Se l’imputata lamenta l’omessa assistenza linguistica nel corso dell’udienza in camera di consiglio

L’eccezione di nullità a regime intermedio deve essere eccepita prima del suo compimento poiché il silenzio implica l’accettazione degli effetti dell’atto.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17410/16, depositata il 28 aprile. Il diritto all’interprete ed alla traduzione degli atti maggiormente significativi del procedimento penale. In linea generale il diritto all’interpretazione e alla traduzione deve essere garantito dal momento in cui le persone interessate sono messe a conoscenza di essere indagate o accusate di un reato penale sino alla conclusione del procedimento penale, ivi compresa l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle istanze in corso. Nel caso di specie, il Tribunale dapprima, all'esito del giudizio abbreviato, e la Corte d'appello successivamente condannavano l'imputata alla pena di 4 anni di reclusione oltre ad euro 14.000 di multa per aver illecitamente detenuto 1.229,6 grammi di cocaina occultati nell'addome previa ingerimento di 93 ovuli. Il legale della ricorrente in Cassazione, avverso il provvedimento di secondo grado, proponeva ricorso articolando un unico motivo di impugnativa. In particolare, deduceva il vizio di violazione di legge processuale per erronea applicazione dell'art 143 c.p.p. atteso che l'ordinanza del gip, in sede di abbreviato, aveva affermato che l'imputata, cittadina nigeriana, parlasse e comprendesse l'italiano. Il rigetto della richiesta di assistenza linguistica aveva -secondo la difesa della ricorrente determinato una nullità assoluta capace di intaccare anche la scelta di accedere al rito abbreviato. La Cassazione, però, a sua volta rigetta il ricorso chiarendo che l'omessa assistenza linguistica, nella duplice dimensione del diritto all'interprete e del diritto alla traduzione degli atti maggiormente significativi del procedimento penale, riguarda l'intervento e l'assistenza dell'imputato ex art. 178, lett c, c.p.p. e, dunque, non integra una nullità assoluta insanabile ex art. 179, comma 1, c.p.p. Infatti, quest'ultima disposizione limita la categoria quanto all'imputato alla omessa citazione oppure alla assenza del difensore nei casi di obbligatorietà. Trattandosi, invece, di una nullità a regime intermedio ex art 180 c.p.p. la stessa va eccepita immediatamente prima dell'atto quando la parte vi assiste ed è suscettibile di sanatoria. Nel caso di specie risultava che l'imputata, nei confronti della quale era stata assicurata la traduzione nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto, avesse partecipato al giudizio abbreviato senza assistenza linguistica. Nel verbale di udienza celebrata dinanzi al gip si dava, inoltre, atto della conoscenza della lingua italiana da parte dell'imputata e tale attestazione non risultava essere stata contestata dalla stessa dall'avvocato di fiducia presente ne poteva ritenersi automaticamente erronea in ragione delle precedenti decisioni difformi. Le nullità a regime intermedio e la loro disciplina. In assenza di eccezioni relative alla mancanza dell'interprete per gli Ermellini non è sindacabile, sulla base delle sole deduzioni difensive, l'accertamento in fatto del giudice di merito che ha attestato la conoscenza della lingua italiana e dunque la non necessità di assistenza linguistica. D'altro canto già in precedente pronunzia delle Sezioni Unite veniva precisato che il riconoscimento del diritto all'assistenza dell'interprete non discente automaticamente, come atto dovuto ed imprescindibile, dal mero status di apolide o straniero. Ma richiede l'ulteriore presupposto in capo a quest'ultimo della accertata ignoranza della lingua italiana. In ogni caso, pur volendo ammettere la mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell'imputata, nondimeno la scelta di definire il processo con le forme del giudizio abbreviato, senza eccepire l'assenza dell'interprete all'udienza camerale, implica una accettazione degli effetti dell'atto rilevante ai sensi dell'art. 183, lett. a, c.p.p Sembra, inoltre, ragionevole ritenere che quello sulla competenza linguistica sia un accertamento di mero fatto, rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità se motivato in maniera corretta ed esaustiva, in linea con quanto affermato anche dalla più recente giurisprudenza della Corte. Quando si eccepisce una nullità a regime intermedio. Inoltre, trattandosi di nullità a regime intermedio la stessa avrebbe dovuto essere eccepita prima del suo compimento ovvero, qualora ciò non fosse possibile immediatamente, dopo e comunque non può più essere rilevata né dedotta dopo la deliberazione della sentenza di primo grado oppure, se si sia verificata nel giudizio, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 gennaio – 28 aprile 2016, n. 17410 Presidente Rosi – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 22 gennaio 2015 il Gip del Tribunale di Modena, all’esito del giudizio abbreviato, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, condannava S.J. alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 