La complessità della normativa non esclude l’illecito penale

In tema di reati ambientali, la natura particolarmente complessa della normativa in materia di rifiuti, in assenza della prova di un comportamento positivo delle autorità competenti, idoneo a ingenerare l'erronea convinzione della liceità di una determinata condotta, non può rappresentare di per sé un elemento scusante ciò perché sussiste il dovere di informazione a carico di colui che decide di svolgere una determinata attività. Inoltre, in tema di gestione illecita di rifiuti, il pronome 'chiunque', presente nella norma incriminatrice, si riferisce anche al privato cittadino, e non necessariamente a chi esercita attività imprenditoriale.

Lo ha confermato la Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21957, depositata il 25 maggio 2016. La gestione abusiva di rifiuti Ai fini della configurabilità del reato di gestione abusiva di rifiuti, non rileva la qualifica soggettiva del soggetto agente, bensì la concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi, che può essere svolta anche di fatto o in modo secondario, purché non sia caratterizzata da assoluta occasionalità. Giova poi ricordare che, in relazione all’art. 256 d.lgs. n. 152/2006, la giurisprudenza ha recentemente stabilito che è imputabile per il predetto reato il prevenuto che esegua il trasporto di rifiuti speciali non pericolosi in violazione delle prescrizioni contenute nel provvedimento di iscrizione all'Albo Nazionale Gestori Ambientali, che abilita la ditta all'attività di trasporto rifiuti. La contravvenzione di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni è infatti un reato di pericolo, la cui configurabilità presuppone la violazione delle prescrizioni imposte per l'esercizio di attività organizzata di gestione di rifiuti, non essendo richiesto che la condotta sia anche idonea a ledere concretamente il bene giuridico tutelato dalla fattispecie incriminatrice. Parimenti, il reato di cui all'art. 256, comma 1, d.lgs. n. 152/2006, riguardante, in via ordinaria e sull'intero territorio nazionale, l'attività di gestione di rifiuti non autorizzata, contempla segnatamente la condotta di chiunque effettui, tra le altre, una attività di trasporto ebbene, con riguardo a tale fattispecie, plasmata, nelle sue componenti, in maniera, assolutamente uguale a quella impiegata dalla norma speciale” ex lege n. 210/2008, la giurisprudenza non ha mai dubitato del fatto che per la integrazione della stessa, avente natura di reato istantaneo e solo eventualmente abituale, in quanto perfezionantesi nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica, sia sufficiente un unico trasporto, da ciò discendendo, evidentemente, la non necessità di requisiti di continuatività e stabilità di sorta. Peraltro, nel caso di continuatività dell'attività di trasporto, in quanto parte integrante, sia pure marginale, dell'organizzazione dell'impresa, occorre, ai sensi dell'art. 212, comma 8, del citato decreto, l'iscrizione semplificata dell'impresa nell'albo gestori ambientali in ogni caso, è sempre vietato il trasporto occasionale dei rifiuti prodotti dalla stessa impresa, la quale deve rivolgersi a gestore abilitato all'esercizio professionale di attività di trasporto dei rifiuti altrui. e l’ipotesi di conferimento occasionale. L'art. 256 d.lgs. n. 152/2006 prevede due distinte ipotesi di reato nel primo comma, non è sufficiente il mero abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, che può essere anche occasionale, occorrendo invece un'attività, necessariamente organizzata, di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio o intermediazione di rifiuti nel secondo comma, è invece sufficiente l'abbandono o il deposito in modo incontrollato di rifiuti. Quest'ultima condotta implica che l'autore del fatto sia titolare di un'impresa, mentre la condotta del primo comma può essere posta in essere da chiunque. La sentenza in commento richiama l’orientamento secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 256, comma 1, lett. a , d.lgs. n. 152 del 2006, è sufficiente anche una sola condotta di trasporto non autorizzato di rifiuti da parte dell'impresa che li produce. Più precisamente, in tema di gestione di rifiuti, le imprese che effettuano il trasporto occasionale dei propri rifiuti non pericolosi, a differenza delle imprese che effettuano questa operazione come attività ordinaria e continuativa, costituente parte integrante e accessoria dell'organizzazione dell'impresa da cui provengono i rifiuti, non hanno l'obbligo di iscrizione nell'albo nazionale gestori ambientali tuttavia, anche l'esecuzione di un trasporto occasionale di rifiuti propri non pericolosi con mezzi non autorizzati configura il reato di cui all'art. 256, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006. In altra fattispecie, la giurisprudenza ha peraltro ribadito che incorrono nell'imputazione per il reato p. e p. dall'art. 256, comma 1, lett. a d.lgs. n. 152/2006 i prevenuti che, in concorso tra loro, l'uno quale titolare della ditta che effettuava la gestione dei rifiuti in conto proprio, e l'altro quale organizzatore del trasporto, effettuavano il trasporto di rifiuti non pericolosi, in assenza della prevista autorizzazione, comunicazione o iscrizione all'Albo Nazionale Gestori Ambientale.