Delineati i confini del reato e del concorso omissivo nel reato commissivo

Al fine della configurabilità del delitto di frode nelle pubbliche forniture non è necessario un comportamento in frode volto ad occultare la mancanza nei beni forniti della qualità previste dal contratto, ma solo la dolosa violazione delle condizioni contrattuali, incidente sul rapporto con la pubblica amministrazione.

Questo il principio di diritto affermato dalla Sesta Sezione della Cassazione Penale con la sentenza n. 28301/16, depositata il 7 luglio. Con la medesima pronuncia la Cassazione ha, altresì, chiarito che, pur essendo possibile il concorso di persona di tipo omissivo nel reato commissivo di pura condotta qual è l’art. 356 c.p. , non si ravvisa nei confronti del responsabile del procedimento amministrativo un diretto obbligo di verifica dal quale possa ricavarsi un suo dovere di intervento volto ad impedire la fornitura di materiale non qualificato o non certificato, spettando al direttore dei lavori ogni valutazione in merito . Il delitto di frode nelle pubbliche forniture. La fattispecie di cui all’art. 356 c.p. è volta a tutelare la corretta esecuzione dei contratti di pubbliche forniture. La condotta sanzionata dalla norma in esame deve dunque attenere la fase esecutiva del contratto e non quella di stipulazione o di conclusione del contratto di pubblica fornitura, poiché in tale ipotesi sarebbe configurabile il diverso delitto di truffa. Poiché dunque l’art. 356 e l’art. 640 c.p. o 640- bis c.p. attengono a fasi diverse di una operazione contrattuale è ben possibile il concorso fra le due norme. La norma in esame è dunque finalizzata a garantire la corretta e puntuale esecuzione dei contratti di pubblica fornitura ed a differenza del delitto di truffa è costruito come delitto di mera condotta e non di evento, in senso naturalistico. E’ opportuno, sin da subito, evidenziare che l’aspetto più problematico della fattispecie astratta, in questione, attiene alla corretta identificazione della condotta che viene normativamente delineata come commette[re] frode nella esecuzione di contratti di pubblica fornitura . Il caso di specie. La vicenda sottoposta al vaglio degli Ermellini si presenta particolarmente interessante in quanto la Suprema Corte di Cassazione viene chiamata non solo a definire il campo di applicazione della norma incriminatrice in oggetto, ma altresì il possibile concorso omissivo nel delitto in esame da parte del responsabile unico del procedimento ammnistrativo avente ad oggetto la pubblica fornitura non compiuta correttamente. Nel dettaglio, ad esito di giudizio abbreviato, i giudici di merito avevano affermato la penale responsabilità del responsabile unico presso il Dipartimento della Protezione Civile del procedimento amministrativo volto alla fornitura di isolatori sismici che erano stati forniti, contrariamente a quanto previsto nel contratto di pubblica fornitura, privi di certificati di omologazione e qualificazione. È opportuno precisare che il contributo concorsuale del pubblico funzionario nella condotta del soggetto che aveva realizzato la fornitura non era stato individuato in un accordo collusivo con il medesimo, bensì in un mero comportamento omissivo, per non aver lo stesso provveduto a segnalare o fare in modo di bloccare o regolarizzare la fornitura. Le censure del ricorrente. Numerose ed articolate le censure mosse dal ricorrente avverso la sentenza della Corte di Appello dell’Aquila, che aveva confermato la condanna all’esito del giudizio abbreviato di primo grado. Sicuramente centrali i motivi relativi alla interpretazione della formula legislativa frode nell’esecuzione dei contratti di fornitura o nell’adempimento degli altri obblighi contrattuali” e quello relativo alla ammissibilità ed ai limiti del concorso omissivo del pubblico funzionario nel reato commissivo e di mera condotta realizzato dal fornitore. Il concetto di frode nelle pubbliche forniture. Come noto e come ripercorre anche la parte motiva della impugnata sentenza, sulla nozione di frode” contenuta nella fattispecie astratta in esame non vi è in giurisprudenza uniformità di vedute. Si contrappongono nel dettaglio due principali filoni interpretativi. Secondo il primo, il concetto di frode necessario e sufficiente per integrare la fattispecie in questione si esaurisce nella malafede contrattuale, consistente nella semplice dolosa esecuzione del contratto consumata con il fornire cose per specie, qualità, quantità diverse da quelle pattuite. Un secondo indirizzo richiede invece al fine della sussistenza della frode la presenza di un espediente malizioso o l’inganno del fornitore non necessariamente strutturato nella forma degli artifici o raggiri tipici della truffa , che serva al contraente o fornitore per conseguire un profitto illecito. Senza alcuna perplessità gli Ermellini optano per il primo ed invero maggioritario indirizzo interpretativo che, si legge nella motivazione, ben si concilia con la struttura di reato di mera condotta del delitto in esame ed è funzionale ad una anticipazione e maggiore tutela che deve accompagnare le pubbliche forniture. Tale conclusione interpretativa porta la Corte a ritenere sussistente nel caso di specie il delitto contestato, atteso che il materiale oggetto della pubblica fornitura non era risultato conforme alle previsioni contrattuali, alla luce della normativa vigente al momento della fornitura stessa. Il concorso omissivo nel delitto commissivo di pura condotta del funzionario pubblico. Altrettanto dibattuta la seconda questione, strettamente giuridica, sollevata dal ricorrente. Acclarato che il delitto di cui all’art. 356 c.p. è delitto di mera condotta commissiva, che si consuma nel momento e nel luogo in cui viene effettuata la pubblica fornitura non conforme a quanto contrattualmente previsto, aperta è la discussione sulla configurabilità di un concorso omissivo in un reato di mera condotta. Sotto il profilo ontologico e strutturale atteso che la responsabilità omissiva si configura laddove il soggetto non abbia impedito un evento in senso naturalistico che aveva l’obbligo giuridico di impedire art. 40, comma 2, c.p. , pare difficilmente ipotizzabile tale tipo di responsabilità allorché si abbia a che fare con un delitto