Tifoso violento, divieto di accesso agli stadi. Provvedimento legittimo anche se lui è allenatore di calcio

L’uomo, tifoso della Juventus, è stato sanzionato dal Questore con un provvedimento durissimo, confermato poi dal Gip. Il suo curriculum è inequivocabile egli è recidivo. Confermati il divieto di accesso agli stadi e l’obbligo di presentazione alle forze dell’ordine. Irrilevante il fatto che egli sia allenatore di calcio per una società dilettantistica.

Risse, scontri, violenze. Sullo sfondo anche la gestione dei biglietti per lo stadio. Situazioni poco compatibili col calcio. Ecco spiegato il ‘Daspo’ nei confronti di uno pseudo tifoso della Juventus, con connesso obbligo di presentarsi alle forze dell’ordine in concomitanza con le partite della squadra bianconera. E tali provvedimenti non possono essere certo messi in discussione dal ruolo di allenatore che l’uomo ricopre in una società di calcio dilettantistica. Cassazione, sentenza n. 28241/2016, Sezione Terza Penale, depositata oggi . Provvedimento. Misure drastiche nei confronti di un esponente di un gruppo ‘ultras’ della Juventus. A inizio maggio arriva il decreto del Questore di Torino divieto di accedere per otto anni agli stadi dove si disputano partite del campionato di calcio o della nazionale italiana e nei luoghi limitrofi e obbligo, per cinque anni, di presentarsi alla autorità di pubblica sicurezza in concomitanza con le partite di calcio della Juventus . Provvedimenti assolutamente legittimi, chiarisce alla fine di maggio il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino. Secondo il difensore dello pseudo tifoso, però, vi è un errore il provvedimento del Questore di Torino si riferisce a fatti commessi tra il dicembre 2011 e il gennaio 2012, anteriori al provvedimento adottato dal Questore di Milano nel 2013 . Ciò significa, sostiene il legale, che non può scattare l’automatica applicazione dell’obbligo di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza . E questo provvedimento, per giunta, spiega ancora il difensore, ha recato pregiudizio al diritto al lavoro del suo cliente, impegnato come allenatore di calcio . Ogni obiezione, però, si rivela inutile. Per i magistrati della Cassazione, difatti, lo pseudo tifoso è sicuramente recidivo , cioè già destinatario di un precedente provvedimento frutto della normativa per la sicurezza nelle strutture sportive. Legge alla mano, secondo i giudici, è da contemplare la precedente emissione di un altro provvedimento di divieto di accesso quale presupposto di fatto da considerare al momento della emissione del nuovo provvedimento . Ciò per riuscire a effettuare un adeguato giudizio di pericolosità del soggetto chiamato in causa. Allo stesso tempo, i giudici respingono anche l’ipotesi che il provvedimento del Questore possa incidere sull’attività lavorativa dello pseudo tifoso, che svolge mansioni di allenatore in una squadra di calcio dilettantistica.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 aprile – 7 luglio 2016, n. 28241 Presidente Rosi – Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 22 maggio 2015 il Giudice per le indagini preliminari dei Tribunale di Torino ha convalidato il decreto dei Questore di Torino del 6 maggio 2015, notificato il 19 maggio 2015, con cui era stato vietato per otto anni a M.I. di accedere agli stadi dove si disputino partite dei campionati di calcio o della Nazionale Italiana e nei luoghi limitrofi ed imposto allo stesso per cinque anni di presentarsi alla autorità di pubblica sicurezza in concomitanza delle partite di calcio della squadra della Juventus. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il sottoposto mediante il suo difensore, affidato a due motivi, così riassunti entro i limiti previsti dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Con un primo motivo ha denunciato violazione di legge penale per la indebita retroattiva applicazione delle modifiche dell'art. 6 della l. 401/89, in quanto il provvedimento del Questore di Torino si riferiva a fatti commessi tra il dicembre 2011 ed il gennaio 2012, anteriori al provvedimento adottato nei confronti del ricorrente dal Questore di Milano nel 2013, che dunque non poteva determinare l'automatica ed obbligatoria applicazione dell'obbligo di presentazione alla autorità di pubblica sicurezza. Ha inoltre lamentato la mancanza della motivazione della propria pericolosità ed anche della necessità ed urgenza di provvedere, posto che i fatti che avevano determinato l'emissione del provvedimento erano di tre anni anteriori. 2.2. Con un secondo motivo ha denunciato violazione degli artt. 3, 4 e 13 Cost., per l'irragionevolezza della previsione della obbligatorietà dell'obbligo di presentazione alla autorità di pubblica sicurezza in caso di precedenti divieti, anche qualora tali divieti, come nella specie, non siano mai stati violati per il pregiudizio del diritto al lavoro derivante dai suddetto obbligo di presentazione per la mancata previsione della eccezionale urgenza, come richiesto dall'art. 13 Cost., per l'adozione dei suddetti provvedimenti limitativi della libertà personale. 3. Il Procuratore Generale nella sua requisitoria scritta ha concluso per il rigetto dei ricorso, evidenziando la corretta applicazione dell'art. 6, comma 2, l. 401/89, come modificato dal d.l. 119/2013, convertito in l. 146/2014, rilevando la emissione di un altro decreto del Questore in data anteriore al nuovo provvedimento, anche se relativo a fatti antecedenti al primo, e la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, rientrando nella discrezionalità del legislatore, nella specie non irragionevolmente esercitata, la fissazione di trattamenti sanzionatori. