Interviene a difesa della vittima e, dopo una colluttazione, sferra un pugno al presunto persecutore: niente legittima difesa putativa

Qualora sia impossibile comprendere, non solo se vi sia stato un pericolo attuale, e su chi incombesse, ma anche se la colluttazione fisica fosse l’unica soluzione difensiva possibile e se il pugno sferrato fosse proporzionato all’offesa, non è possibile vagliare la corretta applicazione dell’esimente della legittima difesa, neppure sotto il profilo putativo previsto dall’ultimo comma dell’art. 59 c.p

Questo il principio di diritto affermato dalla Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 18252/16, che ribalta la decisione di assoluzione emessa dal giudice di merito e annulla con rinvio per verificare se gli elementi fattuali consentano di applicare o meno la scriminate della legittima difesa. Per il giudice di merito vi è la legittima difesa. Proprio in un momento storico in pendono varie proposte parlamentari che vanno nella direzione di allargare l’ambito di applicazione della causa di giustificazione della legittima difesa, farà sicuramente discutere una pronuncia in cui gli ermellini ribaltano la sentenza del Giudice di Pace di Massa che aveva mandato assolto un uomo dal delitto di lesioni in quanto ritenuto il fatto scriminato dalla legittima difesa putativa” prevista dall’art. 59, ultimo comma, c.p Si era ritenuto in particolare che l’agente avesse agito nell’erronea convinzione dell’esistenza di una ausa esimente in quanto l’imputato aveva sferrato un pugno al volto di un altro uomo costituitosi parta civile per intervenire a tutela di una delle due donne di cui era in compagnia, con la quale la parte civile aveva intrattenuto una relazione sentimentale sfociata in una convivenza e che aveva poi subito dallo stesso atti persecutori motivo per il quale il Questore aveva emesso un provvedimento di ammonimento ex art. 8, d.l. n. 11/2009 . Ricorsi ammissibili. I giudici di legittimità in accoglimento dei ricorsi del P.M. ritenuto ammissibile in quanto al P.M. gli è precluso l’appello avverso la sentenza di assoluzione pronunciata dal giudice di pace e che pertanto può dolersi solo con il ricorso in cassazione, ovviamente per i soli vizi di legittimità e della parte civile che in applicazione dell’art. 569 c.p.p. può adire la Suprema Corte con ricorso immediato qualora lamenti la violazione di legge non ravvisa gli elementi costitutivi della ritenuta scriminante. Niente travisamento dei fatti. Ciò non tanto sotto il profilo del travisamento dei fatti lamentato dai ricorrenti. In particolare per il P.M. non era emerso che la reazione fisica contro la persona offesa fosse l’unico modo per l’imputato di sottrarsi all’aggressione. Senza considerare che quest’ultimo aveva sferrato l’azione offensiva con un solo colpo, ben assestato, considerato che egli praticava la boxe dovendosi quindi attendersi che egli agisse con modalità meno traumatiche . Per la parte civile invece la sentenza avrebbe affermato, contrariamente al vero, che all’epoca dei fatti era già stato emanato un provvedimento di ammonimento nei confronti della persona offesa e che, invece, in quel periodo i due ex conviventi continuavano a interrompere e riprendere la loro relazione. Inoltre, dopo che la persona offesa subì il montante dell’imputato, la stessa donna l’aveva seguito per sincerarsi delle sue condizioni. Ma la Cassazione esclude il travisamento dei fatti in quanto i ricorrenti non allegano gli atti dai quali tale vizio emergerebbe. Per la Suprema Corte i contorni della vicenda non sono chiari. Tuttavia, per gli ermellini dalla stessa sentenza impugnata non è possibile individuare la legittima difesa che ricorre, a norma dell’art. 52 c.p., quando l’autore del fatto abbia agito per la necessità di esservi costretto dalla 1 necessità di difendere un diritto proprio o altrui dal 2 pericolo attuale di una offesa ingiusta, 3 sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa. Ebbene, per la sentenza in commento a non vi era nessun pericolo concreto sulla donna che se ne stava tornando a casa seguita dalla persona offesa b anzi, nessuna costrizione dalla necessità di difendere un diritto della vittima di atti persecutori c non erano chiari i motivi della lite verbale sorta tra l’imputato e la parte civile e del perché la stessa fosse degenerata in una colluttazione fisica d proprio perché è impossibile comprendere se la colluttazione fisica fosse l’unica soluzione possibile, non si può verificare se il pugno sferrato dall’imputato fosse proporzionato all’offesa subito dalla ex. Conclusioni della Cassazione. Tutte le indicate circostanze non consentono di ritenere integrata l’esimente descritta dall’art. 52 c.p., neanche sotto il profilo della legittima difesa putativa, posto che non si comprendono da quali circostanze possa essere derivato l’errore in cui sarebbe incorso l’imputato nel ritenere la donna in pericolo. In ogni caso, come aveva ricordato il P.M. nel suo ricorso, occorreva verificare se, ritenuta la legittima difesa putativa, si potesse individuare una colpa dell’imputato, così da derubricare la condotta nel delitto di lesioni colpose infatti, il