L’immigrato “si fa” dentro una vecchia auto: è ricettazione?

E’ onere della Corte di merito, a fronte della giustificazione difensiva del precario utilizzo del bene, argomentare adeguatamente, dopo aver verificato che si sia realizzata la condotta del delitto di ricettazione, sulla sussistenza in capo all’imputato del dolo di ricezione del bene a fine di profitto e sulla consapevolezza, da parte sua, della provenienza da delitto di una vecchia auto ridotta a rottame.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20787/16, depositata il 19 maggio. Il caso. L’imputato veniva condannato in primo e secondo grado per il delitto di ricettazione di un’autovettura oggetto di furto commesso nel 1999. Emergeva dagli atti che lo stesso, che risultava avere precedenti in materia di spaccio di droga, veniva trovato, in ore notturne, mentre dormiva con altro tossicodipendente all’interno di detta auto. La vettura, che si trovava in pessime condizioni, era peraltro stracolma di siringhe del tipo di quelle utilizzate dai tossicodipendenti. Nel proprio ricorso, deduceva contraddittorietà e mancanza di motivazione con riguardo alla sussistenza dell’elemento oggettivo e dell’elemento soggettivo del reato contestato. La provenienza illecita del bene. Come è noto, il delitto di ricettazione presuppone che il bene acquistato, ricevuto o occultato provenga da delitto. È pacifico, peraltro, che la provenienza delittuosa del bene posseduto può ben desumersi dalla natura e dalle caratteristiche del bene stesso. Tuttavia, se così è, non può nemmeno negarsi che, in casi come quello di specie, come peraltro affermato dai giudici di legittimità, a maggior ragione, tenuto conto delle condizioni dell’auto e del tempo trascorso dal furto, la Corte d’appello avrebbe dovuto motivare in ordine alla sussistenza della condotta del delitto di ricettazione, nonché del dolo dello stesso. Sull’elemento soggettivo. Secondo la Corte, in effetti, di primaria importanza era verificare la sussistenza del dolo del reato di ricettazione dolo specifico che consiste nella coscienza e volontà dell’agente di realizzare l’evento materiale, con contestuale consapevolezza della provenienza delittuosa dell’oggetto materiale e del fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. Ove un soggetto venga trovato nel possesso ingiustificato di beni di provenienza delittuosa verrà ritenuto provato l’elemento soggettivo della ricettazione solo se il prevenuto non vuole o non può fornire giustificazioni in merito alla detenzione. Al contrario, se può fornire una versione credibile e compatibile con i dati processuali oggettivi, mancando l’elemento della ricezione del bene al fine di trarne profitto, si potrebbe ravvisare un mero possesso di cose di provenienza delittuosa. In tema di dolo del delitto di ricettazione. Il principio espresso nella sentenza in commento pare inserirsi in quel filone giurisprudenziale secondo cui non risponderebbe del reato di ricettazione addirittura nemmeno colui che, non avendo preso parte alla commissione del fatto, si limiti a fare uso del bene unitamente agli autori del reato, seppure nella consapevolezza della illecita provenienza, non potendosi da questa sola successiva condotta desumersi l'esistenza di una compartecipazione quanto meno d'ordine morale, atteso che il reato di ricettazione ha natura istantanea e non è ipotizzabile una compartecipazione morale per adesione psicologica ad un fatto criminoso da altri commesso così Cass. n. 23395/2011 .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 aprile – 19 maggio 2016, n. 20787 Presidente Cammino – Relatore Fumu Motivi della decisione l. A.B.S., cittadino marocchino con vari alias, riconosciuto recidivo qualificato, è stato dichiarato colpevole del delitto di ricettazione di un'autovettura dal Tribunale di Perugia. Il fatto è stato accertato il giorno 24 novembre dell'anno 1999 il reato presupposto, un furto, risulta essere stato commesso il giorno 4 novembre 1999. 2. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado ritenendo dimostrata la responsabilità dell'imputato, il quale era stato sorpreso dalla polizia giudiziaria mentre dormiva all'interno di una vettura, peraltro in pessime condizioni di stato, sottratta al detentore circa 20 giorni prima. Nel gravame si era rappresentato che l'imputato, persona senza fissa dimora, avesse utilizzato l'autovettura esclusivamente per ripararsi dal freddo e per dormire, avendola solo per caso individuata ed occupata allo scopo di soddisfare un bisogno essenziale della vita. Il secondo giudice tuttavia ha disatteso le doglianze difensive tendenti a far valere la mancanza dell'elemento psicologico del reato. 