Il significato dell'attualità del periculum cautelare

Il concetto di attualità delle esigenze cautelari non deve essere confuso con quello di immediatezza delle stesse in particolare, l'attualità esprime la continuità del periculum libertatis, desunta da una serie di indici quali la vicinanza temporale ai fatti per cui si procede, o dalla sussistenza di altri elementi tali da fare legittimamente temere il pericolo che i rischi che la misura è volta a neutralizzare possano effettivamente concretizzarsi.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, con le sentenze n. 26638 e 26639 depositate il 27 giugno 2016. Due sentenze, un solo principio. Un'indagine su alcune turbative d'asta poste in essere da alcuni soggetti operanti a vario titolo nel settore della fornitura di energia conduce all'applicazione di una serie di misure cautelari nei riguardi di numerosi indagati. Ce n'è un po' per tutti per il direttore di un consorzio, per il suo vice, per i responsabili delle gare, eccetera. Le impugnazioni vertono sul tema dell'attualità delle esigenze cautelari, e per gli Ermellini sono un'occasione propizia per fare un po' di chiarezza. Le sentenze della Suprema Corte sono due, ma sostanzialmente identiche nella parte motiva – per ciò che riguarda, in particolare, i principi di diritto affermati ecco perchè conviene eseguirne un'analisi congiunta. Esigenze cautelari attuali una novità vecchia”. L'introduzione, nel 2015, del requisito dell'attualità tra i presupposti applicativi delle misure cautelari è stata giornalisticamente salutata come un'innovazione di tutto rispetto. La Cassazione, però, ci tiene a precisare che di attualità si parlava già nel vecchio sistema”, cioè quello ante riforma. In sostanza, la epocale innovazione è di cartapesta, poiché, in effetti, non si è mai pensato di poter applicare una misura cautelare in assenza di attuali esigenze idonee a giustificarla. Il discorso, naturalmente, verte sul piano del dover essere”, al netto, cioè, delle situazioni patologiche – sempre astrattamente possibili in cui la misura venga applicata di fronte ad esigenze ormai estinte o superate dai fatti. Il tema non è di facile approccio, e non lo è perchè ci si muove sul terreno scivoloso dell'interpretazione degli aggettivi – di per sé privi di significato univoco – con i quali si esprimono connotazioni qualitative”. Secondo i Supremi Giudici, comunque, l'accento posto dal legislatore sul concetto di attualità ha inteso semplicemente indurre il giudice a motivare esaustivamente la decisione sul provvedimento cautelare, nulla di più. Attualità del pericolo cautelare, sì ma che significa? Non bisogna confonderlo con quello dell'immediatezza, intanto. Così esordisce la Cassazione quando passa ad affrontare il punto relativo al significato da assegnare al requisito dell'attualità. Quindi, in altri termini, le esigenze possono essere attuali anche se non lasciano temere che – negli istanti subito successivi – l'indagato possa cedere” alla tentazione della recidiva. Attualità significa, spiegano in maniera forse un poco involuta gli Ermellini, continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale . In parole povere, secondo questa impostazione, le esigenze cautelari possono dirsi attuali se il pericolo che sono destinate a scongiurare esiste” in un dato momento, che è quello – ovviamente della loro valutazione. Gli indici per saggiarne la attualità non possono che essere fattuali, e consistono nella vicinanza temporale con i fatti per i quali si procede, ovvero in altri elementi recenti che possano far temere la cosiddetta concretizzazione del rischio” per usare un linguaggio molto in voga nel settore degli studi penalistici in materia di reati colposi . Un presupposto applicativo utile? Così interpretato, specialmente per le difese degli indagati, temiamo proprio che sia un requisito del tutto superfluo. Poco più di una tautologia, che forse può tornare utile soltanto nei casi in cui l'adozione della cautela interviene a rilevante distanza temporale dagli accadimenti presuntivamente delittuosi. Il significato ricavabile dall'orientamento ermeneutico proposto dalla Suprema Corte è troppo scolorito tutte le esigenze cautelari sono attuali”, secondo quei parametri, purchè effettivamente esistano. Se il concetto di attualità viene semanticamente privato di ogni sapore”, o quantomeno retrogusto, di imminenza, esso finisce per essere un vuoto richiamo al giudice un ammonimento – scontato, pervero – a non applicare una misura se questa non è effettivamente esistente. Ora, un orientamento del genere chiaramente è pro cautela comprendiamo le ragioni che possono sottenderlo, ma teniamo anche conto del fatto che, così facendo, si vanificano di fatto gli obiettivi di contenimento delle misure cautelari – specialmente di quelle coercitive – cui è innegabilmente ispirata la riforma del 2015.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 maggio – 27 giugno 2016, n. 26638 Presidente Rotundo – Relatore Tronci Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza 17.02.2016 il Tribunale di Venezia, adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. - ha confermato l’ordinanza cautelare con cui il g.i.p. del Tribunale di Verona aveva disposto la misura dell’obbligo di dimora nei confronti di P.F. , in relazione a due fatti di turbativa d’asta, posti in essere nel contesto della partecipazione ad un’associazione per delinquere a ciò finalizzata, capeggiata da Z.G. e Ze.Lu. , rispettivamente direttore e vicedirettore dell’ente pubblico CEV Consorzio Energia Veneto , soggetto consortile raggruppante 1.012 comuni - in parziale riforma dell’ordinanza medesima, ha sostituito la misura degli arresti domiciliari, inizialmente adottata nei confronti di M.F. ed R.A. , raggiunti da identiche incolpazioni essendo anzi ipotizzato il loro concorso in tre episodi di turbativa d’asta, oltre all’attribuzione della veste di partecipi dell’anzidetta associazione con quella dell’obbligo di presentazione quotidiana alla Questura di Verona, secondo gli orari e le modalità rimesse all’Autorità preposta al controllo. 