Reato abrogato e configurato quale illecito civile: questione rimandata alle Sezioni Unite

Sul caso in esame sussiste un rilevante contrasto la cui soluzione deve essere rimessa alle Sezioni Unite, chiamate a pronunciarsi sul seguente quesito se, in caso di condanna pronunciata per un reato successivamente abrogato e configurato quale illecito civile ai sensi dell’art. 4 d.lgs. n. 7 del 2016, il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, possa decidere sull’impugnazione ai soli effetti civili, ovvero debba revocare le statuizioni civili .

Con l’ordinanza n. 26092/16, depositata in cancelleria il 22 giugno, la Corte di Cassazione rimette la questione alle Sezioni Unite. Il caso. Il Tribunale di Cagliari confermava la pronuncia del giudice di pace di Iglesias che aveva condannato gli imputati alle pene di legge, in quanto ritenuti colpevoli del delitto di danneggiamento, disponendo, nello stesso tempo, la condanna degli stessi imputati al risarcimento del danno nei confronti della parte civile. Il Tribunale sosteneva che, a carico degli imputati, sussistevano adeguati elementi di prova per ritenere che avessero volontariamente danneggiato le autovetture della rivendita della parte civile parcheggiate in un cortile sottostante la loro abitazione attraverso scarichi di materiale liquido effettuati dal loro appartamento. Avverso tale sentenza proponevano ricorso per cassazione gli imputati. Contrasto tra diversi orientamenti. La Suprema Corte si è trovata però dinanzi ad un contrasto tra diversi orientamenti, che ne ha imposto la remissione alle Sezioni Unite. Va ricordato che il delitto di danneggiamento per cui si procede e di cui al primo comma dell’art. 635 c.p. nel testo previgente è stato abrogato con il decreto legislativo n. 7/2016, sicché il fatto non è più previsto dalla legge come reato. Sul punto si sono formati due orientamenti diversi. Secondo una prima soluzione sussistono varie ragioni per fare applicazione del principio secondo cui il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è previsto dalla legge come reato, decide sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. Si osserva, in primis , come l’ abolitio criminis determina la cessazione degli effetti penali della condanna così che le obbligazioni civili nascenti dal reato non cessano. Si sottolinea, quindi, che ai diritti del danneggiato dal reato in ordine alle statuizioni civili, non si applicano i principi della successione nel tempo delle leggi penali, bensì il principio secondo il quale la legge non dispone che per l’avvenire . Secondo un opposto orientamento, invece, deve essere escluso che, nelle ipotesi di abolitio criminis previste dal d.lgs. 7/2016, il giudice dell’impugnazione possa pronunciarsi sulle statuizioni civili. Infatti il testo della legge che ammette la possibilità per il giudice dell’impugnazione di pronunciarsi sulle statuizioni civili solo nei casi disciplinati dal d.lgs. 8/2016 è di univoca interpretazione e indice della specifica volontà del legislatore di ammettere tale potere limitatamente alle ipotesi di reato trasformate in illeciti amministrativi, e non anche per quelle abrogate ex d.lgs. 7/2016. Ne deriva, pertanto, la sussistenza di un rilevante contrasto la cui soluzione deve essere rimessa alle Sezioni Unite chiamate a pronunciarsi sul seguente quesito se, in caso di condanna pronunciata per un reato successivamente abrogato e configurato quale illecito civile ai sensi dell’art. 4 d.lgs. n. 7 del 2016, il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, possa decidere sull’impugnazione ai soli effetti civili, ovvero debba revocare le statuizioni civili . La Suprema Corte rimette dunque la questione alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 618 c.p.p

