Connessione di reati: chi decide in caso di assoluzione per il reato più grave?

Vige il principio della perpetuatio iurisdictionis nel caso di procedimento instaurato per più reati connessi tra loro, anche in caso di assoluzione dell’imputato per il reato più grave che aveva determinato la competenza anche per gli altri.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 28585/2016 della Corte di Cassazione, depositata l’8 luglio. Il caso. Il procedimento che ha originato la pronuncia della Corte aveva riguardato il caso di un soggetto che aveva investito un giovane, all’interno di un parcheggio, guidando ad alta velocità verso un gruppo di persone che lì si trovava e di cui faceva parte anche la vittima. Il reato di lesioni personali colpose ritenuto dai giudici di merito, risultava pertanto aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale, dallo stato di ebbrezza alcolica e dall’avere agito con previsione dell’evento. Proponevano ricorso sia l’imputato che il responsabile civile. Condanna alle spese relative all’azione civile. L’imputato, tra i vari motivi, lamentava violazione dell’art. 541, comma 1, c.p.p., in ordine all’erronea estromissione dalla condanna alle spese anche del responsabile civile. La Corte ha ritenuto fondato tale motivo, affermando che, secondo quanto si ricava dal dettato della norma citata, il responsabile civile è tenuto, ex lege, al pagamento delle spese di parte civile, in solido con l’imputato Con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno, il giudice condanna l'imputato e il responsabile civile in solido al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale” . Nel caso di specie, ha ritenuto la Corte trattarsi di una mera omissione materiale, da doversi correggere con l’indicazione del responsabile civile quale coobbligato in solido. Competenza per connessione. Con riguardo alle deduzioni del responsabile civile, invece, la Corte, ha precisato che nell’ipotesi in cui al reato di cui all’art. 590 c.p. siano connesse anche ipotesi contravvenzionali, il PM può chiedere il rinvio a giudizio e non procedere a citazione diretta dell’imputato. Invero, la Corte, richiamando la propria giurisprudenza, afferma come il vincolo tra reati, determinato dalla connessione, costituisce criterio originario ed autonomo di attribuzione di competenza indipendentemente dalle successive vicende relative ai procedimenti riuniti”. In tali ipotesi, dunque, per il principio della perpetuatio iurisdictionis, seppure in presenza di assoluzione per il reato più grave che aveva determinato la attribuzione di competenza anche per gli altri reati, la stessa resta invariata. No regressione del procedimento. Sotto altro profilo, poi, i giudici evidenziano quell’orientamento per il quale deve ritenersi abnorme quel provvedimento che, nel rilevare l’erroneità delle modalità di esercizio dell’azione penale, abbia comportato una indebita regressione del procedimento con la conseguente stasi dello stesso, e ciò sia nel caso in cui l’azione penale sia stata esercitata mediante richiesta di rinvio a giudizio ove invece doveva farsi una citazione diretta, che viceversa, in quei casi in cui venga pretermessa la celebrazione dell’udienza preliminare. Tentato omicidio o lesioni? Infine, in punto di qualificazione giuridica del fatto, il responsabile civile rilevava doversi inquadrare il fatto in tentato omicidio volontario anche sulla scorta di quanto affermato dal giudice di secondo grado che, in un passaggio della motivazione, riteneva che la gravità dell’elemento soggettivo della colpa cosciente sfiorava quasi il dolo eventuale . Tale circostanza avrebbe dovuto comportare la conseguente mancanza di responsabilità di tale soggetto per un fatto deliberatamente commesso dall’imputato. Nondimeno, la Corte ha, comunque, affermato la correttezza di quanto statuito dal giudice di merito, in ossequio all’orientamento oramai consolidato della Corte che vuole l’incompatibilità tra il dolo eventuale e il tentativo.