1.1 Alla base della presente vicenda, secondo l’ipotesi accusatoria convalidata dal g.i.p. - prima - e dal Tribunale - poi - vi è il sistema illecito ideato ed attuato dal succitato Z. , come detto direttore del CEV, consorzio costituito per fornire energia a comuni medio - piccoli, il quale, sotto lo schermo dell’ente predetto, lucrava vantaggi economici per le imprese del proprio gruppo, in particolare la Global Power s.p.a. e la E-Global Service s.p.a., di entrambe le quali era presidente del consiglio d’amministrazione. Ciò in quanto il CEV era una sorta di guscio vuoto , privo di strutture e dipendenti, forniti invece dalla E-Global Service - di cui il coindagato ZE. era sindaco, essendo altresì vice-presidente e consigliere del CEV - che supportava anche la Global Power, risultata aggiudicataria di due gare, connotate dalla evidente sovrapposizione fra stazione appaltante e società vincitrice, nonché, sintomaticamente, da tutta una serie di manipolazioni ed anomalie procedurali, puntualmente sintetizzate nell’ordinanza impugnata e di cui si erano resi protagonisti - fra gli altri - ì tre indagati, posto che, nelle gare esaminate, è emerso che avevano sempre operato gli avvocati M. e R. , il primo quale RUP Responsabile unico del procedimento ed il secondo quale commissario di gara inoltre, dalle intercettazioni predisposte risultava che i predetti erano sempre in contatto con L.M. - fedele collaboratore di Z. , cioè dell’ispiratore dell’intero sistema che interveniva, pur non avendone titolo, nelle varie fasi delle procedure, istruendo i due avvocati, correggendo con loro i verbali, cercando di sanare gli errori commessi e addirittura concordando coi predetti le versioni da fornire all’A.G. qualora quelle anomalie fossero emerse. Altre irregolarità erano venute in evidenza quando la GdF aveva acquisito i verbali delle procedure, alcuni dei quali presentavano elementi di sospetta falsità . In due di tali gare, era stato verificato altresì il coinvolgimento, quale presidente della commissione esaminatrice, del P. , membro del direttivo del CEV, stretto collaboratore dello stesso Z. , il quale, anche in epoca successiva all’intervento della GdF diretto ad interrompere l’attività criminosa del gruppo, in autunno era ancora attivo nel tutelare gli interessi privati di Z. , essendosi prestato a coordinare l’ennesima gara in gestazione . 2. Avverso la predetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i tre indagati, nonché il p.m. competente. 2.1 Quest’ultimo, in particolare, si duole dell’attenuazione della misura disposta nei riguardi del M. e del R. , all’uopo evidenziando, per un verso, la pretesa incongruenza fra la parte motivazionale, scrupolosa e ben articolata , dedicata all’illustrazione dei gravi indizi di colpevolezza, e la successiva attribuzione di un mero ruolo esecutivo nella commissione dei reati ai due prevenuti, che si sottolinea essere due avvocati, professionisti del settore, inseriti nel più importante studio di diritto amministrativo di Verona , dai quali non sarebbe provenuto alcun segno di resipiscenza, i due avendo sempre rifiutato di rendere interrogatorio né lo hanno sollecitato, non fornendo quindi alcuna versione alternativa circa quanto loro ascritto per altro verso ed in ogni caso, l’inidoneità della misura alternativa imposta dal Tribunale a tutelare alcuna esigenza cautelare . 2.2 Il difensore di fiducia del P. lamenta, in primo luogo, vizio di motivazione e violazione di legge, per aver il Tribunale del Riesame, senza un adeguato approfondimento, recisamente ed erroneamente escluso la natura privatistica del CEV . Secondariamente, formula eguali doglianze in ordine alla ricostruzione dei gravi indizi di colpevolezza in capo all’indagato , non emergendo asseritamente dal tenore delle conversazioni intercettate, al riguardo passate in rassegna, alcun coinvolgimento del P. nelle fasi preparatorie alle gare , né potendo il medesimo, nella veste di presidente della commissione di gara, procedere al loro annullamento, non essendo motivo tale da determinare l’illegittimità o l’alterazione dell’intera procedura di aggiudicazione il possibile conflitto d’interessi tra CEV e Global Power, legato alla presenza solo di quest’ultima, in assenza di altri concorrenti. 2.3 Diversa è l’impostazione che connota i restanti due ricorsi, che possono pertanto essere congiuntamente illustrati. Invero, tanto nell’interesse del M. , quanto del R. , le doglianze vengono incentrate sul solo tema delle esigenze cautelari, in ordine al quale si rileva - violazione di legge e contraddittorietà della motivazione M. , ovvero mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione R. , quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari, reputate esistenti senza una reale indagine circa la ricorrenza dei requisiti della concretezza e dell’attualità del pericolo di reiterazione di condotte della stessa specie, con particolare riguardo all’anzidetto profilo dell’attualità, introdotto dalla legge n. 47/2015, per come inteso dalla giurisprudenza di legittimità, ossia come riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati , avuto riguardo altresì al periodo di tempo di 10 mesi trascorso dalla commissione dei fatti, senza il verificarsi di altri illeciti di sorta - eguali vizi in punto di adeguatezza della misura dell’obbligo di presentazione alla p.g. , ritenuta illogica ed inutilmente afflittiva rispetto alla finalità di controllo regolare dei comportamenti dei prevenuti indicata dal Tribunale. Considerato in diritto 1. L’impugnazione relativa alla posizione del P. - da cui conviene prendere le mosse sia per la sua maggiore ampiezza, sia perché, non essendo toccata dal ricorso proposto dal p.m., è suscettibile di essere valutata autonomamente - non è fondata, di talché se ne impone il rigetto, per le ragioni di seguito esposte. 2. Come detto, il primo profilo di doglianza concerne la denegata natura pubblicistica del CEV, donde l’implicita conclusione che le gare oggetto delle incolpazioni provvisorie non avrebbero dovuto svolgersi, in quanto inficiate in radice dal difetto di legittimazione in capo al consorzio dello Z. , ciò valendo a travolgere dalle fondamenta l’intera impalcatura accusatoria. 3. L’assunto non ha pregio. Il contesto normativo di riferimento dell’epoca - come bene evidenziato nell’ordinanza genetica della misura, emessa dal g.i.p. di Verona - è quello che disciplina l’accesso delle pubbliche amministrazioni al mercato liberalizzato dell’energia elettrica, che la normativa di settore si preoccupa di assicurare che avvenga in condizioni di trasparenza v. le procedure di selezione del contraente e, insieme, di economicità attraverso lo strumento di concentrazione e razionalizzazione degli acquisti costituito dalle centrali di committenza . Per quanto rileva, può essere qui sufficiente ricordare che, già a far tempo dal 2012, il legislatore aveva imposto in via generalizzata agli enti locali che l’approvvigionamento - tra l’altro - di energia elettrica avvenisse mediante ricorso alle convenzioni ovvero agli accordi quadro messi a disposizione da Consip s.p.a. - società per azioni, i cui indirizzi strategici sono dettati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ne è unico azionista, che opera quale centrale di