La sanzione della sospensione della patente deve essere irrogata dall’Autorità competente

Il giudice che pronuncia sentenza di intervenuta estinzione del reato ex art. 186-ter, comma 2, c.p., per positivo esito della messa alla prova, non può e non deve applicare la sanzione amministrativa accessoria che verrà, poi, applicata dal Prefetto competente a seguito di trasmissione degli atti da parte del cancelliere ed in seguito a passaggio in giudicato della sentenza che tale estinzione del reato accerta e dichiara.

Così ha stabilito il Supremo Collegio con la sentenza n. 29639/16, depositata il 13 luglio. Il caso. L’imputato era stato indagato il relazione al reato di guida in stato di ebbrezza ed aggravato dall’aver provocato un incidente stradale. Il gip del Tribunale di Ravenna ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essere il reato ascrittogli estinto ex art. 168 ter c.p. e per l’effetto ha applicato all’imputato la sanzione della sospensione della patente di guida per la durata di un anno. Ricorre dunque l’imputato affermando che il Giudicante avrebbe esercitato un potestà riservata dalla legge all’autorità amministrativa ed avrebbe violato gli artt. 67 e 224 del d.lgs. n. 285/1992, laddove aveva applicato la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un anno. Il ricorso è fondato. Messa alla prova e lavoro di pubblica utilità. La Corte aveva infatti già avuto modo di precisare che, nel caso della sanzione amministrativa della sospensione della patente, la competenza all’irrogazione della stessa all’esito della positiva messa alla prova” e dell’estinzione del reato, vada individuata, ai sensi dell’art. 224 comma 3 cds, in capo al Prefetto. Costituisce presupposto indefettibile del nuovo istituto la prestazione di lavoro di pubblica utilità. L’istituto della messa alla prova, previsto dall’art. 168 bis c.p., ha in comune con l’istituto del lavoro di pubblica utilità il fatto che entrambi integrano una causa di estinzione del reato ed il fatto che entrambi si riferiscono alla medesima sanzione accessoria della sospensione della patente di guida. Tuttavia i due istituti si distinguono tra loro in quanto il primo prescinde dall’accertamento di una penale responsabilità e il secondo invece la presuppone. Questa sostanziale differenza induce a ritenere che non possa trovare applicazione, nel caso in esame, la procedura prevista dagli artt. 186 e 187 cds. Dunque, in difetto di assimilabilità dei due istituti, si torna alla previsione di carattere generale che individua la competenza al Prefetto.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 23 giugno – 13 luglio 2016, n. 29639 Presidente Romis – Relatore Gianniti Ritenuto in fatto 1. C.E. è stato indagato in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, commesso in Ravenna il 16 ottobre 2014 valore alcolemico pari a g/l 1,32 ed aggravato dall’aver provocato un incidente stradale. A seguito di istanza difensiva, è stato ammesso alla sospensione con messa alla prova ex art. 168 bis e ss. c.p.p 2.11 Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ravenna ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C.E. per essere il reato ascrittogli estinto ex art. 168 ter c.p. ciò in quanto all’esito del periodo di prova, era emerso il corretto e regolare svolgimento del programma elaborato e del lavoro di pubblica utilità e, per l’effetto, ha applicato al C. in conseguenza del fatto reato ascrittogli la sanzione della patente di guida per la durata di anni 1. 3.Ricorre l’imputato lamentando violazione dell’art. 606 comma 1 lett. a e lett. b , in quanto il Giudicante avrebbe esercitato una potestà riservata dalla legge all’autorità amministrativa ed avrebbe violato gli artt. 67 e 224 del d.lgs. n. 285/1992, laddove aveva applicato la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un anno. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. La sanzione amministrativa in esame deve essere applicata. Il legislatore del 2014, si è preoccupato, infatti, con l’art. 3, comma 11, della legge 67/2014, di inserire nel codice penale l’art. 168-ter che, al secondo comma, prevede espressamente che l’estinzione del reato per l’esito positivo della messa alla prova non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie ove previste dalla legge. Si tratta, peraltro, di una previsione necessaria, in quanto il nuovo istituto della messa alla prova - che può essere fatto rientrare, a pieno titolo, nella cause di estinzione del reato come si ricava inequivocabilmente proprio dal tenore del comma 2 dell’art. 168-ter, laddove la norma si riferisce agli effetti dell’esito positivo della prova - si caratterizza, tuttavia, dalle altre cause di estinzione del reato per il suo carattere di strumento di composizione preventiva e pregiudiziale del conflitto penale, insorto con la formulazione dell’accusa verso l’imputato o con l’inizio dell’indagine da parte del PM. Non prevede, in altri termini, un preventivo accertamento di penale responsabilità. 3. Ciò posto, questa Sezione ha già avuto modo di precisare che, nel caso della sanzione amministrativa della sospensione della patente, la competenza all’irrogazione della stessa all’esito della positiva messa alla prova e dell’estinzione del reato, vada individuata, ai sensi dell’art. 224 co. 3 Cds in capo al Prefetto sent. n. 40069 del 17/09/2015, Pettorino, Rv. 264819, il cui iter argomentativo viene qui ripercorso per condivise ragioni . 