Figlio disabile e moglie depressa, ma l’uomo rimane in carcere

Sotto accusa per spaccio di cocaina e sottoposto alla misura cautelare più rigida. L’uomo richiama la propria precaria situazione familiare per chiedere i domiciliari. Per i giudici, però, tale richiesta non è accoglibile per l’assistenza a un figlio disabile si può far ricorso anche a soggetti esterni all’ambito genitoriale.

Figlio disabile e moglie depressa. Situazione familiare difficile, che però non spinge i giudici a concedere gli arresti domiciliari all’uomo. Confermata, di conseguenza, la custodia in carcere Cassazione, sentenza n. 20080, sezione Quarta Penale, depositata il 13 maggio 2016 . Spaccio. Gravi le accuse viene ipotizzato, difatti, il reato di associazione a delinquere finalizzato allo spaccio di cocaina nella zona di Napoli. Decisivo il blitz compiuto dalle forze dell’ordine, che ha portato all’ arresto di diverse persone in flagranza di spaccio . Inevitabile l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere . A contestare il provvedimento è uno dei componenti dell’organizzazione, ritenuto dagli inquirenti uno dei perni del gruppo, essendo, tra l’altro, corriere della droga, distributore agli acquirenti e reclutatore di altri spacciatori . L’uomo si sofferma sulla propria situazione familiare, chiedendo di usufruire degli arresti domiciliari . In particolare, egli spiega che è necessaria la sua presenza fisica a casa, avendo un figlio minore invalido civile al 100 per cento e la moglie affetta da una sindrome depressiva . Domiciliari. Tale quadro, però, non è decisivo, secondo i Giudici della Cassazione, che difatti confermano la custodia in carcere nei confronti dell’uomo. Ciò perché le particolari problematiche relative all’assistenza materiale del figlio disabile, che può normalmente provenire da soggetti esterni all’ambito genitoriale, non possono essere ritenute paragonabili a quelle riguardanti l’assistenza di un figlio in età evolutiva, che richiede la presenza di almeno uno dei genitori . Di conseguenza, anche tenendo conto della specifica attitudine a delinquere , è impensabile l’applicazione della misura degli arresti domiciliari, anche col controllo elettronico essa, difatti, non potrebbe impedire, spiegano i Giudici, la continuazione dello spaccio, anche dal proprio domicilio, a mezzo di terze persone .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 10 marzo – 13 maggio 2016, numero 20080 Presidente Blaiotta – Relatore Menichetti Ritenuto in fatto 1. D.V.M. ha proposto ricorso in proprio avverso l'ordinanza 17.11.2015 con cui il Tribunale di Napoli rigettava la richiesta di riesame avverso l'ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere disposta dal G.I.P. per il reato di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di cocaina e di numerose numero 29 condotte di cessione di ingenti quantità della medesima sostanza, avvenute in Napoli e nei Comuni limitrofi. 2. Nel ricorso prospetta due distinti motivi. Con il primo motivo deduce l'erronea qualificazione giuridica del reato associativo, che andava ricompreso nella ipotesi cui all'articolo 74 comma 6 DPR numero 309/90 poiché tutti gli episodi contestati di riferivano a modiche quantità di sostanze stupefacenti. Con il secondo lamenta violazione degli articolo 274 e 275 c.p.p. per mancanza delle esigenze cautelari e specifiche ed erronea scelta della misura da applicare. Argomenta in particolare che dal giorno dell'arresto avvenuto l'11.10.2014 non era rinvenibile più alcuna telefonata, segno che erano cessate le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, essendosi il D.V. allontanato dalla pregressa attività. Rappresenta poi l'esistenza di ragioni familiari, essendo l'indagato padre di tre figli minori di cui uno, Kevin, affetto gravissima patologia ed invalido civile al 100%, motivo che renderebbe indispensabile la sua presenza in casa per essere la madre, O.A., affetta da sindrome depressiva e perciò assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole. Di qui la richiesta di annullamento della gravata ordinanza. Il P.G. ha concluso per l'inammissibilità dei ricorso. Considerato in diritto 3. II ricorso va respinto. 4. Quanto al primo motivo, il provvedimento dei Tribunale di Roma oggetto dell'odierna censura ha correttamente motivato le ragioni di rigetto della richiesta dell'indagato, ribadendo il perdurare delle esigenze di special-prevenzione avuto riguardo all'inserimento del D.V. in una compagine delinquenziale costituita da soggetti stabilmente collegati tra loro, con il ruolo particolare di corriere della sostanza stupefacente, di distribuzione agli acquirenti di cocaina, di reclutamento di altri spacciatori e di procurare autovetture da impiegare nelle attività si spaccio, il tutto in concorso con altri coindagati e sotto la direzione di Alamaro Luigi, dirigente ed organizzatore del sodalizio criminoso dedito all'illecito traffico nelle province di Napoli e Caserta. Nell'odierno ricorso peraltro i gravi indizi di colpevolezza ritenuti dal Tribunale non sono in discussione, se non sotto il profilo della