabilità dell’imputato e riferiti sia all’indebito utilizzo della carta di credito sia all’avvenuta sostituzione di persona. 2.1. Quanto al riconoscimento fotografico dell’imputato, occorre premettere che l’individuazione di un soggetto - sia personale che fotografica - è una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione pertanto la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale Sez. 2, sent. n. 50954 del 3/12/2013, Rv. 257985 . Ciò premesso, nel caso in esame, la Corte d’appello ha desunto l’univocità e la valenza probatoria dell’atto proprio dalla certezza dell’operato riconoscimento fotografico effettuato dal teste in dibattimento, in assenza di elementi di segno negativo tali da inficiarne l’attendibilità. Si è osservato, infatti, come il teste avesse già riconosciuto l’imputato in maniera certa a breve distanza dai fatti nel corso delle indagini preliminari, che avesse fornito anche una descrizione del cliente - il quale si presentò in due occasioni in officina per lasciare prima e prelevare, poi, l’autovettura bisognosa del cambio gomme - del tutto compatibile con le caratteristiche fisico-somatiche del ricorrente e che nessun elemento di possibile contrasto ai fini della certezza del riconoscimento era emerso dal dibattimento né tantomeno, a tale fine, poteva darsi rilievo alla circostanza che a corredo dell’utilizzo indebito della carta di credito venne rilasciata la fattura ad una società la Betalac s.r.l. diversa dall’imputato, fiscale rivelato del tutto fallace. 2.2. Con riferimento alla sentenza della Corte territoriale evidenti illogicità, risultando, argomentativo sulla base del quale si è pervenuti alla conferma della sentenza di primo grado con riferimento alla responsabilità dell’imputato in ordine al fatto ascrittogli in tal senso si è fatto riferimento alla riconducibilità all’imputato della grafia presente sul modulo inoltrato all’American Express per richiedere il rilascio della carta di credito, sostituendo la propria persona con quella di Z.V. e ciò in forza dell’operata comparazione con altre scritture presenti negli atti processuali certamente riconducibili all’imputato. La Corte d’appello risulta, quindi, avere fatto corretta applicazione del principio di diritto espresso in materia da questa Corte, secondo cui la prova di autenticità o falsità di un documento può essere desunta da elementi diversi dalla perizia grafica, allorché l’esame diretto della grafia addebitata all’imputato, raffrontata con scritture diverse certamente riferibili al medesimo, convincano il giudice, in base ai principi del libero convincimento e della libertà di prova, che si tratta di documento attribuibile allo stesso imputato Sez. 2, sent. n. 42679 del 14/10/2010, Rv. 249143 . 3. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.