committenza nazionale, lavorando al servizio esclusivo della P.A. - ovvero dalle centrali di committenza regionali di riferimento, salva la possibilità di deroga, nel rispetto tuttavia di due precise condizioni - l’approvvigionamento doveva comunque avvenire mediante altre centrali di committenza, oppure all’esito di procedure di evidenza pubblica - esso doveva comportare un risparmio di spesa rispetto ai corrispettivi previsti dalle convenzioni e dagli accordi quadro di cui sopra, all’uopo prevedendosi che i contratti stipulati fossero sottoposti a condizione risolutiva, con possibilità per il contraente di adeguamento, nel caso di intervenuta disponibilità di convenzioni Consip e delle centrali di committenza regionali che prevedano condizioni di maggior vantaggio economico . Fermo il riferimento a quanto stabilito dall’ora abrogato d.lgs. n. 163/2006 per la definizione di centrale di committenza, disposizioni speciali erano previste per i piccoli comuni, segnatamente, quelli con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, per i quali erano previste forme peculiari ed obbligatorie di aggregazione, ai sensi del comma 3 bis dell’art. 33 del succitato d.lgs. n. 163/2006 nella formulazione antecedente alle modifiche introdotte dal d.l. n. 66/2014, convertito in l. n. 89/2014, per effetto del differimento della entrata in vigore di queste ultime al 1 novembre 2015, dunque in epoca successiva ai fatti in esame , con l’istituzione di un apposito elenco dei soggetti aggregatori , l’iscrizione al quale era gestita dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici AVCP , poi sostituita dall’Autorità Nazionale Anticorruzione ANAC , cui era affidato il rilascio del codice identificativo della gara CIG , necessario per l’espletamento della stessa e subordinato alla previa verifica del rispetto di tutte le condizioni di legge. 4. Tanto doverosamente premesso, si assume dalla difesa che il CEV non è riconducibile ad alcun modello legale enucleabile dal comma 3 bis dell’art. 33 d.lgs. n. 163 del 2006, atteso che l’accordo consortile che lega gli enti locali al CEV nulla ha a che vedere con l’omonimo strumento ammesso dal citato comma 3 bis , all’uopo richiamandosi i punti salienti sviluppati dalla sentenza del T.A.R. Lazio - trattasi, più precisamente, della n. 2339/2016 - che, in una vicenda del tutto analoga a quella in discussione oggetto del giudizio era proprio la natura pubblica del Consorzio ASMEL, cui il CEV è poi subentrato nell’elenco delle centrali di committenza , ha recisamente escluso la natura pubblica del citato ente consortile per insussistenza dei requisiti di legge . Dunque, la sentenza in questione concerne altro soggetto, mentre l’equazione dell’identità delle caratteristiche del Consorzio ASMEL a quelle del CEV poggia sulla mera enunciazione del ricorrente, limitatosi al richiamo ad una imprecisata visura camerale, non allegata al ricorso. Ma, pur a prescindere da ciò, altra è la considerazione decisiva ed assorbente. Si è detto che le gare ad evidenza pubblica, oggetto delle indagini in corso, hanno riguardato l’approvvigionamento di energia elettrica - dunque, un servizio di pubblico interesse, la cui acquisizione doveva avvenire nel rispetto della normativa pubblicistica sinteticamente tratteggiata - per conto degli enti pubblici locali costituiti dagli oltre 1.000 comuni confluiti nella struttura consortile del CEV. Ne consegue che le gare anzidette non solo si sono materialmente svolte, ma non possono che essere ritenute anche giuridicamente esistenti, salvo che la legittimazione del CEV ad indirle quale soggetto pubblico - essendo il consorzio pacificamente riconosciuto come tale e pertanto dotato del relativo potere, come emerge con certezza dal rilascio del codice di gara da parte dell’Autorità preposta - non sia stata posta in contestazione e definitivamente esclusa in radice il che non risulta essere avvenuto. Di più, la natura pubblica del CEV, ancorché non fosse oggetto di contestazione specifica, risulta comunque esplicitamente affermata nella sentenza 18.02.2015 - dep. 10.04.2015, all’uopo richiamata dai giudici del riesame, con cui il TAR Veneto ha rigettato il ricorso, proposto dalla GALA s.p.a. per l’annullamento del bando di gara indetto il 06.08.2014 dal consorzio, sentenza integralmente confermata dalla Sezione Quinta del Consiglio di Stato con decisione del 14.01-22.02.2016. 5. Per ciò che concerne il profilo attinente alla gravità indiziaria, le doglianze difensive non sfuggono ad una preliminare ed assorbente censura di assoluta genericità, posto che esse, al di là di una tranquillizzante lettura alternativa delle conversazioni intercettate - del tutto avulsa dal contesto in cui vanno collocate e comunque non consentita in queste sede di legittimità - non si confrontano affatto con la compiuta e lineare ricostruzione del complessivo quadro in atti, quale compiuta dal provvedimento genetico e ribadita dal giudice della cautela. 6. Può ora passarsi alla disamina delle restanti posizioni, facenti capo agli avv. M. e R. , assegnando, nel naturale contrasto tra le finalità perseguite con i contrapposti ricorsi, che tutti si muovono nell’ambito circoscritto delle esigenze cautelari, ovvia priorità logico-giuridica alla verifica della effettiva sussistenza di queste ultime, posta in discussione concordemente dalle difese. 7. Il punto di partenza non può che essere costituito dal non contestato approdo cui il giudice del riesame è pervenuto in ordine alla problematica della gravità indiziaria a carico dei due prevenuti, che qui si riporta testualmente I due legali hanno dunque partecipato alla consapevole manipolazione di tre gare d’appalto art. 353 e 353 bis c.p. , l’hanno fatto perché stabilmente inseriti, per diversi mesi, in un’organizzazione criminosa che delle turbative d’asta aveva fatto una ragione sociale art. 416 c.p. hanno operato all’interno di questa associazione con ruoli ben definiti, commissario l’uno, RUP l’altro, assolutamente necessari per la riuscita delle operazioni hanno continuato a dimostrare fedeltà, anche dopo aver saputo che il loro istruttore L. era stato denunciato alla Procura di Vicenza ed hanno cercato di manipolare le carte anche dopo l’intervento di metà luglio da parte della GdF, dopo la cessazione delle cariche formali di gara . Donde l’affermazione, immediatamente successiva nello sviluppo della motivazione dell’ordinanza impugnata Sussistono, dunque, nei loro confronti indizi esaustivi ed esigenze attuali, ex art. 274 lett. c c.p.p., di tutela della collettività, visti i tempi recenti in cui sono avvenuti i fatti, la gravità di quanto commesso e l’intensità del dolo dimostrata da soggetti sempre pronti a mettere la propria funzione al servizio di operazioni di chiara natura illecita . 