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27 giugno – 8 luglio 2016, n. 28585 Presidente Blaiotta – Relatore Cappello Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 19/05/2015, la Corte d'Appello di Bologna ha confermato quella del GUP presso il Tribunale di Piacenza, appellata dall'imputato G.P., con la quale costui era stato ritenuto colpevole dei reati di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 189 co. 6 e 7 d.lgs. 285 del 1992 capo A , del reato di cui all'art. 186 co. 2 lett. c , co. 2 bis e 2 sexies d.lgs 285 del 1992 capo B e di cui agli arti. 61 n. 3 e 590 co. 2 e 3 cod. pen. in relazione all'art. 583 co. pen. capo C . Questa in sintesi la vicenda. Il 24/08/2012, attorno alle ore 01 40, il G., alla guida di una autovettura di proprietà della madre C.L., si fermava nel parcheggio antistante un bar con il motore acceso. All'arrivo di un gruppo di ragazzi, dei quali faceva parte anche la vittima, F.M., partiva in direzione del gruppo, percorrendo in forte accelerazione la distanza che lo separava da quello, investendo il F. alla velocità di 80 Km/h, cagionandogli lesioni tali da comportarne il ricovero in stato di coma, con lesione cerebrale irreversibile e incompatibile con un futuro recupero delle normali funzioni cerebrali. Il fatto era aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale, dallo stato di ebbrezza dell'agente e dall'aver egli agito con previsione dell'evento. 3. L'imputato G. ha proposto ricorso, a mezzo di difensore, formulando tre distinti motivi. Con il primo motivo, ha dedotto vizio della motivazione e violazione di legge con riferimento al trattamento sanzionatorio, contestando la conferma della pena stabilita dal primo giudice, che si era discostato dal minimo edittale, cosicché non potrebbe ritenersi sufficiente il ricorso a mere clausole di stile. Con il secondo motivo, ha dedotto vizio della motivazione e violazione di legge in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Con il terzo motivo, ha dedotto violazione di legge con riferimento alla condanna alle spese sostenute dalle parti civili, disposta solo a carico del solo imputato e non in solido con il responsabile civile, in violazione dell'art. 541 co. 1 codice di rito. 5. Ha proposto ricorso, a mezzo di proprio difensore, anche il responsabile civile, GROUPAMA ASS.NI S.p.A, in persona del legale rappresentante, formulando due distinti motivi. Con il primo motivo, ha dedotto vizio motivazionale in ordine alla eccezione di nullità dell'esercizio dell'azione penale e della sentenza di primo grado con riferimento alla competenza funzionale del giudice monocratico. Con il secondo motivo, ha dedotto analogo vizio con riferimento alla eccezione di nullità della sentenza di primo grado per violazione dell'art. 521 co. 2 c.p.p., avuto riguardo alla qualificazione giuridica del fatto quale omicidio volontario, sorretto dal dolo eventuale, opponendosi alla condanna al risarcimento di un danno di notevole entità causato da un soggetto che non avrebbe agito disattendendo una regola cautelare, ma deliberatamente per causare l'evento investimento, altresì osservando che non sarebbe possibile ritenere cristallizzata nei confronti del responsabile civile una imputazione sulla scorta di una scelta del rito operata dalla pubblica accusa. Considerato in diritto 1. I primi due motivi del ricorso presentato nell'interesse di G.P. sono manifestamente infondati. La Corte d'appello ha confermato l'entità della pena inflitta in primo grado, posta la gravità del fatto, il cui svolgimento è stato sinteticamente riportato in premessa e più ampiamente descritto nella narrativa della sentenza impugnata, non mancando di evidenziare come soltanto il divieto di reformatio in peius, conseguenza del mancato appello da parte del P.M., impedisse addirittura di aggravarne la determinazione. Quel giudice ha stigmatizzato il fatto che il comportamento del G. era sorretto da un grado elevatissimo di colpa cosciente, avendo egli provocato l'incidente, in esito al quale il F. è stato ridotto a vita quasi vegetativa, a causa del suo vezzo di fingere di investire gli amici con la lussuosa auto della madre, per poi scansarli all'ultimo momento, manovra che - nell'occorso - non gli era riuscita anche, evidentemente, a causa dello stato di pesante ubriachezza in preda al quale si era posto alla guida. La Corte territoriale, inoltre, ha ritenuto di non dover accedere alla richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche, non rinvenendo apprezzabili elementi in favore dell'adeguamento richiesto ed evidenziando che, contrariamente a quanto sostenuto a difesa, il G. non ebbe un comportamento processuale improntato sin da subito alla collaborazione, avendo tentato di fornire giustificazioni al suo comportamento e di sminuire la gravità della sua condotta, adducendo circostanze poi smentite dagli accertamenti compiuti e non avendo mai manifestato alcuna vera forma di pentimento, neppure provvedendo ad un inizio di risarcimento in favore della vittima. 