Nulla la sentenza senza la sottoscrizione del Presidente del Collegio. Si rifà la sentenza, non l’intero grado di giudizio

La Cassazione aderisce alla soluzione prevalente. Si tratta di nullità relativa, quando manca la sottoscrizione del Presidente del Collegio e l’impedimento giudiziale non è altrimenti motivato. La mancanza non travolge l’intero grado di giudizio.

Così la Cassazione, Quarta Sezione Penale, n. 22719/2016, depositata il 30 maggio. Il fatto processuale. Per fatti di guida in stato di ebbrezza ex art. 186 NCDS, omicidio colposo ex art. 589 c.p. ed omissione di soccorso ex art. 189 NCDS venivano emesse condanne conformi nei confronti di un giovane imputato. La sentenza della Corte d’appello mancava della sottoscrizione del Presidente del Collegio – presente quella del giudice estensore -, sostituto dal collega più anziano a norma dell’art. 546 c.p.p., - requisiti della sentenza - il quale non faceva tuttavia menzione dell’impedimento – prevista al fine di consentire il controllo delle parti -. L’imputato contesta la derivata e pregiudiziale nullità dell’atto, poi motivando in punto di contraddittorietà ed illogicità del tessuto motivazionale. La Cassazione accoglie la prima doglianza, ritenuti assorbiti – ed oggetto di eventuale successivo giudizio a seguito di nuova sentenza – gli altri motivi di ricorso. Non ogni impedimento consente la mancanza della sottoscrizione del Presidente del Collegio. Si deve trattare di impedimento concreto, serio e duraturo – che si protrae per un tempo indeterminato di estesa durata -, tale da menomare materialmente la possibilità per il giudice di sottoscrivere l’atto. Non costituisce impedimento il trasferimento ad altro ufficio o altra evenienza di ragione logistica od organizzativa, comprese le ferie. Ad ogni modo l’assenza va motivata, per espresso disposto di legge ex art. 546 c.p.p. Si tratta di valutazione di fatto – sulle ragioni dell’impedimento, quando espresse -, non sindacabile presso i giudici di legittimità. La sanzione in caso di omessa sottoscrizione del Presidente del Collegio. La casistica. Sparute soluzioni, in omaggio alle esigenze di conservazione degli atti, prefiguravano l’utilizzo del rimedio della correzione degli errori materiali – ad esempio in caso di involontaria mancata sottoscrizione del giudice -. Soluzioni più rigorose ma isolate ipotizzavano la nullità assoluta della sentenza – ad esempio in caso di assenza della sottoscrizione sia del giudice presidente che del giudice estensore -. In altri casi è stata esclusa la nullità quando era evidente che il Presidente del Collegio era stato anche estensore della sentenza – nel caso bastevole la sua sola sottoscrizione -. La regola generale, si tratta di nullità relativa. Va rinnovata la sentenza – con nuove sottoscrizioni – e di seguito va ancora depositata. Si tratta di invece nullità relativa , che va tempestivamente eccepita e che costituisce sanzione in ogni caso di provvedimento collegiale mancante di sottoscrizione giudiziale del presidente o dell’estensore – ad esempio, anche in caso di ordinanza o di decreto che chiude il procedimento di prevenzione -. Dunque il processo regredisce fino alla fase post-dibattimentale. Ai sensi dell’art. 185, primo comma, c.p.p. la sanzione della nullità non determina la nullità degli atti antecedenti, travolge solo quelli conseguenti. Occorre, in ogni caso di mancata sottoscrizione, a seguito di annullamento con rinvio del giudice che rileva l’invalidità dell’atto, la rinnovazione della sottoscrizione dell’atto nello stesso stato e grado in cui si è verificata la nullità, mediante deposito nella cancelleria dibattimentale o d’appello, decorrendo nuovi termini per l’impugnazione.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 11 – 30 maggio 2016, n. 22719 Presidente Blaiotta – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Firenze, pronunciando nei confronti di T.A. con sentenza del 12.2.2015, confermava la sentenza emessa in data 20.6.2013 dal GUP presso il Tribunale di Firenze, appellata dall’imputato, con condanna al pagamento delle spese del grado e con correzione della sentenza di primo grado all’imputazione. Il Tribunale aveva dichiarato T.A. responsabile dei seguenti reati A del reato di cui all’articolo 589, terzo comma, c.p., perché, procedendo in viale in direzione Viale omissis alla guida dell’autovettura Nissan Micra tg. , e investendo, dopo il sottopasso del piazzale omissis , A.J.O. che terminava di attraversare il viale da destra a sinistra