capoverso del comma 4 dell’art. 59 c.p., stabilisce che qualora l’errore sull’esistenza della causa di giustificazione sia determinato da colpa, la punibilità non è esclusa quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. Qualche considerazione critica sull’aggressione ingiusta nello stalking. Pur condividendo le conclusioni della sentenza, sia consentito puntualizzare alcuni aspetti giuridici della vicenda. Qualora fosse provato che la donna all’epoca dei fatti contestati fosse già vittima di atti persecutori e il suo ex la stava seguendo così concretizzando una delle condotte tipiche dello stalking non vi è dubbio che sarebbe presente il requisito dell’aggressione ingiusta al bene giuridico della tranquillità morale oggetto di tutela della fattispecie incriminatrice dell’art. 612- bis c.p. È pacifico, infatti, che l’aggressione ingiusta deve concretarsi in un pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto Sez. I, n. 47177/2015 Sulla legittima difesa putativa. Più complesso il discorso relativo alla reazione legittima che deve inerire alla necessità di difendersi, all’inevitabilità del pericolo ed alla proporzione tra difesa e offesa. In effetti nel nostro caso occorrerebbe provare che l’imputato abbia invitato l’ex della donna a desistere dalla condotta stalkizzante, che l’odierna parte civile abbia voluto ciononostante continuato l’azione persecutoria e soprattutto, ai fini dell’errore scusabile, nell’ambito della legittima difesa putativa, seppur abbia malamente compreso il contesto fattuale, abbia determinato nell’agente la giustificata persuasione che la donna si trovasse esposta al pericolo di un’offesa ingiusta cfr., Sez. I, n. 28224/2014 . In mancanza di dati concreti, invece, l’esimente non può ricondursi a un criterio di carattere meramente soggettivo identificato dallo stato d’animo del soggetto attivo Sez. I, n. 28802/2014 .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 gennaio – 2 maggio 2016, n. 18252 Presidente Fumo – Relatore Vittorio Ritenuto in fatto 1 - Con sentenza del 9 dicembre 2014 il Giudice di pace di Massa assolveva G.A. considerando che il delitto a lui attribuito, le lesioni cagionate il omissis ad L.A. che si era costituito parte civile , era scriminato dalla causa di giustificazione della legittima difesa putativa. L’imputato, infatti, aveva colpito il L. con un pugno al volto ritenendo di dover intervenire a difesa di P.I. , una delle due giovani donne che si trovava in sua compagnia, che dal medesimo L. , già suo convivente, aveva patito atti persecutori per tale ragione il Questore aveva emesso un provvedimento a suo carico un provvedimenti di tutela della donna . L’altra giovane era l’ex fidanzata del G. . 2 - Fra i due uomini, in strada, era sorta prima una lite verbale che era poi degenerata in una colluttazione nel corso della quale G. aveva colpito L. al viso. G. era già al corrente, per la pregressa frequentazione con le due giovani donne, dei problemi causati dal L. alla P 3 - Contro la predetta sentenza propongono ricorso sia la pubblica accusa, sia la costituita parte civile. 4 - Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Massa si duole del riconoscimento della causa di giustificazione della legittima difesa, seppur putativa. 4 - 1 - Con il primo motivo deduce la violazione di legge, ed in particolare dell’art. 52 cod. pen., posto che il giudice aveva applicato la scriminante in assenza del requisito della necessità di difendersi. Non era infatti emerso che la reazione fisica contro la persona offesa fosse l’unico modo per l’imputato per sottrarsi alla sua aggressione. 4 - 2 - Con il secondo motivo lamenta la contraddittorietà della motivazione laddove il giudice aveva ricavato il requisito della proporzionalità fra offesa e difesa dal fatto che G. aveva contrastato l’azione offensiva del L. con un solo colpo, ben assestato, considerando che egli praticava la boxe. Era quindi evidente la sproporzione delle forze e sarebbe stato logico e doveroso attendersi che l’imputato agisse contro L. con modalità meno traumatiche. Né il giudice aveva verificato se, ritenuta la legittima difesa putativa, si potesse individuare una colpa dell’imputato, così da dovere derubricare la condotta nel delitto di lesioni colpose. 5 - Il ricorso della parte civile L.A. è espressamente volto ad ottenere la condanna dell’imputato ai soli effetti civili. 5 - 1 - Con il primo motivo deduce la violazione di legge, ed in particolare dell’art. 52 cod. pen., in ordine alla ritenuta sussistenza degli elementi posti a fondamento della scriminante. Censura, infatti, la sentenza laddove questa aveva affermato, contrariamente al vero, che, all’epoca dei fatti, fosse già stato emanato un provvedimento di tutela della P. visto che costei l’aveva smentito, affermando che, nel periodo in cui era avvenuto l’episodio contestato, nel marzo 2011, lei e L. continuavano ad interrompere e a riprendere la loro relazione e che, solo nell’agosto 2012, era stato emesso l’ammonimento del Questore a sua tutela nei confronti del L. . Era quindi evidente anche il travisamento dei fatti posti a fondamento della ritenuta scriminante. Non rispondeva neppure al vero che L. , in quella occasione, si fosse mostrato aggressivo verso la P. posto che la stessa aveva riferito che, dopo il colpo che questi aveva subito dall’imputato, era fuggito e lei stessa l’aveva seguito per sincerarsi delle sue condizioni, dimostrando così di non averne avuto alcun timore. Errata era anche la considerazione che l’imputato conoscesse i pregressi problemi fra P. e L. visto che questi erano sorti solo in epoca successiva. 