8. Si assume dalle difese dei due indagati che la valutazione in proposito compiuta dal Tribunale di Venezia sarebbe oltremodo carente, in particolare risaltando l’assenza di elementi atti a dar prova della ritenuta concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione del reato, stante l’insufficienza del mero e generico riferimento ai tempi recenti di commissione dei fatti, che in tal modo omette erroneamente di assegnare alcun valore ai numerosi mesi trascorsi prima dell’adozione dell’originario provvedimento restrittivo, risalente al 21.01.2016, e tradisce, quindi, la sostanziale elusione del significato dei due requisiti anzidetti, in particolare quello dell’attualità, introdotto dalla legge n. 47/2015, richiedendo la dimostrazione - giusta l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità - non solo dell’eventualità, quanto meno altamente probabile, che l’agente torni a delinquere ove se ne presenti l’occasione, ma altresì che, nei medesimi termini di elevata probabilità, si presenterà al soggetto l’occasione per porre in essere nuovi illeciti. Laddove - si aggiunge per il M. - il predetto è risultato estraneo all’attività delittuosa ipotizzata rispetto all’indizione dell’ultimo bando di gara, come pure non è stata tenuta in alcuna considerazione la disposta sospensione del CEV, nell’ottobre 2015, dall’elenco dei soggetti aggregatori mentre - per ciò che concerne il R. - si puntualizza che il denunciato vuoto motivazionale non potrebbe essere colmato neppure attraverso il riferimento compiuto - ancora una volta genericamente - alla gravità dei fatti ed alla personalità degli indagati, atteso che, in tal modo, si oblitera tanto il ruolo esecutivo attribuito al prevenuto dallo stesso Tribunale di Venezia, essendo per di più i soggetti sovraordinati sottoposti al regime degli arresti domiciliari, quanto lo stato di incensuratezza del R. medesimo. 9. Giova premettere che, nella definizione del requisito dell’attualità delle esigenze cautelari, le decisioni della Suprema Corte esprimono un indirizzo non univoco. Reputa il Collegio di aderire all’orientamento - peraltro maggioritario - che, pur nella presa d’atto del mutamento del dato normativa concretizzatosi nella espressa previsione dell’attualità tra i requisiti del pericolo cautelare, privilegia la sostanziale continuità fra la pregressa e l’attuale disciplina, ritenendo che l’intervento del legislatore sia significativo essenzialmente del più pregnante obbligo motivazionale che si è voluto imporre al giudice, nella sostanza esplicitando e dando veste normativa ad un dato già enucleabile dal precedente assetto del sistema cautelare ed in effetti evidenziato dalla giurisprudenza più attenta. Muovendo da quanto affermato già dalle Sezioni Unite con sentenza n. 40538 del 24.09.2009, ric. LATTANZI, Rv. 244377 - laddove era stato sottolineato, a proposito del tempo trascorso dalla commissione del reato di cui alla lettera c dell’art. 292 del codice di rito nella formulazione allora vigente, che esso esprime la necessità di un impegno motivazionale crescente, per via dell’ordinario affievolimento delle esigenze cautelari che corrisponde alla maggiore distanza cronologica dai fatti - è stato quindi sostenuto che il requisito dell’attualità, quale presupposto della misura cautelare, aveva già trovato cittadinanza nella pregressa normativa, in particolare rimarcandosi la difficoltà di immaginare delle esigenze cautelari di prevenzione rispetto al rischio di recidiva che, nell’essere concrete, non siano anche attuali così Cass. Sez. 6, sent. n. 50027 del 29.10.2015, ric. AURISICCHIO v. anche, in senso conforme, Cass. Sez. 1, sent. n. 5787 del 21.10.2015 - dep. 11.02.2016, Rv. 265985 , senza peraltro che ciò debba far perdere di vista la distinzione fra attualità ed immediatezza delle esigenze medesime, come desumibile dalla stessa, perdurante distinzione codicistica fra esigenze cautelari ed eccezionali esigenze cautelari . A riprova della non equiparazione fra l’attualità delle esigenze cautelari e l’imminenza del pericolo di commissione di un nuovo reato, è stato inoltre puntualizzato che il requisito anzidetto è sintomatico, a ben vedere, della continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare cfr. Cass. Sez. 6, sent. n. 3043 del 27.11.2015 - dep. 22.01.2016, Rv. 265618 . 10. Facendo quindi applicazione dei principi enunciati al caso in esame, va innanzi tutto rilevato che il riferimento, compiuto dal Tribunale di Venezia, alla gravità dei fatti ed alla messa a disposizione, da parte dei due indagati, delle funzioni professionali loro proprie al servizio di operazioni chiaramente connotate in senso illecito - espressioni sintetiche, che non devono ovviamente far dimenticare la compiuta e qui non contestata descrizione dei fatti medesimi e delle peculiari condotte dei due prevenuti, quale emerge in particolar modo dal provvedimento genetico del g.i.p. di Verona - non costituiscono affatto espressioni di stile, prive di significato rispetto all’apprezzamento delle esigenze cautelari, atteso che, tutt’al contrario, proprio le specifiche modalità e circostanze del fatto e la personalità dell’indagato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali , costituiscono i parametri di riferimento che il testo vigente dell’art. 274 del codice di rito indica ai fini della formulazione di una corretta prognosi di recidiva il che trova la sua ragion d’essere nella constatazione che trattasi di elementi che poggiano su dati fattuali che, nell’ipotesi delle esigenze cautelari social-preventive, assumono rilevanza basilare onde comprendere se la condotta illecita sia occasionale o, al contrario, sia esemplificativa di un più ampio sistema di vita, ovvero ancora sintomatica di una radicata incapacità di autolìmitarsi, che possa comunque condurre l’indagato a commettere ulteriori azioni delittuose. E, ancora, è appena il caso di rimarcare la rilevanza, rispetto a siffatta valutazione prognostica ed al fine di mantenerla ancorata ai necessari parametri della concretezza e dell’attualità, del riferimento temporale, opportunamente contenuto nell’ordinanza impugnata, alla collocazione dei fatti medesimi, ovvero di altre condotte significative riconducibili ai soggetti interessati dalle indagini donde l’altrettanta importanza del richiamo ai tempi recenti in cui sono avvenuti i fatti , che certo non può esser posto in discussione dai pochi mesi intercorsi prima dell’emissione dell’iniziale provvedimento di assegnazione agli arresti domiciliari, tanto più ove si consideri che, al di là delle date di commissione dei reati fine che giungono sino