La natura di un rapporto giuridico non dipende dalla volontà delle parti ma dal suo concreto atteggiarsi

E’ invalido il sequestro che sia stato disposto su titoli ed obbligazioni non più dell'imputato ma in precedenza vincolati da questi in favore di una banca.

E’ quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 19500/16, depositata l’11 maggio. Il caso. La vicenda giuridica traeva spunto dall'avvenuto sequestro di una ingente somma di denaro depositata su di un conto corrente intestato ad un soggetto indagato per reati tributari omesso versamento dell'IVA . A ricorrere in Cassazione era l'istituto di credito presso cui era intrattenuto il detto conto corrente. La banca eccepiva che il sequestro non poteva essere effettuato in quanto le dette somme erano state costituite dall'indagata in pegno, a garanzia del credito vantato dall'Istituto a seguito dell'apertura di credito da questa effettuata, per un importo di gran lunga superiore in favore ad una società terza, alle cui sorti l'indagata era interessata. La banca ribadiva, in sostanza, la natura irregolare del pegno in questione disciplinata dall'art. 1851 c.c. e non dall' art 2784 e seguenti c.c La valutazione del rapporto giuridico il nomen iuris e la realtà. Dirimente, dunque, risultava la valutazione della natura del rapporto contrattuale intervenuto tra l'istituto di credito ricorrente e la indagata, titolare del conto corrente bancario il cui attivo aveva formato oggetto dell'avvenuto sequestro. Gli ermellini hanno rammentato un principio dagli stessi già espresso, sia pure a distanza di tempo, secondo cui è invalido il sequestro che sia stato disposto su titoli ed obbligazioni non più dell'imputato ma in precedenza da questi vincolati a favore di una banca, a garanzia dei crediti della stessa vantati nei confronti del predetto, a titolo di pegno irregolare ex art. 1851 cc. E tanto indipendentemente dal fatto che si trattasse di sequestro conservativo o di sequestro preventivo. Il principio de quo si applica ad ogni tipo di misura cautelare reale il cui scopo sia la successiva definitiva privazione del bene in danno dell'avente diritto. Corollario di questi princìpi è la legittimazione della banca, quale persona giuridica titolare di un diritto di proprietà sulle cose sequestrate, all’impugnazione del provvedimento. La Cassazione rammenta che, in tal senso, deve distinguersi da quella del portatore del pegno irregolare la posizione del titolare di un diritto reale di garanzia come il pegno e l'ipoteca il quale, sebbene sia assistito dal diritto di sequela, non è però legittimato a chiedere la revoca della misura cautelare non essendo la sua posizione giuridica assimilabile a quella del titolare del diritto proprietà la cui sussistenza comporta l'immediata restituzione del bene ex art. 321, comma 3, c.p.p Nell'affrontare il problema giuridico, pertanto, risultava preliminare lo sciogliersi del quesito sulla qualificazione giuridica da attribuirsi al rapporto contrattuale intercorso tra l'indagata e l'istituto di credito. A tale proposito va chiarito che la natura del rapporto non dipende dalla volontà delle parti ma dal concreto suo modo di atteggiarsi, anche a dispetto del nomen iuris che contrattualmente gli sia stato attribuito. Pegno regolare e pegno irregolare. Con espresso riferimento al pegno la Corte ha precisato che, sebbene le parti nella loro autonomia negoziale abbiano il potere di determinarne l'oggetto, la durata ed eventualmente la possibilità di sostituzione mediante il meccanismo cd. rotativo, le stesse non hanno anche la facoltà di qualificare con efficacia vincolante il pegno come regolare oppure irregolare, discendendo tale conseguenza giuridica non dalla volontà delle parti ma dalle norme del codice civile in tema di diritti reali di garanzia opponibile ai terzi che hanno carattere indisponibile. Come è noto la caratteristica principale del pegno irregolare è la circostanza che il creditore pignoratizio consegue, al momento della conclusione del contratto, la titolarità della cosa data in pegno ex art. 1851 c.c. e che l'istituto di credito deve restituire solamente la somma ove sia stata data una somma di denaro ovvero la parte di merci o di titoli se questo sia l'oggetto del contratto di garanzia nella misura in cui esse ecceda l'ammontare dei crediti garantiti, potendo direttamente