3. Con il ricorso per cassazione l'imputato denuncia a mezzo del difensore la mancata applicazione degli articoli 129 e 530 del codice di procedura penale e l'erronea applicazione degli artt. 648 capoverso e 43 del codice penale. Deduce, ancora, la violazione degli articoli 5 paragrafo 1, 6 paragrafo 2 e 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dell'articolo 27 della Costituzione la contraddittorietà e mancanza della motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato l'errata applicazione dell'articolo 648 del codice penale e l'inosservanza degli articoli 129 e 531 del codice di rito in relazione alla mancata applicazione degli artt. 157 e 161 del codice penale. Eccepisce inoltre la illegittimità costituzionale di entrambe queste ultime disposizioni per violazione dell'articolo 3 della Costituzione sotto il profilo della irragionevole disparità di trattamento. Deduce ancora la illogicità manifesta in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, l'inosservanza dell'articolo 62 bis del codice penale nel testo vigente al 24 novembre del 1999, il vizio della motivazione sul punto e la violazione del principio di divieto della doppia valutazione in materia di circostanze. 4. Il motivo di ricorso che censura la ritenuta sussistenza dell'elemento psicologico del reato è fondato ed assorbente. Emerge dal testo dei provvedimenti di merito che l'imputato, cittadino extracomunitario senza fissa dimora e con precedenti per reati legati al mondo dello spaccio di droga , il 24 novembre del 1999 sia stato sorpreso in ore notturne da personale della locale Questura mentre dormiva all'interno di un'autovettura risultata rubata, parcheggiata in una pubblica via, in compagnia di altro giovane tossicodipendente pure lui addormentato. Risulta, altresì, che la medesima auto fosse danneggiata in condizioni pessime , con all'interno numerose siringhe del tipo di quelle usate dai tossicodipendenti. I giudici di primo e secondo grado hanno argomentato l'affermazione di responsabilità sulla base della mancanza di giustificazione, da parte dell'imputato, del possesso del bene, osservando come non risultasse che l'appellante avesse avuto la detenzione del mezzo solo per dormirci, potendo questa essere risalente nel tempo ed essendo del tutto irrilevante che egli non si trovasse alla guida del mezzo. Rileva il collegio come l'affermazione delle Corte di appello, secondo cui non risulta che l'appellante avesse avuto la detenzione del mezzo solo per dormirci, si palesi apodittica ed in netto contrasto logico proprio con quelle emergenze processuali - risultanti dal testo delle sentenze - dalle quali i giudici di merito derivano la conclusione di responsabilità. Sono dati fattuali pacifici, infatti, che l'imputato fosse un extracomunitario senza fissa dimora, che fosse inserito nel mondo degli stupefacenti, che con lui si trovasse un altro tossicodipendente, che i due dormissero in una notte invernale in una vettura parcheggiata in una pubblica via, che detta autovettura fosse in condizioni pessime e presentasse una serie di danni fra cui dei tagli , che, soprattutto, avesse al suo interno numerose siringhe usualmente utilizzate dai tossicodipendenti. A fronte di tali risultanze dalle quali - come rileva il ricorso - emerge, per le condizioni stesse delle persone e del mezzo come sopra descritte, la concreta possibilità che dopo il furto l'auto fosse stata destinata a ricovero per gli sbandati ed a luogo per il consumo di sostanze stupefacenti sarebbe stato onere della Corte di appello, a fronte della giustificazione difensiva - coerente con le premesse fattuali descritte - del precario utilizzo del bene, argomentare adeguatamente, dopo aver verificato che si fosse realizzata la condotta che integra il delitto contestato, sulla sussistenza in capo all'imputato del dolo di ricezione del bene a fine di profitto ed alla consapevolezza, da parte sua, della provenienza da delitto di una vecchia auto ridotta nelle condizioni di cui si è detto. Appare altresì frutto di mera congettura, stante la situazione di fatto descritta, derivare la sussistenza dell'elemento psicologico dalla mancanza nell'auto dei documenti di circolazione chiamati per mero lapsus documenti di guida dall'estensore e dal tempo trascorso dal furto, tutti elementi pacificamente interpretabili anche in senso favorevole alla versione difensiva. Non valutando adeguatamente quest'ultima in rapporto alla plurima e non univoca significanza delle risultanze di causa, la Corte di appello ha omesso di adeguatamente valutare se queste potessero consentire di superare la ragionevolezza del dubbio sul dolo di ricettazione, solamente il pieno accertamento del quale avrebbe consentito di distinguere fra ricezione al fine di profitto e mero possesso di cose di provenienza delittuosa. La motivazione è dunque mancante sul punto e non integrabile in sede di rinvio per le considerazioni su esposte e per l'impossibilità, stante il tempo trascorso dal fatto, di procedere a nuovi accertamenti. 5. La carenza di giustificazione in relazione alla sussistenza dell'elemento psicologico del delitto di ricettazione impone dunque l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.