alla fine di maggio 2015 , tanto il provvedimento genetico quanto l’ordinanza ex art. 309 cod. proc. pen. si soffermano su plurime conversazioni, ampiamente significative del pieno e consapevole coinvolgimento dei due prevenuti, risalenti a maggio e luglio 2015 - l’ultima, per l’esattezza, al 31 luglio v. pag. 54 ord. g.i.p. - dunque a meno di quattro mesi dall’emissione del provvedimento coercitivo a loro carico. Non senza ribadire - sempre nell’ottica dell’attualità delle esigenze cautelari, che ovviamente vanno intese rispetto al pericolo di reiterazione di condotte analoghe e non certo di altre turbative d’asta da parte del CEV - l’importanza del già riprodotto passaggio argomentativo dei giudici lagunari, a proposito della palesata fedeltà del M. e del R. , anche dopo aver saputo che il loro istruttore L. era stato denunciato alla Procura di Vicenza , come pure del tentativo di manipolare le carte anche dopo l’intervento di metà luglio da parte della GdF, dopo la cessazione delle cariche formali di gara . 11. Giunti a tal punto del discorso, fin qui connotato dalla rilevata linearità argomentativa del costrutto dell’ordinanza impugnata, occorre verificare l’incidenza del ruolo esecutivo attribuito ai due ricorrenti e - per quanto detto - espressamente valorizzato nel ricorso del R. si tratta, cioè, di stabilire se esso incrini irreparabilmente la sussistenza del pericolo di recidiva, ovvero sia compatibile con il livello attenuato delle esigenze ravvisato dal Tribunale di Venezia, oppure ancora introduca un elemento distonico rispetto all’apparato motivazionale dell’ordinanza medesima, e perciò contraddittorio, come si assume nel ricorso del p.m L’affermazione del Tribunale, che fa discendere il ruolo prevalentemente esecutivo del M. e del R. dal fatto di essersi occupati delle funzioni che altri avevano loro assegnato è, in sé, senza meno corretta, ma, al contempo, non particolarmente selettiva, poiché la ricostruzione complessiva dei fatti, concordemente compiuta dall’ordinanza del g.i.p. e da quella adottata all’esito del riesame, delinea con nettezza il ruolo assolutamente prioritario del dominus dell’intera vicenda - id est , dello Z. - e quello esecutivo proprio di tutti i partecipi dell’associazione, fedeli esecutori degli ordini impartiti, nel rispetto dei ruoli delineati. Logico e necessitato corollario di quanto precede è che il detto ruolo esecutivo, ad onta di ciò che si assume in chiave difensiva, non è affatto equipollente di ruolo scarsamente significativo del che, peraltro, è lo stesso Tribunale di Venezia a palesare piena consapevolezza, nella parte in cui, nel passaggio in precedenza integralmente riprodotto, dà atto che i ruoli ben definiti propri dei due, commissario l’uno, RUP l’altro , sono risultati assolutamente necessari per la riuscita delle operazioni , all’evidenza in ragioni delle competenze tecniche di cui sono in possesso, quali avvocati specializzati in ambito amministrativo. A tale riguardo, anzi, non può non richiamarsi quanto esplicitato alle pagg. 74 e 75 del provvedimento genetico, laddove, a supporto del coinvolgimento dei due professionisti nell’associazione organizzata e gestita principalmente dallo Z. , il g.i.p. si sofferma, a dimostrazione della costante messa a disposizione della consorteria delle energie intellettuali dei due prevenuti, su due conversazioni, relative entrambe alla causa amministrativa proposta innanzi al TAR dalla società GALA nei confronti del CEV e conclusasi con la soccombenza della ricorrente, nella prima delle quali il M. dichiara espressamente di aver predisposto una bozza di ricorso amministrativo per conto del CEV al posto dell’avvocato che formalmente ne cura gli interessi mentre nell’altra ambedue i legali indagati commentano l’accoglimento delle tesi del CEV da parte del TAR parlando al plurale come di una loro grande vittoria . 12. Le considerazioni che precedono valgono a significare l’indubbia fondatezza delle doglianze del p.m., quanto alla cesura logica che inficia il ragionamento del Tribunale, relativamente all’equazione ruolo esecutivo dei due indagati in questione = affievolimento delle cautele necessarie onde contemperare le pur ricorrenti esigenze cautelari. S’impone pertanto l’annullamento, in parte qua , del provvedimento impugnato dal p.m., con rinvio al Tribunale di Venezia, che, alla luce dei principi sopra enunciati, valuterà, nella propria autonomia, se le esigenze cautelari sussistenti a carico dei due indagati trovino adeguata salvaguardia nella misura in origine adottata, ovvero in altra, in ipotesi maggiormente conforme al principio di adeguatezza e pertinenza, avuto riguardo alla specificità dell’esigenza cautelare ravvisata, ai sensi della lettera c dell’art. 274 del codice di rito, detto profilo di doglianza - sollevato in termini contrapposti dai ricorrenti tutti riguardo alla misura in sostituzione - risultando necessariamente assorbito. P.Q.M. In accoglimento del ricorso del p.m., annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di M.F. e R.A. , limitatamente alle esigenze cautelari, e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Venezia. Rigetta i ricorsi di P.F. , M.F. e R.A. e condanna i predetti al pagamento delle spese del procedimento.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza entenza 24 maggio – 27 giugno 2016, n. 26639 Presidente Rotundo – Relatore Tronci Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza 09.02.2016 il Tribunale di Venezia, adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha confermato l’ordinanza cautelare con cui il g.i.p. del Tribunale di Verona aveva disposto la misura degli arresti domiciliari - per quanto qui interessa - nei confronti di Zo.Ga. , Z.L. e L.M. , in relazione a plurimi episodi di turbativa d’asta, posti in essere nel contesto della partecipazione ad un’associazione per delinquere a ciò finalizzata, capeggiata giusto da Zo.Ga. e Z.L. , rispettivamente direttore e vicedirettore dell’ente pubblico CEV Consorzio Energia Veneto , soggetto consortile raggruppante 1.012 comuni, essendone il L. mero partecipe, ancorché in posizione di indubbio rilievo, quale strettissimo e fidato collaboratore del predetto ZO. , oltre che consulente di una delle sue società. Alla base della presente vicenda, secondo l’ipotesi accusatoria convalidata dal g.i.p. - prima - e dal Tribunale - poi - vi era il sistema illecito ideato ed attuato dal succitato ZO. , come detto direttore del CEV, consorzio costituito per fornire energia a comuni medio - piccoli, il quale, sotto lo schermo dell’ente predetto, lucrava vantaggi economici per le imprese del proprio gruppo, in particolare la Global Power s.p.a. e la E-Global Service