Corte di Cassazione, sez. II Penale, ordinanza 16 – 22 giugno 2016, numero 26092 Presidente Fiandanese Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza in data 3 novembre 2014 il Tribunale di Cagliari confermava la pronuncia del Giudice di Pace di Iglesias del 7.5.2013 che aveva condannato S.G. e Si.St. alle pene di legge, in quanto ritenuti colpevoli del delitto di danneggiamento, contestualmente disponendo la condanna degli stessi imputati al risarcimento del danno nei confronti della parte civile. 1.2 Sosteneva il Tribunale, in funzione di giudice di appello, che a carico degli imputati sussistevano adeguati elementi di prova per ritenere che avessero volontariamente danneggiato le autovetture della rivendita della parte civile F. parcheggiate in un cortile sottostante la loro abitazione attraverso scarichi di materiale liquido effettuati dal loro appartamento. 1.3 Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione gli imputati, tramite il proprio difensore, lamentando violazione di legge e difetto di motivazione con riguardo alla ritenuta attendibilità della parte offesa, contraddittorietà della motivazione per non avere il giudice tenuto conto delle risultanze delle deposizioni dei testi della difesa, vizio di motivazione con riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di danneggiamento, violazione di legge in ordine all’acquisizione ed utilizzazione del filmato della parte civile, contraddittorietà della motivazione con riguardo all’affermazione di responsabilità della Si. la cui posizione era stata accomunata a quella del coniuge, assenza di motivazione con riguardo alle statuizioni civili ed alla provvisionale. Con memoria successivamente depositata in cancelleria la difesa degli imputati deduceva la sopravvenuta non punibilità a seguito dell’abolitio criminis disposta con il D.Lgs. 7 del 2015 per il delitto di danneggiamento semplice e chiedeva la revoca delle statuizioni civili di condanna richiamando l’orientamento giurisprudenziale espressosi sul punto. In via subordinata chiedeva rimettersi la questione alle Sezioni Unite. All’udienza del 15 giugno 2016 le parti concludevano come in epigrafe. Considerato in diritto 2.1 Ritiene questa Corte che in ordine alla questione relativa alla sorte delle statuizioni civili nel giudizio di impugnazione proposto dall’imputato avverso sentenza di condanna a fattispecie di reato abrogata ex D.Lgs 7/2015, sussista contrasto tra diversi orientamenti che impone la remissione alle Sezioni Unite. Va ricordato che il delitto di danneggiamento semplice per cui si procede e di cui al primo comma dell’articolo 635 cod. penumero nel testo previgente è stato abrogato con il decreto legislativo numero 7 del 15 gennaio 2016 sicché il fatto non è più previsto dalla legge come reato. Invero, ai sensi dell’articolo 4 lett. c del medesimo decreto le ipotesi di danneggiamento non aggravato, se i fatti sono dolosi articolo 3 , costituiscono ora illecito civile sottoposto alla sanzione pecuniaria da euro cento a euro ottomila. L’articolo 5 dispone che l’importo della sanzione pecuniaria civile è determinato dal giudice competente a conoscere dell’azione di risarcimento del danno, al termine del giudizio, qualora accolga la domanda di risarcimento proposto dalla persona offesa tenuto conto dei seguenti criteri a gravità della violazione, b reiterazione dell’illecito, c arricchimento del soggetto responsabile d opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze dell’illecito e personalità dell’agente f condizioni economiche dell’agente. Inoltre l’articolo 12 dello stesso decreto detta disposizioni transitorie ed al fine di assicurare l’applicazione retroattiva della nuova disciplina ed evitare disparità di trattamento stabilisce che le disposizioni relative alle sanzioni pecuniarie civili del presente decreto si applicano anche ai fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore dello stesso, salvo che il procedimento penale sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili . Tuttavia, a differenza delle ipotesi depenalizzate in forza del successivo D.Lvo numero 8 per le quali è stato testualmente stabilito all’articolo 9 che il giudice dell’impugnazione decide sulle statuizioni civili, alcuna disposizione transitoria è stata dettata nel citato D.Lvo numero 7 in materia di condanna al risarcimento del danno pronunciata in un procedimento per il delitto di danneggiamento semplice soggetta ad impugnazione. Sul punto si sono così formati due diversi orientamenti secondo una prima soluzione Sez. 2 numero 21598 dell’8/03/2016, Sez. 2 numero 14529 del 23/03/2016 Sez. 2 numero 24299 del 27/05/2016, Sez. 5 numero 24029 del 03/03/2016 sussistono varie ragioni per fare applicazione del principio