Quasi flagranza: si può privare della libertà una persona solo nell’altissima probabilità della sua colpevolezza

Non sussiste la condizione di cosiddetta quasi-flagranza qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della polizia giudiziaria sia stato iniziato, non già a seguito e a causa della diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria, bensì per effetto e solo dopo l’acquisizione di informazioni da parte di terzi.

Con la sentenza n. 21198/16, depositata in cancelleria il 23 maggio, la Corte annulla l’ordinanza impugnata. Il caso. Il gip di Grosseto emetteva ordinanza con la quale convalidava l’arresto dell’imputato in relazione ai delitti di tentata rapina e lesioni personali aggravate, per aver, il suddetto, incrociando le lame di due grossi coltelli da cucina intorno al collo della persona offesa, cagionato lesioni a quest’ultima e, nel contempo, posto in essere atti idonei ad impossessarsi di oggetti appartenenti alla vittima, non riuscendo però nell’intento. Il giudice, ritenendo nello specifico caso non sussistenti i gravi indizi del tentato omicidio per il quale era stato disposto il fermo, ma quelli della tentata rapina e delle lesioni personali aggravate, per i quali, essendo il minimo edittale inferiore a 2 anni di reclusione, non era possibile operare il fermo, riqualificava la misura precautelare ritenendo ricorrenti gli estremi per l’arresto in flagranza. Va tenuto conto che, da un lato, per la tentata rapina l’arresto era obbligatorio e per le lesioni era giustificato dalla pericolosità dell’indagato, desunta dai suoi precedenti, nonché dalla gravità complessiva del fatto, e, dall’altro, che ricorreva un’ipotesi di quasi flagranza, essendo avvenuta la ricerca dell’autore nell’immediatezza, senza alcuna soluzione di continuità, sulla scorta dell’indicazione della vittima. Il difensore dell’indagato propone ricorso per cassazione avverso la suddetta ordinanza di convalida. Non sussiste la quasi flagranza. A detta della Corte il ricorso è fondato, avendo il giudice a quo fatto erronea applicazione dell’art. 382 c.p.p. nel ritenere sussistente, nel caso in esame, la cosiddetta quasi flagranza. Ricorrono nel caso di specie i principi fissati dalla giurisprudenza della Corte, tra cui la pronuncia secondo la quale non sussiste la condizione di cosiddetta quasi-flagranza qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della polizia giudiziaria sia stato iniziato, non già a seguito e a causa della diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria, bensì per effetto e solo dopo l’acquisizione di informazioni da parte di terzi . Non meritano, invece, condivisione gli arresti in senso contrario, su cui ha fondato la propria decisione il giudice della convalida, secondo i quali sarebbe ravvisabile la quasi flagranza pur in difetto dei requisiti della diretta percezione dell’azione delittuosa e della immediatezza dell’inseguimento. La provvisoria privazione del diritto fondamentale della libertà personale, di iniziativa della polizia giudiziaria e in carenza di alcun provvedimento motivato dell’autorità medesima, rappresenta un istituto di carattere affatto eccezionale e, in tal senso, è espressamente connotato dall’art. 13 Cost. Le disposizioni della legge ordinaria e, segnatamente del codice di rito che disciplinano l’arresto sono, pertanto, di stretta interpretazione. Ne consegue che la dilatazione della nozione della quasi flagranza deborda dall’ambito della interpretazione estensiva dell’art. 382 c.p.p L’ordinanza impugnata va pertanto annullata senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 2 dicembre 2015 – 23 maggio 2016, numero 21198 Presidente Cortese – Relatore Di Giuro Ritenuto in fatto 1. II Giudice per le indagini preliminari di Grosseto emetteva ordinanza in data 15.12.14, con la quale convalidava l'arresto di O.H. in relazione ai delitti di tentata rapina e lesioni personali aggravate, per avere il suddetto, incrociando le lame di due grossi coltelli da cucina intorno al collo di M.W. e muovendole avanti ed indietro, cagionato lesioni a quest'ultimo e nel contempo posto in essere atti idonei in modo non equivoco ad impossessarsi di oggetti appartenenti alla vittima, non riuscendo nell'intento per cause indipendenti dalla sua volontà. Detto giudice, ritenendo nella specie non sussistenti i gravi indizi del tentato omicidio per il quale era stato disposto il fermo dalla PG - essendo le lesioni state provocate, secondo la stessa versione della