s.p.a., di entrambe le quali era presidente del consiglio d’amministrazione e di cui la prima è risultata aggiudicataria di due gare, mentre la seconda doveva esserlo di una terza. Ciò in quanto il CEV era una sorta di guscio vuoto , privo di strutture e dipendenti, forniti invece dalla E-Global Service o EGS - di cui lo Z. era sindaco, essendo altresì vice-presidente e consigliere del CEV - che supportava anche la Global Power, risultata aggiudicataria di due gare, connotate dalla evidente sovrapposizione fra stazione appaltante e società vincitrice, nonché, sintomaticamente, da tutta una serie di manipolazioni ed anomalie procedurali, puntualmente sintetizzate nell’ordinanza impugnata e di cui si erano resi protagonisti i tre indagati lo ZO. quale ispiratore dell’intero sistema, lo Z. nelle vesti di presidente della commissione aggiudicatrice delle due gare ed il L. , pur privo di una veste formale che ne giustificasse la presenza ed il coinvolgimento, quale longa manus del summenzionato ZO. , oltre ad altri professionisti pure attinti dall’ordinanza di cui trattasi. 2. Avverso la predetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i tre indagati di cui sopra, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia. L’identità delle questioni sollevate legittima l’esposizione unitaria del contenuto dei tre ricorsi, i quali tutti, impregiudicato il tema della gravità indiziaria, appuntano le proprie doglianze sul solo profilo relativo alle esigenze cautelari. A tal proposito, premessa l’assenza di pericolo di inquinamento probatorio, escluso dallo stesso Tribunale del riesame, essi censurano in primo luogo, ai sensi dell’art. 606 co. 1 lett. c ed e cod. proc. pen., l’impostazione da quest’ultimo seguita, per aver sovrapposto la valutazione della pretesa esistenza dei gravi indizi di colpevolezza a quella relativa alla sussistenza delle esigenze cautelari - come detto, circoscritta al solo pericolo di recidivanza - facendo indebitamente discendere dalla sussistenza dei primi anche la presenza delle seconde . Con l’ulteriore rilievo che la valutazione delle esigenze medesime deve essere affermata avuto riguardo non solo alle specifiche modalità e circostanze del fatto” ma anche alla personalità della persona sottoposta alle indagini , che rivelino l’esistenza di un pericolo concreto e attuale , requisito quest’ultimo introdotto dalla legge n. 47/2015, da intendersi in termini di certezza ovvero di elevata probabilità che all’imputato si presenti effettivamente l’occasione di compiere ulteriori delitti in altri termini e conclusivamente, secondo un complessivo e compiuto percorso argomentativo, rimasto per contro totalmente estraneo al discorso giustificativo svolto dalla impugnata ordinanza, non avendo i giudici di Venezia tenuto in considerazione che la richiesta di project financing , presentata da E-Global Service ed oggetto dell’ultimo illecito contestato in ordine di tempo, risulta esser stata revocata in data 26.01.2016, ossia in epoca anteriore rispetto all’avvenuta applicazione della misura che tanto lo Z. che il L. hanno rassegnato le dimissioni dai rispettivi incarichi che lo stesso ampio clamore mediatico che ha connotato la vicenda in questione rende pressoché impossibile solo ipotizzare la commissione di reati quali quelli dell’ipotesi accusatoria . Eguali violazioni sono poi denunciate con riferimento alla scelta della misura in concreto adottata a carico dei prevenuti, ritenuta non conforme al dettato normativo di cui all’art. 275 c.p.p. e al principio di proporzionalità e adeguatezza , alla stregua dell’incensuratezza dello ZO. , dello Z. e del L. , estranei altresì a qualsivoglia precedente di polizia, sì da rendere pienamente idonea una misura non custodiale al fine di escludere il periculum di reiterazione che è stato adombrato . 3. Va infine dato atto che, all’udienza fissata per la discussione dei ricorsi, la difesa dello ZO. ha depositato note d’udienza - tali denominate - con cui, alla luce dell’ampio spazio che si assume dedicato dal Tribunale di Venezia al pur non devoluto tema della gravità indiziaria, ha ritenuto doveroso sviluppare alcuni cenni in proposito, all’uopo significando, nell’ordine - che il coinvolgimento dello ZO. nel presunto reato associativo nasce da un circuito di intercettazioni telefoniche non utilizzabili perché disposte fuori delle regole , con conseguente possibilità di far valere il relativo vizio in ogni stato e grado - che, segnatamente, il ricorso allo strumento captativo sarebbe stato qui illegittimamente disposto, in difetto del prescritto requisito dei gravi indizi di colpevolezza a carico del prevenuto, non desumibili in alcun modo dall’informativa del 30.10.2014 - che, del pari, sarebbero assenti, e comunque non assistite dalla necessaria motivazione, le ragioni di eccezionale urgenza che avrebbero consentito le operazioni in locali esterni alla Procura - che i decreti d’intercettazione sarebbero carenti di effettiva motivazione anche in relazione all’assoluta indispensabilità di tale mezzo d’investigazione - inoltre, che non sarebbe configurabile, in punto di diritto , l’ipotizzata associazione per delinquere, alla luce degli elementi costitutivi propri della figura di reato tratteggiata dall’art. 416 cod. pen., in particolare, a fronte della notoria autonomia che connota la fattispecie associativa rispetto ai reati fine che individuano l’oggetto dell’indefinito programma criminoso, essendo qui privo di senso parlare della costituzione ed esistenza di un’associazione criminale, che possa rappresentare di per sé un pericolo per l’ordine pubblico a prescindere dalle gare in questione - infine, relativamente all’anzidetto reato fine di turbata libertà degli incanti, che, ferme restando la estraneità fisica dello ZO. rispetto ai passaggi amministrativi nonché la non idoneità causale d’ogni suo preteso contributo , comunque non sarebbe qui ravvisabile, in concreto, alcun atto, apprezzabile come elemento incidente direttamente sulla procedura di gara, per alcuna delle vicende ipotizzate nell’imputazione . In esito a tale dissertazione, era infine censurato il riferimento compiuto dal Tribunale, ai fini del giudizio sulle esigenze cautelari, alla negativa personalità dello ZO. , trattandosi di elemento sempre escluso dalla giurisprudenza, dovendosi a tale riguardo privilegiare l’apprezzamento sulle emergenze oggettive , laddove nulla viene detto dall’ordinanza impugnata in ordine alla probabilità di nuove gare manipolabili dallo ZO. , al di là di affermazioni congetturali, non sostenute da alcuna spiegazione e peraltro effettuate senza valutare adeguatamente la rinuncia del prevenuto a portare avanti il progetto in favore di