secondo cui il giudice dell’impugnazione nel dichiarare che il fatto non è previsto dalla legge come reato, decide sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. Innanzi tutto si osserva come in base all’articolo 2 comma secondo cod.penumero l’abolitio criminis determina la cessazione degli effetti penali della condanna così che le obbligazioni civili nascenti da reato non cessano. Si sottolinea quindi che ai diritti del danneggiato dal reato in ordine alle statuizioni civili non si applicano i principi della successione nel tempo delle leggi penali, fissati dall’articolo 2 cod.penumero , bensì il principio stabilito dall’articolo 11 delle preleggi al codice civile, secondo il quale la legge non dispone che per l’avvenire con la conseguenza che anche a seguito di abolitio criminis le modifiche legislative non possono incidere sui diritti del danneggiato ed ove il procedimento risulti tuttora pendente il giudice sia comunque tenuto a pronunciarsi sugli effetti civili. Tale interpretazione trova un suo riferimento nella relazione illustrativa di accompagnamento allo schema del decreto legislativo recante disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili a norma dell’articolo 2, comma 3 L.67/2014 che riferisce che l’articolo 12 D.Lvo numero 7/2015 può essere applicato anche per le condotte già sancite penalmente purché il relativo procedimento penale sia tuttora pendente dacché sembrerebbe emergere che anche il giudice penale è legittimato a riconoscere il risarcimento del danno. Inoltre, sotto il profilo dell’interpretazione giurisprudenziale di situazioni analoghe, si sottolinea come questa Corte, ha affermato uguale principio in tema di riforma dei reati contro la p.a. quando la riformulazione della fattispecie normativa comporti una radicale modificazione delle condotte incriminate in particolare, con riferimento alla questione della conservazione delle statuizioni civili relative alla condanna per il reato di concussione a seguito della riqualificazione del fatto ai sensi dell’articolo 319-quater c.p. in conseguenza dell’entrata in vigore della l. numero 190/2012, si è affermato il principio in base al quale, in presenza di un fatto ingiusto che ha cagionato un danno, il diritto del danneggiato al risarcimento permane, a nulla rilevando le successive modifiche legislative , e si è ribadito con affermazione dal contenuto generale che tale principio deve trovare applicazione nei casi in cui la modifica legislativa trasforma in condotte lecite fatti che erano penalmente rilevanti Cass. penumero , sez. VI, numero 31957, 25/01/2013 . Ed anche con riguardo ad altre ipotesi di condanna definitive analoghi orientamenti venivano assunti e difatti in altra precedente pronuncia veniva affermato che la revoca della sentenza di condanna per abolitio criminis articolo 2, comma secondo, cod. penumero conseguente alla perdita del carattere di illecito penale del fatto non comporta il venir meno della natura di illecito civile del medesimo fatto, con la conseguenza che la sentenza non deve essere revocata relativamente alle statuizioni civili derivanti da reato, le quali continuano a costituire fonte di obbligazioni efficaci nei confronti della parte danneggiata Sez. 5, Ordinanza numero 4266 del 20/12/2005, Rv. 233598 . Un’ultima ragione che sostiene tale interpretazione viene ancora essere espressa ove dovesse ritenersi obbligata la trasmissione al giudice civile competente per l’irrogazione delle sanzioni civili a seguito della declaratoria di assoluzione dell’imputato perché il fatto di danneggiamento non è più previsto dalla legge come reato, dovrebbe imporsi alla parte civile costituita la prosecuzione del giudizio in sede civile sebbene lo stesso abbia già trovato definizione, pur non irrevocabile, in sede penale ove veniva proposta la domanda risarcitoria ed accertato un fatto dannoso all’esito dei giudizi di merito. Tale interpretazione appare prospettare una soluzione in violazione del principio della ragionevole durata del processo di cui all’articolo 111 Cost. obbligando la parte civile alla prosecuzione del giudizio in altra sede benché il fatto sia già stato acclarato nel procedimento penale con conseguente eccessivo sacrificio per i diritti del danneggiato