UNEP: ufficiali giudiziari si appropriano di somme destinate alle notifiche di atti

Sussiste il reato di peculato – e non la truffa – nel caso di in cui l’ufficiale giudiziario addetto alle notifiche a mezzo posta si appropri del denaro di cui abbia la disponibilità o del quale possa inserirsi, anche di fatto, nel maneggio in ragione delle funzioni istituzionali assegnate.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18177/2016, depositata il 2 maggio scorso. Il caso. Gli imputati erano ufficiali giudiziari addetti alla notificazione di atti civili a mezzo posta. Erano accusati di peculato e falso in atti pubblici in concorso tra loro. Due di essi venivano condannati mentre il cassiere veniva assolto. In particolare – si desume dalla sentenza – che gli imputati condannati si erano appropriati di somme di denaro violando gli obblighi previsti dalla disciplina di settore sulle modalità di anticipazione e recupero delle spese per la notifica degli atti giudiziari alternando il dato contabile di riscontro. Più in dettaglio, duplice sarebbe stata la modalità per le notifiche a richiesta di parte, secondo un sistema di anticipazione in favore dell’ufficiale giudiziario procedente e, per le notifiche in materia di lavoro – spedite in conto credito senza corrispondere l’importo all’ufficio postale – facendole risultare come anticipate dall’ufficiale giudiziario e, quindi, rimborsate in base alla documentazione giustificativa. Truffa e non peculato? La tesi difensiva. Secondo la difesa a possedere il denaro ricevuto dalle parti private era il coimputato assolto, cioè il cassiere UNEP che provvedeva al rimborso degli ufficiali giudiziari addetti alle notifiche, previo controllo e provvedendo ad emettere i mandati di pagamento. L’assoluzione in primo grado del cassiere escluderebbe, secondo questa prospettiva, la qualificabilità delle appropriazioni quale peculato, consentendo di contestare il meno grave delitto di truffa. Quale possesso per il peculato? L’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità afferma che il possesso qualificato dalla ragione d’ufficio o di sevizio non è solo quello che rientra nella competenza funzionale tipica del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, bensì anche quello che si basa su un rapporto che consenta al soggetto di inserirsi, di fatto, nel maneggio o nella disponibilità della cosa o del denaro altrui. La pubblica funzione o il servizio costituiscono l’occasione per tale condotta. La posizione dell’ufficiale giudiziario è stata l’occasione per conseguire il maneggio del denaro oggetto delle anticipazioni di spese nell’ambito dell’attività di notifica degli atti processuali ad esso attribuito istituzionalmente. Non è l’alterazione documentale a far conseguire il possesso. L’alterazione del dato documentale con cui l’agente faceva figurare una tipologia di operazioni per le quali l’UNEP era tenuto ad anticipare denaro non assolve alla finalità di far conseguire all’agente medesimo il possesso del denaro. La funzione svolta, infatti, consentiva all’agente di ricevere il denaro in vista dei compiti istituzionali da espletare. Infatti, ogni singolo operatore si approvvigiona ogni mattina del denaro necessario all’espletamento del servizio presso l’ufficio cassa è in questo momento che acquista la disponibilità del denaro. Il possesso di denaro, quindi, non derivava da un meccanismo fraudolento bensì dalla posizione rivestita dall’operatore UNEP addetto alle notifiche. Non vi è difetto di disponibilità del denaro. L’ufficio cassa non effettuava controlli rispetto alla preventiva richiesta avanzata dall’operatore. La fase iniziale dell’attività dell’ufficiale giudiziario è contrassegnata dal carattere indistinto del possesso del denaro nei rapporti con l’ufficio cassa e ciò alla luce dell’adempimento di compiti istituzionali assegnati all’ufficiale giudiziario. L’alterazione documentale e la falsa attestazione di una tipologia di operazione per la quale è stata richiesta l’anticipazione di somme non è apprezzabile quale causa rilevante della disponibilità conseguita del denaro. Quando si verifica definitivo vantaggio. L’alterazione documentale diventa rilevante e con essa il meccanismo fraudolento solo a fine mese quando il controllo