3.1. La norma in questione prevede, infatti, testualmente, che La declaratoria di estinzione del reato per morte dell’imputato importa l’estinzione della sanzione amministrativa accessoria. Nel caso di estinzione del reato per altra causa, il prefetto procede all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria e procede ai sensi degli articoli 218 e 219 nelle parti compatibili. L’estinzione della pena successiva 3 alla sentenza irrevocabile di condanna non ha effetto sulla applicazione della sanzione amministrativa accessoria . Non deve trarre in inganno, in tal senso, la diversa previsione di cui agli artt. 186 comma 9 bis e 187 comma 8 bis del medesimo codice della strada, sebbene vi siano indubbi punti di contatto nelle modalità il lavoro di pubblica utilità e nell’esito l’estinzione del reato con il nuovo istituto della messa alla prova. L’art. 168-bis comma 2 cod. pen. delinea i contenuti del regime di messa alla prova, conferendo rilievo prioritario alle condotte riparative prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato . A tali condotte si associa l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma. Alcuni contenuti del programma sono declinati dalla norma sostanziale in termini di possibilità. La messa alla prova può implicare, tra l’altro lo svolgimento di attività di volontariato sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali. Costituisce invece presupposto indefettibile del nuovo istituto la prestazione di lavoro di pubblica utilità la concessione della messa alla prova è . subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità . E di tale prestazione lavorativa l’art. 168-bis comma 3 c.p. offre una definizione mutuata da quelle già contenute in disposizioni vigenti che contemplano la misura quale pena sostitutiva art. 54 del D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 in tema di competenza penale del giudice di pace artt. 186 comma 9 bis e 187 comma 8 bis del Codice della strada art. 73 comma 5 del d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309 o quale obbligo correlato alla sospensione condizionale della pena art. 165 cod. pen. . Si tratta di prestazioni non retribuite in favore della collettività, affidate tenendo conto delle specifiche professionalità e attitudini lavorative dell’imputato , articolate secondo un orario giornaliero non superiore alle otto ore, da svolgere per non meno di dieci giorni, anche non c. nuativi, e da modulare in termini compatibili con le esigenze di lavoro, di studio di famiglia e di salute dell’imputato. La centralità del lavoro gratuito nell’economia della misura è confermata a dalla previsione dell’art. 168-quater del codice penale che individua il rifiuto opposto dall’imputato alla prestazione de/lavoro di pubblica utilità come autonoma causa di revoca anticipata b dalla previsione del nuovo art. 464-bis comma 4 lett. b , cod. proc. pen. che indica le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità ovvero all’attività di volontariato di rilievo sociale tra i contenuti obbligatori del programma di trattamento che l’imputato deve allegare all’istanza di 4 ammissione c dalla previsione del nuovo art. 141-ter comma 3 disp. att. cod. proc. pen., che coniuga all’indicativo la previsione, tra gli allegati che devono corredare il programma di trattamento da sottoporre al giudice in vista dell’ammissione della misura, l’adesione dell’ente presso il quale l’imputato è chiamato a svolgere le proprie prestazioni . Dunque la previsione obbligatoria del lavoro di pubblica utilità costituisce il profilo sanzionatorio di maggior rilievo della nuova misura una sanzione sostitutiva di tipo prescrittivo, secondo una definizione dottrinaria , quello che esprime la sua necessaria componente afflittiva , secondo quanto si evince dai lavori preparatori della legge 67/2014. 3.2. L’istituto della messa alla prova, previsto dall’art. 168 bis c.p., ha in comune con l’istituto del lavoro di pubblica utilità, previsto dagli artt. 186 comma 9 bis e 187 comma 8 bis C.d.S. il fatto che entrambi integrano una causa di estinzione del reato ed il fatto che entrambi si riferiscono alla medesima sanzione accessoria della sospensione della patente di guida. Tuttavia, i due istituti si distinguono tra loro, in quanto l’istituto della messa alla prova prescinde dall’accertamento di una penale responsabilità ed ha come finalità quella di pervenire ad una composizione preventiva e pregiudiziale del conflitto penale, mentre l’istituto del lavoro di pubblica utilità, presuppone l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato tramite la celebrazione del giudizio in forma dibattimentale, oppure con lo svolgimento del rito abbreviato, o, comunque, la sua definizione con l’adozione dell’applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen. o anche con decreto penale di condanna non opposto e la condanna dello stesso ad una pena, che viene poi convertita nella forma alternativa di espiazione, costituita per l’appunto dal lavoro di pubblica utilità. Dunque, si ribadisce, per l’applicazione della sanzione del lavoro di pubblica utilità, è necessario il previo accertamento della responsabilità dell’imputato. E, nel caso di positivo esito del lavoro di pubblica utilità, si verifica, oltre all’effetto estintivo del reato, anche un effetto favorevole sull’entità