di mera condotta quale quello in esame e dunque privo di evento in senso naturalistico. Gli Ermellini ritengono di superare tale impostazione aderendo, invece, all’orientamento che conclude per la ammissibilità, sulla base del rilievo che nella fattispecie concorsuale ex art. 110 c.p. ciò che doveva essere impedito ben può essere non l’evento in senso naturalistico, ma la condotta commissiva illecita posta in essere dall’altro soggetto agente. La conclusione tuttavia non è quella che ci si potrebbe attendere. Non essendo neppure stato ipotizzato, nel caso in esame, un previo doloso concerto tra pubblico funzionario e fornitore deve infatti verificarsi la sussistenza in capo al primo dell’obbligo giuridico di impedire l’evento. E’ proprio sotto tale profilo che la Cassazione evidenzia che non può ravvisarsi nei confronti del responsabile del procedimento amministrativo un diretto obbligo di verifica dal quale possa ricavarsi un suo dovere di intervento volto ad impedire la fornitura di materiale non qualificato o non certificato, spettando al direttore dei lavori ogni valutazione in merito. All’esito, dunque, di tale elaborato iter motivazionale concludono gli Ermellini che non sussiste l’ipotesi di reato contestata in capo all’imputato, in quanto il responsabile del procedimento è tenuto alla verifica della complessiva regolarità della procedura, ma non ad una minuta verifica dei materiali oggetto di fornitura, compito peraltro specificamente attribuito al direttore dei lavori. La sentenza e la condanna impugnata vengono pertanto annullate senza rinvio per non aver l’imputato commesso il fatto.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 8 aprile – 7 luglio 2016, n. 28301 Presidente Conti – Relatore Ricciarelli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 29/10/2015 la Corte di appello di L’Aquila ha confermato quella pronunciata in data 15/10/2013 dal G.U.P. del Tribunale di L’Aquila in sede di giudizio abbreviato, con la quale D.M. era stato riconosciuto colpevole del delitto di cui all’art. 356 cod. pen., in quanto nella veste di responsabile unico del procedimento per il progetto C.A.S.E. presso il Dipartimento della Protezione Civile aveva concorso in una frode nella fornitura da parte di ALGA s.p.a. di isolatori sismici, fra l’altro risultati privi dei certificati di omologazione e qualificazione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici il G.U.P. aveva condannato il D. alla pena di anni uno di reclusione ed euro 1.000,00 di multa e lo aveva altresì condannato a risarcire il danno cagionato alle parti civili Comune di L’Aquila e Associazione di Promozione Sociale 3 e 32. 2. Ha presentato ricorso il D. , patrocinato dall’Avvocatura distrettuale dello Stato. 2.1. Con il primo motivo denuncia violazione degli artt. 417 e 521 cod. proc. pen. agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b , c ed e , cod. proc. pen., per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza. Il D. era stato condannato per una condotta omissiva, consistita nel non aver provveduto a segnalare o fare in modo di bloccare o regolarizzare la fornitura, nonostante i compiti delineati dal d.P.R. 554 del 1999, mentre la contestazione era riferita alla condotta commissiva consistente nell’aver accettato gli isolatori sismici e aver dato corso al montaggio, venendo meno al dovere di controllo. La questione era stata sollevata con i motivi di appello ma la Corte aveva rilevato che si trattava di formule equivalenti, sebbene in tal modo avesse travisato il decisum del Giudice di primo grado, nel contempo finendo per riconoscere l’estraneità della condotta omissiva al capo di imputazione. Inoltre diversi erano i riferimenti normativi richiamati in detto capo, limitati al d.m. 14 gennaio 2008, rispetto a quelli su cui si era fondata la condanna, riguardanti la legge 109 del 1994 e il d.P.R. 554 del 1999. L’eterogeneità e incompatibilità sostanziale delle tipologie di condotte aveva arrecato un vulnus al diritto di difesa del ricorrente, non posto in condizione di difendersi con riferimento ai presupposti su cui si fondava la condotta omissiva, non essendo stata peraltro contemplata nell’imputazione una responsabilità ex art. 40, comma secondo, cod. pen. e non essendo stata delineata la base normativa della posizione di garanzia. Peraltro su tali punti si sarebbe dovuta rimarcare anche la contraddittorietà della motivazione utilizzata dalla Corte territoriale. 2.2. Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 356 cod. pen. in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen Sebbene fosse stata segnalata in un motivo di appello la questione inerente all’individuazione degli elementi ulteriori che valgono a colorare in termini di frode l’inadempienza convenzionale, la Corte non aveva spiegato in quale attività poteva o doveva ritenersi realizzata quell’azione fraudolenta diversa dal mero inadempimento contrattuale in ordine alla mancanza della certificazione della qualificazione. In definitiva la Corte territoriale aveva ritenuto di poter ravvisare la frode solo sulla base dell’accertamento della sostanziale mancata adesione da parte della Stazione appaltante al mutamento della prestazione pattiziamente convenuta, astenendosi dall’individuare il comportamento positivo dell’impresa fornitrice volto ad eludere il controllo circa la rispondenza della fornitura alle previsioni contrattuali, comportamento che avrebbe dovuto consistere in espedienti maliziosi volti a far si che l’esecuzione del contratto apparisse conforme agli obblighi, occorrendo anche la dissimulazione fraudolenta dell’ aliud pro alio . Ma tale elemento esulava dalla concreta fattispecie, in quanto i dispositivi erano quelli oggetto della previsione contrattuale, tanto che successivamente alla fornitura avrebbero conseguito la prevista certificazione di omologa. Né sarebbe potuto valere il solo rilievo del mancato consenso della committenza a qualificare l’inadempimento in termini di azione fraudolenta. 