postumo consente all’operatore di conseguire in via definitiva l’autonoma disponibilità del denaro a proprio vantaggio . Il meccanismo opera a posteriori e consente che il possesso – preventivamente e altrimenti conseguito dall’ufficiale giudiziario in ragione del servizio svolto – venga stabilmente e definitivamente deviato in direzione del soddisfacimento di fini personali. Differenza tra truffa e peculato possesso antecedente o effetto della condotta. La Corte ha chiarito che il discrimen tra truffa e peculato va individuato nel fatto che, nel delitto di peculato, il possesso e la disponibilità del denaro per fini istituzionali costituisce un antecedente” della condotta criminosa nella truffa, invece, l’impossessamento è effetto” della condotta. Non il tempo, ma il modo. La Suprema Corte chiarisce che a differenziare le due ipotesi delittuose non è la precedenza cronologica o la contestualità della frode rispetto alla condotta appropriativa ma il modo in cui il funzionario infedele acquista il possesso del denaro o del bene oggetto materiale del reato. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, pertanto, sussiste truffa se il conseguimento del possesso deriva immediatamente dall’inganno anche qualora sia aggravato dall’abuso dei poteri o dalla violazione di doveri inerenti la pubblica funzione , sussiste, invece, peculato se la frode è posta in essere per occultare l’illecita appropriazione da parte dell’agente del denaro o di altra res di cui aveva la legittima disponibilità in ragione del suo ufficio o servizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 marzo – 2 maggio 2016, numero 18177 Presidente Conti – Relatore Scalia Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Catania giudicando delle posizioni di S.P. , P.E. e C.A. , Ufficiali giudiziari B3, addetti alla notificazione degli atti civili a mezzo posta, in ordine ai reati di peculato e falso in atti pubblici loro in concorso ascritti, ritenuta la colpevolezza dei primi due ha condannato gli stessi alla pena di giustizia, assolvendo il C. , con la formula perché il fatto non costituisce reato. La Corte di appello di Catania, su gravame del Procuratore della Repubblica e di entrambi i prevenuti, in parziale riforma della sentenza di primo grado, previa a riqualificazione di talune delle contestate condotte di peculato in termini di truffa aggravata ai danni dello Stato posizione P. , per il capo f della rubrica b dichiarazione di non doversi procedere per altre condotte di reato ad entrambi i prevenuti ascritte perché estinte per maturata prescrizione capi d e g della rubrica, falsi c ridefinizione della responsabilità del P. a titolo di peculato limitatamente a talune delle condotte ascrittegli capo f della rubrica, relativamente all’appropriazione della somma di euro 2.978,03 ha condannato gli imputati alla conseguente pena. Si è in tal modo accertato come il P. ed il S. , violando gli obblighi previsti dalla disciplina di settore sulle modalità di anticipazione e di recupero delle spese per la notifica degli atti giudiziari d.P.R. numero 1229 del 1959, artt. 141, primo e secondo comma, 142 e 143 , si sono appropriati ed hanno conseguito, in via fraudolenta, somme di denaro per alterazione del dato contabile di riscontro a per le notifiche a richiesta di parte”, le cui spese gravavano sui privati, secondo il sistema dell’anticipazione in favore dell’ufficiale procedente per le ritenute ipotesi di peculato b per le notifiche in materia del lavoro, già spedite in conto credito e cioè senza corresponsione all’ufficio postale dell’importo occorrente, facendole risultare come anticipate dall’ufficiale giudiziario e come tali rimborsate secondo documentazione giustificativa. 2. Le difese di S. e P. propongono ricorso per cassazione avverso l’indicata sentenza. 3. La difesa del S. affida l’introdotto mezzo a tre motivi di ricorso. 