rispetto al senso di marcia dell’auto, ne cagionava la morte che avveniva il giorno seguente per politrauma e ciò accadeva per colpa consistita in imprudenza e violazione delle norme relative alla circolazione stradale, in particolare agli artt. 142 e 141, terzo e quarto comma, C.d.S., poiché procedeva ad una velocità compresa tra 85 e 90 Km/h in tratto urbano, e dunque ben oltre il limite di velocità consento, e comunque perché non regolava la velocità al tratto curvilineo e in ora notturna in tratto di strada abitato, e non riduceva la velocità e non si fermava nonostante A.J.O. ed altri due pedoni che si trovavano sul percorso tardassero a scansarsi con l’aggravante di aver commesso il fatto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lett. c , C.d.S. con l’aggravante ai sensi dell’articolo 589 ult. Co. c.p. per aver cagionato a M.I.A. lesioni giudicate guaribili in 30 giorni nonché ad H.D. lesioni giudicate guaribili in giorni 30. In , il omissis , decesso il omissis . B del reato di cui agli arti. 186, comma 2, lett. c , e comma 2 bis C.d.S. e 186 bis, comma 3, C.d.S., perché guidava in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche, con tasso alcolemico pari a 1,28-1,26 g/l l’autovettura Nissan Micra tg di proprietà di M.M.C. , con la quale provocava un incidente stradale investendo tre pedoni con l’aggravante di aver commesso il fatto nei primi tre anni dal conseguimento della patente categoria B. In il omissis . C del reato di cui all’articolo 189, commi 1, 6, C.d.S., perché, in seguito all’incidente stradale ricollegabile al proprio comportamento, per avere, alla guida dell’auto Nissan Micra tg. di proprietà di M.M.C. , investito tre pedoni che attraversavano la strada, non ottemperava all’obbligo di fermarsi nonostante vi fosse danno alle persone coinvolte nel sinistro, ovverosia a A.J.O. , che riportava sul momento la frattura dell’orbita destra ed ematoma subdurale, H.D. , che riportava polifratture, e M.I.A. , che riportava politrauma con trauma cranico e fratture. In , il omissis . D del reato di cui all’articolo 189, commi 1, 7, C.d.S., perché, in seguito all’incidente stradale ricollegabile al proprio comportamento, descritto al capo B dell’imputazione, non ottemperava all’obbligo di prestare assistenza alle persone ferite, ovverosia ai pedoni che aveva investito, ai quali venivano diagnosticate le seguenti lesioni A.J.A.O. , la frattura dell’orbita destra ed ematoma subdurale,, H.D. , polifratture giudicate guaribili in giorni 30, e M.I.A. politrauma con trauma cranico e fratture, giudicate guaribili in giorni 30. In , il omissis . 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, T.A. , deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. a. Violazione di legge artt. 181, 185, 546, 585 cod. proc. pen. per la nullità della sentenza impugnata in ragione della mancata sottoscrizione del Presidente del collegio. Violazione di legge per omessa, contraddittoria e apparente motivazione. Il ricorrente rileva che la sentenza impugnata è priva della sottoscrizione del presidente del collegio e non verrebbe dato conto, nel corpo dell’atto, delle ragioni dell’impedimento del presidente titolare e dell’avvenuta sottoscrizione da parte del consigliere anziano. b. Violazione di legge per omessa, contraddittoria e apparente motivazione. Violazione di legge per l’erronea applicazione dell’articolo 589 cod. pen Il ricorrente riporta le conclusioni dei verbalizzanti al fine di evidenziare l’atteggiamento del soggetto agente al momento del fatto, la percezione dell’accadimento e l’evitabilità del fatto storico oggetto dell’imputazione. Non sarebbe stato possibile, nel caso di specie, un comportamento atto ad impedire l’evento, in quanto la circolazione dell’autovettura nella carreggiata posta all’estrema sinistra non era proibita e la velocità del mezzo anche se fosse stata nel limite previsto non avrebbe computo impedito la collisione. L’esistenza delle circostanze richiamate dai verbalizzanti interromperebbe il nesso di causalità tra la condotta e l’evento. Richiama inoltre l’esistenza del caso fortuito, dovuto alla non prevedibile percezione delle persone offese che si sarebbe inserito nell’azione del soggetto e non può farsi risalire, nemmeno a titolo di colpa all’attività dell’agente. La sentenza impugnata fonderebbe le proprie valutazioni sulla responsabilità dell’imputato sulla impossibilità di transitare nella corsia di sinistra. Le conclusioni degli agenti accertatori non hanno sanzionato