2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 356 cod. pen. e contraddittorietà della motivazione agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen La Corte territoriale aveva dato atto del dibattito a livello mondiale sui dispositivi oggetto della fornitura, trattandosi di una novità assoluta e di materiale ancora sotto esame. Del resto i dispositivi al momento della fornitura non avevano conseguito il certificato di omologazione, che sarebbe stato rilasciato solo nell’ottobre 2010, benché obbligatorio a decorrere dal primo luglio 2009 in forza della legge 77 del 2009 in relazione al d.m. 14 gennaio 2008. Peraltro per questo nell’art. 5 del capitolato speciale era stata prevista la possibilità di una regolarizzazione postuma dei dispositivi, tanto che la gara era stata assegnata benché vi fosse la consapevolezza della momentanea mancanza del certificato di qualificazione. Non vi sarebbe potuta essere malafede contrattuale quando quella mancanza era a conoscenza di tutti, già al momento dell’indizione della gara. Né a questo fine avrebbe potuto rilevare il mutamento della fornitura, con riguardo ai materiali delle superfici di scorrimento e di rotazione, trattandosi comunque di dispositivi non omologati al momento della fornitura. Era dunque contraddittorio il ragionamento della Corte, astenutasi dall’accertare la mala fede, presumendola in mancanza di accettazione espressa di dispositivi non omologati, e nel contempo basatasi sul fatto notorio che l’oggetto della fornitura al momento dell’espletamento della gara doveva essere sottoposto agli accertamenti previsti, quando per altro verso aveva dato rilievo all’ignoranza della Stazione appaltante, indotta dal soggetto agente circa la mancanza della qualità dei beni oggetto della fornitura. Peraltro la certificazione era stata poi rilasciata, il che avrebbe impedito di ravvisare una difformità significativa, idonea ad incidere sullo svolgimento del rapporto con l’amministrazione e ad offendere il bene tutelato dalla norma incriminatrice. Con riguardo all’aspetto della certificazione si sarebbe potuto dunque ravvisare semmai un mero inadempimento di scarsa importanza, peraltro da valutare anche alla luce dell’estrema urgenza che caratterizzava la fornitura al fine di dar corso alle necessarie strutture abitative post-terremoto. 2.4. Con il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, lett. h e i , e 8, comma 1, lett. r e x , d.P.R. 554 del 1999, art. 7, comma 3, legge 109 del 1994, art. 10, comma 2, d.lgs. 163 del 2006 agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen Era stata dedotta nei motivi di appello la non pertinenza della normativa in materia di lavori pubblici, trattandosi di mera fornitura. La replica della Corte secondo cui la fornitura doveva essere utilizzata nella realizzazione di lavori pubblici, laddove a carico della ditta fornitrice vi era anche la posa in opera, era erronea, in quanto a carico della impresa ALGA s.p.a. vi era solo l’assistenza alla posa in opera da parte di ditte terze. Trattandosi di fornitura, si sarebbe dovuto far riferimento al d.lgs. 163 del 2006, che all’art. 10 assegna al responsabile del procedimento la vigilanza sulla corretta esecuzione dei contratti ma nei limiti dei compiti che non siano specificamente attribuiti ad altri soggetti o organi, al direttore dei lavori e non al responsabile del procedimento facendo dunque capo compiti di verifica e di accettazione del materiale oggetto di fornitura. Vengono richiamati orientamenti della Suprema Corte di cassazione e del Consiglio di Stato in ordine alle funzioni del responsabile del procedimento nelle procedure di appalti pubblici, in conformità con le previsioni del disciplinare del Capitolato speciale d’appalto che attribuiva alla Direzione Lavori il compito di sopraintendere alla corretta esecuzione in linea tecnica delle prestazioni commissionate, secondo le previsioni dell’art. 24. Inoltre rispetto al tipo di fornitura in esame lo stesso d.P.R. 14 gennaio 2008 attribuiva al Direttore dei Lavori le prerogative di accettazione dei dispositivi e di verifica dell’omologazione, secondo quanto previsto al punto 11.1. Era inoltre da segnalarsi l’errore dei Giudici di merito riguardante il significato attribuito agli artt. 2 e 8 d.P.R. 554 del 1999, posto che gli aspetti di complessità e specialità avrebbero dovuto riguardare un’opera pubblica e non materiale per essa utilizzato. Peraltro l’art. 2 era da correlarsi a specifiche finalità previste da altri articoli della legge di riferimento, non interferenti con la materia in esame, avente ad oggetto la gestione di un contratto di fornitura, fermo restando che la norma non avrebbe potuto incidere nel senso di modificare il ruolo svolto dal responsabile del procedimento. Né si sarebbero potuti comunque considerare innovativi gli isolatori sismici in oggetto, trattandosi di materiale per il quale era scaduto un brevetto americano risalente agli anni ‘80. 2.5. Con il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, lett. r , d.P.R. 554 del 1999, agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen La Corte territoriale aveva ricavato dall’art. 8, comma 1, lett. r , d.P.R. 554 del 1999 la configurabilità in capo al responsabile del procedimento di compiti di vigilanza sulla realizzazione dei lavori, ma la fattispecie non era applicabile, essa operando solo nel caso, non ricorrente, di concessione di lavori pubblici, che si caratterizza per l’assunzione da parte dell’operatore privato dei rischi della gestione del servizio. Peraltro la norma richiamata dalla Corte, recepita dall’art. 141 d.lgs. 163 del 2006, risultava derogata dall’O.C.P.M. n. 3753 del 6 aprile 2009. 2.6. Con il sesto motivo deduce mancato esame del motivo di appello relativo all’O.C.P.M. del 6 aprile 2009 n. 3753 agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b , c , e , cod. proc. pen Era stato dedotto che la citata ordinanza aveva fra l’altro derogato all’art. 132 del codice dei contratti in materia di varianti con conseguente legittimità dell’operato della Stazione appaltante rispetto alle variazioni di fornitura. In tal modo era stato delineato, in ragione dell’emergenza, un regime normativo peculiare, nell’ambito del quale si sarebbe dovuta verificare la legittimità dell’operato del responsabile del procedimento. Ma la Corte aveva omesso di confrontarsi con tale pur dirimente argomento. Del resto era stata posta una deroga che concerneva la legislazione contrattualistica, dunque il d.lgs. 163 del 2006, posto che la legge 109 del 1994 e il d.P.R. 554 del 1999 erano stati abrogati, cosicché detta normativa non avrebbe potuto essere posta a fondamento della posizione di garanzia del D. . Peraltro non si sarebbe potuta reputare indispensabile la precisa indicazione di tutte le norme derogate. 