3.1. Con il primo motivo, il ricorrente fa valere la nullità della sentenza di primo grado per violazione della legge processuale art. 606, comma 1, lett. b cod. proc. penumero , in relazione all’art. 522 cod. proc. penumero lamentando la non correlazione tra l’accusa contestata e l’accertamento condotto in sentenza. L’accertamento avrebbe infatti risentito di una consulenza tecnica disposta dal pubblico Ministero i cui esiti, ripresi dal giudice di primo grado e, quindi, dalla Corte di appello di Catania, avrebbero comportato una invalida estensione, in via retroattiva, del periodo in considerazione che, contestato in rubrica come ricompreso tra il 1 gennaio 2004 ed il 31 maggio 2006, sarebbe stato invece valutato secondo il più ampio arco temporale intercorrente tra il 1 gennaio 2003 ed il 31 maggio 2006. 3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione di legge per avere la Corte territoriale illegittimamente qualificato le condotte del prevenuto - quanto all’ottenuto rimborso delle spese di spedizione in relazione a notifiche di atti effettuate a richiesta dei privati - per riconduzione delle stesse alla fattispecie di cui all’art. 314 cod. penumero , pur in difetto di un pregresso possesso delle somme conseguite in capo all’agente. L’esistenza del possesso integrativo dei fatti di peculato avrebbe infatti richiesto la complicità, invece esclusa dal Tribunale, del cassiere, il C. , assolto in primo grado, che, per le svolte funzioni di responsabile della Cassa, avrebbe avuto la disponibilità delle somme. 3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente fa valere vizio di motivazione per apparenza e contraddittorietà della stessa, in relazione all’art. 476 cod. penumero . La Corte di appello avrebbe infatti ritenuto in capo al prevenuto l’evidenza di una serie di falsi, tanto da concludere per la declaratoria di prescrizione, in ragione degli esiti della consulenza del Pubblico Ministero viziata da incongruenze ed inesattezze - così per l’esistenza di un congruo numero di atti erroneamente trattati in consulenza come atti di lavoro” esenti da spese - che si sarebbero tradotte in una errata quantificazione delle somme oggetto di ritenuta appropriazione. 4. La difesa del P. con unico articolato motivo denuncia violazione di legge per erronea applicazione della norma penale e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione artt. 606, comma 1, lett. b , in relazione all’art. 314 cod. penumero , ed e cod. proc. penumero , per avere ritenuto i giudici di appello di sussumere la contestata condotta di apprensione della somma di euro 2.978,03 capo f della rubrica nel delitto di peculato e non in quello di truffa. Deduce il ricorrente come sarebbe mancata in capo all’agente una situazione di detenzione o possesso, diretto o mediato, della somma, trattandosi di un rimborso spese di atti richiesti dai privati art. 141, comma primo, d.P.R. 1229 del 1959 il cui pagamento non avveniva mai nelle mani del singolo ufficiale giudiziario, ma direttamente presso le casse dell’UNEP. Espone la difesa come la condotta del prevenuto fosse diretta ad ottenere un indebito rimborso attraverso modifiche ed alterazioni del numero di cronologico, del nome del richiedente o del destinatario giocando sulla duplice tipologia del meccanismo del rimborso sì da far apparire negli elenchi deputati ai rimborsi in favore di Poste Italiane S.p.A. - società convenzionata nell’esercizio del servizio ed anticipataria in tale veste degli esborsi quanto alle raccomandate spedite in conto credito”, spese postali relative ad atti richiesti dai privati che avevano invece già pagato all’UNEP la somma occorrente. Su siffatta premessa, conclude la difesa, la condotta contestata al prevenuto deve essere ricondotta al delitto di truffa. Ritenuto in diritto 1. I ricorsi sono infondati nei termini e per le ragioni di seguito indicate. 2. Sulla posizione S. . 2.1. Il primo motivo di ricorso è infondato non risultando integrato il dedotto vizio di nullità per violazione del canone processuale di corrispondenza tra contestazione e sentenza di condanna che non risulta quindi pronunciata per un fatto nuovo art. 522 cod. proc. penumero . Il diverso accertamento portato in motivazione in ordine alle somme oggetto di appropriazione non vale a descrivere la dedotta violazione. In tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza per aversi mutamento del fatto occorre, infatti, una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa. L’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione Sez. U, numero 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv.248051 , non maturando quindi situazioni di sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo Sez.6, numero 899 del 11/11/2014, Isolan, Rv. 261925 . 