EGS, evento invece significativo del suo voler uscire dal contesto degli appalti , come pure la rinuncia agli incarichi da parte dei soggetti pretesi esecutori delle manipolazioni in favore dello ZO. . Considerato in diritto 1. Va in primo luogo stigmatizzato il surrettizio tentativo, da parte della difesa dello ZO. , di introdurre nel giudizio profili totalmente estranei all’ambito del devolutum , quale risultante dal tenore del ricorso all’uopo proposto. Essendo appena il caso di puntualizzare l’inconsistenza della giustificazione all’uopo fornita - l’asserito debordare dell’ordinanza dei giudici veneziani dall’esclusivo tema portato alla loro attenzione - trattandosi di dato, a prescindere dalla sua fondatezza, evidentemente ben noto nel momento in cui, nel libero esercizio della strategia difensiva ritenuta più pertinente agli interessi del cliente, si è ritenuto di circoscrivere il ricorso per cassazione alla sola problematica delle esigenze cautelari. Quanto precede, ovviamente, non vale con riferimento alle considerazioni in materia di intercettazioni, che tuttavia non sono in grado di superare il preliminare e doveroso vaglio di ammissibilità, essendosi qui in presenza di annotazioni critiche che, al di là di taluni erronei riferimenti, verosimilmente dovuti a mera svista - in particolare, in tema di indizi di colpevolezza anziché di reità - si segnalano per il carattere del tutto generico loro proprio, in quanto radicalmente prive di qualsivoglia concreto riferimento alla specificità delle motivazioni dei decreti autorizzativi e, a monte, alla stessa individuazione dei decreti asseritamente inficiati dai vizi in tali termini dedotti. 2. Venendo quindi alla tematica originaria, devoluta al vaglio di questa Corte, è innanzi tutto da escludere che abbia fondamento l’iniziale doglianza - come detto, comune ai tre ricorsi - avente ad oggetto l’indebita sovrapposizione della valutazione della pretesa esistenza dei gravi indizi di colpevolezza a quella relativa alla sussistenza delle esigenze cautelari . Invero, del tutto correttamente il Tribunale lagunare, al fine di dar risposta alle obiezioni formulate dalle difese ai sensi dell’art. 274 cod. proc. pen., ha reputato necessario ricostruire il contesto in cui le varie vicende si sono consumate , giacché, in funzione dell’apprezzamento delle esigenze cautelari, proprio le specifiche modalità e circostanze del fatto e la personalità dell’indagato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali , costituiscono i parametri di riferimento che la vigente formulazione del succitato art. 274 indica ai fini della formulazione di una corretta prognosi di recidiva il che trova la sua ragion d’essere nella constatazione che trattasi di elementi che poggiano su dati fattuali che, nell’ipotesi delle esigenze cautelari social-preventive, assumono rilevanza basilare onde comprendere se la condotta illecita sia occasionale o, al contrario, sia esemplificativa di un più ampio sistema di vita, ovvero ancora sintomatica di una radicata incapacità di autolimitarsi, che possa comunque condurre l’indagato a commettere ulteriori azioni delittuose. Quanto precede vale altresì in risposta all’assunto sviluppato con le ricordate note d’udienza nell’interesse dello ZO. - per vero, difformemente dal contenuto del relativo ricorso - a proposito della rilevanza della personalità del soggetto sottoposto alle indagini ai fini della prova della sussistenza del pericolo di reiterazione di condotte analoghe. 3. È fuor di dubbio, come emerge implicitamente da quanto sopra, che il richiamo ai dati fattuali che si ricollegano alle modalità del fatto ed ai comportamenti concreti dell’agente rileva, nell’ottica di cui all’art. 274 lett. c cod. proc. pen., non in quanto tali, bensì allo scopo di offrire dimostrazione della concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione di condotte illecite. A tale riguardo va dato atto che, nella definizione del requisito dell’attualità delle esigenze cautelari, le decisioni della Suprema Corte esprimono un indirizzo non univoco. Reputa il Collegio di aderire all’orientamento - peraltro maggioritario - che, pur nella presa d’atto del mutamento del dato normativo concretizzatosi nella espressa previsione dell’attualità tra i requisiti del pericolo cautelare, privilegia la sostanziale continuità fra la pregressa e l’attuale disciplina, ritenendo che l’intervento del legislatore sia significativo essenzialmente del più pregnante obbligo motivazionale che si è voluto imporre al giudice, nella sostanza esplicitando e dando veste normativa ad un dato già enucleabile dal precedente assetto del sistema cautelare ed in effetti evidenziato dalla giurisprudenza più attenta. Muovendo da quanto affermato già dalle Sezioni Unite con sentenza n. 40538 del 24.09.2009, ric. LATTANZI, Rv. 244377 - laddove era stato sottolineato, a proposito del tempo trascorso dalla commissione del reato , di cui alla lettera c dell’art. 292 del codice di rito nella formulazione allora vigente, che esso esprime la necessità di un impegno motivazionale crescente, per via dell’ordinario affievolimento delle esigenze cautelari che corrisponde alla maggiore distanza cronologica dai fatti - è stato quindi sostenuto che il requisito dell’attualità, quale presupposto della misura cautelare, aveva già trovato cittadinanza nella pregressa normativa, in particolare rimarcandosi la difficoltà di immaginare delle esigenze cautelari di prevenzione rispetto al rischio di recidiva che, nell’essere concrete, non siano anche attuali così Cass. Sez. 6, sent. n. 50027 del 29.10.2015, ric. AURISICCHIO v. anche, in senso conforme, Cass. Sez. 1, sent. n. 5787 del 21.10.2015 - dep. 11.02.2016, Rv. 265985 , senza peraltro che ciò debba far perdere di vista la distinzione fra attualità ed immediatezza delle esigenze medesime, come desumibile dalla stessa, perdurante distinzione codicistica fra esigenze cautelari ed eccezionali esigenze cautelari . A riprova della non equiparazione fra l’attualità delle esigenze cautelari e l’imminenza del pericolo di commissione di un nuovo reato, è stato inoltre puntualizzato che il requisito anzidetto è sintomatico, a ben vedere, della continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare cfr. Cass. Sez. 6, sent. n. 3043 del 27.11.2015 - dep. 22.01.2016, Rv. 265618 . Logico corollario di quanto precede è il superamento dell’esegesi, congiuntamente propugnata dalle difese, secondo cui il Tribunale e, prima ancora, il g.i.p., avrebbero dovuto verificare, in termini di certezza ovvero di elevata probabilità, che all’imputato si presenti effettivamente l’occasione di compiere ulteriori delitti cfr. pag. 5 dei ricorsi ZO. e Z. , nonché pagg. 4 - 5 del ricorso L. . 