L’esercizio di critica politica deve fondarsi su fatti veri

In una delle ultime pronunce della Cassazione penale in tema di ingiuria, fattispecie come noto depenalizzata a seguito del d.lgs. n. 7/2016, la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire i rapporti sussistenti tra diritto di critica politica e verità del fatto specifico attribuito all’ingiuriato.

Con la sentenza n. 18262/16, depositata il 2 maggio, si è affermato, sulla scorta di una serie di precedenti piuttosto consolidati, che l’esercizio del diritto di critica politica può rendere non punibili espressioni anche aspre e giudizi di per sé ingiusti, tesi a stigmatizzare comportamenti realmente tenuti da un personaggio pubblico, ma non può scriminare la falsa attribuzione di una condotta scorretta, utilizzata come fondamento per l’esposizione a critica del personaggio stesso . Ciò in quanto la critica politica deve pur sempre fondarsi sull’attribuzione di fatti veri, posto che nessuna interpretazione soggettiva, che sia fonte di discredito per la persona che ne sia investita, può ritenersi rapportabile al lecito esercizio del diritto di critica, quando tragga le sue premesse da un prospettazione dei fatti opposta alla verità . Tali principi sono piuttosto ragionevoli oltre che pacifici. Del resto, una critica fondata sul falso è di per sé una contraddizione, posto che non può che essere a sua volta falsa e, quindi, inaccettabile, date le premesse da cui parte. Ciò detto, tuttavia, rimane da comprendere se le espressioni utilizzate debbano essere di per sé ingiuriose oppure se basti, per l’integrazione della fattispecie de qua , peraltro ancora giuridicamente rilevante, attribuire ingiustamente ad una persona la responsabilità di un fatto specifico. Chiaramente se manca il dolo della falsità e, dunque, consapevolezza sul punto, la responsabilità non dovrebbe sussistere vi può chiaramente essere colpa” nella selezione delle fonti di prova, ma – in fondo – al diritto specie processuale non dovrebbe sembrare estraneo né abnorme il fatto che una persona si formi il proprio convincimento, in maniera errata, sulla responsabilità di un fatto. Ma se ciò è, è comunque ben chiaro che la legge prevede espressamente il caso in cui la prova del fatto” attribuito abbia rilevanza ai fini dell’ingiuria si tratta dell’art. 596 c.p., che disciplina minuziosamente il punto in questione. Ecco che allora si comprende come tale aspetto id est la verità del fatto specifico attribuito diviene in linea di principio irrilevante e ciò che invece importa è comprendere se vi sia stata di per sé attribuzione di ingiurie ed il contesto nel quale le ingiurie sono state proferite. La critica politica. Qui rientra il contesto della critica politica, che di per sé è capace di scriminare una condotta altrimenti sanzionabile. Se, dunque, il contesto politico può giustificare l’espressione ingiuriosa, laddove non vi sia stato il deferimento al giurì d’onore art. 596 c.p. la definizione sulla verità del fatto o comunque il giudizio non abbia avuto come punto specifico di accertamento tale verità”, in che modo può escludersi l’applicazione della scriminante in oggetto? E’ chiaro che il giudizio sulla verità del fatto attribuito è un giudizio incidentale, ma è oltremodo chiaro che il giudice non può liberamente porlo a base del suo convincimento, stante il disposto dell’art. 596 c.p. più volte citato. Vi è allora una zona grigia nella quale la massima della Cassazione non può applicarsi e nella quale vi è ampia possibilità di richiamare la scriminante della critica politica senza troppo preoccuparsi di dimostrare o meno la verità del fatto specifico attribuito. Da tutto ciò si ricava come, in verità, gli spazi per una punibilità concreta delle ingiurie espresse in ambito politico, sempre che non si travalichino i limiti della continenza e della proporzionalità, siano stati piuttosto rari. Del resto, anche nel caso di specie, deciso poco prima dell’entrata in vigore del predetto d.lgs. n. 7/2016 ed per il quale le espressioni usate non appaiono sinceramente così gravi rispetto a quelle talvolta udite nelle più alte aule politiche, la punibilità in sede penale era stata esclusa e la Cassazione non ha potuto, mancando il ricorso della procura generale, che rinviare al giudice civile per un nuovo giudizio. Ma, dopo tutto e a chiusura, un po’ provocatoriamente, si può domandare se l’onore di una persona non ha più un gran valore o comunque non è più considerato un valore pregnante della comunità, che senso ha preoccuparsi della verità dei fatti attribuiti con le ingiurie?