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 aprile – 25 maggio 2016, n. 21957 Presidente Ramacci – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. Il Giudice per le indagini preliminari dei Tribunale di Trani, decidendo sulla richiesta di emissione di decreto penale di condanna, con sentenza dei 03/11/2014, assolveva perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., M.T., imputato dei reato di cui all'art. 256, comma 1, lett. a , d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, perché, in assenza di autorizzazione e senza il F.I.R. formularlo identificativo dei rifiuti , conferiva alla ditta Ecologia Figli Pellicani di P.G., con sede in Ruvo di Puglia, rifiuti speciali metallici di vario tipo ferro, rame e ottone , per tre volte, per complessivi kg. 981. In particolare, il Giudice riteneva che la mera attività di conferimento di rifiuti, così come contestata nell'imputazione, non rientrasse tra le condotte espressamente previste dalla fattispecie incriminatrice attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento ed intermediazione , e che non fosse consentita, in tal senso, una analogia in malam partem inoltre, non avendo il P.M. specificato l'autorizzazione in assenza della quale la condotta assumerebbe rilevanza penale ai sensi dell'art. 256 d.lgs. 152 del 2006, il fatto contestato va qualificato come trasporto di rifiuti in assenza del formulario, che - ai sensi dell'art. 258, comma 4, d.lgs. 152/2006, nel caso in cui il soggetto attivo siano le imprese che raccolgono e trasportano propri rifiuti non pericolosi , e, ai sensi dell'art. 260 bis, comma 7, d.lgs. 152/2006, nel caso in cui il soggetto attivo sia il trasportatore - viene sanzionato come mero illecito amministrativo. L'indicazione, nell'imputazione, del formulario neppure potrebbe implicare la contestazione del trasporto - condotta per la quale ne è prevista la necessità -, in quanto non provata. Infine, mancando la prova di un'attività sistematica e professionale di raccolta e trasporto dei rifiuti, va altresì esclusa l'integrazione dell'art. 256 d.lgs. 152/2006, trattandosi di attività occasionale, come desumibile dal numero esiguo di conferimenti nel caso di specie, tre . 2. Ha proposto ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari, chiedendo l'annullamento della sentenza, e deducendo i vizi di violazione di legge e di contraddittorietà della motivazione. Lamenta la qualificazione attribuita alla condotta di conferimento , contraddittoriamente ritenuta non rientrante nella fattispecie di cui all'art. 256 digs. 152/2006, ma nondimeno attratta nel paradigma normativo del trasporto in assenza di formulario. Deduce che la condotta accertata consiste nell'attività di trasporto di materiale ferroso, rientrante nelle fasi di gestione dei rifiuti indicate dall'art. 256 T.U. amb., e, sebbene occasionale, e non professionale, deve essere sottoposta al regime autorizzativo di cui agli artt. 212 e ss. d.lgs. 152 del 2006. 3. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione ha chiesto l'accoglimento del ricorso ed il conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, ribadendo le censure proposte, ed evidenziando, altresì, che in caso di prova insufficiente il Gip, richiesto dell'emissione di un decreto penale di condanna, non può emettere sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., dovendo al contrario disporre la restituzione degli atti al P.M Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Giova, al riguardo, premettere che le questioni di diritto proposte coincidono, pressochè totalmente, con quelle già affrontate da questa Corte nella decisione di numerosi ricorsi presentati in altri procedimenti seriali originati presso il Tribunale di Cuneo, e decisi all'udienza dei 07/01/2016. Va pertanto operato un espresso richiamo alle decisioni emesse, e, tra esse, in particolare a Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836, in quanto già oggetto di massimazione. 