Restituzione nel termine per impugnare: quando è possibile?

Il giudice è tenuto a verificare, sulla base di idonee allegazioni dell’interessato sul quale incombe l’onere di indicare con precisione le ragioni sottese alla mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato, e in forza degli ordinari poteri di accertamento, che l’istante non abbia avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento, donde il mancato superamento di una situazione di obiettiva incertezza in ordine a tale conoscenza impone di disporre la restituzione nel termine per l’impugnazione.

Così si è espressa la Corte di Cassazione n. 30401/2016, depositata il 18 luglio. Il caso. La Corte d’appello di Napoli rigettava l’istanza di restituzione nel termine per impugnare formulata da F.V. ed R.F. chiarendo come entrambi non avessero assolto al duplice onere di provare rigorosamente il fatto che impediva la tempestiva impugnazione e di allegare elementi atti a consentire la verifica della tempestività della richiesta di rimessione in termini. Avverso tale decisione ricorrevano per cassazione entrambi gli imputati, deducendo, con un unico motivo di impugnazione, la violazione della legge processuale penale – in particolare, l’art. 175 comma 2 c.p.p. – nonché l’illogicità della motivazione su un punto decisivo per il giudizio. In altri termini, argomentavano gli imputati, la Corte avrebbe preteso una totale inversione dell’onere probatorio a carico esclusivo dei ricorrenti, onere che alla luce della riformulazione della norma codicistica spetta anche agli istanti ma ricade in particolar modo sul giudice che, in caso di rigetto, deve specificamente indicare gli elementi atti a dimostrare la conoscenza, la volontà di rinuncia a compiere o ad impugnare o, comunque, la tardività della richiesta, potendo anche disporre indagini in tal senso. Fermo restando che, in ogni caso, anche in tale materia dovrebbe trovare applicazione il canone decisorio del convincimento oltre ogni ragionevole dubbio, pertanto le situazioni di incertezza dovrebbero essere svolte a favore del condannato contumace. La Terza Sezione Penale della Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo di doglianza sollevato dalle parti, ed ha annullato con rinvio l’ordinanza della Corte d’appello partenopea. La disciplina processuale applicabile. In considerazione della riforma del processo contumaciale avvenuto per effetto della legge n. 67/2014, occorre preliminarmente capire se la disciplina processuale applicabile al caso de quo sia quella prevista dalla suddetta legge, oppure la disciplina previgente all’entrata in vigore della nuova normativa. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno avuto modo di chiarire che ai procedimenti contumaciali definiti secondo la normativa antecedente alla entrata in vigore della l. n. 67/2014, continua ad applicarsi la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall’art. 175 comma 2 c.p.p. nel testo previgente. In altri termini, il Supremo Consesso ha specificato che ai procedimenti contumaciali definiti secondo la normativa antecedente alla entrata in vigore della predetta legge continua ad applicarsi la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione La situazione di incertezza relativamente alla conoscenza della sentenza contumaciale. In tema di restituzione nel termine per proporre impugnazione ad una sentenza contumaciale, il giudice, a norma dell’art. 175, comma 2, c.p.p., nella versione anteriore alla l n. 67/2014, è tenuto a verificare, sulla base di idonee allegazioni dell’interessato, sul quale incombe l’onere di indicare con precisione le ragioni sottese alla mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato, e in forza agli ordinari poteri di accertamento, che l’istante non abbia avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento. Ne consegue che il mancato superamento di una situazione di obiettiva incertezza in ordine a tale conoscenza impone di disporre la restituzione nel termine per l’impugnazione. Perciò, al mancato esercizio dei necessari poteri di accertamento da parte della Corte territoriale, dovrà porre riparo il giudice del rinvio eliminando, in tal modo e se del caso, la situazione di obiettiva incertezza o, nell’ipotesi di una perdurante situazione in tal senso, tenendo presente che il suo mancato superamento in ordine alla conoscenza della sentenza contumaciale impone di disporre la restituzione nel termine per l’impugnazione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 aprile – 18 luglio 2016, n. 30401 Presidente Fiale – Relatore Di Nicola Ritenuto in fatto 1. V.F. e F.R. impugnano per cassazione l'ordinanza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Napoli ha rigettato l'istanza con la quale chiedevano la restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza emessa nei loro confronti in data 5 luglio 2013 dal giudice monocratico del tribunale di Napoli. 