5 - 2 - Con il secondo motivo denuncia violazione di legge ed in particolare dell’art. 52 cod. pen. difettando, nel caso concreto, il requisito della proporzionalità fra la difesa e l’offesa, dovendosi considerare che l’imputato era un pugile agonista così che la disparità delle forze gli avrebbe dovuto vietare quel tipo di condotta, un pugno al viso, compiuta ai danni del L. . Peraltro non risultava che questi avesse inferto al G. alcuna lesione o danno. Considerato in diritto 1 - Il ricorso del pubblico ministero è ammissibile in considerazione del fatto che gli è precluso l’appello avverso la sentenza di assoluzione pronunciata dal giudice di pace e che, pertanto, puo’ dolersi della decisione solo con il ricorso in cassazione, ovviamente per i soli vizi di legittimità Cass. Sez. 4, n. 47995 del 18/09/2009, Rv. 245741, imp. Di Loreto Cass. Sez. 5, n. 19331 del 30/04/2012, Rv. 252902, imp. De Francesco . Come, del resto, dispone espressamente l’art. 36, secondo comma, decreto legislativo 28 agosto 2000 n. 74. 2 - Il ricorso della parte civile è anch’esso ammissibile. Il decreto legislativo 28 agosto 2000 n. 74 regolamenta infatti solo l’impugnazione del pubblico ministero art. 36 , dell’imputato art. 37 e del querelante che abbia adito il giudice con il ricorso immediato previsto dall’art. 21 art. 38, quando la parte privata impugni anche agli effetti penali così mantenendo quel potere d’iniziativa anche sul piano sanzionatorio che aveva già esercitato con la citazione diretta dell’imputato a giudizio e non l’impugnazione esperibile dalla parte civile, come nel caso dell’odierna fattispecie. Ne consegue che, ai sensi dell’art. 2 del medesimo decreto che rinvia, per quanto non diversamente previsto per i procedimenti davanti al Giudice di pace, alle norme del codice di procedura penale , deve farsi riferimento al disposto dell’art. 576 cod. proc. pen., secondo il quale la parte civile puo’ proporre impugnazione ai soli effetti della responsabilità civile contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio . E così, in applicazione dell’art. 569 cod. proc. pen., la parte civile puo’ adire questa Corte con ricorso immediato, qualora, come nel caso di specie, lamenti la violazione di legge. 3 - I ricorsi sono fondati. La causa di giustificazione della legittima difesa ricorre, ai sensi dell’art. 52 cod. pen., quando l’autore del fatto, altrimenti costituente reato, abbia agito per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui dal pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa. Questa Corte non puo’ rivalutare il fatto così come ricostruito nella sentenza impugnata anche se con ben scarni accenni al concreto accaduto così come emerge dalle deposizioni assunte acquisite , posto che entrambi i ricorrenti, nell’assumere il travisamento della prova, non allegano gli atti dai quali tale vizio emergerebbe Cass. Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Rv. 265053, imp. Bregamotti . Tuttavia, anche dalla mera lettura della sentenza impugnata, non si ravvisano gli elementi costitutivi della ritenuta scriminante. Non si comprende innanzitutto quale pericolo concreto incombesse sulla P. che se ne stava tornando a casa e che era stata semplicemente seguita dal L. . Né è chiaro in cosa fosse consistito l’atteggiamento aggressivo mostrato dall’imputato, né si comprende il contenuto e le ragioni della lite verbale insorta fra G. e L. , a seguito del sopraggiungere del primo, e il motivo per cui la stessa fosse poi degenerata in una colluttazione fisica e per iniziativa di chi dei due uomini. È quindi impossibile comprendere/non solo se vi fosse stato un pericolo attuale, e su chi incombesse, ma anche se la colluttazione fisica fosse l’unica soluzione difensiva possibile. E tutto cio’ impedisce anche di verificare se il pugno sferrato dall’imputato fosse proporzionato all’offesa, considerando anche che non emerge che nessuno degli altri protagonisti della vicenda, oltre L. , e quindi le due ragazze ed il G. , abbiano patito lesioni. Tutte circostanze che non consentono di vagliare la corretta applicazione del disposto dell’art. 52 cod. pen. neppure sotto il profilo previsto dall’ultimo comma dell’art. 59 cod. pen., posto che con si comprende da quali circostanze possa esser derivato l’errore in cui sarebbe incorso l’imputato nel ritenere la P. , dopo la lite verbale da lui ingaggiata con L. , in pericolo. La sentenza va pertanto annullata ed il giudice di rinvio dovrà più congruamente motivare il giudizio che, alla luce dei fatti emersi, ritenga di adottare. P.Q.M. In accoglimento del ricorso del Procuratore della Repubblica e della parte civile, annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Giudice di pace di Massa.