2.2. Il secondo motivo di ricorso è, del pari, infondato. La difesa censura infatti la sentenza della Corte di appello per avere la stessa riservato una differente qualificazione ai fatti contestati al prevenuto ai diversi capi della rubrica, apprezzando le condotte di appropriazione di somme anticipate dai privati per l’esecuzione di notifiche al di fuori della materia del lavoro, in termini di peculato e non di truffa. Evidenzia il ricorrente come il possesso del denaro ricevuto dalle parti private fosse in capo soltanto al cassiere dell’UNEP che provvedeva a rimborsare i vari ufficiali giudiziari richiedenti, previo svolgimento degli opportuni controlli, provvedendo ad emettere i vari mandati di pagamento. L’assoluzione in primo grado del cassiere avrebbe escluso la qualificabilità delle appropriazioni ai sensi dell’art. 314 cod. penumero , consentendo, al più, la ricomprensione delle contestate condotte nella previsione normativa di cui all’art. 640 cod. penumero . Secondo giurisprudenza di legittimità, in tema di peculato, il possesso qualificato dalla ragione dell’ufficio o del servizio non è solo quello che rientra nella competenza funzionale specifica del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, ma anche quello che si basa su un rapporto che consenta al soggetto di inserirsi di fatto nel maneggio o nella disponibilità della cosa o del denaro altrui, rinvenendo nella pubblica funzione o nel servizio anche la sola occasione per un tale comportamento Sez. 6, numero 12368 del 17/10/2012, Medugno, dep. 2013, Rv. 255998 Sez. 6, numero 14825 del 26/02/2014, Di Marzio, Rv. 259500 Sez. 6, numero 9660 del 12/02/2015, Sonca, Rv. 262458 Sez. 6, numero 18015 del 24/02/2015, Ambrosio, Rv. 263278 . La posizione del prevenuto è stata infatti certa occasione per conseguire il maneggio del denaro oggetto delle contestate anticipazioni di spese nel’ambito dell’attività di notifica degli atti processuali al primo istituzionalmente attribuito ex d.P.R. numero 1299 del 1959 poi d.P.R. numero 115 del 2002 . L’alterazione del dato documentale rappresentato dal far figurare, ad opera del S. , una tipologia di operazioni per la quale l’UNEP era tenuto ad anticipare al privato anticipazione postuma” di spese che andando in conto credito” sarebbero gravate invece su Poste Italiane S.p.A. giusta conclusa convenzione non assolve alla finalità di far conseguire in capo all’agente il possesso del denaro. La funzione svolta consentiva invero all’agente di ricevere il denaro in vista dei compiti da espletare nel corso della mattinata. Il possesso quindi del denaro non derivava al prevenuto da un meccanismo fraudolento, ma dalla posizione, comunque rivestita, di operatore UNEP addetto alle notifiche. Lo stesso meccanismo di conguaglio mensile, per il quale le ragioni di dare ed avere nei rapporti tra i singoli operatori e la Cassa si fissavano con cadenza postuma, avvalora l’indicato assunto. Non può dirsi in capo al singolo operatore il difetto di una preventiva disponibilità del denaro allorché egli ogni mattina si approvvigionava del contante necessario all’espletamento del servizio presso l’Ufficio Cassa sicché l’alterazione del dato documentale e la falsa attestazione in essa contenuta di una tipologia di operazione per la quale era richiesta l’anticipazione delle somme non è da apprezzarsi quale rilevante causa della conseguita disponibilità del denaro. L’Ufficio Cassa non effettuava alcun controllo contabile rispetto alla preventiva - rispetto all’incombente da espletare - richiesta avanzata dall’operatore, controllo la cui esistenza avrebbe segnato una soluzione di continuità tra l’iniziale obiettiva situazione di non disponibilità” e la successiva acquisita autonoma disponibilità” o possesso, del denaro in capo all’operatore sulla rilevanza del controllo contabile e quindi, per converso, dell’alterazione dei dati soggetti allo stesso, al fine di configurare un autonomo possesso Sez. 6, numero 50758 del 15/12/2015, Bolzan, Rv. 265931 . La fase iniziale dell’attività dell’operatore è, piuttosto, contrassegnata dal carattere indistinto del possesso del denaro nei