2. Per la cassazione dell'impugnata ordinanza, i ricorrenti, tramite il difensore, articolano un unico motivo di impugnazione, qui enunciato, ai sensi dell'articolo 173 disposizione di attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Con esso i ricorrenti deducono la violazione della legge processuale penale articolo 175, comma 2, del codice di procedura penale nonché l'illogicità della motivazione su un punto decisivo per il giudizio articolo 606, comma 1, lettere c ed e , codice di procedura penale . Assumono che le notifiche dell'estratto contumaciale della sentenza da impugnare sono state eseguite dall'ufficiale giudiziario in data 5 settembre 2013 mediante consegna a mani della loro figlia G. R In quel periodo, dalla metà di agosto alla metà del settembre 2013, l'altro figlio dei ricorrenti, affetto da una grave patologia, aveva subito delle crisi, comprovate da certificazione medica allegata, e la loro figlia non aveva informato i ricorrenti delle avvenuta notifica. Soltanto in data 28 ottobre 2013 la F. casualmente rinvenne gli atti notificati in un cassetto del mobile di ingresso per cui l'omessa comunicazione da parte della figlia era maturata nella straordinaria ed imprevista grave situazione dovuta alla malattia del figlio, con la conseguenza che i ricorrenti non avevano potuto proporre tempestiva impugnazione avverso la sentenza di condanna. Per comprovare ciò, i ricorrenti hanno allegato al ricorso, oltre al certificato di stato di famiglia, copia dei riconoscimento quale portatore di handicap, in situazione di gravità, del loro figlio, copia del riconoscimento dello stato di invalidità dei medesimo con totale e permanente inabilità lavorativa 100% e con necessità di assistenza continua, nonché certificato medico attestante che dal 30 agosto al 15 settembre 2013 Pasquale R. aveva subito le crisi dovute alla sua malattia. Sostengono che, a fronte di ciò, la Corte di appello ha rigettato la loro richiesta asserendo che i ricorrenti non avevano assolto al duplice onere di provare rigorosamente il fatto che impediva la tempestiva impugnazione e di allegare gli elementi atti a consentire la verifica della tempestività della richiesta di rimessione in termini in particolare, essi non avevano provato l'impossibilità di venire a conoscenza delle notifiche anche dopo la cessazione dello stato di peggioramento dei figlio e neppure avevano provato il fatto che solo il 28 ottobre 2013 avessero appreso dell'esistenza degli atti notificati. Obiettano che tale approdo contrasti con i principi espressi dall'articolo 175 dei codice di procedura penale, avendo la Corte di appello preteso una sorta di prova diabolica che si traduce in concreto in un totale inversione dell'onere probatorio a carico esclusivo dei ricorrenti, onere che alla luce della novellata riformulazione della norma spetta anche agli istanti ma ricade in particolar modo sul giudice, posto che la parte ha indubbiamente assolto all'onere di indicare le ragioni della non tempestiva e tardiva conoscenza, allegando documentazione diretta a riscontrare quanto dedotto tuttavia la incolpevole ignoranza non costituisce più il presupposto per l'applicazione dell'istituto della restituzione in termini che deve essere concessa nel caso in cui l'imputato non abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento e da ciò consegue che l'autorità giudiziaria, per respingere l'istanza, deve ritenere provata l'effettiva conoscenza. Pertanto, fermo restando l'onere di allegazione a carico della parte, il giudice, in caso di rigetto, deve specificamente indicare elementi atti a dimostrare la conoscenza , la volontà di rinuncia a compiere o ad impugnare o, comunque, la tardività della richiesta, potendo anche disporre indagini in tal senso. Concludono i ricorrenti che, anche in tale materia, trova applicazione il canone decisorio dei convincimento oltre ogni ragionevole dubbio , sicché le situazioni di incertezza devono essere svolte a favore dei condannato contumace. Secondo i ricorrenti detti principi sono stati disattesi dall'ordinanza impugnata che avrebbe posto a carico di essi una prova oggettivamente impossibile dimostrare cioè che, anche dopo la cessazione dello stato di recrudescenza delle crisi del figlio, essi non abbiano potuto conoscere l'avvenuta condanna. