Sottrae un cellulare dal cassetto di un esercizio commerciale: furto tentato o consumato?

In caso di furto in supermercato, il monitoraggio dell’azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti , impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 27151/16, depositata in cancelleria il 4 luglio, ha così deciso. Il caso. L’imputato proponeva ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino con la quale era stato dichiarato responsabile del reato di cui agli artt. 624 e 625, n. 4, c.p. perché, al fine di trarne profitto, si impossessava di un cellulare, sottraendolo dall'interno del cassetto del reparto di telefonia presso l'esercizio Media World, dove era custodito. Con l'aggravante di aver commesso il fatto con destrezza e, precisamente, eludendo la sorveglianza degli addetti alla vendita, l’imputato riusciva quindi ad estrarre il telefono cellulare dal cassetto. A sostegno del ricorso la difesa del ricorrente ha dedotto violazione della legge penale e vizio di motivazione, sia con riferimento alla contestata aggravante della destrezza, sia con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto come reato consumato anziché come reato tentato. Quanto al primo motivo, rileva che la condotta dell'imputato, anziché connotata da destrezza, è stata, al contrario, goffa ed impacciata tanto da destare, al primo tentativo, l'attenzione del personale di vigilanza dell'esercizio commerciale. Di conseguenza, ad avviso della difesa, non sussistono i requisiti dell'aggravante contestata, la quale ricorre quando l'attività di sottrazione sia caratterizzata da una particolare abilità e sveltezza idonea ad eludere la vigile attenzione e quindi la capacità di reazione della vittima. Quanto, invece, alla accertata sussistenza del reato consumato, deduce la difesa che il reato si sarebbe arrestato alla fase del tentativo in quanto l'impossessamento del telefono è avvenuto sotto il costante controllo del personale di vigilanza, così da escludere che l'oggetto sia stato portato fuori dalla sfera di vigilanza del proprietario. Per la Corte il ricorso è infondato quanto alla dedotta insussistenza dell’aggravante della destrezza. L’aggravante della destrezza. Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, ai fini della configurabilità dell'aggravante in questione è sufficiente che l'agente approfitti di una situazione contingente favorevole, tale da consentirgli di eludere la vigilanza della persona offesa, adottando accorgimenti idonei a non destare la sua attenzione, o si approfitti di una frazione di tempo in cui la parte offesa ha momentaneamente sospeso la vigilanza sul bene, in quanto impegnata, nello stesso luogo di detenzione della cosa o in luogo immediatamente prossimo, a curare attività di vita o di lavoro. Secondo altro orientamento, l'aggravante della destrezza è configurabile in presenza di condotte caratterizzate da una speciale abilità nel distogliere l'attenzione della persona offesa dal controllo dal possesso della cosa. Nel caso in esame, sono integrate entrambe le situazioni. L’aggravante della destrezza è desumibile nel caso concreto sia dalle particolari modalità con le quali è stato sottratto il bene, sia dall’aver l’imputato approfittato della distrazione del personale addetto alla vendita, impegnato con altri clienti. E’ invece fondato l'altro motivo del ricorso concernente la sussistenza del tentativo di furto in luogo del furto consumato contestato. Le Sezioni Unite hanno infatti risolto il contrasto esistente sul tema della configurabilità, in caso di furto in un supermercato o centro commerciale, del furto consumato o tentato, affermando che in caso di furto in supermercato, il monitoraggio dell’azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti , impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo . La Corte annulla pertanto la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Torino.