persona offesa avallata dalla constatazione, da parte dei medico del pronto soccorso, della superficialità della ferita all'altezza dell'arteria carotide , al fine di minacciare la vittima ed impossessarsi dei suoi oggetti personali piuttosto che di cagionarne la morte - ma quelli della tentata rapina e delle lesioni personali aggravate ai sensi dell'articolo 585 cod. penumero dalla connessione teleologica con il delitto di rapina e dall'uso delle armi , per i quali, essendo il minimo edittale inferiore a due anni di reclusione, non era possibile operare il fermo che era da escludersi per il giudice a quo anche in relazione al paventato pericolo di fuga, attese le modalità con cui era avvicinato dai militari l'O., che escludono che lo stesso avesse intenzione di fuggire , riqualificava la misura precautelare disposta dalla PG, ritenendo ricorrenti gli estremi per l'arresto in flagranza. Considerato, da un lato, che per la tentata rapina l'arresto era obbligatorio e per le lesioni era giustificato dalla pericolosità dell'indagato, desunta dai suoi precedenti, nonché dalla gravità complessiva del fatto, e, dall'altro, che ricorreva un'ipotesi di quasi flagranza, essendo avvenuta la ricerca dell'autore nell'immediatezza, senza alcuna soluzione di continuità, sulla scorta dell'indicazione della vittima. 2. II difensore dell'indagato ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta ordinanza di convalida, deducendo la violazione dell'articolo 382 cod. proc. penumero , nella parte in cui detto provvedimento ha ritenuto sussistente lo stato di quasi flagranza. Lamentando che l'indirizzo giurisprudenziale invocato dal GIP a fondamento della propria decisione è minoritario, contrasta con i principi costituzionali - in particolare l'articolo 13 della Costituzione, che limita ai casi eccezionali di necessità e urgenza, indicati tassativamente dalla legge, i provvedimenti provvisori limitativi della libertà adottabili dall'autorità di pubblica sicurezza - o comunque posti a fondamento dell'ordinamento processual-penalistico, ed appare recessivo rispetto agli ultimi arresti della giurisprudenza di legittimità, che, invece, sembrano orientarsi per una nozione di inseguimento più rigorosa e meno ampia di quella adottata dal giudice di Grosseto. Invero, il coinvolgimento dell'O. nella commissione dei reati non era stato percepito dagli operanti, ma era stato ricostruito sulla base di informazioni rese dalla stessa persona offesa e addirittura dall'indagato, mancando nella specie un immediato e univoco collegamento tra la commissione del reato e quest'ultimo. 3. Il Procuratore Generale della Repubblica ha chiesto, con requisitoria scritta, l'annullamento dell'ordinanza di convalida dell'arresto impugnata, in accoglimento del ricorso, con rinvio ad altro giudice per una nuova valutazione, non potendosi ritenere sussistente il presupposto della quasi flagranza per quanto argomentato dalla difesa. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato, avendo il giudice a quo fatto erronea applicazione dell'articolo 382 cod. proc. penumero nel ritenere sussistente nel caso in esame la cosiddetta quasi flagranza. 2. Secondo quanto accertato in punto di fatto dal suddetto giudice, una pattuglia dei carabinieri nel tardo pomeriggio alle ore 17.50 circa del 12 dicembre 2014 incontrava nei pressi della stazione ferroviaria di Grosseto W.e M. che perdeva sangue dal collo, il quale chiedeva aiuto dicendo di essere stato accoltellato da tale O., il compagno di V. di Roselle dei Poggio . Gli operanti, attraverso dette informazioni, risalivano all'odierno indagato, quale compagno di M. V., abitante presso il residence Il Poggio della frazione di Roselle, e si ricordavano che poco prima il medesimo era stata contattato da un loro collega per una notifica. Quest'ultimo, dopo vari tentativi di contattare l'O. telefonicamente, lo rintracciava alle ore 18,41 venendo richiamato dallo stesso indagato e concordava un incontro col medesimo presso la stazione nella quale erano accaduti i fatti. 