2.7. Con il settimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 40, comma secondo, e 356 cod. pen., violazione dell’art. 8 d.P.R. 554 del 1999, violazione dell’art. 7, comma 3, legge 109 del 1994, vizio di motivazione, agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen All’imputato era stato addebitato di non aver adempiuto all’obbligo di vigilanza sulla corretta esecuzione dell’opera, in quanto avrebbe dovuto non consentire la fornitura e l’istallazione degli isolatori sismici. Ma ciò prescindeva dalla natura del reato, che è di mera condotta di frode, e dall’effettivo contenuto della prestazione demandata alla società ALGA, relativa alla fornitura ma non alla posa in opera. Il reato si era perfezionato al momento della prestazione giudizialmente censurata, cosicché l’esercizio tempestivo della funzione di vigilanza, peraltro indebitamente attribuita al D. , non avrebbe potuto impedire la realizzazione della fattispecie criminosa, potendo incidere solo posteriormente al compimento della prestazione. Pur potendosi ravvisare un concorso nella forma omissiva, sarebbe occorsa tuttavia una posizione di garanzia e sarebbe stato inoltre necessario che l’omissione fosse stata condizione necessaria, nel senso che l’azione doverosa avesse impedito il fatto-reato. Anche a voler ammettere l’esistenza della posizione di garanzia, nessuna azione commissiva avrebbe potuto essere compiuta dall’imputato preventivamente rispetto alla fornitura, onde impedire la consumazione del reato. Peraltro al responsabile del procedimento non erano attribuiti compiti di accettazione né dall’art. 5 del Disciplinare, essendo previste prove di accettazione della Stazione appaltante, né dall’art. 23 dello stesso, che contemplava la verifica della certificazione da parte della Commissione di Collaudo, né infine dall’art. 24, che assegnava alla Direzione lavori il compito di ordinare gli adempimenti occorrenti. La stessa mancata omologazione avrebbe potuto essere apprezzata solo dopo il compimento della prestazione commissionata. Peraltro la Suprema Corte di cassazione aveva osservato che il reato è di pura condotta, per cui non è ipotizzabile una responsabilità da causalità omissiva neppure per il compartecipe, poiché il reato è privo di evento e l’art. 40 cod. pen. prevede tale tipo di responsabilità solo nel caso in cui l’agente non abbia impedito l’evento. 2.8. Con l’ottavo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 40, 43, 110, 356 cod. pen., in relazione agli artt. 8 e 7 rispettivamente del d.P.R. 554 del 1999 e della legge 109 del 1994, nonché in relazione al d.m. 14 gennaio 2008, e vizio di motivazione agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen. Viene ribadito che tali norme non attribuivano al responsabile del procedimento il potere di interdire la fornitura e l’installazione, per cui erroneamente si era ritenuto che fossero ravvisabili a carico dell’imputato omissioni idonee ad assurgere ad elemento causale del fatto-reato. Peraltro il potere interdittivo non avrebbe potuto evitare la consumazione del reato, in quanto non si inseriva nello svolgimento dinamico delle azioni propedeutiche alla realizzazione della condotta illecita. Inoltre la Corte non aveva fornito alcuna motivazione circa l’efficacia causale spiegata da ciascuna condotta ascritta ai compartecipi, tenendo conto che l’imputazione era contestata a titolo concorsuale anche all’Ing. Calvi, direttore dei lavori. Sarebbe stato in realtà necessario che sul piano oggettivo fosse posta in luce la rilevanza di ciascuna delle condotte e che sul piano soggettivo fosse accertato che ciascun reo fosse consapevole degli obblighi su di lui gravanti e dell’incidenza delle condotte sul piano eziologico. La Corte aveva omesso di verificare se l’attuazione del comportamento richiesto al responsabile del procedimento per effetto della normativa invocata a sostegno potesse incidere sulla condotta posta in essere dall’altro compartecipe, impedendo la commissione del reato. Se il compito di accettare il materiale spettava al Direttore lavori sulla base delle previsioni di cui ai punti 11.1 e 11.9 del d.m. 14 gennaio 2008, la Corte avrebbe dovuto spiegare l’influenza che avrebbe potuto avere la ottemperante condotta commissiva del responsabile del procedimento, in termini di interdizione delle azioni illecite altrui, fermo restando che lo stesso non dispone di poteri gerarchici rispetto al direttore lavori. Né era stato spiegato come fosse desumibile la consapevolezza e condivisione da parte del D. del carattere fraudolento della condotta dell’impresa fornitrice nel quadro di un’analisi degli elementi strutturali tipici del concorso di persone. 2.9. Con il nono motivo denuncia violazione degli artt. 40, 43, 47, 110 cod. pen., vizio di motivazione agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen La Corte aveva accomunato la posizione del D. e quella dell’ing. Calvi, peraltro attribuendo a quest’ultimo una condotta colposa, consistita nell’aver autorizzato una variante dei contenuti senza rendersi conto dell’importanza della variazione, e sottolineando con riferimento al D. che in base alle sue conoscenze e alle segnalazioni ricevute avrebbe dovuto non consentire la fornitura. Ma condotte colpose non erano compatibili con il concorso di persone nel reato, non essendo stato spiegato come fosse ravvisabile un concorso con compartecipi che avrebbero tenuto le proprie condotte per colpa. Peraltro la motivazione era contraddittoria, in quanto implicitamente era stata riconosciuta al direttore lavori la facoltà di autorizzare varianti cosicché si era omesso di considerare che nulla impediva al solo Calvi di autorizzare espressamente la ditta ALGA a fornire dispositivi non omologati così da rendere lecita la fornitura. 3. La difesa dell’imputato ha presentato memoria con motivi nuovi. 