No alla liberazione anticipata speciale per i detenuti per i delitti previsti dall’art. 4-bis ordinamento penitenziario

Trattandosi di beneficio penitenziario che non incide sul reato e sulla pena con riguardo al momento di commissione del fatto e di irrogazione della relativa sanzione, in tema di beneficio penitenziario non si applicano le disposizioni dell’art. 2 c.p., e dell’art. 25 Cost., e neppure quelle dell’art. 7 Cedu.

Con la sentenza numero 20470 depositata il 17 maggio 2016, la prima sezione penale della Corte di Cassazione interviene ancora in tema di liberazione anticipata, delineando la fattispecie in modo puntuale. Liberazione anticipata speciale. In particolare, per gli Ermellini non può ritenersi suscettibile di vigore ultrattivo la disposizione – non recepita dalla legge di conversione – di cui all’art. 4 del d.l. 23 dicembre 2013, numero 146, intitolato Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria”, la quale ai comportamenti pregressi dei detenuti per delitti cosiddetti ostativi, di cui all’art. 4- bis Ordinamento penitenziario, collegava un effetto favorevole seppure a condizioni più rigorose rispetto a quelle previste nei riguardi dei detenuti per delitti non ostatitivi. Tale disposizione, infatti, non è stata recepita dalla legge di conversione 21 febbraio 2014, numero 10, che al primo comma dell’art. 4 del d.l. ha espressamente premesso l’esclusione dei condannati per taluno dei delitti di cui all’art. 4- bis , cit., dal beneficio della liberazione anticipata speciale, operante invece nei riguardi degli altri detenuti per i semestri di pena scontata già positivamente valutati a decorrere dal 1° gennaio 2010 e per quelli ancora da espiare per un periodo di due anni dalla data del 24 dicembre 2013 di entrata in vigore del medesimo decreto. Illegittimità costituzionale. Nel caso di specie il Tribunale di sorveglianza territoriale aveva respinto il reclamo presentato dal ricorrente contro il provvedimento del Magistrato di sorveglianza che aveva dichiarato inammissibile la domanda di liberazione anticipata speciale, presentata a norma dell’art. 4, commi 1 e 4, d.l. 23 dicembre 2013, numero 146, prima della conversione in legge 21 febbraio 2014, numero 10. Ciò in base alla esclusione di tutti i condannati in espiazione di pena per i delitti previsti dall’art. 4- bis ord.penumero dal novero dei destinatari della liberazione anticipata speciale in virtù della modifica apportata dalla legge di conversione che nell’originaria versione consentiva l’accesso al beneficio anche ai condannati per i predetti delitti nel caso in cui avessero dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità. Contro tale provvedimento il ricorrente si rivolge alla Corte di Cassazione, prospettando anche questione di illegittimità costituzionale dell’art. 4, primo comma , d.l. numero 146/2013, nel testo di cui alla legge di conversione già richiamata, ove interpretato nel senso sostenuto nell’ordinanza impugnata. Concreto recupero sociale. Come si è già detto la Corte di Cassazione si pronuncia in modo sfavorevole al ricorrente dichiarando la inammissibilità del ricorso perché deduce motivi manifestamente infondati, ribadendo i precedenti orientamenti giurisprudenziali in materia che avevano già rilevato la inammissibilità del beneficio speciale nei riguardi dei condannati in espiazione di pena per i delitti previsti dall’art. 4- bis ord.penumero . Si ricorda che la disciplina speciale di particolare favore recata dal d.l. 23 dicembre 2013, art. 4 prevedeva che ai condannati per taluno dei delitti previsti dalla legge 26 luglio 1975, numero 354, art. 4- bis , la liberazione anticipata potesse essere concessa nella misura di settantacinque giorni, a norma dei commi precedenti, soltanto nel caso in cui avessero dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità. Successivamente, per effetto delle modifiche al comma 1 apportate dalla legge di conversione, il riconoscimento della maggiore detenzione di pena era previsto ad esclusione dei condannati per taluno dei delitti previsti dalla l. numero 354, art. 4 – bis . In buona sostanza, per il ricorrente, nonostante che le modifiche siano intervenute in sede di conversione di legge, le stesse non si applicherebbero al condannato che aveva fatto istanza prima di detta conversione, sia perché la norma in oggetto avrebbe carattere sostanziale sia perché sarebbe necessario ricorrere in ogni caso al momento della domanda per determinare la normativa applicabile. Di contrario avviso i Giudici del Palazzaccio che hanno ribadito la propria valutazione con l’espressione del principio di cui si è già detto ad inizio commento.