qualificazione giuridica del reato associativo, di cui l'indagato sollecita la riformulazione nella meno grave ipotesi di cui all'articolo 74, comma 6, DPR numero 309/90. Al riguardo il Tribunale ha considerato che non poteva essere accolta la richiesta difensiva di ritenere il sesto comma dell'articolo 74 DPR numero 309/90 avuto riguardo alle numerosissime cessioni poste in essere dai sodali ed alla pervicacia mostrata dagli indagati che, dopo ogni controllo di polizia, erano in grado di riorganizzarsi e riprendere con noncuranza l'attività illecita. In particolare il D.V. è stato indicato come uno dei corrieri dei gruppo, che a volte aveva dato in uso la sua autovettura ad altri sodali per continuare a spacciare. II 14.10.2014 poi, in occasione dell'arresto in flagranza di spaccio di cocaina, gli era stato sequestrato un bloc-notes con annotati appunti relativi a consegne di stupefacenti e relativi pagamenti e, durante la perquisizione, erano pervenute sul suo cellulare insistenti chiamate dal numero risultato nella disponibilità di Alamaro Luigi, ritenuto a capo della organizzazione. Ciò ha portato il Tribunale ad escludere la lieve entità dei fatti ascritti agli indagati, con ragionamento immune da vizi logici e giuridici, tenuto conto che la fattispecie attenuata di cui il ricorrente sollecita l'applicazione afferisce non solo all'entità delle sostanze di volta in volta oggetto di cessione, ma anche alle caratterizzazioni della condotta. Tutto ciò naturalmente rileva nella presente sede incidentale solo alla stregua delle acquisizioni probatorie in atto e in base alle regole di giudizio proprie della fase cautelare. 5. Parimenti infondato il secondo motivo. Il relazione alle esigenze cautelari, il Tribunale ha in primo luogo osservato che la gravità delle condotte ascritte a tutti gli indagati era univocamente sintomatica della pericolosità sociale di ogni singolo appartenente al sodalizio criminoso e della sussistenza di un concreto ed intenso pericolo di reiterazione di reati, ai sensi dell'articolo 274 lett.c c.p.p. tale conclusione era desumibile dall'eccezionale allarme sociale suscitato dal traffico continuo e giornaliero di stupefacenti, denotante una capacità organizzativa non comune, che deponeva senz'altro per una pessima prognosi recidivante, presidiabile unicamente con la custodia in carcere. Quanto alle esigenze familiari, il difensore in sede di riesame ha prodotto certificazione medica che riconosce al minore Kevin D.V. il 100% di invalidità civile ed un certificato medico attestante la sindrome depressiva della madre. Questa Corte si è già pronunciata nel senso che il divieto di applicazione della custodia cautelare in carcere alla madre con prole di età inferiore a sei anni, ovvero al padre in caso di decesso o assoluto impedimento della madre, sancito dall'articolo 275, comma 4, c.p.p. nel testo riformato dalla legge numero 62 del 2011, non è estensibile in via interpretativa al caso di figlio disabile di età superiore all'indicato limite, essendo diverse le esigenze assistenziali nelle due situazioni Sez. S, 13.3.2013, numero 31226 sul divieto di analogia cfr. anche Sez.4, 16.7.2009, numero 42516 . La disposizione normativa infatti si preoccupa non di un'assistenza genericamente intesa ma di quella assistenza che, nella situazione concreta, può essere garantita esclusivamente dal genitore, e prospetta una carenza che riguarda non l'assistenza per la quale il genitore è sostituibile da altri familiari o da strutture pubbliche di sostegno, ma quella particolare e più ampia assistenza, nei suoi aspetti anche psicologici e affettivi, propria del rapporto tra genitori e figlio in tenera età, nella quale non può sopperirsi ad opera di altri soggetti Sez. S, 15.2.2008, numero 8636 . Le particolari problematiche relative all'assistenza materiale del figlio disabile, che può normalmente provenire da soggetti esterni all'ambito genitoriale, non possono essere ritenute paragonabili, al fine del trattamento normativo, a quelle riguardanti l'assistenza di un figlio in età evolutiva, che richiede la presenza di almeno uno dei genitori. Pertanto, anche sul punto, il giudice di merito, ribadita la specifica attitudine a delinquere dell'indagato, correttamente ha ritenuto non incidente sulla eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari la presenza di un figlio disabile bisognoso di assistenza, poiché la misura degli arresti domiciliari anche con i presidi di controllo elettronico non avrebbe impedito la continuazione dello spaccio, anche dal proprio domicilio, a mezzo di terze persone. Altre prospettazioni sulle condizioni familiari attengono al merito e non assumono rilevanza in questa sede. 6. Tali considerazioni inducono al rigetto del ricorso, cui fa seguito la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Copia del presente provvedimento va trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall'articolo 94 comma 1 ter disp.att.c.p.p. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell'istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall'articolo 94 comma 1 ter disp.att.c.p.p.