3.1. Con il primo deduce nullità dell’incidente probatorio, violazione e falsa applicazione degli artt. 396, 398, 438 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 178, 180, 182, 191, 597, comma 1, cod. proc. pen. e agli artt. 24, 25, 111 Cost. agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b e c , cod. proc. pen Viene proposta una questione già sollevata fin dal primo grado di giudizio, relativa alla nullità dell’espletato incidente probatorio, segnalandosi che indebitamente era stato ritenuto che non vi fosse stato alcun vulnus per la difesa in ordine alla mancata valutazione di deduzioni formulate prima dell’ammissione dell’incombente e che la nullità era comunque superata dalla scelta del rito abbreviato. In subordine viene sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 438 cod. proc. pen. per violazione degli artt. 24, 25 e 111 Cost., nella parte in cui la norma non prevede che le nullità ritualmente dedotte prima della richiesta non restino sanate dalla richiesta medesima. 3.2. Con il secondo denuncia erroneità degli esiti dell’incidente probatorio e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza, agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen Vengono riproposte censure formulate nell’atto di appello, cui la Corte non aveva dato risposta, ritenendo erroneamente che la questione fosse irrilevante in ragione del fatto che l’imputato era stato riconosciuto colpevole solo con riferimento al profilo della mancata omologazione dei materiali forniti e non anche in relazione agli ulteriori vizi riscontrati. 3.3. Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 120 d.lgs 163 del 2006 agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen. La Corte aveva omesso di considerare che i materiali avevano ottenuto la marcatura CE ai sensi della norma europea EN15129 del 1 agosto 2010 e l’attestato di qualificazione e che la disciplina applicabile prevede una serie di atti che sono destinati a confluire nel collaudo, solo a partire dal cui esito essi assumono rilievo. Non era dunque possibile addebitare al D. di non aver proceduto all’adozione di maggiori cautele nel consentire la fornitura, fermo restando che si sarebbe dovuto dare rilievo all’accettazione da parte del direttore lavori e non da parte del responsabile del procedimento. Peraltro l’approvazione degli esiti del collaudo costituiva formale accettazione della fornitura, rendendo irrilevante la circostanza che al momento della consegna il materiale non avesse conseguito l’attestato di qualificazione previsto. 3.4. Con il quarto motivo denuncia violazione degli artt. 74, 541, 2043 cod. civ. agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen Era insussistente il danno prospettato dalla parte civile Comune di L’Aquila, in quanto risultava che i dispositivi avevano conseguito le omologhe di legge, la cui mancanza aveva determinato la condanna. Era inoltre illogico attribuire all’attestato di qualificazione una funzione di controllo di qualità del singolo dispositivo, posto che la conformità di ciascun isolatore fornito era affidata ai controlli di produzione, mentre l’attestato di qualificazione viene rilasciato una tantum dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Di qui l’erroneità delle statuizioni civili, pur consistite in una condanna generica. Era peraltro censurabile anche la condanna alla refusione delle spese in favore dell’ulteriore parte civile Promozione Sociale 3 e 32, senza che fosse stata accertata la sussistenza di pregiudizi risarcibili subiti da detta associazione, nulla essendo stato detto in ordine alla ricorrenza di danni determinati dall’operato dell’imputato nei confronti di detta parte civile. Era dunque mancata in questo caso una pronuncia giudiziale in termini di condanna, che giustificasse l’ulteriore condanna alla rifusione delle spese. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La contestazione formulata nei confronti del ricorrente era incentrata sul fatto che il predetto e il Calvi, il primo responsabile del procedimento, il secondo direttore dei lavori, erano venuti meno ai doveri di controllo ciò evocava di per sé una condotta omissiva che aveva propiziato l’accettazione e il successivo montaggio degli isolatori sismici. Ben può dirsi dunque che al ricorrente fosse stato contestato di aver consentito la fornitura e l’installazione in violazione degli obblighi di vigilanza su di lui gravanti, esattamente come rilevato dalla Corte territoriale cfr. pag. 4 . A tale stregua deve escludersi un difetto di correlazione tra contestazione e sentenza, giacché la condanna pronunciata dai Giudici di merito si è fondata su quel nucleo essenziale, rimasto inalterato, senza che possa parlarsi di trasformazione dell’addebito in termini di eterogeneità e incompatibilità. In particolare non può affermarsi che fosse stata sostituita una condotta commissiva con una condotta omissiva, posto che, come rilevato, la contestazione era incentrata sulla mancata osservanza del dovere di controllo, e neppure può darsi rilievo al fatto che non fossero specificamente indicate nell’imputazione talune norme poi utilizzate dai Giudici di merito per fondare la posizione di garanzia del responsabile del procedimento, in quanto proprio il riferimento a tale veste e al fatto che si trattava di una pubblica fornitura di isolatori sismici evocava il quadro normativo che regola le competenze del responsabile del procedimento, in aggiunta alle norme del d.m. 14/1/2008, che erano state espressamente menzionate. Va aggiunto che la sentenza della Corte di cassazione richiamata nel ricorso cfr. pag. 13 Cass. Sez. 3, n. 47081 del 19/12/2007, Puca, rv. 238621 non è pertinente, in quanto in quella sede non era stato rilevato genericamente un mutamento delle norme di riferimento, ma più specificamente che la condanna era stata pronunciata per un reato non corrispondente a quello che aveva formato oggetto di contestazione, cioè inosservanza di prescrizioni anziché omessa comunicazione di dati relativi ad emissioni nel caso di specie invece la sentenza ha avuto ad oggetto proprio il reato contestato sulla base di una condotta omissiva che aveva reso possibile una fornitura non conforme. Ed ancora va osservato che il precetto dell’art. 521 primo comma, cod. proc. pen., che enuncia il principio della correlazione tra accusa e sentenza va inteso non in senso meccanicistico formale , ma in funzione della finalità cui è ispirato, quella cioè della tutela del diritto di difesa. Ne consegue che la verifica dell’osservanza di detto principio non può esaurirsi in un mero confronto letterale tra imputazione e sentenza, occorrendo che ogni indagine in proposito venga condotta attraverso l’accertamento della possibilità per l’imputato di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto Cass. Sez. U., n. 618 del 8/11/1995, dep. nel 1996, Pagnozzi, rv. 203371 . Sul punto, nonostante il contrario avviso del ricorrente, deve rilevarsi come la difesa fosse stata messa in condizione di interloquire sui vari aspetti della contestazione, tanto che era stata ampiamente discussa la questione della riferibilità della posizione di garanzia al direttore dei lavori anziché al responsabile del procedimento, fermo restando che il quadro normativo di riferimento, concernente la posizione del D. , avrebbe dovuto reputarsi immanente. 