2. Il ragionamento seguito dalla Corte territoriale per confermare la pena inflitta dal primo giudice è del tutto logico, perfettamente coerente con gli elementi fattuali esposti in sentenza e non contraddittorio. La motivazione si sottrae alle censure della parte ricorrente che dimostra di non essersi con essa confrontata, assumendo che si sarebbe risolta in un richiamo a mere formule di stile, smentito dalle considerazioni sopra indicate. Lo stesso dicasi per il diniego delle circostanze generiche, con riferimento alle quali la Corte di merito, coerentemente ai principi di diritto richiamati in sentenza, ha formulato le sue valutazioni in maniera del tutto congrua, logica e non contraddittoria, tale da sottrarre il ragionamento svolto alle censure veicolate con l'impugnazione. 3. Il ricorso è invece fondato per ciò che attiene alla mancata condanna del responsabile civile al pagamento delle spese di parte civile in solido con l'imputato, omissione rinvenibile nella sola pronuncia di secondo grado. Si è in presenza di una palese omissione materiale, posto che la condanna solidale dei responsabili civili discende ex lege art. 541 cod. proc. pen. , atteso il tenore della pronunzia. Tale omissione può essere ovviata da questa Corte, recependosi l'indirizzo già espresso da questa stessa sezione Sez. 4, n. 31353 del 27/06/2013, Rv. 257743 . In applicazione di tale principio la sentenza impugnata va, pertanto, corretta per ovviare all'indicata omissione. 4. Il ricorso presentato nell'interesse del responsabile civile è infondato. La Corte territoriale, nell'esaminare il correlato motivo di gravame, ne ha ritenuto l'infondatezza, rilevando, sotto il primo profilo, essere nella facoltà del P.M. - in relazione al reato di cui all'art. 590 c.p., connesso con quelli contravvenzionali - chiedere il rinvio a giudizio e non procedere a citazione diretta dell'imputato. Sotto altro profilo, quel giudice ha ritenuto corretta la qualificazione giuridica del fatto che l'appellante riteneva sussumibile nella fattispecie del tentato omicidio, sulla scorta di una notazione operata dal primo giudice, per il quale l'elemento soggettivo del reato, pur contestato come colpa cosciente, sfiorava, se non addirittura attingeva il dolo eventuale , limitandosi ad osservare la incompatibilità, ritenuta pacificamente dalla giurisprudenza, del dolo eventuale con la forma tentata del delitto, così disattendendo l'eccezione di nullità della sentenza per violazione dell'art. 521 comma 2 cod. proc. pen. 5. La motivazione resiste alle censure, siccome coerente con il dettato normativo e conforme ai principi evocati dal giudice del merito, espressione di un consolidato orientamento da ribadirsi anche in questa sede. Si è, infatti, chiarito, anche di recente, che il vincolo tra i reati, determinato dalla connessione, costituisce criterio originario ed autonomo di attribuzione di competenza indipendentemente dalle successive vicende relative ai procedimenti riuniti. Con la conseguenza che la competenza così radicatasi resta invariata per tutto il corso del processo, per il principio della perpetuatio iurisdictionis , anche in caso di assoluzione dell'imputato dal reato più grave che aveva determinato la competenza anche per gli altri reati Sez. 2 n. 3662 del 21/01/2016, Rv. 265783 conf. Sez,. 1 n. 69 del 17/ 10/2013 Ud. dep. 02/01/2014 , Rv. 258395 . Peraltro, contrariamente a quanto ha dedotto parte ricorrente, la sentenza pronunciata in sede di giudizio abbreviato richiesto nel corso dell'udienza preliminare, in un procedimento nel quale l'azione penale sia stata esercitata mediante richiesta di rinvio a giudizio in ordine a reati nella specie art. 186 cod. strada e 495 c.p. per i quali avrebbe dovuto procedersi con citazione diretta a giudizio, non è nulla cfr. Sez. 5 n. 39207 del 25/05/2015, Rv. 265082 Sez. 4 n. 36881 del 22/05/2009, Rv. 244983 , avendo questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ritenuto l'abnormità di un provvedimento che, nel rilevare l'erroneità delle modalità di esercizio dell'azione penale, abbia comportato una indebita regressione del procedimento e, dunque, una sua insuperabile stasi, anche per il caso in cui speculare a quello all'esame sia stata pretermessa la celebrazione dell'udienza preliminare [Sez. 6 n. 12830 del 15/02/2013, Rv. 256227 Sez. 3 n. 8708 del 13/11/2013 Ud. dep. 24/02/2014 , Rv. 258685 Sez. 1 n. 10666 del 27/01/2015, Rv. 262694]. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna il responsabile civile Groupama assicurazioni spa al pagamento delle spese processuali. Dispone correggersi la sentenza impugnata nel senso che la condanna al pagamento delle spese processuali in favore delle parti civili deve intendersi estesa in via solidale al responsabile civile.