I profili soggettivi del reato di fuga in caso di incidente stradale

Nel reato di fuga” il dolo deve avere ad oggetto non soltanto la causazione di un incidente stradale ma anche l’aver provocato un danno alle persone.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 22718 depositata il 30 maggio 2016. Taglia la strada al motociclo e prosegue fuga o sbadataggine? Un automobilista settantacinquenne, in una buia serata di pioggia, svolta a destra e butta giù una povera centauressa. Sosta qualche secondo, poi, tranquillamente, riprende la marcia. Denunciato per il reato di fuga” – una sorta di omissione di soccorso in caso d’incidente – previsto dal codice della strada, viene assolto in primo grado. In appello, però, il capovolgimento delle sorti l’incauto imputato viene condannato perché, in parole povere, non poteva non essersi accorto di avere provocato un incidente. E la breve sosta operata dopo l’urto col motorino, più che smentirlo, ne costituirebbe la conferma. La decisione di condanna, però, è passata ai raggi X dalla difesa, che non ci vede chiaro in punto di motivazione sull’elemento soggettivo del reato. La Cassazione, con un secco annullamento senza rinvio, accoglie in pieno il contenuto del ricorso. Il dolo della fuga” e le sue incertezze interpretative. Che riguardano, per lo più, il suo oggetto. Cioè, in altri termini, l’esatta individuazione delle componenti del fatto storico che devono risultare coinvolte nella sfera volitiva dell’agente. Intanto, il primo punto fermo è quello del momento nel quale va rapportato l’accertamento dell’elemento soggettivo gli Ermellini ci dicono che questo istante è quello del perfezionamento della condotta. Essa deve consentire all’agente di rappresentarsi il cagionamento di un incidente stradale idoneo ad arrecare danno alle persone”. Altra precisazione nella fuga” penalmente rilevante, il dolo deve riguardare anche il danno alle persone e, di converso, la necessità di dover prestare soccorso. Si può commettere il reato di fuga con dolo eventuale? La categoria dogmatica del dolo eventuale è notoriamente tra le più complesse del panorama penalistico definirne i confini ha comportato defatiganti studi e continui affinamenti giurisprudenziali abbandonata l’ accettazione del rischio , che non molto bene consentiva di individuare i connotati della volontà dolosa e di distinguerla dalla colpa , ci si è di recente indirizzati verso il criterio dell’adesione all’evento, che più nettamente consente di riscontrare gli estremi di una condotta dolosa. Certo, permarranno le difficoltà ermeneutiche nel singolo caso in fin dei conti il poetico ed affascinante problema dell’analisi dell’elemento soggettivo del reato – componente psichica ed immanente all’individuo – si deve misurare sul prosaico campo di battaglia degli elementi di prova a disposizione delle parti processuali e del giudice. Dal diritto sostanziale al processuale, quindi. Comunque sia, tornando al reato di fuga, la Cassazione ha serenamente ammesso che esso può essere sorretto anche dal dolo eventuale, riconosciuto anche nella condotta di chi omette consapevolmente – dopo un incidente – di verificare se la propria condotta sia illecita, accettandone per ciò stesso l’esistenza . Un ragionamento non facilmente decifrabile, perché come ovvio condotto sul piano delle proiezioni psicologiche. Il problema di fondo, però, è ancora più pratico per essere in dolo eventuale basta essersi rappresentati la commissione di un incidente o è necessario che ci si prefiguri anche il danno alle persone? Gli oggetti del dolo eventuale, nella fuga, sono due. Realizzazione di un incidente stradale e possibilità che da questo sia derivante un danno alla persona, necessitante di soccorso. Non è possibile, invece, ritenere esistente il dolo – nemmeno nella forma eventuale – se una delle due componenti dell’illecito rimane in una zona d’ombra nella sfera psichica dell’agente. La motivazione della sentenza in commento è breve, forse troppo per la complessità del tema oggetto d’analisi. Sarebbe auspicabile un approfondimento sul – possibile? – diverso grado di severità” con cui le due componenti sinistro” e necessità di soccorso” devono rappresentarsi nella psiche dell’agente per potersi dire dolosamente o colposamente considerate. In tempi di omicidio stradale & amp company la necessità di procedere a questi distinguo ci sembra più che opportuna.