«Vergognati, sei sulla bocca di tutti...»: parole di disprezzo, ma nessuna offesa

Lite acida tra due donne. Pesanti le frasi utilizzate. Ma, nonostante le rimostranze della persona apostrofata in malo modo, i giudici ritengono impossibile parlare di ingiuria. Le parole pronunciate hanno manifestato solo profondo disprezzo.

Scontro accesissimo. A fronteggiarsi due donne. Tra loro volano parole grosse. E a rendere la vicenda ancora più clamorosa è anche il contesto, un piccolo paesino di neanche ventimila abitanti. Ma le frasi rivolte alla donna ritenutasi offesa, cioè Vergognati, sei sulla bocca di tutti e Vergognati, hai buttato fuori di casa tuo marito , non sono catalogabili come una ‘ferita’ all’orgoglio e all’immagine Cassazione, sentenza n. 20528/2016, Sezione Quinta Penale, depositata oggi . Disprezzo. Ribaltate completamente le valutazioni compiute dal Giudice di pace. Azzerata la originaria condanna per il reato di ingiuria . Nessun dubbio sulle frasi pronunciate all’indirizzo della persona offesa tra le altre, Vergognati, sei sulla bocca di tutti – con chiaro riferimento alla comunità del paese – e Vergognati che tuo marito dorme a casa di un mio dipendente perché l’hai buttato fuori di casa – con riferimento alle vicissitudini familiari della donna –. Ma quelle parole, pur esprimendo disprezzo , non presentano, secondo i magistrati della Cassazione, quella intrinseca carica offensiva propria dell’ingiuria . Logico, di conseguenza, far cadere ogni contestazione nei confronti della donna che, finita sotto accusa, può ora tirare un sospiro di sollievo.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 1 febbraio – 16 maggio 2016, n. 20258 Presidente Palla – Relatore Miccoli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 27 febbraio 2014 il Giudice di Pace di Padova ha, per quanto di interesse in questa sede, condannato C.G. per il reato di ingiurie in danno di M.G.Q 2. Con atto sottoscritto dal suo difensore l'imputata ha proposto ricorso articolato in quattro motivi. 2.1. Con il primo si denunzia vizio di motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del reato di ingiurie. La ricorrente lamenta che il Giudice di Pace abbia ritenuto sussistente il reato di ingiuria nonostante mancassero i relativi presupposti, soggettivi e oggettivi, posto che dalla ricostruzione dei fatti è emerso che l'imputata si era limitata a proferire solo le seguenti frasi Vergognati sei sulla bocca di tutti - ti devi vergognare che tuo marito è andato a dormire da un mio dipendente - sei poco furba a farti trovare qui visto che mi hai rubato il posto di lavoro - Vergognati che tuo marito dorme a casa di un mio dipendente perché l'hai buttato fuori di casa . 2.2. Con il secondo motivo si denunzia il vizio di correlazione tra l'accusa e la sentenza, giacché il Giudice di Pace ha ritenuto sussistente il reato in relazione a fatti diversi da quelli contestati. Nel capo di imputazione, infatti, le frasi offensive addebitate alla G. sono le seguenti troia, puttana, stupida, cretina, deficiente , a Piove di Sacco era sulla bocca di tutti in quanto separata e che era considerata una puttana . 2.3. Con il terzo motivo viene dedotta violazione di legge, essendo il giudice di pace incorso in errore di diritto nel diniego di applicazione della esimente di cui all'art. 599 cod. pen. 2.4. Con il quarto motivo si deduce vizio di motivazione alla prova relativa alla reazione della persona offesa. 2.5. Con il quinto ed ultimo motivo viene denunziato il vizio di motivazione in ordine all'aumento di pena conseguente alla asserita abitualità ex art. 103 cod. pen. Considerato in diritto Il ricorso merita accoglimento in relazione al primo motivo. Invero, così come emerge dalla lettura della sentenza impugnata, sulla base delle risultanze processuali è emerso che la G. si era limitata a proferire nei confronti della persona offesa le seguenti frasi Vergognati sei sulla bocca di tutti - ti devi vergognare che tuo marito è andato a dormire da un mio dipendente - sei poco furba a farti trovare qui visto che mi hai rubato il posto di lavoro - Vergognati che tuo marito dorme a casa di un mio dipendente perché l'hai buttato fuori di casa . E' del tutto evidente, allora, che non si sia realizzata nel caso di specie la fattispecie di cui all'art. 594 cod. pen., giacché il tenore delle parole pronunziate dall'imputata, sebbene esprimano disprezzo, non denotano quella intrinseca carica offensiva propria del fatto di ingiurie. P.Q.M. La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.