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 29 gennaio – 17 maggio 2016, n. 20470 Presidente Di Tommasi – Relatore Mazzei Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, emessa il 28 ottobre 2014, il Tribunale di sorveglianza dell’Aquila ha respinto il reclamo proposto da ai sensi dell’art. 69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, di ordinamento penitenziario Ord. Pen. , avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza della sede, in data 5 marzo 2014, che aveva dichiarato inammissibile la sua domanda di liberazione anticipata speciale, presentata a norma dell’art. 4, commi 1 e 4, d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, prima della conversione in legge 21 febbraio 2014, n. 10. Il mancato riconoscimento del beneficio è stato giustificato con la radicale esclusione di tutti i condannati in espiazione di pena per delitti previsti dall’art. 4-bis Ord. Pen. dal novero dei destinatari della liberazione anticipata speciale, giusta modifica apportata dalla legge di conversione n. 10 del 2014, art. 1, al decreto legge n. 146 del 2013, art. 4, che, nell’originaria versione, consentiva l’accesso al beneficio anche ai condannati per i predetti delitti nel caso in cui avessero dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità. 2. Avverso il provvedimento suddetto ha proposto ricorso per cassazione personalmente, il quale deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen., violazione della legge n. 10 del 2014 e prospetta questione di illegittimità costituzionale dell’art. 4, primo comma, d.l. n. 146 del 2013, nel testo di cui alla legge di conversione n. 10 del 2014, ove interpretato nel senso sostenuto nell’ordinanza impugnata. 3. Il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ha concluso nei termini riportati in epigrafe. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché deduce motivi manifestamente infondati, come già rilevato dalla Corte nelle sentenze di questa stessa sezione, n. 34073 del 27/06/2014, Panno, Rv. 260848, e n. 3130 del 19/12/2014, dep. 22/01/2015, Moretti, Rv. 262060, che hanno rilevato l’inammissibilità del beneficio speciale nei riguardi dei condannati in espiazione di pena per delitti previsti dall’art. 4-bis Ord. Pen Il ricorrente postula l’applicazione della disciplina speciale di particolare favore recata dal d.l. 23 dicembre 2013, art. 4, che estendeva a tutti i condannati la detrazione di settantacinque giorni anziché quarantacinque per ogni singolo semestre di pena scontata, a titolo di liberazione anticipata prevista dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 54. In particolare il detto comma 4, eliminato dalla legge di conversione, prevedeva che Ai condannati per taluno dei delitti previsti dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, la liberazione anticipata può essere concessa nella misura di settantacinque giorni, a norma dei commi precedenti, soltanto nel caso in cui abbiano dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità successivamente, per effetto delle modifiche al comma 1, apportate dalla legge di conversione, il riconoscimento della maggiore detrazione di pena è previsto Ad esclusione dei condannati per taluno dei delitti previsti dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis . Il ricorrente, pur essendo in espiazione di pena per delitto previsto dalla legge n. 354 del 1975, art. 4-bis, sostiene che le modifiche apportate in sede di conversione in legge non s’applicherebbero al condannato che aveva fatto istanza prima di detta conversione, vuoi perché la normativa di cui si discute, incidendo sulla pena, avrebbe carattere sostanziale vuoi perché occorrerebbe comunque far riferimento al momento della domanda. Come già osservato nei precedenti giurisprudenziali richiamati in esordio, gli argomenti in diritto a sostegno della tesi del ricorrente sono infondati, poiché errato ne è il presupposto. Le disposizioni in materia di liberazione anticipata non hanno natura incriminatrice poiché attengono all’esecuzione della pena e non alla sua determinazione, non incidendo sulla sanzione e sul fatto cui essa attiene e il tempo che rileva ai fini del rispetto del principio dell’irretroattività della legge penale art. 25, secondo comma, Cost. art. 7, comma 1, Cedu art. 11 preleggi e, in particolare, della disposizione meno favorevole art. 2, quarto comma, cod. pen. , è quello del fatto e non il tempo della domanda di un beneficio penitenziario, come quello evocato nel caso