rapporti tra il primo e l’Ufficio Cassa e ciò in ragione di un pronto adempimento dei compiti istituzionali. L’alterazione del dato e pertanto il meccanismo fraudolento diviene rilevante, e come tale passibile di controllo, solo a fine mese allorché, operando ormai con effetto postumo, lo stesso consente all’operatore di conseguire in via definitiva, a vantaggio personale proprio, il denaro. Le adottate modalità di frode non sono quindi, per la descritta cronologia delle condotte, destinate a produrre con carattere di immediatezza e definitività una autonoma disponibilità del denaro a vantaggio dell’operatore. L’indicato meccanismo, piuttosto, per una sorta di operatività a posteriori, fa sì che il possesso, preventivamente ed altrimenti conseguito dall’operatore per le ragioni del servizio svolto, venga stabilmente deviato per soddisfare i fini personali dell’agente già al primo ed immediato conseguimento senza così escludere la configurabilità del reato di cui all’art. 314 cod. penumero . Come già in più occasioni ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, infatti la differenza tra la truffa ed il peculato va individuata nel fatto che nel reato di peculato il possesso e la disponibilità del denaro per fini istituzionali costituisca un antecedente della condotta criminosa, mentre nella truffa l’impossessamento della res è l’effetto della condotta illecita. Quanto rileva quindi al fine di differenziare le due figure non è la precedenza cronologica o la contestualità della frode rispetto alla condotta appropriativa, ma il modo con il quale il funzionario infedele acquista il possesso del denaro o del bene costituente l’oggetto materiale del reato. Se il conseguimento del possesso deriva immediatamente dall’inganno anche aggravato dall’abuso dei poteri o dalla violazione dei doveri inerenti la pubblica funzione art. 61 numero 9 cod. penumero , si ha truffa allorché invece la frode sia posta in essere per occultare l’illecita appropriazione da parte dell’agente del denaro o della cosa di cui egli aveva la legittima disponibilità in ragione del suo ufficio o servizio, si ha peculato Sez. 6, numero 32863 del 25/05/2011, Pacciani, Rv. 250901 Sez. 6, numero 39010 del 10/04/2013, Baglivo, Rv. 256595 Sez. 6, numero 15795 del 06/02/2014, Campanile, Rv. 260154 . 2.3. Il terzo motivo è infondato. Il quadro motivatorio definito dalle pronunce di merito di primo e secondo grado consente di individuare con carattere di congruità e compiutezza i termini di accertamento dei contestati falsi per alterazione di stampigliature portate dalle distinte o, ancora, del dato attestante la svolta attività ad opera dell’ufficiale giudiziari al fine di consentire una ricostruzione della stessa ai fini contabili. In tema di vizio della motivazione, infatti, allorché le sentenze di primo e secondo grado si avvalgano di criteri omogenei di valutazione e di argomentazione logiche connotate da uniformità è possibile integrare le motivazioni spese dalla Corte di appello con quelle adottate dal giudice di primo grado e le eventuali carenze della seconda decisione, in ordine alle censure contenute nell’atto d’impugnazione, sono superabili mediante il richiamo agli argomenti adottati dalla prima sentenza Sez. 3, numero 10163 del 01/02/2002, Lombardozzi, Rv. 221116 Sez. 3, numero 44418 del 16/07/2013, Argentieri . L’indicato principio è destinato a valere, a maggior ragione, quando i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione impugnata Sez. 3, numero 13926 del 01/12/2011, Valerio, Rv. 252615 . 3. Posizione P. . L’unico articolato motivo di ricorso è infondato risultando lo stesso diretto a dare diversa qualificazione giuridica ai fatti di appropriazione ritenuti nell’impugnata sentenza capo F, sull’appropriazione delle somme percepite dal prevenuto dai privati anticipatari di spese di notifica . Il meccanismo appropriativo e per lo stesso la ritenuta esistenza in capo al prevenuto di un pregresso possesso quale diretta conseguenza dell’ufficio rivestito così per le somme percepite dai privati , sulla falsariga del ragionamento osservato al paragrafo 2.2. che precede, consente di ritenere l’infondatezza dello stesso. 4. Al rigetto dei ricorsi, segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.