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato nei limiti e sulla base delle considerazioni che seguono. 2. In considerazione della riforma dei processo contumaciale avvenuto per effetto della legge 28/04/2014, n. 67, occorre preliminarmente risolvere la questione circa la disciplina processuale applicabile al caso di specie, se cioè si debba applicare, nel caso di specie, la disciplina prevista dalla legge n. 67 del 2014 ovvero, come sembra abbia optato la Corte d'appello, la disciplina previgente all'entrata in vigore della nuova normativa, che conteneva una disciplina ad hoc per la restituzione dei termine per impugnare la sentenza contumaciale. 2.1. Nel momento della sua entrata in vigore 17 maggio 2014 la legge n. 67 del 2014 non conteneva alcuna disciplina transitoria, che è stata successivamente introdotta dalla legge 11 agosto 2014, n. 118 in vigore dal 22 agosto 2014 con l'introduzione dell'articolo 15-bis secondo il quale comma 1 le disposizioni delle legge n. 67 del 2014 si applicano ai procedimenti in corso al 17 maggio 2014 data di entrata in vigore della legge , a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado, mentre comma 2 , in deroga a quanto previsto dal comma 1, le disposizioni vigenti prima del 17 maggio 2014 continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso a tale data quando l'imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso il decreto di irreperibilità. La norma transitoria dunque regola la sorte dei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 67 del 2014 ossia al 17 maggio 2014 mentre, nel caso in esame, il procedimento non era in corso in quanto la sentenza era divenuta irrevocabile anteriormente al 17 maggio 2014. 2.2. Prima dell'entrata in vigore della legge 11 agosto 2014, n. 118 e quindi prima che fosse varata la disciplina transitoria che la legge n. 67 del 2014 non conteneva , le Sezioni Unite penali della Corte di cassazione hanno affermato che, ai procedimenti contumaciali definiti secondo la normativa antecedente alla entrata in vigore della legge 28 aprile 2014, n. 67, continua ad applicarsi la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall'art. 175, comma secondo, cod. proc. pen. nel testo previgente Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, Burba, Rv. 259992 . Nel pervenire a tale conclusione, che va confermata anche dopo il varo della legge n. 118 del 2014 che ha novellato quella n. 67 del 2014 con l'introduzione dell'articolo 15-bis, le Sezioni Unite hanno chiarito che, per i procedimenti svoltisi secondo il rito contumaciale prima della entrata in vigore della legge n. 67 del 2014 ossia per i procedimenti che, come nel caso di specie, sono stati definiti prima del 17 maggio 2014 , la disciplina della restituzione nel termine di cui all'art. 175, comma 2, cod. proc. pen. - nel testo previgente - ha efficacia ultrattiva, nel senso che la cessazione di operatività della previgente disciplina coincide con l'applicabilità della nuova normativa sul procedimento in assenza. Secondo il dictum della sentenza Burba, infatti, la nuova disciplina sul procedimento in assenza e in particolare il rimedio della rescissione del giudicato di cui all'art. 625-ter cod. proc. pen. si rivolge espressamente a regolare gli effetti di atti processuali posteriori alla sua entrata in vigore, con la conseguenza che a regolare gli effetti degli atti processuali precedenti non possono che provvedere le disposizioni vigenti al momento della loro verificazione. 2.3. Tale assetto interpretativo deve ritenersi che sia stato confermato proprio dalla sopravvenuta introduzione della disciplina transitoria che, pur non contenuta nella legge n. 67 del 2014 perché introdotta dalla legge 11 agosto 2014, n. 118 in vigore dal 22 agosto 2014 , ha disposto, alle condizioni previste dall'art. 15-bis, che le disposizioni della legge n. 67 del 2014 si applicano ai procedimenti in corso al 17 maggio 2014 data di entrata in vigore della legge n. 67 del 2014 , facendo quindi coincidere l'applicazione della nuova normativa sul procedimento in absentia con la data di entrata in vigore della nuova legge e, per ciò stesso, ammettendo che fosse la previgente disciplina a regolare gli effetti dei processo contumaciale definito anteriormente all'entrata in vigore della nuova legge. Ne deriva che, ai