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 gennaio – 2 maggio 2016, n. 18262 Presidente Fumo – Relatore Caputo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza deliberata il 09/05/2012, il Giudice di pace di Guspini dichiarava M.F. colpevole del reato di cui all’art. 594, terzo comma, cod. pen., perché, in presenza di più persone, durante una seduta del Consiglio comunale di , aveva offeso l’onore e il decoro di R.R. , presente alla seduta, dichiarando è evidente che qua ci troviamo di fronte alla situazione in cui qualcuno, in qualche maniera, ovvero l’ing. R. ha sollecitato il Geom. S. a fare un’operazione che dal punto di vista non so come si chiami ma siamo sull’ordine di un imbroglio anche se non penso che il Geom. S. si presti ad operazioni di questo tipo ed ancora dichiarando che da un punto di vista morale era comunque riprovevole che di fronte alla perdita di un finanziamento importante il progettista non chieda scusa ma chieda ulteriori somme, di fronte al fatto che le modifiche richieste ed apportate erano assolutamente poco influenti . M. era stato condannato alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della parte civile R.R 2. Investito dell’appello proposto dall’imputato, il Tribunale di Cagliari, con sentenza deliberata il 20/11/2014, ha assolto M. dal reato ascrittogli, riconoscendo la sussistenza della scriminante della critica politica ex art. 51 cod. pen 3. Avverso l’indicata sentenza del Tribunale di Cagliari ha proposto ricorso per cassazione R.R. , attraverso il difensore avv. M. Canessa, denunciando - nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. - inosservanza o erronea applicazione dell’art. 51 cod. pen. e vizi di motivazione. La sentenza impugnata sovrappone erroneamente alla veridicità del fatto la sua possibile scriminabilità alla luce del contesto il rispetto della verità del fatto può subire un affievolimento, ma non può scriminare l’asserzione di falsità. Nessun cenno è dedicato dalla sentenza impugnata a conforto della ritenuta integrazione del requisito della verità del fatto, tanto più che dagli atti prodotti nel corso del giudizio e allegati al ricorso sono state evidenziate la falsità delle affermazioni di M. e la sua piena consapevolezza di tale falsità. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere accolto, nei termini di seguito indicati. 2. In premessa, giova ricordare che, in ordine alla portata della presunzione di efficacia della procura stabilita dall’art. 100, comma 3, cod. proc. pen., il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità afferma, con riguardo alla parte civile, che la necessità di un nuovo mandato successivo alla procura speciale rilasciata sussiste solo con riferimento allo svolgimento di attività non difensive, come proporre domande o impugnare la sentenza v. Cass. sez. 3 n. 21284 del 2003, rv. 224517 Cass. n. 11657 del 1997, rv. 209260 e che per il semplice esercizio di attività difensionali non è necessario un nuovo mandato Sez. 1, n. 3601 del 20/12/2007 - dep. 23/01/2008, Gallo e altro, Rv. 238370 conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 41167 del 09/07/2014 - dep. 03/10/2014, Panatta, Rv. 260682 . Nel caso in esame non si verte in ipotesi di mero esercizio di attività defensionale, ma della proposizione di impugnazione della decisione di appello, sicché occorre esaminare la validità, a questi effetti, della nomina dell’avv. Mario Canessa, che ha sottoscritto il ricorso per cassazione. Al riguardo, giova richiamare il principio di diritto affermato dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui è legittimato a proporre appello il difensore della parte civile munito di procura speciale mandato alle liti anche se non contenente espresso riferimento al potere di interporre il detto gravame, posto che la presunzione di efficacia della procura per un solo grado del processo , stabilita dall’art. 100, comma 3, cod. proc. pen., può essere vinta dalla manifestazione di volontà della parte - desumibile dalla interpretazione del mandato - di attribuire anche un siffatto potere Sez. U, n. 44712 del 27/10/2004 - dep. 18/11/2004, P.C. in proc. Mazzarella, Rv. 229179 la procura speciale ex art. 100 cod. proc. pen. deve contenere la chiara manifestazione di volontà di affidare a un determinato professionista l’incarico di svolgere le difese necessarie alla tutela delle proprie ragioni in quella specifica procedura, senza che sia necessaria l’adozione di formule sacramentali Sez. 6, n. 1286 del 12/12/2013 - dep. 14/01/2014, Galluzzi, Rv. 258417 conf. Sez. U, n. 47239 del 30/10/2014 - dep. 17/11/2014, Borrelli . In questa prospettiva, la giurisprudenza di legittimità ha affermato, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, che il difensore del terzo interessato è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la decisione di conferma del decreto di confisca anche qualora sia munito di una procura speciale mandato alle liti non contenente espresso riferimento al potere di interporre detto gravame, purché la presunzione di efficacia della procura per un solo grado del processo , stabilita dall’art. 100, comma 3, cod. proc. pen., possa essere vinta dall’univoca manifestazione di volontà della parte, desumibile dalla interpretazione del mandato, di attribuire anche un siffatto potere Sez. 6, n. 21898 del 11/02/2014 - dep. 28/05/2014, Taccini e altro, Rv. 260613, in una fattispecie in cui il testo della procura, conferita nella fase di merito, faceva riferimento alla possibilità di