La registrazione di una conversazione, su iniziativa del privato che vi partecipa, può essere una forma di autotutela

La registrazione di conversazione tra presenti, compiuta di propria iniziativa da uno degli interlocutori, non necessita dell'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari perché non rientra nel concetto di intercettazione in senso tecnico.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24288/2016, depositata il 10 giugno. Il fatto. La Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, aveva condannato una donna per concorso in estorsione dichiarando la nullità della sentenza di primo grado limitatamente alla condotta posta in essere dall'imputata in un periodo che non era stato incluso nel capo di imputazione, disponendo che di quel provvedimento fosse data notizia al pubblico ministero in sede per le sue determinazioni, confermando nel resto la sentenza impugnata. Nel ricorrere in Cassazione la donna, tra i vari motivi di impugnazione, contestava la violazione di legge in relazione all'art. 271 c.p.p. in riferimento all'utilizzo della registrazione fonografica di un colloquio svoltosi tra presenti ad opera della parte offesa su sollecitazione dei carabinieri che, in quel contesto, procedettero all'arresto della donna. Lamentava la mancanza di provvedimento autorizzativo, sostenendo che la dedotta inutilizzabilità coinvolgeva i risultati captativi che confermavano le dichiarazioni della persona offesa. Contestava, altresì, il giudizio di credibilità della parte offesa rilevando che la sentenza di secondo grado aveva fatto proprie le argomentazioni della sentenza di primo grado che, però, aveva ritenuto le dichiarazioni della persona offesa imprecise, disordinate cronologicamente e non aveva escluso che nella vicenda si potesse non avvisare profili di risentimento personale. Nell’affrontare la vicenda de qua , la Cassazione rammenta la giurisprudenza costante che ritiene che le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute di propria iniziativa da uno degli interlocutori, non necessitano dell'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell'art. 267 c.p.p., in quanto non rientrano nel concetto di intercettazione in senso tecnico, ma si risolvono in una particolare forma di documentazione, che non è sottoposta alle limitazioni ed alle formalità proprie delle intercettazioni. Registrazione di conversazione tra presenti. Al riguardo le Sezioni Unite hanno evidenziato che, in caso di registrazione di un colloquio ad opera di una delle persone che vi partecipi attivamente oppure che sia, comunque, ammessa ad assistervi, difettano della compromissione del diritto alla riservatezza e segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso soltanto da chi palesemente vi partecipa o vi assiste, e la terzietà del captante. L'acquisizione al processo della registrazione del colloquio può avvenire in modo più che legittimo attraverso il meccanismo di cui all'art. 234 c.p.p., comma 1. La disposizione in parola, infatti, qualifica come documento tutto ciò che rappresenta fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo. Pertanto, il nastro contenente la registrazione non è altro che la documentazione fonografica del colloquio, la quale puoi integrare quella prova che, diversamente, potrebbe non essere mai raggiunta e può rappresentare una forma di autotutela e garanzia per la propria difesa, con l'effetto che una simile pratica finisce col ricevere una legittimazione costituzionale. Uno degli esempi più eclatanti, in tal senso, è proprio quello afferente alle registrazioni compiute da una vittima del reato di estorsione. Anche in pregresse sentenze, la Corte di Cassazione ha rammentato che sia in caso di una conversazione che di una telefonata, in queste ipotesi, non è possibile invocare neppure la violazione delle disposizioni contenute nel Testo Unico Privacy. Diversa, continua la Corte, è l'ipotesi di registrazione eseguita da un privato su indicazione della polizia giudiziaria ed avvalendosi di strumenti predisposti da quest'ultima. In tali ipotesi, secondo la giurisprudenza della Cassazione, le dette registrazioni, essendo effettuate col pieno consenso di uno dei partecipi alla conversazione, implicano un minor grado di intrusione nella sfera privata sicché, ai fini della tutela ex art. 15 Cost., è sufficiente un livello di garanzia minore, rappresentato da un provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria e che può essere costituito anche da un decreto del pubblico ministero. Tale provvedimento, infatti, rappresenta il livello minimo di garanzie richiamati in varie pronunce della Corte Costituzionale, rammentandosi, ad esempio, a tal proposito le sentenze n. 81/1993 e n. 281/1998. Tra l’altro, a tale livello minimo di garanzia la giurisprudenza di legittimità ha fatto riferimento, in mancanza di una specifica normativa, sia in materia di acquisizione dei tabulati contenenti i dati identificativi delle comunicazioni telefoniche, sia in tema di videoriprese eseguite in luoghi non riconducibili al concetto di domicilio ma meritevoli