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. Per quanto riguarda il primo motivo, mediante il quale è stata denunciata violazione di legge, per l'aver considerato il ricorrente recidivo cioè destinatario di un precedente provvedimento ai sensi della l. 401 del 1989 sulla base di un provvedimento dei Questore di Milano del 24 maggio 2.013, anteriore alle modifiche dell'art. 6 della l. 401 del 1989 introdotte dal d.l. 22 agosto 2014 n. 119, convertito dalla l. 146 del 2014, ed anche alle condotte poste a fondamento dei decreto del Questore di Torino del 6 maggio 2015, convalidato con l'ordinanza impugnata, poste in essere tra il dicembre 2011 ed il gennaio 2012, deve rilevarsi che il testo vigente dell'art. 6, comma 5, l. 401 del 1989, quale risultante a seguito delle modifiche apportate dal d.l. 22 agosto 2014 n. 119 secondo cui il divieto di cui al comma 1 e l'ulteriore prescrizione di cui al comma 2 non possono avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque anni e sono revocati o modificati qualora, anche per effetto di provvedimenti dell'autorita' giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione. In caso di condotta di gruppo di cui al comma 1, la durata non puo' essere inferiore a tre anni nei confronti di coloro che ne assumono la direzione. Nei confronti della persona gia' destinataria del divieto di cui al primo periodo e' sempre disposta la prescrizione di cui al comma 2 e la durata del nuovo divieto e della prescrizione non puo' essere inferiore a cinque anni e superiore a otto anni. La prescrizione di cui al comma 2 e' comunque applicata quando risulta, anche sulla base di documentazione videofotografica o di altri elementi oggettivi, che l'interessato ha violato il divieto di cui al comma 1. Nel caso di violazione dei divieto di cui al periodo precedente, la durata dello stesso puo' essere aumentata fino a otto anni contempla la precedente emissione di un altro provvedimento di divieto di accesso quale presupposto di fatto da considerare al momento della emissione del nuovo provvedimento, con la conseguenza che se, come nel caso in esame, al momento del compimento della valutazione di pericolosità risulta sussistente detto presupposto di fatto, dovranno considerarsi sussistenti le condizioni per la applicabilità dei diversi termini di durata del divieto e dell'obbligo di presentazione, quali previsti dal testo vigente dell'art. 6, comma 5, l. 401 del 1989. Non si tratta, evidentemente, della applicazione retroattiva di una norma incriminatrice, stante la natura di misure di sicurezza dei provvedimenti del Questore convalidati dal giudice, ma della verifica, al momento dei compimento dei giudizio di pericolosità, dei presupposti a tale momento stabiliti dalla legge per compiere tale giudizio e determinare la conseguente durata delle misure, irrilevante rimanendo la anteriorità alla nuova disciplina dei fatti che hanno determinato il compimento del giudizio di pericolosità, all'esito del quale è stato emesso il provvedimento del Questore della cui convalida si discute, in ragione della ricordata natura di misure di sicurezza dei divieti ed obblighi della cui convalida si discute. Quanto alla mancanza delle ragioni di urgenza, occorre ricordare che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la motivazione su tale punto si impone nei soli casi in cui il provvedimento abbia avuto esecuzione prima dell'intervento del giudice, in relazione a competizioni tenutesi nel breve lasso di tempo intercorrente tra la notificazione del provvedimento e la convalida giudiziaria. Si altresì aggiunto che il requisito dell'urgenza deve essere considerato non già con riferimento agli episodi che hanno determinato la necessità della misura, ma all'attualità o alla prossimità temporale di competizioni sportive Sez. 3, n. 33532 dei 1 settembre 2009 e che è sul ricorrente che incombe l'onere di dimostrare che il provvedimento ha avuto concreta esecuzione prima dell'intervento del giudice provando, così, il proprio interesse al ricorso Sez. 3, 22256/08, cit. . Poiché ciò non è stato, nel caso di specie, neppure prospettato, deve escludersi anche sotto questo profilo la sussistenza della violazione di legge denunciata dal ricorrente. 2. Il secondo motivo, mediante il quale è stata denunciata violazione di legge cori riferimento agli artt. 3, 4 e 13 Cost. e proposta questione di costituzionalità dell'art. 4, comma 8, d.l. 119/2014 e, in subordine, dell'art. 6, comma 5 e 8, l. 401/89, risulta manifestamente infondato, rientrando nella discrezionalità del legislatore la determinazione della durata minima dei divieti e degli obblighi conseguenti alla commissione di episodi di violenza in occasione o nel corso di manifestazioni sportive da parte di soggetti già in precedenza sottoposti ad analoghi provvedimenti, e non ravvisandosi contraddittorietà od illogicità di tale disciplina rispetto a quella generale stabilita per la determinazione della durata delle misure di prevenzione, in considerazione della diversità di ambiti, presupposti e conseguenze delle misure applicate ai sensi della l. 401 del 1989. Neppure sembra ravvisabile alcuna violazione dell'art. 4 Cost., non avendo il ricorrente prospettato in quale modo l'imposizione dei divieti e degli obblighi oggetto del provvedimento dei Questore possano incidere sulla sua attività lavorativa di allenatore della squadra di calcio Borgata Parella, pregiudicandola od impedendone il pieno e corretto svolgimento, essendosi limitato ad affermare di svolgere attività lavorativa, senza precisarne oggetto e contenuto, con la conseguente manifesta infondatezza della censura ed anche delle questioni di legittimità prospettate. In conclusione il ricorso deve essere respinto ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.