proporre impugnazioni . La possibilità di vincere la presunzione indicata è stata, invece, esclusa in una fattispecie in cui il testo della procura mancava di qualsiasi riferimento alla facoltà di impugnazione ed esplicitava il conferimento al difensore del potere di concludere e depositare comparsa conclusionale, il che rendeva plausibile che la procura fosse stata rilasciata per un solo grado di giudizio Sez. 3, n. 37220 del 16/05/2013 - dep. 11/09/2013, P.C., Abiati e altro, Rv. 256972 , così come in un caso in cui era stata conferita procura con ogni più ampia facoltà difensiva, nessuna esclusa ed eccettuata , senza alcun riferimento alla facoltà di impugnazione Sez. 5, n. 42660 del 28/09/2010 - dep. 01/12/2010, P.C. in proc. Moretti, Rv. 249337 . Sempre in questa prospettiva, la giurisprudenza di legittimità ha sottolineato che la presunzione di efficacia della procura speciale soltanto per un determinato grado del processo, stabilita dall’art. 100, comma 3, cod. proc. pen., può essere superata da una volontà diversa espressa nell’atto e ha precisato che la manifestazione di tale volontà sussiste nel caso di richiamo globale ad ogni grado di giudizio , mentre deve essere esclusa nel caso di procura contenente il semplice riferimento ad ogni facoltà di legge , riferimento che, in assenza di ulteriori specificazioni, deve essere riportato al solo grado di giudizio in cui il conferimento è stato operato Sez. 5, n. 33369 del 25/06/2008 - dep. 12/08/2008, Pugliese, Rv. 241392 . Ciò premesso, rileva il Collegio che la procura conferita da R.R. in data 05/06/2008 ai fini della costituzione di parte civile conteneva un espresso riferimento all’assistenza e alla rappresentanza in ogni fase e grado, anche di impugnazione , riferimento che, al lume della giurisprudenza richiamata, è idoneo a vincere la presunzione stabilita dall’art. 100, comma 3, cod. proc. pen 3. Passando al merito delle censure, mette conto osservare che la sentenza di appello esamina la parte di imputazione relativa alle espressioni tese a censurare la riprovevolezza della condotta di R. , che non si era scusato per la perdita dl finanziamento, ma aveva chiesto ulteriori somme oltre a correggere - alla luce della trascrizione del dibattito svoltosi nel Consiglio comunale - il tenore delle espressioni, in termini che attenuano i toni complessivamente usati dall’imputato, la sentenza osserva che la frase non può ritenersi lesiva dell’onore e del decoro di R. . Tale conclusione non merita censure, posto che le espressioni riportate nella parte di imputazione in esame non sono qualificabili alla stregua di frasi gratuitamente espressive di sentimenti ostili Sez. 5, n. 48712 del 26/09/2014 - dep. 24/11/2014, Magistà e altro, Rv. 261489 , ma risultano espressive di una critica politica in ragione del contesto in cui le frasi sono state pronunciate, ossia nell’ambito di una polemica politica avente attinenza con il contenuto dell’addebito denigratorio formulato a carico dell’avversario Sez. 5, n. 7626 del 04/11/2011 - dep. 27/02/2012, P.G. in proc. De Simone, Rv. 252160 . A diversa conclusione deve giungersi con riferimento alla parte di imputazione relativa alla frase con la quale M. attribuisce a R. la sollecitazione al geom. S. di fare un’operazione che si connota come un imbroglio. Sul punto, la sentenza impugnata osserva che, tenuto conto della sede politica in cui fu pronunciata si trattava della risposta all’interpellanza di quattro consiglieri comunali l’espressione non assume carattere offensivo secondo il giudice di appello, la volontà di M. non era quella di apostrofare R. come imbroglione, truffatore o ladro, emergendo piuttosto la volontà di dare una risposta, eventualmente mettendo in discussione l’operato dei destinatari, su una vicenda in relazione alla quale erano stati chiesti chiarimenti. Per questa parte dell’imputazione sussiste il vizio denunciato. L’esercizio del diritto di critica politica può rendere non punibili espressioni anche aspre e giudizi di per sé ingiuriosi, tesi a stigmatizzare comportamenti realmente tenuti da un personaggio pubblico, ma non può scriminare la falsa attribuzione di una condotta scorretta, utilizzata come fondamento per l’esposizione a critica del personaggio stesso Sez. 5, n. 14459 del 02/02/2011 - dep. 11/04/2011, Contrisciani, Rv. 249935 conf. Sez. 5, n. 24087 del 13/01/2004 - dep. 26/05/2004, Boldrini, Rv. 228900 il riferimento all’imbroglio è all’evidenza idoneo ad attribuire alla persona offesa una condotta scorretta, laddove la sentenza impugnata non analizza il profilo della corrispondenza al vero dell’accusa. Profilo, invece, decisivo poiché, ai fini dell’applicazione dell’esimente di cui all’art. 51 cod. pen., la critica politica - che nell’ambito della polemica fra contrapposti schieramenti può anche tradursi in valutazioni e commenti tipicamente di parte , cioè non obiettivi - deve pur sempre fondarsi sull’attribuzione di fatti veri, posto che nessuna interpretazione soggettiva, che sia fonte di discredito per la persona che ne sia investita, può ritenersi rapportabile al lecito esercizio del diritto di critica, quando tragga le sue premesse da una prospettazione dei fatti opposta alla verità Sez. 5, n. 7419 del 03/12/2009 - dep. 24/02/2010, Cacciapuoti, Rv. 246096 . 4. Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere annullata agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. P.Q.M. Annulla agli effetti civili la sentenza impugnata, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.