soddisfarsi sul valore dei beni dati in pegno avendone conseguito non il mero possesso ma la piena titolarità. Al contrario nel pegno regolare la titolarità del bene permane in capo al debitore mentre il creditore consegue solo il possesso del bene pignoratizio e, laddove il creditore intenda conseguire il credito che gli è dovuto, egli non può direttamente rivalersi sul bene dato in garanzia ma deve procedere ad attivare una forma di vendita pubblica. Il discrimen. Come è stato rappresentato dalla giurisprudenza civile della Corte stessa, ai fini della diagnosi differenziale tra l'una e l'altra figura di pegno, l'elemento decisivo è proprio la possibilità che il creditore ha di soddisfarsi direttamente sul bene dato in garanzia delle obbligazioni gravanti sul debitore. E’ stato, infatti, osservato che il pegno di denaro od altro bene mobile rappresentativo di un valore concesso in favore di un istituto di credito si configura come pegno irregolare soltanto quando sia conferita espressamente alla banca la facoltà di disporre direttamente del bene in questione mentre si rientra nella disciplina del pegno regolare nel caso in cui difetti il conferimento di tale facoltà al creditore pignoratizio. Tutto ciò premesso, gli Ermellini concludono per la natura di pegno irregolare della relazione intercorrente tra l'indagata e la banca, annullando, così, il provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 settembre 2015 – 11 maggio 2016, n. 19500 Presidente Squassoni – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Il Tribunale di Salerno ha rigettato il ricorso col quale la Banca Nazionale del Lavoro di seguito BNL , in persona dei suoi legali rappresentanti, aveva proposto appello avverso il provvedimento con il quale il medesimo Tribunale, in composizione monocratica, aveva rigettato l’istanza di restituzione della somma di Euro 272.849,18 sequestrata in danno di D.M.R. , indagata per la violazione dell’art. 10-ter del dlgs n. 74 del 2000, in esecuzione di un decreto di sequestro emesso dal locale Gip in previsione della confisca per equivalente. Ha proposto ricorso per cassazione avverso detto provvedimento il detto istituto di credito, osservando che il sequestro, operato sulle somme depositate su di un conto corrente intestato dalla D. intrattenuto presso detta banca, non poteva essere eseguito in quanto le dette somme erano state costituite dalla D. in pegno a garanzia del credito vantato dalla banca a seguito dell’avvenuta apertura di credito da questa effettuata, per un importo pari ad euro 755.000,00, in favore della CIRTE SpA. Al riguardo va chiarito che il Tribunale aveva, invece, ritenuto che il pegno in questione fosse un pegno regolare in quanto la detta banca aveva provveduto a riversare alla D. gli interessi maturati sulla somme date a garanzia, con ciò evidenziando il fatto che la titolarità della somma di danaro era rimasta in capo alla D. , ed in quanto la banca stessa in due occasioni aveva avvertito la D. della prossima escussione della somma data a pegno, indice anche questo della natura non irregolare del pegno in questione. Avverso detto provvedimento ha, come detto, proposto ricorso per cassazione la BNL, ribadendo, in sostanza, la natura irregolare del pegno in questione, siccome disciplinato dall’art. 1851 cod. civ. e non dall’art. 2784 e ss cod. civ. irrilevanti sarebbero, rispetto allo schema negoziale invocato, gli elementi valorizzati dal Tribunale di Salerno, posto che il trasferimento alla originaria intestataria del conto corrente degli interessi maturati sulla predetta somma era una operazione che andava inserita nell’ambito delle facoltà che contrattualmente la banca si era riservata in particolare essa concerneva la possibilità di consentire prelevamenti parziali della somma data a pegno mentre per ciò che riguardava l’avviso che l’istituto di credito aveva dato alla D. della prossima escussione della garanzia, esso non andava ad intaccare il meccanismo, tipico del pegno irregolare, consistente nella immediata soddisfazione del credito garantito, in assenza di qualsivoglia mediazione pubblica in sede esecutiva. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto. Osserva la Corte che la questione che sta sullo sfondo della presente vicenda, ed in sostanza ne condiziona gli esiti, è la valutazione della natura del rapporto contrattuale intervenuto fra la odierna ricorrente e la indagata D.M.R. , titolare del conto corrente bancario il cui attivo ha formato oggetto dell’avvenuto sequestro. In punto è, cioè, se il contratto intervenuto fra la BNL e la D. , con il quale quest’ultima ha offerto a garanzia della apertura di credito concessa dalla predetta banca - sino ad un ammontare massimo di Euro 755.000,00 in favore della CIRTE Spa, società le cui sorti finanziarie erano evidentemente nell’interesse della D. , il saldo del conto corrente bancario n. OMISSIS da lei intrattenuto con la banca in questione, doveva intendersi come tale da costituire le somme in questione in pegno regolare ovvero in pegno irregolare. Una siffatta qualificazione giuridica della natura del rapporto fra la indagata e la banca, che si assume terza rispetto alle indagini in corso, è evidentemente pregiudiziale, rispetto alla definizione della presente controversia, in quanto, come questa Corte ha in passato avuto occasione di affermare e di ribadire, sia pure a distanza di tempo, che è invalido il sequestro nell’occasione si trattava di un sequestro conservativo, ma il dato non appare rilevante dovendosi, come infra si vedrà, applicare il principio ad ogni tipo di misura cautelare reale il cui scopo sia la successiva definitiva privazione del bene in danno dell’avente diritto che sia stato disposto su titoli ed obbligazioni non più dell’imputato, ma in precedenza vincolati da lui a favore di una banca, a garanzia dei crediti dalla stessa vantati nei confronti del predetto, a titolo di pegno irregolare ai sensi dell’art. 1851 cod. civ. Corte di cassazione, Sezione VI penale, 15 maggio 1995, n. 507 . Tornandosi sull’argomento, sia pure, come accennato, a distanza di tempo, il principio dianzi riportato è stato ripetutamente confermato da questa Corte, precisandone la possibile estensione anche al caso del sequestro preventivo, allorché si è rilevato che non può essere disposta la confisca per equivalente, cui il sequestro preventivo è prodromico, di beni costituiti in pegno irregolare a garanzia di una obbligazione dell’imputato, attesa la immediata acquisizione della proprietà da parte del creditore. Corte di cassazione, Sezione II penale, 18 giugno 2010, n. 23659 idem Sezione I penale, 10 dicembre 2013, n. 49719 . Corollario dei principi esposti è la legittimazione della banca, quale persona giuridica titolare di un diritto di proprietà sulla cose sequestrate art. 318 cod. proc. pen. , all’impugnazione del provvedimento di sequestro Corte di cassazione, Sezione VI penale, 15 maggio 1995, n. 507 . In tal senso deve, infatti, distinguersi da quella del portatore del pegno irregolare la posizione del titolare di un diritto reale di garanzia tradizionalmente ipoteca e pegno il quale, sebbene sia assistito dal cosiddetto diritto di sequela, non è però legittimato a chiedere la revoca della misura cautelare, non essendo la sua posizione giuridica assimilabile a quella del titolare del diritto di proprietà, la cui sussistenza - essendo giuridicamente incompatibile con la pretesa ablatoria dello Stato - comporta l’immediata restituzione del bene ai sensi dell’art. 321, comma terzo, cod. proc. pen. Corte di cassazione, Sezione II penale, 5 marzo 2014, n. 10471 . Deve, pertanto, preliminarmente, sciogliersi il quesito sulla qualificazione giuridica da attribuirsi al rapporto contrattuale intercorso fra la D. e la BNL. A tale proposito va chiarito che la natura del rapporto non dipende, come d’altra parte per ogni altro rapporto giuridico, dalla volontà delle parti ma dal suo concreto modo di atteggiarsi anche a dispetto del nomen che contrattualmente gli sia stato attribuito con espresso riferimento al pegno, infatti, questa Corte ha precisato che, sebbene le parti, nella loro autonomia negoziale, abbiano il potere di determinarne l’oggetto, la durata ed, eventualmente, la possibilità di sostituzione mediante il meccanismo cosiddetto rotativo, le stesse non hanno anche la facoltà di qualificare, con efficacia vincolante, il pegno come regolare o irregolare, discendendo tale conseguenza giuridica non dalla volontà delle parti ma dalle norme del codice civile in tema di diritti reali di garanzia opponibili a terzi, che hanno carattere indisponibile Corte di cassazione, Sezione I civile, 31 gennaio 2014, n. 2120 . Come è