questa violazione, ma la corte di appello non ne avrebbe tenuto conto ritenendo la posizione dell’autovettura elemento per ritenere la reità del T. . Anche le conclusioni sulla condotta del T. a seguito dell’evento - secondo quanto si sostiene in ricorso - sarebbero errate, in quanto il comportamento tenuto, seppure censurabile sarebbe collegato all’istantaneità dell’evento e non alla volontà di sottrarsi alla proprie responsabilità. Infatti l’imputato sarebbe ritornato sul posto, nella stretta immediatezza dell’evento. Infine, il ricorrente ribadisce, in via gradata, la richiesta di irrogazione di una sanzione nel minimo edittale con la concessione dei doppi benefici di legge. Il T. ha avuto un comportamento processuale corretto attivandosi per il risarcimento delle parti offese. Chiede confermarsi la dichiarazione di prevalenza della concesse attenuanti generiche. ricorrente chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il primo motivo, di natura processuale, è fondato e pertanto la sentenza documento impugnata va annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti alla Corte d’Appello di Firenze per la rinnovazione dell’atto e la conseguente pubblicazione. Restano assorbiti i motivi sulla responsabilità, che potranno essere riproposti, eventualmente, contro la nuova sentenza. 2. Come lamentato dal ricorrente, la sentenza di appello, oltre che dal consigliere estensore Anna Favi risulta sottoscritta, quale presidente, non dal giudice che aveva presieduto il Collegio M.S. bensì dal terzo consigliere Ma.Pa. . Del motivo per cui sia avvenuto ciò non vi è traccia nel documento, venendo così ad essere disatteso il dettato di cui all’articolo 546 co. H cod. proc. pen. requisiti della sentenza secondo cui la sentenza emessa dal giudice collegiale è sottoscritta dal presidente e dal giudice estensore. Se, per morte o altro impedimento, il presidente non può sottoscrivere, alla sottoscrizione provvede, previa menzione dell’impedimento, il componente più anziano del collegio se non può sottoscrivere l’estensore, alla sottoscrizione, previa menzione dell’impedimento, provvede il solo presidente . È il caso di ricordare lo ius receptum di questa Corte secondo cui l’impedimento alla sottoscrizione può essere costituito dal trasferimento ad altra sede o dal congedo ordinario e, in ogni caso, non può essere oggetto di valutazione da parte di questa Corte, trattandosi di valutazione di merito sez. 2, n. 41728 del 2.7.2015, Cafarelli, rv. 264593 . In tal senso si sono orientate le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 600 del 29.10.2009 dep. l’8.1.2010, Galdieri, rv. 245174. In quel procedimento il componente anziano aveva sottoscritto il decreto che concludeva il procedimento di prevenzione che, ai fini che qui interessa, le Sezioni Unite equiparavano ad una sentenza, con conseguente applicazione dell’articolo 546 cod. proc. pen. , sostituendo il presidente del Collegio trasferito ad altra sede e quindi ritenuto impedito. Le SSUU Galdieri hanno puntualizzato che l’impedimento, diverso dalla morte, di cui fa menzione l’articolo 546 comma 2 cod. proc. pen., deve essere un impedimento effettivo, serio, grave e duraturo, tale da legittimare la sottoscrizione da parte del giudice più anziano e che quello considerato nel caso esaminato e consistito nel fatto che il presidente non aveva potuto sottoscrivere il decreto per il suo trasferimento in altra sede, non integrava di per sé un ostacolo giuridico alla sottoscrizione, non inibendo il trasferimento l’assolvimento di funzioni giudiziali collegate alla decisione ma in concreto può costituire un impedimento di fatto da accertare nel singolo caso. Precisato ciò in linea di diritto, rilevavano, però che nel caso esaminato il componente più anziano del collegio, prima di firmare il provvedimento, aveva menzionato, specificandone la natura, l’impedimento del presidente che lo aveva indotto ad apporre la sottoscrizione anche per quest’ultimo. Ciò era stato fatto dopo avere valutato il tipo e l’entità dell’impedimento sottoposto e dopo avere verificato che il trasferimento in altra sede del presidente, in concreto, integrava nella specie un impedimento che non gli aveva consentito di apporre la sottoscrizione. In sintesi, è stato affermato che nel caso esaminato vi è stato un apprezzamento della situazione di fatto originata dal trasferimento in altra sede che ha fatto ritenere al giudice anziano la sussistenza di un caso di impedimento che rendeva necessaria la sua sottoscrizione per il presidente. Veniva quindi sottolineato come di tale apprezzamento non è previsto il sindacato in sede di legittimità, non rientrando nei poteri di questa Corte quello del controllo sulla funzione certificatrice del giudice anziano esercitata dopo una verifica della ricorrenza e valutazione oggettiva dell’impedimento, integrato dalla situazione fattuale suindicata. 