4. Fermo quanto sopra, l’ordinanza impugnata ha evidenziato che lo ZO. , ad onta della sua incensuratezza, ha potuto per anni avvalersi di una sigla di copertura, il CEV, che ha consentito l’espansione delle sue imprese familiari nel ramo delle forniture energetiche , manifestando una indubbia scaltrezza, concretizzatasi nel cercare sin dall’inizio di non figurare tra i soggetti posti al vertice del CEV serbando per sé il ruolo minore e generico di direttore per dissimulare, in sede di eventuali controlli amministrativi, la reale commistione dei ruoli ed i suoi diretti interessi in tutte le società coinvolte nelle gare , in tal senso rilevando altresì il mantenuto formale distacco dagli esecutori delle manipolazioni delle gare, M. e R. , non intervenendo mai di persona, ma agendo tramite un suo uomo di fiducia, il L. , attivo in tutte le fasi salienti delle procedure . Ed ha quindi proseguito sottolineando che, dopo l’inquinamento delle gare espletate, il predetto ZO. ha continuato a progettarne di nuove anche dopo l’intervento della GdF e della magistratura , rimarcando che il fatto che abbia rinunciato a portare avanti il project in favore di EGS, ormai scoperto dalle intercettazioni, non ha alcuna valenza significativa, visto che, dopo aver esercitato varie pressioni politiche perché il CEV fosse ricompreso tra gli aggregatori , ottenuta un’ammissione condizionata dall’ANAC , ha continuato ad indire altre gare d’appalto , ben 5, di cui quella avente il CIG OMISSIS di rilevante valore . Donde la conclusione non solo dell’esistenza, bensì anche dell’aggravamento, da ultimo - alla stregua delle circostanze fattuali testè illustrate - del pericolo di recidivanza, sì da far apparire la custodia domestica imposta peraltro, a fronte della richiesta della cautela estrema da parte del magistrato inquirente come assolutamente necessaria per impedire la prosecuzione della sua illecita attività ed il ripristino dei suoi contatti affaristici e relazionali per avviare nuove, redditizie imprese criminose , ogni diversa e meno grave misura apparendo inidonea, perché non in grado di esercitare quel rigoroso controllo sui comportamenti quotidiani dell’indagato, che solo può contenere la sua persistente volontà di elaborare nuove illecite occasioni operative . Si è dunque in presenza di una motivazione compiuta ed organica, pienamente rispondente ai parametri di legge, nei termini che si sono sopra delineati, e priva di elementi di manifesta illogicità che ne compromettano la tenuta - i soli censurabili in questa sede - che si fa altresì doverosamente carico, malgrado quanto sostenuto dalla difesa, degli elementi a discapito dalla stessa offerti, dando conto, infine, della misura in essere anche sul piano dell’adeguatezza e proporzionalità. 5. Altrettanto dicasi, senza indulgere in superflue ripetizioni, per ciò che concerne lo Z. . Anche qui, infatti, il Tribunale veneziano, con argomentazione completa ed esaustiva, esente da censure denunciabili in sede di legittimità, ha rimarcato lo stretto sodalizio, anche criminoso , costituito con lo ZO. , figurando entrambi come fondatori del CEV, e, in siffatto ambito, la funzione formale di garanzia che il prevenuto si è sempre prestato a svolgere nell’interesse dell’amico, peraltro ben al di là del ruolo di presidente delle varie commissioni, come esemplificato dal comportamento concretamente posto in essere affinché il suo successore P. , nella fase 2 della gara dell’energia elettrica, si comportasse in linea con gli interessi del dominus , continuando in tale suo atteggiamento anche dopo aver saputo, a marzo, che L. era stato indagato dalla Procura di Vicenza e a luglio, quando della vicenda si è occupata la GdF, intervenuta per acquisire carte e documenti . Con la puntualizzazione, in ordine alle allegazioni difensive, della irrilevanza della rinuncia al project EGS, ormai scoperto dalle intercettazioni degli inquirenti, essendo semmai sintomatico - in senso esattamente contrario all’assunto di parte - che lo Z. ancora nel gennaio 2016 è in piena attività, si interessa delle nuove gare, del contenzioso con l’ANAC ed è ben a conoscenza della necessità di risolvere a breve entro la metà di gennaio il problema delle partecipazioni del CEV nelle società del gruppo ZO. donde altresì la ritenuta, scarsa significatività delle dimissioni presentate alla vigilia della celebrazione dell’udienza innanzi al giudice del riesame, tanto più alla luce dell’importanza, concretamente manifestata dalle vicissitudini dei fatti oggetto d’indagine, non tanto dei ruoli formali, quanto piuttosto de i rapporti reali intrecciati fra i vari indagati e quelli, mai sciolti, che ancora oggi legano i due fondatori del CEV , per l’effetto valutando inadeguata ogni attenuazione della cautela, opportunamente connotata, alla stregua di quanto già sintetizzato, dal divieto di comunicare con terzi. 6. Non dissimili sono le considerazioni che s’impongono a carico del terzo ed ultimo ricorrente. Invero, anche per il L. ci si trova al cospetto di un costrutto argomentativo ben strutturato, immune da pecche di ordine logico e rispondente ai parametri di legge - come tale incensurabile da questa Corte - posto che del prevenuto viene in particolare valorizzato, ai fini della dimostrazione dell’attualità del pericolo di reiterazione ravvisabile a suo carico, il persistente impegno a sostegno della causa dello ZO. e dei suoi affari, palesato pur dopo essere stato indagato dalla Procura vicentina per fatti analoghi e, per quanto attiene direttamente alle vicende in esame, pur dopo il più volte ricordato intervento delle Fiamme Gialle, allorché, nell’autunno 2015, si è subito lanciato nel seguire l’ennesima gara da manipolare per EGS con i coindagati abituali, tentativo non andato a buon fine non certo per una sua virtuosa desistenza . Mentre, in relazione alla rinuncia all’incarico di consulente della EGS, si evidenzia, a supporto del ritenuto carattere meramente strumentale di tali dimissioni, la sicura irrilevanza di tale carica, per certo radicalmente inidonea a legittimare il constatato intervento continuo del L. nelle procedure di gara , da ricondursi invece al suo personale rapporto con lo ZO. , protrattosi negli anni, che lo ha reso praticamente una sua longa manus per la manipolazione pratica delle gare , sì da rendere la misura adottata pienamente rispondente al ruolo svolto dall’interessato e alla pericolosità dallo stesso manifestata nei fatti di causa , oltre che necessaria per contenere il concreto pericolo di recidivanza e per interrompere ogni sua contiguità con realtà imprenditoriali criminose . P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.