noto la caratteristica principale del pegno irregolare, caratteristica peraltro come già illustrato, determinante ai fini della definizione della presente controversia, è la circostanza che - diversamente da quanto si verifica nel caso del pegno regolare, nel quale la titolarità del bene permane in capo al debitore ed il creditore consegue esclusivamente il possesso del bene pignoratizio, di tal che, laddove il creditore intenda conseguire il credito che gli è dovuto, egli non può direttamente rivalersi sul bene datogli in garanzia dovendo, invece, procedere nelle forme di cui agli artt. 2796 e 2797 cod. civ., ad attivare una forma di vendita pubblica - il creditore pignoratizio irregolare consegue al momento della conclusione del contratto la titolarità della cosa data a pegno e, secondo la previsione di cui all’art. 1851 cod. civ., espressamente disciplinante il pegno irregolare concesso a garanzia di un’anticipazione bancaria, l’istituto di credito dovrà restituire solamente la somma, ove sia stata data a pegno una somma di danaro, ovvero la parte di merci o di titoli, ove questo sia l’oggetto del contratto di garanzia, nella misura in cui essa ecceda l’ammontare dei crediti garantiti, potendo direttamente soddisfarsi sul valore dei beni dati in pegno, avendone conseguito non il mero possesso ma la piena titolarità dominicale. Come è stato rappresentato dalla giurisprudenza civile di questa Corte, anzi, ai fini della diagnosi differenziale fra l’una figura di pegno e l’altra, l’elemento semeioticamente decisivo è proprio la possibilità che il creditore ha di soddisfarsi direttamente sul bene datogli in garanzia della obbligazione gravante sul debitore. È stato, infatti, osservato che il pegno di danaro o altro bene mobile rappresentativo di un valore concesso in favore di un istituto di credito si configura come pegno irregolare soltanto quando sia conferita espressamente alla banca la facoltà di disporre direttamente del bene in questione, mentre si rientra nella disciplina del pegno regolare nel caso in cui difetti il conferimento di tale facoltà al creditore pignoratizio Corte di cassazione, Sezione I civile, 10 marzo 2006, n. 5290 . Nello stesso senso si era già espressa la il giudice della legittimità in sede civile, precisando che l’esistenza di un preventivo accordo fra debitore e creditore pignoratizio in ordine alla negoziazione presso terzi dei beni dati a pegno, al fine di consentire al secondo il soddisfacimento del credito vantato tramite la acquisizione del ricavato, ovvero di parte di esso, ponendosi in logico contrasto con la piena disponibilità dei beni in capo al creditore tipica del pegno irregolare, ha fatto ritenere applicabile al caso allora in esame la disciplina del pegno regolare Corte di cassazione, Sezione I civile, 5 marzo 2004, n. 4507 . Ciò posto, osserva il Collegio che nella fattispecie in scrutinio era espressamente previsto, all’art. 6 della convenzione intercorsa fra la D. e la BNL, che quest’ultima, in caso di inadempimento delle obbligazioni garantite, avrebbe avuto diritto di utilizzare il saldo, per capitale ed interessi del rapporto di conto corrente e/o deposito bancario costituito in pegno, ponendo in essere ogni relativa attività ad estinzione o decurtazione delle obbligazioni garantite . Era, altresì, precisato come BNL fosse autorizzata a soddisfarsi del suo credito addebitando il relativo importo al conto vincolato . Appare, pertanto, evidente che nella relazione intercorrente fra la D. e BNL fosse chiaramente percepibile la presenza del dato connotativo del pegno irregolare, cioè la facoltà del creditore di soddisfarsi immediatamente sul bene conferito in pegno, senza dovere passare per alcuna ulteriore fase intermedia. Né ha un qualche significativo rilievo, in senso opposto, il fatto, valorizzato nella ordinanza del Tribunale di Salerno che le somme continuassero ad essere depositate in un conto corrente intestato alla D. , trattandosi, all’evidenza di una mera intestazione contabile, propria, peraltro, di ogni rapporto bancario gestito in conto corrente, senza che da ciò potesse derivare necessariamente la conseguenza che le somme siano rimaste nella disponibilità della D. e non siano passate, salva evidentemente la loro gestione tramite le opportune annotazioni contabili, in quella della BNL parimenti irrilevante