di tutela ex art 2 Cost., per la riservatezza delle attività che ivi si compiono. Terminano gli Ermellini precisando che nel caso di specie, come indicato nella sentenza impugnata e non disatteso in fatto dal ricorrente, che si limita a ventilare la verosimiglianza di un accordo con le forze dell'ordine, la registrazione è stata effettuata dal privato/persona offesa, su propria iniziativa e senza l'ausilio di strumentazione fornita dalla polizia giudiziaria. Correttamente, pertanto, è avvenuta l'acquisizione al processo della registrazione del colloquio attraverso il meccanismo ex art. 234 c.p.p., comma 1. Ancora differente, infine, la registrazione di conversazioni alle quali non si partecipa, come nel caso di un registratore che viene lasciato acceso, nascosto o in evidenza, in una stanza ove si svolge la conversazione tra terzi in tal caso di è di fronte alla perpetrazione di un reato.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 2 marzo – 10 giugno 2016, n. 24288 Presidente Gentile – Relatore Verga Motivi della decisione Con sentenza in data 16 gennaio 2014 la Corte d'appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale che in data 24 giugno 2010 aveva condannato S.C. per concorso in estorsione in danno di P.E., dichiarava la nullità della sentenza limitatamente alla condotta posta in essere dall'imputata nel luglio 2008 disponendo che dei presente provvedimento fosse data notizia al Pubblico Ministero in sede per le sue determinazioni, confermava nel resto la sentenza impugnata. In sede di appello la S. aveva eccepita la nullità della sentenza per avere il primo giudice pronunciato condanna anche in relazione all'episodio estorsivo commesso nel luglio 2008 nonostante nel capo di imputazione fossero contestati soli fatti di estorsione commessi nel mese di agosto e settembre del 2008. Ricorre per cassazione imputata deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in 1. violazione di legge in relazione all'articolo 522 codice procedura penale in relazione all'articolo 604 comma uno codice di procedura penale. Rileva la ricorrente che la sentenza impugnata ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado limitatamente alla condotta posta in essere nel luglio 2008 disponendo che dei provvedimento fosse data notizia al PM in sede per le sue determinazioni e confermando le statuizione inerenti la pena inflitta in primo grado. Secondo la ricorrente tale modus operandi si palesa illegittimo per violazione dell'articolo 522 codice di procedura penale. Ritiene non condivisibile l'affermazione secondo la quale il capo di imputazione eliminato costituirebbe un'ipotesi di reato concorrente, costituendo al più un altro fatto di reato consumato nel luglio 2008, fatto ben diverso rispetto a quello delle presunte estorsioni poste in essere in agosto e settembre 2008. Si tratterebbe perciò non di reato concorrente, ma di altro fatto di reato che secondo la disposizione dell'articolo 604 comma uno codice procedura penale dovrebbe comportare la nullità dell'intera sentenza. Gli atti andavano trasmessi non al pubblico ministero, ma al giudice di primo grado. Si sarebbe così anche evitato di legittimare il giudice di secondo grado ad erogare una sanzione che non è di sua competenza. 2. violazione di legge in relazione alle dichiarazioni rese dalla persona offesa all'udienza dei 7 maggio 2009. Contesta il giudizio di credibilità della parte offesa rilevando che la sentenza di secondo grado ha fatto proprie le argomentazioni della sentenza di primo grado che però aveva ritenuto le dichiarazioni della parte offesa imprecise, disordinate cronologicamente e non aveva escluso che nella vicenda si potessero ravvisare profili di risentimento personale. Evidenzia che l'episodio dell'agosto 2008, si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni della parte offesa 3. violazione di legge in relazione all'articolo 271 codice di procedura penale in riferimento all'utilizzo della registrazione fonografica di un colloquio svoltosi tra presenti ad opera della parte offesa su sollecitazione dei carabinieri che, in quel contesto procedettero all'arresto della donna. Lamenta la mancanza di provvedimento autoritativo e sostiene che la dedotta inutilizzabilità coinvolge i risultati captativi che riscontrerebbero le dichiarazioni della persona offesa 4. violazione di legge in relazione alla determinazione dei trattamento sanzionatorio. Lamenta la mancata riduzione della pena per effetto delle concesse attenuanti generiche nel massimo consentito. II primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Correttamente i giudici di appello hanno applicato il terzo comma dell'art. 604 c.p.p. nell'accogliere l'eccezione di nullità della sentenza sollevata dal ricorrente con i motivi di gravame per avere il primo giudice pronunciato condanna anche in relazione all'episodio estorsivo commesso nel luglio 2008, nonostante nel capo di imputazione fossero contestati solo fatti di estorsione commessi nel mese di agosto e settembre del 2008. Del tutto irrilevante è la dedotta questione se trattasi di reato