procedimenti contumaciali definiti secondo la normativa antecedente all'entrata in vigore della legge 28 aprile 2014, n. 67, continua ad applicarsi, anche dopo l'introduzione della norma transitoria ex art. 15-bis legge 11 agosto 2014, n. 118, la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall'art. 175, comma secondo, cod. proc. pen. nel testo previgente la nuova disciplina sul procedimento in assenza, regolando la legge n. 67 dei 2014 gli effetti degli atti processuali relativi ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore 17 maggio 2014 , con la conseguenza che a regolare gli effetti degli atti processuali precedenti provvedono le disposizioni vigenti al momento della loro verificazione Sez. F. n. 40158 del 01/09/2015, Elcot, non mass. e ciò a differenza dei decreti penali di condanna, irrevocabili prima dell'introduzione della norma transitoria ex art. 15-bis legge 11 agosto 2014, n. 118, perché la pronuncia del dispositivo della sentenza di primo grado, cui si riferisce l'art. 15-bis legge 118 dei 2014, non è equiparabile all'emissione del decreto penale di condanna Sez. 4, n. 43478 del 30/09/2014 - dep. 17/10/2014, Tessitore, Rv. 260311 . Deve pertanto concludersi che la regola di giudizio processuale alla quale la Corte d'appello doveva attenersi era quella fissata dall'articolo 175, comma 2, codice di procedura penale nella sua versione previgente all'entrata in vigore della legge 28 aprile 2014, n. 67, secondo la quale se è stata pronunciata sentenza contumaciale . , l'imputato è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione . , salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione . . A tal fine l'autorità giudiziaria compie ogni necessaria verifica . 3. Ciò posto, la Corte d'appello ha affermato che gli istanti, di fronte alla dedotta mancata informazione di ricezione dei plichi di notifica da parte dei loro familiare convivente, avevano il duplice onere di provare rigorosamente sia il verificarsi del fatto ostativo al tempestivo esercizio della facoltà di impugnazione e sia di allegare gli elementi atti a consentire la verifica della tempestività della richiesta di rimessione in termini. Nel caso di specie, secondo la Corte territoriale, i ricorrenti non avrebbero assolto a tale onere probatorio posto che il periodo di crisi patologica del loro figlio si era verificato dalla metà di agosto alla metà dei settembre 2013, con la conseguenza che era stato non provato il fatto che, anche dopo quel periodo, essi non avessero avuto, loro malgrado, cognizione di quelle notifiche tanto più che i plichi, a dire dei ricorrenti, erano stati riposti non in un remoto angolo della casa bensì nel cassetto del mobile di ingresso e che era stato non provato l'ulteriore fatto ossia che proprio in data 28 ottobre 2013 essi avessero finalmente avuto contezza del contenuto degli atti notificati. Con fondamento, allora, i ricorrenti si dolgono del fatto che i Giudici dei merito abbiano posto a loro carico le conseguenze del mancato superamento dell'incertezza circa l'effettiva conoscenza del provvedimento ritualmente notificato. Va allora ribadito che, in tema di restituzione in termini per proporre impugnazione ad una sentenza contumaciale, il giudice, a norma dell'art. 175, comma secondo, cod. proc. pen., nella versione anteriore alla legge n. 67 del 2014, è tenuto a verificare - sulla base di idonee allegazioni dell'interessato, sul quale incombe l'onere di indicare con precisione le ragioni sottese alla mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato, e in forza degli ordinari poteri di accertamento, nel caso di specie, non esercitati - che l'istante non abbia avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento. Ne consegue che il mancato superamento di una situazione di obiettiva incertezza in ordine a tale conoscenza impone di disporre la restituzione nel termine per l'impugnazione. Perciò, al mancato esercizio dei necessari poteri di accertamento da parte della Corte d'appello, dovrà porre riparo il giudice del rinvio che si atterrà ai principi di diritto in precedenza enunciati, eliminando, in tal modo e se dei caso, la situazione di obiettiva incertezza o, nell'ipotesi di una perdurante situazione in tal senso, tenendo presente che il suo mancato superamento in ordine alla conoscenza della sentenza contumaciale impone di disporre la restituzione nel termine per proporre l'impugnazione. P.Q.M. Annulla con rinvio la ordinanza impugnata alla Corte di appello di Napoli. Così deciso il 08/04/2016