è il fatto che sulle somme in questione abbiano continuato ad essere computati gli interessi, posto che, come ancora un volta segnalato dalla Cassazione civile, il fatto che una somma di danaro depositata presso un conto corrente bancario ed assegnata al creditore a titolo di pegno, abbia continuato a maturare interessi non si pone in logico contrasto con la natura irregolare del pegno Corte di cassazione, Sezione I civile, 15 febbraio 2008, n. 3794 , dovendosi ritenere che siffatti interessi vadano ad integrare l’importo della somma data in pegno così come pare risultare, nel caso ora in esame, dalla previsione contrattuale secondo la quale l’oggetto del pegno è costituito, oltre che dal saldo del conto corrente intestato alla D. , anche dagli interessi maturati e maturandi su tali somme. Sul punto va infatti precisato che non risulta suffragata da alcun argomento l’affermazione che è, pertanto, suscettibile di formare oggetto di sindacato di fronte al questa Corte di legittimità, anche in questa sede di impugnazione riguardante un provvedimento cautelare reale - nel quale come è noto è ammissibile solo il sindacato concernente la violazione di legge posto che l’assenza di motivazione del provvedimento giurisdizionale ridonda quale violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. che impone, a pena di nullità, che i provvedimenti giurisdizionali debbano essere motivati , contenuta nella ordinanza impugnata, secondo la quale gli interessi maturati sulle somme versate sul conto corrente oggetto del sequestro venivano incamerate dalla D. anche successivamente al marzo 2007, epoca di conclusione del contratto avente ad oggetto il pegno di cui trattasi. Infine egualmente non tale da fare escludere la natura di pegno irregolare è la previsione contenuta nel contratto concluso fra la D. e BNL, secondo la quale quest’ultima deve, prima di realizzare il pegno, darne preavviso di almeno 5 giorni in forma scritta alla debitrice. Una siffatta formalità non risulta, ad avviso di questa Corte, tale da porsi in logica antinomia con la sopradescritta caratteristica principale del pegno irregolare, cioè quella costituita dalla possibilità in capo al creditore di soddisfarsi immediatamente e direttamente sulla cosa o sulla cose date a pegno, in quanto di tali beni, una volta conclusosi il contratto volto a garantire la apertura di credito, il detto creditore è divenuto proprietario. Tale peculiare meccanismo di soddisfazione del credito non pare che venga messo in crisi nelle sue peculiari caratteristiche dal fatto che, prima di procedere al definitivo incameramento del bene dato in pegno, sino alla concorrenza del credito garantito, il creditore debba darne comunicazione al debitore, onde, evidentemente, sollecitare questo - in ossequio al principio della buona fede contrattuale che deve animare le condotte dei soggetti del rapporto obbligatorio nella esecuzione di esso art. 1375 cod. civ. - a realizzare le eventuali possibili contromisure all’attivazione del meccanismo di automatica soddisfazione dell’interesse creditorio. Alla luce delle considerazioni che precedono deve concludersi nel senso che il Tribunale di Salerno abbia erroneamente applicato la disciplina che regola il rapporto di pegno irregolare, escludendo che il contratto intercorso fra la D.M.R. , soggetto indagato nell’ambito della inchiesta in seno alla quale è stato disposto il sequestro preventivo delle somme risultanti dal saldo conto del conto corrente da costei intrattenuto con la BNL, e quest’ultimo istituto di credito sia sussumibile entro i limiti propri del pegno irregolare. Posto che, come già dianzi rilevato, la qualificazione giuridica di detto rapporto si pone come elemento pregiudiziale rispetto alla legittimità del disposto sequestro e, pertanto, della legittimità della ordinanza con la quale è stata rigettata la richiesta di revoca del medesimo, il provvedimento impugnato deve essere annullato, con rinvio al Tribunale di Salerno che, in diversa composizione personale, rivaluterà, alla luce dei rilievi sopraesposti, la fondatezza o meno dell’appello proposto dalla BNL in data 6 febbraio 2015 avverso il provvedimento col il quale il Tribunale di Salerno aveva rigettato la richiesta di revoca del sequestro medesimo. P.Q.M. Annulla la ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Salerno.