concorrente o fatto nuovo considerato che il terzo comma dell'art. 604 c.p.p. prevede che quando vi è stata condanna per un reato concorrente o per un fatto nuovo, il giudice di appello dichiara nullo il relativo capo della sentenza ed elimina la pena corrispondente, disponendo che del provvedimento sia data notizia al pubblico ministero per le sue determinazioni , decidendo sul resto . La seconda doglianza è formulata in modo assolutamente generico. Sono manifestamente insussistenti, del resto, i vizi di motivazione pur genericamente denunciati, perché la Corte territoriale ha compiutamente esaminato le doglianze difensive ed ha dato conto del proprio convincimento sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione, esaurientemente argomentando circa la pronuncia di responsabilità. Nell'esame operato dai giudici del merito le acquisizioni probatorie risultano interpretate nel pieno rispetto dei canoni legali di valutazione e risultano applicate con esattezza le regole della logica nella valutazione dell'attendibilità della persona offesa le cui dichiarazioni risultano confermate da ulteriori risultanze probatorie pag. 3 sentenza impugnata Il terzo motivo di ricorso è infondato. Deve premettersi che la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute di propria iniziativa da uno degli interlocutori, non necessitano dell'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell'art. 267 c.p.p., in quanto non rientrano nel concetto di intercettazione in senso tecnico, ma si risolvono in una particolare forma di documentazione, che non è sottoposta alle limitazioni ed alle formalità proprie delle intercettazioni. Al riguardo le Sezioni Unite hanno evidenziato che, in caso di registrazione di un colloquio ad opera di una delle persone che vi partecipi attivamente o che sia comunque ammessa ad assistervi, difettano la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso soltanto da chi palesemente vi partecipa o vi assiste, e la terzietà del captante. L'acquisizione al processo della registrazione dei colloquio può legittimamente avvenire attraverso il meccanismo di cui all'art. 234 c.p.p., comma 1, che qualifica documento tutto ciò che rappresenta fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo il nastro contenente la registrazione non è altro che la documentazione fonografica dei colloquio, la quale può integrare quella prova che diversamente potrebbe non essere raggiunta e può rappresentare si pensi alla vittima di un'estorsione una forma di autotutela e garanzia per la propria difesa, con l'effetto che una simile pratica finisce col ricevere una legittimazione costituzionale Cass. Sez. Un. 28-5-2003 n. 36747 . Diversa è l'ipotesi di registrazione eseguita da un privato, su indicazione della polizia giudiziaria ed avvalendosi dì strumenti da questa predisposti. Dette registrazioni secondo la giurisprudenza di questa Corte N. 23742 del 2010 Rv. 247384, N. 42939 dei 2012 Rv. 253819 N. 7035 del 2014 Rv. 258551 , alla quale il collegio aderisce, essendo effettuate col pieno consenso di uno dei partecipi alla conversazione, implicano un minor grado di intrusione nella sfera privata sicché, ai fini della tutela dell'art. 15 Cost., è sufficiente un livello di garanzia minore, rappresentato da un provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria, che può essere costituito anche da un decreto del pubblico ministero. Tale provvedimento, infatti, rappresenta il livello minimo di garanzie richiamato in varie pronunce della Corte Costituzionale sentenze n. 81 del 1993 e n. 281 del 1998 e al quale la giurisprudenza di legittimità ha fatto riferimento, in mancanza di una specifica normativa, sia in materia di acquisizione dei tabulati contenenti i dati identificativi delle comunicazioni telefoniche Sez. Un. 23-2-2000 n. 6 , sia in tema di videoriprese eseguite in luoghi non riconducibili al concetto di domicilio, ma meritevoli di tutela ai sensi dell'art. 2 Cost., per la riservatezza delle attività che vi si compiono Cass. Sez. Un. 28-3-2006 n. 26795 . Nel caso di specie,come indicato nella sentenza impugnata e non disatteso in fatto dal ricorrente che si limita a ventilare la verosimiglianza di un accordo con le forse dell'ordine, la registrazione è stata effettuata dal P., su sua iniziativa e senza l'ausilio di strumentazione fornita dalla polizia giudiziaria, correttamente pertanto l'acquisizione al processo della registrazione del colloquio è avvenuta attraverso il meccanismo di cui all'art. 234 c.p.p., comma 1. Fondata è la doglianza in punto pena considerato che non è stato calcolata correttamente la diminuzione della pena per la concessione delle circostanze attenuanti generiche indicata nella massima misura consentita, ma erroneamente conteggiata in misura superiore . La sentenza va pertanto annullata senza rinvio limitatamente alla misura della pena che deve essere rideterminata in anni 3 e mesi 10 di reti. ed € 380,00 di multa. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena che ridetermina in anni 3 mesi 10 di reti. ed €. 380,00 di multa rigetta nel resto il ricorso.