Vede l’ex compagno e fa controllare l’auto: teme di essere spiata. Lei sotto stress e lui additato come stalker

Regge la contestazione del reato di stalking. Confermata, di conseguenza, la misura applicata nei confronti dell’uomo divieto di avvicinamento alla persona offesa. Inequivocabile il quadro tracciato dalla donna. Lei è seriamente preoccupata per i comportamenti dell’ex fidanzato, che la segue in strada e la bombarda di telefonate.

Rapporto sentimentale interrotto bruscamente. Lui, però, non riesce a farsene una ragione, e continua a cercare in modo ossessivo l’ex fidanzata, talvolta seguendola in strada e bombardandola di telefonate. Inevitabile l’accusa di stalking. E legittimo è anche il divieto di avvicinamento, deciso dai giudici in sostituzione della più dura misura decisa in origine, ossia la custodia cautelare in carcere Cassazione, sentenza n. 25405/2016, Sezione Quinta Penale, depositata il 17 giugno . Episodio. Nonostante l’attenuazione della misura cautelare , l’uomo, sotto accusa per presunto stalking nei confronti dell’ex fidanzata, sceglie comunque di contestare in Cassazione la decisione del Tribunale della libertà. A suo dire, è eccessivo anche il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla ragazza. Per una ragione semplicissima, sostiene l’uomo le condotte a lui attribuite non hanno provocato effetti sulla vita dell’ex fidanzata. La linea difensiva proposta, però, viene ritenuta risibile dai magistrati della Cassazione. Ciò alla luce dei comportamenti tenuti dall’uomo nei confronti della donna con cui aveva avuto una relazione sentimentale . Egli non è riuscito a digerire la fine di quel legame, e approfittando del fatto di abitare nello stesso edificio della ragazza, l’ha più volte seguita a lavoro e in un ristorante . Allo stesso tempo, l’ha anche bombardata con un numero spropositato di telefonate . Secondo i giudici, ci si trova di fronte a condotte idonee a produrre un grave stato d’ansia e di timore nella donna. E tale valutazione è confermata dalla persona sentitasi perseguitata ella prima ha sporto denunzia ai Carabinieri e successivamente li ha aggiornati sugli ulteriori comportamenti molesti dell’ex fidanzato. A completare il quadro, poi, il racconto di un episodio ritenuto significativo dai giudici. La donna, in una giornata d’agosto, alla sola vista dell’ex compagno, decise di far controllare la propria auto nel timore di essere controllata anche tramite qualche dispositivo elettronico inserito sulla vettura . Quella reazione è considerata testimonianza chiarissima del serio e duraturo stato di stress emotivo subito dalla donna a causa dei comportamenti dell’ex fidanzato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 5 febbraio – 17 giugno 2016, n. 25405 Presidente Savani – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con il provvedimento impugnato il Tribunale del riesame di Roma ha parzialmente riformato la misura cautelare della custodia in carcere, disponendo il divieto di avvicinamento per l'indagato per il delitto di cui all'art 612 bis cp. 1. Avverso la decisione ha proposto ricorso la difesa, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, poiché non erano state indicate né le condotte compiute dall'indagato, né i loro effetti sulla vita della persona offesa. Il provvedimento, inoltre, non avrebbe risposto a specifiche censure svolte in udienza all'ordinanza Gip sulla ritenuta gravità indiziaria. In particolare non vi sarebbe stata risposta ai motivi riguardanti alcuni episodi che dimostravano come la vittima non avesse alcuna paura dell'indagato, essendo lei stessa a fotografarlo più volte mentre l'altro scappava. In ogni caso il provvedimento aveva travisato la prova, ritenendo il cambiamento di stile dì vita e lo stato di perdurante ansia mentre dagli atti non emergevano elementi dimostrativi in tal senso. In data 20.1.2016 il difensore ha depositato copia del verbale di interrogatorio reso dall'indagato in udienza di convalida. All'odierna udienza il PG dr.ssa Filippi ha chiesto l'annullamento con rinvio ed il difensore avv. Palmieri ha insistito per l'accoglimento dei ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. Deve premettersi che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito, quanto agli eventi previsti alternativamente dalla norma incriminatrice in questione che il delitto di cui all'art 612 bis cp è un reato a fattispecie alternative, ciascuna delle quali è idonea a realizzarlo, come ritenuto costantemente da questa Corte Sez 5 sent 34015 del 2010, nonché Sez. 5, sentenza n. 29872 del 19/05/2011 Cc. dep. 26/07/2011 Rv. 250399, per la quale il delitto di atti persecutori cosiddetto stalking art. 612 bis cod. pen. è un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo pertanto, ai fini della sua configurazione non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità . Quanto alla prova degli stessi è stato più volte precisato che la prova dell'evento del delitto in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata . Sez. 5, Sentenza n. 14391 de/ 28/02/2012 Cc. dep. 16/04/2012 Rv. 252314. 1.1 Alla luce dei suindicati principi deve osservarsi che la critica dei ricorrente circa la mancata individuazione di comportamenti rilevanti ai fini dell'integrazione della fattispecie non può essere condivisa. Infatti, dal testo dei provvedimento impugnato - anche. nella parte che ha richiamato, quanto alla descrizione dei fatti, l'ordinanza applicativa della misura - emergono con chiarezza i ripetuti comportamenti molesti tenuti dall'indagato nei confronti della donna con cui aveva avuto una relazione sentimentale, della quale non accettava la fine. Costui, infatti, approfittando del fatto di abitare nello stesso edificio della persona offesa, l'aveva più volte seguita presso il luogo di lavoro e presso un ristorante, con comportamenti ripetuti, almeno da Agosto a Settembre, indirizzandole nel contempo un numero spropositato di telefonate. Tali condotte sono state ritenute - con motivazione non illogica ed aderente al contesto indiziario complessivo del caso concreto - idonee a produrre nella vittima un grave stato d'ansia e di timore. 1.2 Quanto a quest'ultimo va osservato che, a tenore dell'incolpazione - per come emerge dagli atti a disposizione di questa Corte - si tratta in sostanza dell'unico evento dei delitto tenuto in considerazione nei provvedimenti cautelari e la sua dimostrazione è stata individuata - con ragionamento in parte implicito ma che si ricava chiaramente dal testo dell'intero provvedimento - dalle dichiarazioni della vittima del reato, confermate da quelle di persone informate e dalla stessa sua necessità di sporgere denunzia ai Carabinieri e di tornarvi più volte - tra Agosto ed Ottobre - per rendere conto degli ulteriori comportamenti molesti dell'indagato. In tal senso assume rilievo, come riportato nell'ordinanza per cui è ricorso, anche il comportamento della persona offesa in occasione dell'episodio dei 29 Agosto, quando la sola vista dell'indagato fu sufficiente ad insospettirla - a causa dei suoi precedenti atteggiamenti - ed indurla a far controllare la sua auto nel timore di essere controllata anche tramite qualche dispositivo elettronico inserito sulla vettura. 2. In coerenza con i suindicati principi espressi da questa Corte di legittimità i predetti comportamenti sono stati valutati dai Giudici del merito cautelare come segno inequivocabile di un serio e duraturo stato di stress emotivo, inquadrabile nel concetto di perdurante e grave stato d'ansia, contemplato dalla fattispecie legale tipica. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. A norma dell'art 52 del d.lgs. 196/03 in materia di protezione dei dati personali va disposto l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati a norma dell'art 52 del d.lgs. 196/03.