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 6 – 30 maggio 2016, numero 22718 Presidente Blaiotta – Relatore Menichetti Ritenuto in fatto 1. La Corte d'Appello di Firenze con sentenza in data 22.1.2015, in accoglimento dell'impugnazione del P.M., riformava la sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Livorno e pronunciava la condanna di M.N. per il reato di cui all'articolo 189, commi 6 e 7, CdS perché, dopo aver tagliato la strada al motoveicolo condotto da A.E. provocandone la caduta a terra, aveva omesso di arrestare la marcia e di prestare soccorso alla parte lesa che aveva riportato lesioni. 2. La Corte territoriale riteneva che il primo giudice non avesse valutato due elementi probatori decisivi il primo costituito dall'entità dell'impatto verificatosi tra auto e ciclomotore, documentata dai danni riportati dalla vettura, e dunque dei rumore provocato, che non poteva essere ascritto né a un sobbalzo sull'asfalto, né a un urto contro un cassonetto, come dichiarato dall'imputato il secondo costituito proprio dalla contraddittorietà oggettiva della versione dei fatti offerta dall'imputato, che, soffermatosi per qualche secondo, era in condizioni di accorgersi del motorino a terra, poiché le luci erano accese e l'infortunata aveva alzato la testa vedendo che l'auto si stava fermando. L'entità dell'urto e l'istintivo soffermarsi per accertare l'accaduto dimostrerebbero quanto meno il dolo eventuale del reato non poteva infatti ragionevolmente sostenersi che l'imputato non si fosse prospettato di aver provocato un incidente ed allontanandosi dal luogo aveva accettato il rischio che vi fossero persone lese a cui prestare assistenza. 3. Ha proposto ricorso l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, affidato a quattro motivi. Con un primo motivo deduce inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale articolo 49 c.p. e 189 CdS in relazione all'elemento soggettivo del dolo eventuale, rilevante anche per gli effetti di cui all'articolo 129 c.p. Rilevava che il meccanismo di punibilità a titolo di dolo delle condotte descritte nell'articolo 189 CdS implicava la necessità che ogni componente del fatto tipico segnatamente la causazione dell'incidente, il danno alle persone e la presenza di feriti cui prestare assistenza fosse conosciuta e voluta dall'agente. Nel caso di specie il dolo eventuale poteva cadere sul fatto che vi fosse una persona bisognosa di assistenza ma non sul fatto stesso dell'incidente. Con un secondo motivo lamenta difetto e/o manifesta illogicità della motivazione sulla consapevolezza dell'imputato di aver provocato un incidente. Il fatto era accaduto di sera, mentre pioveva, l'imputato dopo l'urto non era sceso dall'auto per verificare eventuali danni e dopo essersi fermato per pochi secondi aveva proseguito la marcia con andatura normale ed era rientrato a casa distante un centinaio di metri. Con un terzo motivo prospetta inosservanza di norme processuali in relazione agli artt. 191, 192 e 540 lett. e c.p.p., rilevante anche quale vizio di motivazione su un punto essenziale della vicenda. La gravata sentenza aveva omesso di esaminare tutto il materiale probatorio acquisito ed in particolare non aveva tenuto conto dell'avanzata età dell'imputato 75 anni e delle condizioni di tempo che limitavano le percezioni uditive e visive. Il M. stava svoltando a destra e non aveva notato nulla che potesse far pensare ad un impatto contro un altro veicolo e ad una persona caduta a terra. Con un ultimo motivo censura poi l'impugnata sentenza per vizio di motivazione, avendo la Corte ribaltato la pronuncia assolutoria fornendo un'interpretazione conforme alla ipotesi accusatoria attraverso un percorso motivazionale che non spiegava perché non potesse essere accolta, almeno con un ragionevole dubbio, la versione alternativa favorevole all'imputato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è meritevole di accoglimento. 2. L'articolo 189 del CdS impone all'utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, di fermarsi e di prestare l'assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona comma 1 e punisce chiunque, in caso di incidente con danno alle persone, non ottemperi all'obbligo di fermarsi comma 6 e di prestare l'assistenza occorrente alle persone ferite comma 7 . 