3. Soccorre nel caso di specie il principio di diritto fissato dalla giurisprudenza di questa Corte, con prevalente orientamento, tra cui da ultimo la pronuncia di questa sezione, numero 43394 del 3/10/14, Rv. 260527, secondo il quale non sussiste la condizione di cosiddetta quasi-flagranza qualora l'inseguimento dell'indagato da parte della P. G. sia stato iniziato non già a seguito e a causa della diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria , bensì per effetto e solo dopo l'acquisizione di informazioni da parte di terzi Sez. 5, numero 19078 del 31/03/2010 - dep. 19/05/2010, Festa, Rv. 247248 e Sez. 3, 13 luglio 2011, dep. il 27 settembre 2011, numero 34918, P. M. in proc. Z., Rv. 250861 et adde Rv. 228180 Sez. 5, numero 3032 del 21/06/1999, dep. 01/09/1999, Carrozzino, Rv. 214473 Sez. 4, numero 17619 del 05/02/2004, dep. 16/04/2004, P.M. in proc. Sakoumi ed altro, Rv. 228180 Sez. 2, numero 7161 del 18/01/2006, dep. 24/02/2006, P.M. in proc. Morelli, Rv. 233345 Sez. 6, numero 20539 del 20/04/2010, dep. 28/05/2010, P.M. in proc. R., Rv. 247379 Sez. 6, numero 19002 del 03/04/2012 - dep. 17/05/2012, Rotolo, Rv. 252872 e, da ultimo, Sez. 4, Sentenza numero 15912 del 07/02/2013 Cc. dep. 05/04/2013 Rv. 254966 . Non meritano, invece, condivisione gli arresti in senso contrario Sez. II, numero 44369, del 10/11/2010, dep. il 16/12/2010, Califano e altro, Rv. 249169 e Sez. 1, numero 23560 del 15/03/2006, dep. 06/07/2006, P.M. in proc. Dottore, Rv. 235259 , su cui ha fondato la propria decisione il giudice della convalida, secondo i quali sarebbe ravvisabile la quasi flagranza pur in difetto dei requisiti della diretta percezione della azione delittuosa da parte degli ufficiali e agenti della polizia giudiziaria o, nel caso previsto dall'articolo 383 c.p.p., comma 1, da parte del privato e della immediatezza dell'inseguimento. E ciò - come analiticamente esaminato dalla sentenza sopra citata di cui in questa sede si ripercorrono le argomentazioni - in quanto la provvisoria privazione del diritto fondamentale della libertà personale, di iniziativa della polizia giudiziaria e in carenza di alcun provvedimento motivato della autorità giudiziaria, rappresenta istituto di carattere affatto eccezionale e in tal senso è espressamente connotato dall'articolo 13 Cost., comma 3. Le disposizioni della legge ordinaria e, segnatamente, del codice di rito, che disciplinano l'arresto sono, pertanto, di stretta interpretazione articolo 14 disp. genumero , comma 1, approvate con R.D. 16 marzo 1942 numero 262 . Ne consegue che la dilatazione della nozione della quasi flagranza sino a prescindere dalla coessenziale correlazione tra la percezione diretta del fatto delittuoso quantomeno attraverso le tracce sul reo rivelatrici della immediata consumazione ed il successivo intervento di privazione della libertà dell'autore dei reato, deborda dall'ambito della interpretazione estensiva dell'articolo 382 c.p.p., comma 1. Attraverso progressivi slittamenti e assimilazioni tra l'ipotesi specifica dell'inseguimento contemplata nella disposizione e quelle più generiche e, pertanto, differenti delle ricerche ovvero, addirittura, delle investigazioni tempestive non si fa che contravvenire al tenore testuale della norma. La quale parlando di inseguimento fa intendere l'azione del correre dietro chi fugge e collocando detta azione subito dopo il reato , introduce l'ulteriore requisito cronologico di immediatezza, sottolineando la necessità della correlazione funzionale tra la diretta percezione della azione delittuosa e la privazione della libertà del reo fuggitivo. Interpretazione, questa, del tutto coerente con la ratio legis e col carattere eccezionale dell'attribuzione alla polizia giudiziaria o al privato del potere di privare della libertà una persona, che trova giustificazione nella altissima probabilità della colpevolezza dell'arrestato, che può essere suffragata soltanto dalla diretta percezione e constatazione della condotta delittuosa da parte degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria. Mentre, in difetto, apprezzamenti e valutazioni, fondati sul piano, dei tutto differente, degli elementi investigativi assunti ancorché prontamente e magari anche in loco dalla polizia giudiziaria, non offrono analoghe sicurezza e affidabilità di previsione si veda, in proposito, Sez. 1, numero 6642 dell'11/12/1996, dep. 17703/1997, Rv.207085 . 4. Nell'azione dei militari che rintracciavano l'autore dei fatti attraverso le informazioni offerte dalla persona offesa, i contatti telefonici col medesimo e addirittura un incontro concordato come sopra analiticamente descritta, non può ravvisarsi, come da ordinanza di convalida dell'arresto, un'assenza di soluzione di continuità , essendosi in essa inserita un'attività investigativa estranea alla ratio dell'istituto della quasi flagranza, come appena delineata. 5. L'ordinanza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.