costretto a riprendere la sequenza procedimentale dinanzi il giudice civile. Inoltre detta soluzione appare anche foriera di possibili contrasti di giudicati poiché, a fronte dell’accertamento della sostanziale sussistenza del fatto illecito da parte del giudice penale, il giudice civile chiamato ad irrogare la sanzione sarebbe chiamato ad una completa rivalutazione del medesimo fatto al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per l’irrogazione della sanzione. E sempre sotto il profilo della interpretazione costituzionalmente orientata si sostiene che irragionevole sarebbe la disparità di trattamento fra il danneggiato che ha ottenuto una condanna al risarcimento in un processo penale che si concluda nella fase dell’impugnazione con una declaratoria di abolitio criminis e il danneggiato che ha ottenuto la stessa condanna con una sentenza irrevocabile. 2.2 Secondo un opposto orientamento, espresso da altre pronunce, deve essere escluso che nelle ipotesi di abolitio criminis previste dal D.Lvo numero 7 il giudice dell’impugnazione possa pronunciarsi sulle statuizioni civili Sez. 5 numero 18910, del 15/03/2016 Sez.5 numero 19516 del 15/04/2016 Sez.5 numero 21721 del 23/03/2016 Sez.2 numero 1670 del 10/6/2016 difatti il testo della legge che ammette la possibilità per il giudice dell’impugnazione di pronunciarsi sulle statuizioni civili solo nei casi disciplinati dal D.gs. 8/2016 è di univoca interpretazione ed indice della specifica volontà del legislatore di ammettere tale potere limitatamente alle ipotesi di reato trasformate in illeciti amministrativi e non anche per quelle abrogate ex D.Lgs 7 del 2016. Si aggiunge poi che l’articolo 578 cod.proc.penumero è norma eccezionale di stretta interpretazione anche secondo l’orientamento della Corte Costituzionale che nella recente pronuncia numero 12/2016 ha affermato che l’articolo 538 comma 1 cod.proc.penumero collega in via esclusiva la decisione sulla domanda della parte civile alla condanna dell’imputato, con l’unica eccezione -fortemente circoscritta stabilita dall’articolo 578 cod.proc.penumero riguardante il giudizio di impugnazione. Il collegamento istituito dall’articolo 538 cod.proc.penumero tra decisione sulle questioni civili e condanna dell’imputato riflette il carattere accessorio e subordinato dell’azione civile proposta nel processo penale rispetto agli obiettivi propri dell’azione penale obiettivi che si focalizzano nell’accertamento della responsabilità penale dell’imputato . Pertanto, la disciplina dettata dall’articolo 578 cod.proc.penumero è di stretta interpretazione come già ritenuto da quegli orientamenti che ne hanno escluso l’applicabilità nel caso di estinzione del reato per morte dell’imputato Sez.3 numero 22038 del 12/02/2003 Rv.225321 ovvero sottolineato il carattere speciale della disciplina non suscettibile di applicazione analogica Sez.4, numero 31314 del 23/06/2005 Rv.231745 . Inoltre la possibilità per il giudice dell’impugnazione di confermare le statuizioni civili farebbe venir meno l’applicazione della sanzione pecuniaria civile irrogabile esclusivamente all’esito del giudizio per il risarcimento del danno e difatti nel raffronto tra le due discipline dettate dai diversi decreti non si rinviene il presupposto dell’eadem ratio poiché mentre nel caso di depenalizzazione a norma del D.Lgs numero 8, la sanzione prevista è irrogata dall’autorità amministrativa, sicché il legislatore ha attribuito al giudice dell’impugnazione penale il compito di provvedere sulle statuizioni civili, nel caso di abrogazione a norma del D.Lgs. numero 7 la sanzione pecuniaria civile è irrogata dal giudice competente a conoscere dell’azione di risarcimento del danno. Ne deriva pertanto la sussistenza di un rilevante contrasto la cui soluzione deve essere rimessa alle Sezioni Unite chiamate a pronunciarsi sul seguente quesito Se, in caso di condanna pronunciata per un reato successivamente abrogato e configurato quale illecito civile ai sensi dell’articolo 4 D.Lgs numero 7 del 2016, il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, possa decidere sull’impugnazione ai soli effetti civili ovvero debba revocare le statuizioni civili . P.Q.M. Rimette la questione alle sezioni Unite ai sensi dell’articolo 618 c.p.p