3. Il caso in esame è del tutto simile a quello sottoposto al vaglio delle SSUU. La sentenza è stata sottoscritta dal componente anziano del Collegio, tuttavia non vi è alcuna indicazione del perché ciò sia avvenuto. Manca, dunque, a differenza che nel caso esaminato dalle SSUU, prova che vi sia stata da parte del consigliere anziano una verifica della situazione oggettiva di impedimento del presidente del Collegio. Ne consegue che la sottoscrizione del Presidente del Collegio giudicante è da ritenersi mancante. Si ricade, dunque, nell’ambito di quei casi in cui si affermato che, qualora la sentenza emessa dal giudice collegiale venga sottoscritta solo dall’estensore e non anche dal presidente, si è di fronte ad un’ipotesi di nullità relativa della sentenza, che deve essere tempestivamente eccepita il che nel caso che ci occupa è avvenuto . L’opposizione della firma del presidente del collegio, infatti, ha una funzione di garanzia dal momento che attesta l’avvenuto controllo della conformità della motivazione a quanto deliberato in camera di consiglio si veda il precedente di sez. sez. 1, n. 8077 del 26.9.1996, D’Avena, rv. 205731, relativo ad un caso in cui il presidente non aveva firmato la sentenza perché, al momento del deposito della minuta, era assente per ferie. Secondo la Corte di Cassazione, detta situazione, non costituendo impedimento assoluto ed imprevedibile tale da protrarsi per un periodo di tempo indeterminato di estesa durata, non era assimilabile a quelle di carattere eccezionale considerate dall’articolo 546, comma secondo, cod. proc. pen. . Ebbene, la mancanza della firma del presidente, non giustificata espressamente dal suo impedimento legittimo, determina la nullità della sentenza ai sensi dell’articolo 546 cod. proc. pen., comma 3 sez. 1, sent. 8.2.2005, Gagliardi sez. 1, 25.6.2004, Tonnedi sez. 5, 19.5.2004, Prestifilippo . Quanto agli effetti dell’annullamento, va precisato, tuttavia, che, ai sensi dell’articolo 185 co. 1 cod. proc. pen., la nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo, ma non incide sulla validità degli atti antecedenti. Non può, perciò, esser disposto un nuovo giudizio, dato che il procedimento risulta essersi svolto correttamente sino all’emanazione del dispositivo letto in udienza il 12.2.2015. L’effetto dell’annullamento della sentenza-documento è dunque costituito soltanto dalla necessità di rinnovazione dell’atto nullo ai sensi dell’articolo 185 cod. proc. pen., comma 2, che nel caso in esame non può che avvenire ad opera dei giudici i quali hanno partecipato alla deliberazione, non potendo questa Corte provvedervi direttamente. Il processo deve dunque regredire, secondo quanto stabilito espressamente dall’articolo 185 cod. proc. pen., comma 3, allo stato e grado in cui si è verificata la nullità rilevata, affinché il giudice che ha emesso l’atto dichiarato nullo possa redigere la nuova sentenza sottoscrivendola regolarmente. Ritornato nella fase post-dibattimentale, il processo riprenderà quindi il suo corso ai sensi dell’articolo 548 cod. proc. pen., mediante un nuovo deposito in cancelleria della sentenza vedasi. sez. 3, 16.1.1997, Di Marco sez. 5, 11.3.1999, PM in proc. Vivallos . Nello stesso senso si è condivisibilmente espressa questa Corte di legittimità sez. 2, n. 43788 frl 9.12.2010, Franzè, rv. 249223 conf. sez. 1 n. 12754 del 27.9.1999 rv 214395 , che ha affermato - e va qui ribadito - che la nullità della sentenza derivante, ai sensi dell’articolo 546 comma 3 cod. proc. pen., dalla mancata sottoscrizione del giudice, in quanto vizio che attiene soltanto alla formazione del documento nel quale è trasfusa la deliberazione, è di carattere relativo e può essere sanata - non travolgendo il giudizio, della cui regolarità fanno fede il processo verbale di dibattimento e il dispositivo pubblicato in udienza - con la mera rinnovazione dell’atto viziato, vale a dire con una nuova redazione del medesimo. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza documento e dispone trasmettersi gli atti alla Corte d’Appello di Firenze per la rinnovazione dell’atto e la conseguente pubblicazione.