2. Quanto alla ritenuta lacunosità del compendio probatorio posto a fondamento della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, con particolare riferimento alla integrazione della condotta di trasporto , è pacifico che il giudice per le indagini preliminari può prosciogliere la persona nei cui confronti il Pubblico Ministero abbia richiesto l'emissione di decreto penale di condanna solo per una delle ipotesi tassativamente indicate nell'art. 129 cod. proc. pen., e non anche perchè la prova risulti mancante, insufficiente o contraddittoria ai sensi dell'art. 530, comma secondo, stesso codice, posto che queste categorie, in quanto non richiamate dall'art. 129 citato, possono acquisire rilievo soltanto quando le parti, compreso il P.M., abbiano potuto esercitare compiutamente, nella sede a ciò destinata, il diritto alla prova Sez. 3, n. 45934 del 09/10/2014, Fusco, Rv. 260941 ex multis, Sez. U, n. 18 del 9.6.1995, Cardoni, rv. 202375, che a loro volta richiamavano le sentenze nn. 19, 20, 21, 22, emesse in pari data, rispettivamente, nei proc. Omenetti, Valeri, Solustri e Tupputi conf. sez. 5, n. 18059 del 25.3.2003, Bortolotti, rv. 224849 . 2.1. Nel caso in esame non soltanto non ricorre la mancanza assoluta della prova non integrabile nelle fasi successive, cui pure fa riferimento la citata pronuncia delle S.U. n. 18 del 1995, unico requisito legittimante un proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. dal G.i.p. investito della richiesta ex art. 459 cod. proc. pen., ma in realtà la decisione fonda sulla ritenuta carenza probatoria concernente l'attività di trasporto del materiale conferito un ragionamento congetturale, per desumerne una carenza di professionalità ed una occasionalità della condotta dalla quale trarre, a sua volta, elemento per affermare la carenza di tipicità. Tuttavia, la pretesa incompletezza probatoria avrebbe dovuto imporre, nell'ambito del procedimento 'monitorio' attivato, la restituzione degli atti al pubblico ministero procedente. 3. La ratio decidendi della sentenza impugnata è incentrata sulla pretesa mancanza di tipicità della condotta accertata e contestata. Al riguardo, va innanzitutto rilevata l'erroneità dell'affermazione di diritto contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale il conferimento di rifiuti non rientra nella fattispecie di gestione abusiva di rifiuti di cui all'art. 256, comma 1, lett. a, d.lgs. 152 del 2006 sia sufficiente osservare che il conferimento allude, con linguaggio 'gergale' sebbene recepito anche dalla legislazione settoriale, ad es. nell'art. 188, comma 3, T.U. amb. , alla condotta di commercio di rifiuti, che ne presuppone, peraltro, logicamente il trasporto è altresì evidente che la formulazione dell'imputazione è funzionale alla descrizione del fatto storico, la cui qualificazione giuridica è rimessa, nel solco dell'indicazione delle norme di legge violate, al giudice escludere la condotta di conferimento dall'area di tipicità della fattispecie di cui all'art. 256, comma 1, lett. a, d.lgs. 152/2006, sol perché non riproduce lessicalmente una delle condotte - pur materialmente integrate - descritte dalla classica 'norma a più fattispecie', la cui latitudine ermeneutica ed applicativa si estende pacificamente a tutte le fasi di gestione dei rifiuti, sarebbe analogo all'esito ermeneutico di un proscioglimento dal reato di omicidio, sol perché l'imputazione descrive il fatto storico di ammazzare un uomo, anziché cagionare la morte di un uomo. Altrettanto erronea appare la qualificazione della condotta accertata in termini di mero trasporto senza il formulario identificativo dei rifiuti, in ragione del richiamo contenuto nell'imputazione trattandosi di fatto diverso, ed ulteriore rispetto al trasporto e commercio abusivo, il relativo illecito può essere suscettibile di autonoma sanzione amministrativa, ma non può ritenersi assorbente del disvalore penale della gestione abusiva. Anche il rilievo attribuito dalla sentenza alla omessa specificazione delle prescritte autorizzazioni è erroneo, in quanto, all'evidenza, l'autorizzazione necessaria per la gestione di rifiuti è quella, richiamata dalla norma incriminatrice di cui all'art. 256, comma 1, lett. a, disciplinata dall'art. 212 d.lgs. 152 del 2006. 