2. Sono inammissibili il primo, il secondo e il quarto motivo aggiunto, in quanto nessuno dei tre si collega con doglianze contenute nel ricorso originario in relazione a capi e punti già gravati da quel ricorso Cass. Sez. U. n. 4683 del 25/2/1998, Bono, rv. 210259 . 3. È infondato il secondo motivo di ricorso, avente ad oggetto la configurabilità del reato di cui all’art. 356 cod. pen 3.1. Deve al riguardo premettersi che nella giurisprudenza della Corte di cassazione si individuano due indirizzi in ordine al significato da attribuire alla frode nell’esecuzione dei contratti di fornitura o nell’adempimento degli altri obblighi contrattuali . In base ad un primo orientamento ai fini della configurabilità del delitto di frode nelle pubbliche forniture, non è sufficiente il semplice inadempimento del contratto, richiedendo la norma incriminatrice un quid pluris che va individuato nella malafede contrattuale, ossia nella presenza di un espediente malizioso o di un inganno, tali da far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti Cass. Sez. 6, n. 5317 del 10/1/2011, Incatasciato, rv. 249448 . In base ad un secondo orientamento, che pare prevalente e che si condivide, integra il delitto di frode in pubbliche forniture la condotta dolosa di colui che consegna cose in tutto od in parte difformi dalle caratteristiche convenute senza che occorra necessariamente la daziane di aliud pro alio in senso civilistico Cass. Sez. 6, n. 27992 del 20/5/2014, Peratello, rv. 262538 Cass. 6, n. 1823 del 17/11/1999, dep. nel 2000, Berardini, rv. 217331 Cass. Sez. 6, n. 5102 del 25/3/1998, Minervini, rv. 213672 . Può dirsi conforme al secondo orientamento l’affermazione per cui integra il delitto di frode in pubbliche forniture anche la condotta di colui che fornisca una cosa diversa da quella pattuita per origine, provenienza, qualità o quantità, purché la difformità sia apprezzabilmente significativa nel senso di risultare idonea ad incidere sullo svolgimento del rapporto con la pubblica amministrazione Cass. Sez. 6, n. 42900 del 5/10/2010, Rugiano, rv. 248806 . Tale orientamento interpreta dunque la frode come mala fede contrattuale, che si traduce nella dolosa condotta di chi fornisca una cosa diversa per quantità o qualità o provenienza rispetto a quanto pattuito tale assunto ben si concilia con il fatto che si tratta di reato di pura condotta, funzionale ad un’anticipazione e maggiore effettività della tutela, che non resta condizionata dal verificarsi di un danno per la persona offesa in tal senso Cass. Sez. 6, n. 771 del 31/1072006, dep. nel 2007, Baruffa, rv. 235790 . 3.2. In tale ottica va rimarcato come secondo la ricostruzione dei Giudici di merito la ditta Alga s.p.a. in difformità da quanto pattuito con i contratti n. 766 e 767 del 14/7/2009, per la realizzazione a L’Aquila nella fase post-terremoto di alloggi del progetto C.A.S.E., avesse fornito alcuni isolatori sismici di tipo diverso e in violazione di quanto indicato nella relazione tecnica allegata all’offerta di gara per la fornitura e assistenza alla posa, riguardante il lotto 1 IS e il lotto 3 IS, e comunque privi di certificati di omologazione e qualificazione. La Corte territoriale ha in particolare osservato come al momento della stipula dei contratti fosse comunque vigente il d.m. 14/1/2008, alla cui stregua era necessario il rilascio del certificato di omologazione e qualificazione, peraltro previsto anche dall’art. 5 del Capitolato Speciale di Appalto, salvo differenti indicazioni fornite dalla stazione appaltante. Il quadro delle difformità in tal modo delineato era tale da rappresentare quella dolosa esecuzione che vale ad integrare il reato contestato, non risultando né che fossero state specificamente fornite dalla stazione appaltante indicazioni diverse né che fossero state effettuate in alternativa prove di accettazione mediante verifica del materiale fornito. Deve sul punto osservarsi che i Giudici di merito hanno addebitato al ricorrente la penale responsabilità solo in relazione alla mancanza di certificazione o qualificazione del materiale ma ciò non significa tuttavia che lo stesso presentasse, secondo la proposta ricostruzione, anche altri tipi di difformità, più direttamente influenti sulla idoneità del materiale a svolgere la funzione cui era destinato. Si è fatto riferimento in senso contrario ad una richiesta presentata al direttore dei lavori dalla ditta fornitrice in data 20/7/2009, con la quale si prospettava la fornitura di materiale di rotazione degli isolatori denominato Hotslide anziché Xlide, come indicato nell’offerta il direttore dei lavori si era limitato a rilevare che al di là della denominazione era necessario assicurare che il materiale avesse caratteristiche conformi all’obbligazione contrattuale, caratteristiche che sarebbero state verificate per mezzo di prove previste dalle norme. Correttamente sul punto la Corte territoriale ha rilevato che in tal modo non era stata espressamente autorizzata una modifica sostanziale del materiale da fornire. Si è inoltre sostenuto che all’epoca della fornitura era notorio che il materiale che ne formava oggetto non aveva ottenuto la marcatura CE o la qualificazione dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, tanto che quel materiale aveva dato luogo ad un ampio dibattito, di cui aveva dato conto la Corte territoriale, fermo