della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida. In tal caso, infatti, il giudice fissa una udienza ad hoc nella quale emette sentenza con la quale dichiara estinto il reato, dispone la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e revoca la confisca del veicolo sequestrato . Qualche perplessità potrebbe destare la circostanza che, a fronte di un accertamento di penale responsabilità, gli artt. 186 comma 9 bis e 187 comma 8 bis Cod. strada prevedano espressamente una riduzione della metà della sanzione amministrativa, mentre analoga riduzione non è stata prevista nel caso di estinzione del reato ex art. 168-bis c.p. laddove manca l’accertamento di responsabilità. Tale differente disciplina, tuttavia, è frutto di una legittima scelta del legislatore che, come si è premurato di scrivere l’art. 168-ter del codice penale per precisare che l’estinzione del reato non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge, ben avrebbe potuto prevederne anche una riduzione. E se non l’ha fatto, evidentemente, è perché ha considerato l’assorbente vantaggio, per chi richiede la messa alla prova, pur a sanzione amministrativa accessoria inalterata, di poter pervenire all’estinzione del reato senza alcun accertamento di penale responsabilità a suo carico. 3.3. La sostanziale differenza dei suddetti due istituti induce a ritenere che non possa trovare applicazione nel caso in esame la procedura prevista dagli artt. 186 comma 9 bis e 187 comma 8 bis Cod. strada competenza che lascia al giudice, in deroga alla previsione generale di cui al citato art. 224 co. 3 Cds, la competenza, previa fissazione di apposita udienza, a statuire la sanzione amministrativa della sospensione della patente . Dunque - in difetto di assimilabilità dell’istituto della messa alla prova all’istituto del lavoro di pubblica utilità - si torna alla previsione di carattere generale di cui all’art. 224 comma 3 bis Cod. strada, che individua la competenza nel Prefetto. Tale conclusione, peraltro, si pone in c. nuità con le condivisibili conclusioni cui in passato era pervenuta questa Sezione della Corte di legittimità in relazione all’estinzione del reato per intervenuta oblazione cfr., tra le tante, la sent. n. 41818 del 10/7/2009, Alibrandi, Rv. 245455 e la sent. n. 34293 del 16/3/2004, De Luca, Rv. 229384 . In quei casi si era affermato che il giudice penale, che aveva dichiarato l’estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186 Cds., comma 2 per intervenuta oblazione, non poteva applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, rimessa, ai sensi dell’art. 224 Cds., comma 3, al Prefetto, che avrebbe dovuto procedere all’accertamento della sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della predetta sanzione, richiamandosi agli artt. 218 e 219 C.d.S., nelle parti compatibili. Tale conclusione è coerente anche con la previsione di cui all’art. 186 co. 2 Cds che vuole che la sanzione amministrativa accessoria evidentemente quella che applica il giudice, vista la previsione per l’estinzione del reato di cui al successivo art. 224 co. 3 Cds segua l’accertamento del reato . Peraltro, il secondo comma dell’art. 221 C.d.S. prevede espressamente l’ipotesi di definizione del processo penale per estinzione del reato o per difetto di una condizione di procedibilità , nel qual caso la competenza del giudice penale in ordine all’applicazione della sanzione amministrativa viene espressamente a cessare perché lo prevede la stessa disposizione di legge. Il ben diverso accertamento , effettuato in sede amministrativa della violazione amministrativa - che va sottoposto al procedimento di accertamento specifico, incidenter tantum, nell’ambito del processo penale nel caso ipotizzato dall’art. 221 co. 1 Cod. strada - riprenderà dunque capacità di spiegare effetti autonomi allorché in sede penale si sia esclusa l’esistenza di un reato che dipenda dall’accertamento di una violazione non costituente reato . con la conseguenza che gli atti vengono restituiti per riprendere il loro corso nella naturale sede amministrativa. In definitiva, il giudice il quale - come nel caso in esame - pronunci sentenza di intervenuta estinzione del reato ex art. 168 ter co. 2 cod. pen. per positivo esito della messa alla prova, non può e non deve applicare la sanzione amministrativa accessoria, che verrà poi applicata dal Prefetto competente a seguito di trasmissione degli atti da parte del cancelliere ed in seguito a passaggio in giudicato della sentenza che tale estinzione del reato accerta e dichiara ex art. 224, co. 3, Cds . L’art. 223 comma 4 Cds, dispone strumentalmente anche a tale finalità - che le sentenze ed i decreti, una volta divenuti irrevocabili, vengano trasmessi al Prefetto entro i successivi quindici giorni a cura del cancelliere competente. 4. Per le ragioni che precedono, la sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio limitatamente alla pronuncia della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, statuizione che va eliminata. Deve disporsi, conseguentemente, la trasmissione di copia della presente sentenza al competente Prefetto, a cura della Cancelleria, nel rispetto di quanto disposto dall’art. 224/3 C.D.S P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla sospensione della patente di guida del Corti, statuizione che elimina. Dispone trasmettersi copia della presente sentenza al Prefetto di Ravenna per quanto di competenza.