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 26 febbraio – 4 luglio 2016, n. 27151 Presidente Izzo – Relatore Savino Ritenuto in fatto M.A. ha proposto, a mezzo del difensore, ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino emessa in data 20.10.2014 a conferma della sentenza del Tribunale di Torino del 9.1.2008 con la quale è stato dichiarato responsabile del reato di cui agli art. 624, 625 n. 4 c.p. perché, al fine di trarre profitto, di impossessava di cellulare marca Motorola sottraendolo dall'interno del cassetto del reparto di telefonia presso l'esercizio Media World, ove era custodito. Con l'aggravante di aver commesso il fatto con destrezza e, precisamente, eludendo la sorveglianza degli addetti alla vendita, riusciva ad estrarre il telefono cellulare dal cassetto dopo averlo aperto leggermente sporgendosi dal banco. A sostegno del ricorso la difesa del ricorrente ha dedotto violazione della legge penale e vizio di motivazione sia con riferimento alla contestata aggravante della destrezza, sia con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto come reato consumato anzichè come reato tentato. Quanto al primo profilo del motivo, rileva che la condotta dell'imputato, anziché connotata da destrezza, fu goffa ed impacciata tanto da destare, al primo tentativo, l'attenzione del personale di vigilanza dell'esercizio commerciale. Di conseguenza, ad avviso della difesa, non sussistono i requisiti dell'aggravante contestata, la quale ricorre allorchè l'attività di sottrazione sia caratterizzata da una particolare abilità e sveltezza idonea ad eludere la vigile attenzione e quindi la capacità di reazione della vittima. Quanto alla accertata sussistenza del reato consumato, deduce la difesa che il reato si sarebbe arrestato alla fase del tentativo in quanto l'impossessamento del telefono è avvenuto sotto il costante controllo del personale di vigilanza sì da escludere che l'oggetto sia stato portato fuori dalla sfera di vigilanza del proprietario. Ritenuto in diritto Il ricorso è infondato quanto alla dedotta insussistenza dell'aggravante della destrezza. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini della configurabilità dell'aggravante in questione è sufficiente che l'agente approfitti di una situazione contingente favorevole, tale da consentirgli di eludere la vigilanza della persona offesa, adottando accorgimenti idonei a non destare la sua attenzione, o approfitti una frazione di tempo in cui la parte offesa ha momentaneamente sospeso la vigilanza sul bene, in quanto impegnata, nello stesso luogo di detenzione della cosa o in luogo immediatamente prossimo, a curare attività di vita o di lavoro. Sez. 5, n. 20954 18/02/2015, Rv. 265291, Sez. 5, n. 20954 18/02/2015 Rv. 26529 . Secondo altro orientamento, l'aggravante della destrezza è configurabile in presenza di condotte caratterizzate da una speciale abilità nel distogliere l'attenzione della persona offesa dal controllo dal possesso della cosa Cass Sez. 2, n. 9374 18/02/2015, Rv. 263235 . Occorre cioè che sussista un quidi pluris rispetto al mero approfittamento della momentanea distrazione del proprietario/detentore del bene o del personale addetto alla sua vigilanza, ravvisato in una particolare sveltezza, abilità, scaltrezza ingannevole, idonea ad eludere la vigile attenzione e quindi la capacità di reazione della vittima. Orbene, nel caso in esame, sono integrate entrambe le situazioni richieste dalle massime richiamate. Come correttamente e condivisibilmente argomentato dai giudici gravati, l'aggravante della destrezza è desumibile nel caso concreto sia dalle particolari modalità con le quali è stato sottratto il bene, caratterizzate dalla rapidità e repentinità della manovra di apertura del cassetto in cui era riposto il cellulare, sporgendosi l'imputato dal banco per arrivare al cassetto, sia dall' aver egli approfittato della distrazione del personale addetto alla vendita, impegnato con altri clienti. E invece fondato l'altro motivo del ricorso concernente la sussistenza del tentativo di furto in luogo del furto consumato contestato, alla stregua della pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, che, risolvendo il contrasto esistente sul tema della configurabilità, in caso di furto in un supermercato o centro commerciale, del furto consumato o tentato, ha affermato il seguente principio in caso di furto in supermercato, il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti , impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo. Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014 Ud. dep. 16/12/2014 Rv. 261186, La sentenza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio alla Corte di Appello di Torino, altra sezione, per nuovo esame alla stregua del principio di diritto enunciato dalle richiamata sentenza delle Sezioni Unite. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente il riconoscimento del tentativo con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Torino. Rigetta nel resto.