restando che la qualificazione sarebbe intervenuta ex post nell’ottobre 2010. Deve al riguardo rilevarsi come in assenza di puntuali indicazioni di segno diverso il materiale da fornire avrebbe dovuto essere connotato da un requisito normativamente previsto, costituito dalla marcatura CE o dalla qualificazione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, non potendo altrimenti dirsi conforme alle previsioni contrattuali, lette alla luce delle disposizioni vigenti. D’altro canto la circostanza che il contratto fosse stato stipulato quando l’obbligo di qualificazione era certamente in vigore implicava che la fornitura dovesse avere quella caratteristica, che tuttavia era rimasta inosservata per tutta la fase dell’esecuzione, compreso il montaggio, senza che in alternativa fossero state eseguite puntuali prove di accettazione. Poiché, secondo l’orientamento qui condiviso non si sarebbe dovuto reputare necessario un comportamento in frode volto ad occultare la mancanza di tale qualità, ma solo la dolosa violazione delle condizioni contrattuali, incidente sul rapporto con la pubblica amministrazione, in relazione alle potenzialità pregiudizievoli correlate alla mancanza di una previa qualificazione suffragate dalle ulteriori difformità riscontrate , deve in conclusione ribadirsi la configurabilità del reato contestato, non ravvisandosi sul punto né una violazione di legge né un vizio di motivazione tale da disarticolare le conclusioni formulate dai Giudici di merito. 4. Sono invece fondati i motivi di ricorso che riguardano l’attribuibilità al ricorrente di un contributo nella fattispecie concorsuale e la sussistenza in capo al predetto di un dolo di concorso. 4.1. Deve in primo luogo osservarsi che il reato di cui all’art. 356 cod. pen. è di pura condotta e si consuma nel momento in cui viene eseguita la prestazione difforme. Si è sul punto affermato che in tema di frode nelle pubbliche forniture, il momento consumativo del reato di cui all’art. 356 cod. pen., presupponendo il compimento di una attività di verifica svolta dal contraente pubblico in grado di disvelare il mancato adempimento del contratto nei suoi profili essenziali, coincide con la contestazione di specifici vizi o inadempienze all’appaltatore, non essendo sufficiente una qualsiasi difformità nell’esecuzione della prestazione o la mera interlocuzione fra le parti Cass. Sez. 6, n. 38346 del 15/5/2014, Moroni, rv. 260269 . Peraltro si è anche sostenuto che Il reato di frode in pubbliche forniture, per quanto riguarda la fornitura di opere, può consumarsi anche anticipatamente alla consegna dell’opera, quando la pubblica amministrazione abbia contestato alla parte, nel corso della esecuzione dell’opera, i vizi o le inadempienze contrattuali accertate Cass. Sez. 6, n. 12947 del 7/10/1999, Bua, rv. 216397 . Nel caso in cui oggetto del contratto siano beni destinati alla P.A., si è ritenuto che il reato si consuma nel momento e nel luogo della sua fraudolenta esecuzione, da identificarsi in quello in cui avviene la consegna della cosa Cass. Sez. 3, n. 22024 del 21/4/2010, Russo, rv. 247622 . A ben guardare il momento consumativo va valutato in rapporto al tipo di prestazione in progress, dovendosi comunque ritenere che l’accertamento della difformità valga a consacrare la consumazione. Peraltro si tratta sempre di valutare l’esatto oggetto della prestazione. Se questa si risolve nella fornitura di beni da installare, la prestazione può dirsi esaurita con il concreto avviamento all’installazione, salva la possibilità di una fornitura progressiva, cui segua a mano a mano l’installazione di quanto fornito, ipotesi nella quale la consumazione dovrà considerarsi parimenti progressiva. Induce a tale conclusione nel caso di fornitura di beni il principio desumibile dall’art. 15 del Regolamento recante il capitolato generale LL.PP. di cui al d.m. 19/4/2000, che al secondo comma stabilisce che l’accettazione dei materiali e dei componenti è definitiva dopo la posa in opera. In tale prospettiva l’accettazione del bene fornito assume il significato di momento consumativo alla stessa stregua della mancata accettazione, con la differenza che l’accettazione si colloca all’interno della fattispecie mentre il rifiuto opera ab extrinseco . 4.2. Sulla scorta di tali premesse si tratta di verificare se e in che misura possa ravvisarsi un contributo concorsuale di tipo omissivo del responsabile del procedimento. Sul punto va rimarcato che la giurisprudenza non si è espressa in modo uniforme con riguardo alla ravvisabilità di un concorso per omissione in reato di pura condotta. In un caso, riguardante proprio il reato di cui all’art. 356 cod. pen. si è affermato che il reato di frode nelle pubbliche forniture è reato di pura condotta e non di evento, sicché non è ipotizzabile in relazione ad esso una responsabilità da causalità omissiva Cass. Sez. 6, n. 771 del 31/10/2006, dep. nel 2007, Baruffa, cit. . In un altro caso, concernente diversa fattispecie, si è invece sostenuto che è configurabile il concorso per omissione, ex art. 40, comma secondo, cod. pen., rispetto anche ai reati di mera condotta, a forma libera o vincolata Cass. Sez. 1, n. 43273 del 23/9/2013, Confuorto, rv. 256859 . Si ritiene di condividere tale secondo orientamento giacché nell’ambito della fattispecie concorsuale la condotta commissiva illecita ben può costituire sul piano eziologico il termine di riferimento della doverosa attività di contrasto, cioè quella situazione concreta che l’intervento doveroso - e invece omesso dal concorrente-dovrebbe scongiurare. Conseguentemente deve ritenersi che in tanto a carico del responsabile del procedimento possa ascriversi una corresponsabilità, in quanto sia ravvisabile un previo concerto con il soggetto tenuto alla prestazione o in quanto comunque il responsabile del procedimento sia gravato da un obbligo di verifica e controllo, violando il quale egli consapevolmente e volontariamente abbia propiziato la progressiva prestazione in frode. 