4. In ordine alla pretesa irrilevanza penale della condotta in ragione della occasionalità, va ribadito che, trattandosi di illecito istantaneo, ai fini della configurabilità dei reato di cui all'art. 256, comma 1, lett. a , d.lgs 152 del 2006, è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative tipizzate dalla fattispecie penale Sez. 3, n. 8979 del 2/10/2014, dep. 2015, Cristinzio, Rv. 262514 Sez. 3, n. 45306 del 17/10/2013, Carlino, Rv. 257631 Sez. 3, n. 24428 del 25/05/2011, D'Andrea, Rv. 250674 Sez. 3, n. 21655 del 13/04/2010, Hrustic, Rv. 247605 , purchè costituisca una attività e non sia assolutamente occasionale. La nozione di assoluta occasionalità è stata al riguardo approfondita da Sez. 3, n. 29992 del 24/06/2014, Lazzaro, Rv. 260266, che ha chiarito che la fattispecie di cui all'art. 256, comma primo, D.Lgs. n. 152 del 2006, la quale sanziona le attività di gestione compiute in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo D.Lgs., è configurabile anche con riferimento alle condotte di raccolta e di trasporto esercitate in forma ambulante e con una minima organizzazione, salva l'applicabilità della deroga di cui al comma quinto dell'art. 266 del D.Lgs. 152 del 2006, per la cui operatività occorre che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio. Al riguardo, l'orientamento è stato ribadito dalla già richiamata Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836, alla quale è possibile rinviare quanto all'apparato argomentativo, che ha, altresì, affermato Ai fini della configurabilità del reato di gestione abusiva di rifiuti, non rileva la qualifica soggettiva del soggetto agente bensì la concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi, che può essere svolta anche di fatto o in modo secondario, purché non sia caratterizzata da assoluta occasionalista Nella specie il carattere non occasionale della condotta è stato desunto dall'esistenza di una minima organizzazione dell'attività, dal quantitativo dei rifiuti gestiti, dalla predisposizione di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto, dallo svolgimento in tre distinte occasioni delle operazioni preliminari di raccolta, raggruppamento e cernita dei soli metalli, dalla successiva vendita e dal fine di profitto perseguito dall'imputato ' . Pertanto, l'assoluta occasionalità non può essere desunta esclusivamente dalla natura giuridica del soggetto agente privato, imprenditore, ecc. , dovendo invece ritenersi non integrata in presenza di una serie di indici dai quali poter desumere un minimum di organizzazione che escluda la natura esclusivamente solipsistica della condotta ad es., dato ponderale dei rifiuti oggetto di gestione, necessità di un veicolo adeguato e funzionale al trasporto di rifiuti, fine di profitto perseguito . In altri termini, se un soggetto - anche, come nel caso di specie, mero detentore di rifiuti - appresta una serie di condotte finalizzate alla gestione di rifiuti, mediante preliminare raccolta, raggruppamento, trasporto e vendita di rifiuti, pur non esercitando in forma imprenditoriale, pone in essere una attività di gestione di rifiuti per la quale occorre preliminarmente ottenere i necessari titoli abilitativi. Evidentemente il profilo della assoluta occasionalità sarà oggetto precipuo della valutazione di fatto rimessa al giudice del merito, e dunque questione essenzialmente probatoria, e, ove congruamente motivata, non sarà suscettibile di censura in sede di legittimità. Va, infine, evidenziato che l'art. 30 della l. 28/12/2015, n. 221 c.d. legge sulla Green Economy ha introdotto il comma 1-bis dell'art. 188 d.lgs. 152 del 2006, secondo cui Il produttore iniziale o altro detentore dei rifiuti di rame o di metalli ferrosi e non ferrosi che non provvede direttamente al loro trattamento deve consegnarli unicamente ad imprese autorizzate alle attività di trasporto e raccolta di rifiuti o di bonifica dei siti o alle attività di commercio o di intermediazione senza detenzione dei rifiuti, ovvero a un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità all'art. 212, comma 5, ovvero al recupero o smaltimento dei rifiuti, autorizzati ai sensi delle disposizioni della parte quarta del presente decreto. Alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi non si applica la disciplina di cui all'art. 266, comma 5 . 4.2. Nel caso di specie, e limitandosi alle condotte che risultano contestate nell'imputazione, risulta che il trasporto ed il conseguente commercio di rifiuti ferrosi siano stati effettuati in tre distinte occasioni tali condotte, lungi dall'essere connotate da assoluta occasionalità, denotano un minimum di organizzazione, atteso che la raccolta di ben 981 kg. di rifiuti metallici, peraltro di tre tipi differenti ferro, rame e ottone , implica una preliminare fase di raggruppamento e cernita dei soli metalli, il trasporto di un tale consistente quantitativo di rifiuti necessita di un apposito veicolo, adeguato e funzionale al contenimento degli stessi, ed il commercio è evidentemente finalizzato all'ottenimento di un profitto. 5. La sentenza impugnata va dunque annullata con trasmissione al Tribunale di Trani, per l'ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata ed ordina la trasmissione degli atti al Tribunale di Trani.