in esame. La regola che fa riferimento alla disciplina vigente al momento della domanda in base al principio generale di cui costituisce espressione l’art. 5 cod. proc. civ. postula che si verta in materia attinente alla giurisdizione o alla competenza, ovverosia in materia squisitamente processuale, ciò che costituisce l’esatto contrario della tesi giuridica del ricorrente, secondo cui la norma più favorevole contenuta nel decreto legge, sebbene non convertita in legge, dovrebbe prevalere proprio in forza della sua natura sostanziale, essendo in vigore al tempo della domanda del beneficio penitenziario speciale. Non alla domanda dunque occorre aver riguardo, ma al tempo di espiazione in cui si è tenuta la condotta della quale si chiede la valutazione al fine di ottenere la maggiore detrazione di pena. Ed è fin troppo agevole osservare che, al tempo del comportamento da valutare, la norma in tema di liberazione anticipata speciale, estesa ai condannati per delitti previsti dall’art. 4-bis Ord. Pen., non era prevista, poiché il decreto legge del 23 dicembre 2013, n. 146, da cui è stata introdotta, è entrato in vigore il 24 dicembre 2013 e la norma estensiva è, comunque, definitivamente decaduta, per mancata conversione, in forza di legge del 21 febbraio 2014, n. 10 vigente dal 22 febbraio 2014. Ne discende che non sono pertinenti al caso in esame l’art. 25, secondo comma, Cost. l’art. 11 delle preleggi e l’art. 2, terzo comma, cod. pen Neppure osta alla tesi qui sostenuta la pur richiamata giurisprudenza della Corte Edu. Sia la giurisprudenza costituzionale C. cost., ord. n. 10 del 1981 e sent. n. 376 del 1997 , sia la giurisprudenza della Corte Edu costantemente escludono che, in materia di benefici penitenziari in genere e di liberazione anticipata in particolare, sia applicabile il principio della irretroattività della legge più sfavorevole. Ed espressamente anche la Corte Edu, sent. Grande Camera del 21.10.2013, Del Rio Prada contro Spagna, ric. n. 42750/09, evidenzia che Sia la Commissione sia la Corte hanno delineato nella loro giurisprudenza una distinzione tra una misura che costituisce in sostanza una pena e una misura che riguarda l’esecuzione o l’applicazione della pena. Conseguentemente, se la natura e il fine della misura riguarda la detrazione di pena o una modifica del regime di liberazione anticipata, essa non fa parte della pena ai sensi dell’art. 7 . . E, soprattutto, sul piano del diritto costituzionale, va rilevato che i principi regolanti in vario modo il fenomeno della successione di leggi nel tempo non s’attagliano al differente fenomeno in esame, che concerne la sorte delle disposizioni di decreti-legge non recepite nella legge di conversione e che trae regola direttamente dall’art. 77 Cost. Questo, al comma 3, dispone infatti che I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti . In altri termini, inefficacia del decreto-legge in tutto o in parte non convertito che può farsi salva è da ritenere per principio circoscritta ai soli atti o rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti e non può in alcun modo essere estesa sino al riconoscimento di un diritto o di una aspettativa per comportamenti o situazioni precedenti quando la relativa domanda era ancora sub iudice al momento della conversione del decreto. Come osserva, infatti, C. cost. n. 51 del 1985, l’art. 77 Cost., terzo comma, in nessun caso considera la norma dettata con decreto-legge non convertito come norma in vigore nel tratto di tempo tra la sua adozione e quello della mancata conversione ed anzi, se interpretato sia in riferimento al suo specifico precetto privazione, per il decreto-legge non convertito, di ogni effetto fin dall’inizio , sia in riferimento al sistema in cui esso si colloca ispirato ù come appare anche dagli altri due commi dell’art. 77 Cost. - a maggior rigore nella riserva al Parlamento della potestà legislativa , vieta di considerarla tale . Dunque, indipendentemente da quello che possa ritenersi in proposito della norma dettata con decreto-legge ancora convertibile, la norma contenuta in un decreto-legge non convertito non ha . attitudine, alla stregua del terzo e ultimo comma dell’art. 77 Cost., ad inserirsi in un fenomeno successorio , quale quello descritto e regolato dai commi secondo e terzo dell’art. 2 cod. pen. , ovverosia in un fenomeno successorio concernente norme penali sostanziali per le quali vale il principio di irretroattività delle disposizioni di sfavore. Riguardo alla tesi, pur sostenuta nel ricorso, di una lettura disgiunta dei commi 1 e 2 dell’art. 4 