4.3. Il previo concerto con i rappresentanti della società Alga s.p.a. non è stato neppure prospettato. Per il resto l’analisi, alla luce delle valutazioni già espresse dai Giudici di merito, dovrà essere condotta con esclusivo riguardo al tema della certificazione e qualificazione degli isolatori sismici oggetto della fornitura, solo in tali limiti essendo stata ravvisata la responsabilità del D. . Orbene, nel caso di specie la fornitura era funzionale alla realizzazione di lavori pubblici urgenti, correlati alle esigenze abitative della popolazione colpita dal terremoto. Ferma restando l’operatività in deroga prevista dall’O.P.C.M. del 6/4/2009 n. 3753, si sarebbe dovuto aver riguardo alla disciplina dettata dal d.lgs. 163 del 2006, nel quale alla stregua di un testo unico erano confluite anche le norme originariamente dettate dalla legge 109 del 1994 e dal d.P.R. 554 del 1999. In particolare l’art. 10 d.lgs. 163 cit. stabilisce al secondo comma che il responsabile del procedimento svolge tutti i compiti relativi alle procedure di affidamento previste dal presente codice, ivi compresi gli affidamenti in economia, e alla vigilanza sulla corretta esecuzione dei contratti, che non siano specificamente attribuiti ad altri organi o soggetti . Ciò significa che i compiti di vigilanza del responsabile del procedimento devono essere valutati alla luce dei compiti espressamente affidati ad altre figure. In tale ottica vengono in considerazione le competenze specificamente attribuite al direttore dei lavori. In particolare è proprio su tale figura che ai sensi dell’art. 124 d.P.R. 554 del 1999, dell’art. 15 del regolamento recante il capitolato generale dei LL.PP. di cui al d.m. 19/4/2000 n. 145, dell’art. 24 del capitolato speciale di appalto e soprattutto del d.m. 14/1/2008, capitolo 11, par. 11.1, 11.9.2., 11.9.3 grava la verifica dei materiali, la relativa accettazione, l’accertamento della qualificazione o certificazione, la disposizione di prove tecniche di accettazione. A fronte di ciò il responsabile del procedimento è tenuto alla verifica della complessiva regolarità della procedura e alla cura, in ciascuna fase di attuazione degli interventi, del controllo sui livelli di prestazione, di qualità e di prezzo determinati in coerenza alla copertura finanziaria e ai tempi di realizzazione dei programmi. Si tratta di un compito di controllo che non si concreta in una minuta verifica dei materiali ma nel tenere sotto controllo la procedura, a fronte di compiti specificamente affidati al direttore dei lavori, che concernono la valutazione delle forniture e delle loro caratteristiche tecniche. Ciò vai quanto dire che il compito attribuito in subiecta materia al direttore dei lavori opera dall’interno della fornitura e ne consente al contempo l’esecuzione progressiva, mentre il compito gravante sul responsabile dei procedimento influisce ab extrinseco , quale ricognizione ex post della regolarità della fase esecutiva in altre parole il controllo affidato al direttore dei lavori è tale da incidere sullo sviluppo della fornitura fino al suo completamento e all’installazione del materiale, mentre quello affidato al responsabile del procedimento concerne la procedura nel suo insieme e nelle sue fasi, nel senso che l’intervento del responsabile del procedimento è succedaneo a quello del direttore dei lavori e dunque non può propiziare il progredire dell’esecuzione ma solo sancirne il completamento o riconoscerne l’inadeguatezza, cosicché non può ipotizzarsi una sua condotta omissiva che possa eziologicamente favorire la prosecuzione della condotta illecita. Deve essere peraltro fatta salva l’ipotesi che vi sia accordo tra direttore dei lavori e responsabile del procedimento, al fine dell’accettazione della fornitura e della sua progressiva esecuzione, ipotesi nella quale il responsabile del procedimento risponderebbe di quell’intesa alla stessa stregua del direttore dei lavori. 4.4. Sulla scorta di tali premesse deve rilevarsi come non possano trarsi indicazioni di contrario segno dai riferimenti normativi invocati dai Giudici merito, quanto all’art. 7, comma 3, legge 109 del 1994 essendo Io stesso assorbito dal citato art. 10 d.lgs. 163 del 2006, e quanto all’art. 8 d.P.R. 554 del 1999, dovendosi da un lato ritenere che la funzione di vigilanza e controllo di cui alla lett. r afferisca all’ipotesi della concessione di lavori pubblici, non ravvisabile nella specie, e dall’altro rilevare che l’accertamento e certificazione negli interventi lett. x delle caratteristiche di cui all’art. 2, comma 1, lett. b e i , non abbia diretta incidenza nel caso in esame, essi rilevando solo ai fini dell’applicazione di specifiche norme art. 17, comma 4 e 13, art. 20, comma 4, art. 28, comma 7 della legge 109 del 1994. In concreto dunque non si ravvisa nei confronti del responsabile del procedimento un diretto obbligo di verifica dal quale possa ricavarsi un suo dovere di intervento volto ad impedire la fornitura di materiale non qualificato o non certificato, spettando al direttore dei lavori ogni valutazione in merito, anche al fine di disporre se del caso idonee prove tecniche di accettazione. Del resto l’accettazione o la non opposizione del direttore dei lavori comporta la consumazione del reato, non potendo rilevare dopo tale momento una condotta di segno contrario, a fronte di un reato ormai consumato. 4.5. Se dunque l’analisi delle rispettive competenze non consente di ascrivere al D. , quale responsabile del procedimento, un contributo eziologicamente rilevante per omissione, deve altresì rilevarsi come i Giudici di merito, secondo quanto in modo puntuale rilevato dal ricorrente nell’ottavo e nel nono motivo di ricorso, abbiano omesso qualsivoglia analisi dei rapporti intercorsi tra il responsabile del procedimento e il direttore dei lavori, dovendosi in assenza di elementi di segno diverso ricostruire la condotta del D. a prescindere da convergenti intese con il direttore dei lavori. Ciò rileva anche ai fini dell’elemento psicologico, giacché non è dato attribuire al D. alcun contributo o intesa che possa porsi in linea con intendimenti omissivi del direttore dei lavori, primariamente gravato dai doveri di intervento e controllo. 5. Assorbiti gli altri motivi di ricorso, da tutto ciò discende che il fatto non può essere attribuito al ricorrente. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio perché l’imputato non ha commesso il fatto. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non aver l’imputato commesso il fatto.