2.1. Questa Corte ha più volte affermato che nel reato di fuga , punito solo a titolo di dolo, l'accertamento dell'elemento psicologico va compiuto in relazione al momento in cui l'agente pone in essere la condotta e, quindi, alle circostanze dal medesimo concretamente rappresentate e percepite in quel momento, le quali devono essere univocamente indicative della sua consapevolezza di aver provocato un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone, rilevando solo in un successivo momento il definitivo accertamento delle effettive conseguenze dei sinistro Sez. 4, 4.2.2013, numero 5510, rv 254667 l'elemento soggettivo può essere integrato anche dal dolo eventuale, ossia dalla consapevolezza del verificarsi di un incidente riconducibile al proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, senza che debba riscontrarsi l'esistenza di un effettivo danno alle persone Sez. 4, 9.5.2012, numero 17220, rv 252374 . Si è ancora precisato che nel reato di fuga previsto dai commi 6 e 7 del citato articolo 189, il dolo deve investire non solo l'evento dell'incidente ma anche il danno alle persone e, conseguentemente, la necessità del soccorso, che non costituisce una condizione di punibilità tuttavia la consapevolezza che la persona coinvolta nell'incidente ha bisogno di soccorso può sussistere anche sotto il profilo del dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all'elemento volitivo, ma che può attenere anche all'elemento intellettivo, quando l'agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l'esistenza Sez.4, 6.9.2007, numero 34134, rv 237239 . Per la sussistenza del reato di omissione di assistenza è poi necessaria l'effettività di bisogno dell'investito Sez.4, 9.5.2000, numero 5416, rv 216465 . 3. Ciò posto, la Corte di Firenze ha affermato, a sostegno della pronuncia di condanna, che l'entità dell'urto e l'essersi il M. soffermato sia pure per pochi istanti, dimostrerebbero quantomeno il dolo eventuale del reato, non potendosi ragionevolmente sostenere che l'imputato non si fosse prospettato di aver provocato un incidente accettando il rischio che vi fossero persone lese cui prestare assistenza. Il ragionamento, censurato nel primo motivo di ricorso, è errato nella impostazione in diritto poiché prospetta il dolo eventuale con riferimento alla condotta causativa dei sinistro e non a quelle costituenti reato. Come autorevolmente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte sent. numero 38343 dei 24.4.2014, Espenhahn ed altri il dolo eventuale designa l'area dell'imputazione soggettiva dagli incerti confini in cui l'evento non costituisce l'esito finalistico della condotta, né è previsto come conseguenza certa o altamente probabile l'agente si rappresenta un possibile risultato della sua condotta e ciononostante si induce ad agire accettando la prospettiva che l'accadimento abbia luogo si tratta di un atteggiamento psichico che indichi una qualche adesione interiore all'evento per il caso che esso si verifichi quale conseguenza non direttamente voluta dalla propria condotta . Ed allora, nel caso di specie, può parlarsi di dolo eventuale solo con riferimento alle conseguenze dell'incidente, nel senso della condotta di chi - certo di aver provocato un sinistro - si allontani senza fermarsi pur nella prospettiva della presenza di feriti da soccorrere ed accettando quindi come possibile risultato di incorrere nelle omissioni penalmente rilevanti. La Corte territoriale non offre però adeguata motivazione sul raggiungimento di una prova certa dei fatto che il conducente M. si fosse reso realmente conto di aver provocato un sinistro,, ed ancor più che avesse assunto su di sé il dubbio in ordine all'esistenza di conseguenze lesive che esigessero soccorso. Il deficit motivazionale è ancor più ragguardevole se si considerano le circostanze di fatto poste in luce dal ricorrente, afferenti alle condizioni del conducente ed alle contingenze in cui il fatto si verificò. D'altra parte la esaustività delle indagini in fatto esperite nei giudizi di merito conduce univocamente a ritenere che nessun ulteriore approfondimento possa essere utilmente compiuto. 4. In conseguenza la sentenza va annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato in assenza di prova certa in ordine all'elemento soggettivo dell'illecito. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.