d.l. n. 146 del 2013 come modificato dalla legge di conversione n. 10 del 2014, nel senso di escludere i condannati per taluno dei delitti previsti dall’art. 4-bis Ord. Pen. dal beneficio speciale solo per i semestri compresi nei due anni successivi all’entrata in vigore del decreto medesimo, ovvero dal 24 dicembre 2013 al 24 dicembre 2015, giusta espressa previsione di cui al primo comma del predetto art. 4 del decreto convertito, consentendo invece l’accesso alla liberazione anticipata speciale per i semestri antecedenti, a decorrere dal 1 gennaio 2010, non essendo espressamente formulata analoga esclusione nel secondo comma del medesimo articolo, la Corte ha già affermato che, in tema di liberazione anticipata speciale, i primi tre commi dell’art. 4 d.l. n. 146 del 2013, come convertito dalla legge n. 10 del 2014, vanno letti in progressione e compongono un sistema unitario che riconosce ai soli condannati per reati diversi da quelli indicati dall’art. 4-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, una ulteriore riduzione di pena, a titolo di liberazione anticipata e secondo i criteri dell’art. 54 ord. pen., per tutti i semestri di pena detentiva scontata in carcere comprendenti i periodi che vanno dal 1 gennaio 2010 al 24 dicembre 2015 Sez. 1, n. 3130 del 19/12/2014, dep. 2015, Moretti, Rv. 262061 . È, dunque, erronea la tesi del ricorrente che scompone i primi due commi dell’art. 4 d.l. n. 146 del 2013, cit., sostenendo una differente disciplina di accesso al beneficio speciale per condannati in esecuzione di pena per gli stessi tipi di reato, inclusi nei cataloghi di cui all’art. 4-bis Ord. Pen., fondata esclusivamente su un dato temporale, come tale non esente da profili di arbitrarietà discriminante. Manifestamente infondata, infine, è la prospettata questione di illegittimità costituzionale dell’art. 4 d.l. n. 146 del 2013, come convertito dalla legge n. 10 del 2014, laddove prevede l’esclusione dei condannati per reati ricompresi nell’art. 4-bis Ord. Pen., dalla disciplina di maggiore favore in tema di entità della detrazione di pena per semestre ai fini della liberazione anticipata stabilita, in generale, per gli altri condannati, in riferimento agli artt. 3, 27 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 3 CEDU. Ciò perché la disposizione censurata prefigura un regime speciale che, siccome amplia gli effetti di favore conseguibili da tutti i soggetti in espiazione di pena, può essere legittimamente sottoposto dal legislatore a limiti determinati da situazioni cui si collega una connotazione di peculiare pericolosità, e, di per sé, non è causa generatrice di trattamenti inumani o degradanti Sez. 1, n. 1650 del 22/12/2014, dep. 2015, Mollace, Rv. 261880 . In conclusione, va ribadito il seguente principio di diritto in tema di liberazione anticipata, trattandosi di beneficio penitenziario che non incide sul reato e sulla pena con riguardo al momento di commissione del fatto e di irrogazione della relativa sanzione, non si applicano le disposizioni dell’art. 2 cod. pen., e dell’art. 25 Cost., e neppure quelle dell’art. 7 Cedu in particolare, non può ritenersi suscettibile di vigore ultrattivo la disposizione - non recepita dalla legge di conversione - di cui all’art. 4 del decreto - legge 23 dicembre 2013, n. 146, intitolato Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria , la quale ai comportamenti pregressi dei detenuti per delitti cosiddetti ostativi, di cui all’art. 4-bis Ord. Pen., collegava un effetto favorevole seppure a condizioni più rigorose rispetto a quelle previste nei riguardi dei detenuti per delitti non ostativi tale disposizione, infatti, non è stata recepita dalla legge di conversione 21 febbraio 2014, n. 10, che al primo comma dell’art. 4 del decreto legge ha espressamente premesso l’esclusione dei condannati per taluno dei delitti di cui all’art. 4-bis, cit., dal beneficio della liberazione anticipata speciale, operante invece nei riguardi degli altri detenuti per i semestri di pena scontata già positivamente valutati a decorrere dal 1 gennaio 2010 e per quelli ancora da espiare per un periodo di due anni dalla data del 24 dicembre 2013 di entrata in vigore del medesimo decreto. 2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle sole spese processuali e non anche della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi profili evidenti di colpa, considerata l’epoca di presentazione della domanda in relazione al progressivo consolidamento della giurisprudenza sulla questione dedotta. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.