14.000,00 di multa, per aver illecitamente detenuto gr. 1.229,6 di cocaina, occultati nell’addome previo ingerimento di 93 ovuli. Con sentenza del 14 luglio 2015 la Corte di Appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado. 2. Avverso tale provvedimento il difensore dell’imputata, Avv. Monica Reggiani, ha proposto ricorso per cassazione, articolando un unico motivo di ricorso. Deduce il vizio di violazione di legge processuale, per erronea applicazione dell’art. 143 cod. proc. pen. l’ordinanza del 22/01/2015 del Gip, in sede di abbreviato, ha affermato che l’imputata, cittadina nigeriana, parlasse e comprendesse l’italiano il rigetto della richiesta di assistenza linguistica ha determinato una nullità assoluta, ex art. 178, lett. c , cod. proc. pen., che ha coinvolto anche la scelta di accedere al rito abbreviato la Corte di Appello, ritenendo contraddittoria la prova dell’effettiva conoscenza della lingua italiana, ha nominato un interprete, come del resto già fatto dal Gip di Modena nell’ordinanza di ammissione e fissazione del giudizio abbreviato lamenta che la sentenza impugnata, ritenendo che la nullità fosse stata sanata dalla scelta del rito, ha erroneamente rigettato l’eccezione di nullità proposta con i motivi di appello, ed ha confermato la sentenza di condanna. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. La ricorrente lamenta l’omessa assistenza linguistica nel corso dell’udienza in camera di consiglio per il giudizio abbreviato e, verosimilmente, l’omessa traduzione della sentenza , in quanto fondata su un accertamento insufficiente della conoscenza linguistica dell’imputata, e contraddittorio con la precedente scelta del Gip e con la successiva decisione della Corte di Appello. Al riguardo, giova chiarire che l’omessa assistenza linguistica - nella duplice dimensione del diritto all’interprete e del diritto alla traduzione degli atti maggiormente significativi del procedimento penale - riguarda l’intervento e l’assistenza dell’imputato art. 178, lett. c , cod. proc. pen. , e, dunque, non integra una nullità assoluta ed insanabile ai sensi dell’art. 179, comma 1, cod. proc. pen. che limita la categoria, quanto all’imputato, all’omessa citazione o all’assenza del difensore nei casi di obbligatorietà . Trattandosi, dunque, di una nullità a regime intermedio art. 180 cod. proc. pen. , va eccepita immediatamente prima dell’atto, quando la parte vi assiste art. 182, comma 2, cod. proc. pen. , ed è suscettibile di sanatoria, ai sensi dell’art. 183 cod. proc. pen 2.1. Ebbene, nel caso di specie risulta che l’imputata, nei confronti della quale era stata assicurata la traduzione nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto, abbia partecipato al giudizio abbreviato senza assistenza linguistica. Al riguardo, va preliminarmente evidenziato che nel verbale dell’udienza del 22 gennaio 2015 celebrata dinanzi al Gip del Tribunale di Modena si dà atto della conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputata e tale attestazione non risulta essere stata contestata dall’imputata ovvero dal difensore di fiducia presente, né può ritenersi automaticamente erronea, in ragione delle precedenti decisioni difformi Sez. 3, n. 37364 del 05/06/2015, B., Rv. 265185 La pregressa nomina dell’interprete come l’eseguita traduzione di alcuni atti del procedimento in favore di imputato straniero non costituiscono una prova automatica della ignoranza della lingua italiana da parte di questo, né vincolano in tal senso il giudice, sempre libero di accertare, in ogni momento o fase del giudizio, la conoscenza effettiva della lingua sulla base di circostanze univoche di segno diverso . Dunque, alcuna censura all’apprezzamento di fatto sotteso all’attestazione di conoscenza della lingua italiana, ed alla conseguente scelta di non nominare un interprete, è stata proposta dal difensore o dall’imputata. Né, del resto, può ipotizzarsi una inconsapevole scelta processuale nella decisione di accedere al giudizio abbreviato, atteso che l’ordinanza di ammissione e fissazione dell’udienza camerale risulta essere stata tradotta nella lingua inglese. In assenza di eccezioni relative alla mancanza di un interprete, dunque, non appare sindacabile, sulla base delle sole deduzioni difensive, l’accertamento in fatto del giudice di merito, che ha attestato la conoscenza della lingua italiana, e di conseguenza la non necessità di assistenza linguistica Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239693 Il riconoscimento del diritto all’assistenza dell’interprete non discende automaticamente, come atto dovuto e imprescindibile, dal mero status di straniero o apolide, ma richiede l’ulteriore presupposto, in capo a quest’ultimo, dell’accertata ignoranza della lingua italiana Sez. F, n. 44016 del 04/09/2014, Vjerdha, Rv. 260997 In tema di traduzione degli atti, anche in seguito alla riformulazione dell’art. 143, cod. proc. pen., ad opera dell’art. 1, comma primo, lett. b, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 32, l’accertamento relativo alla conoscenza da parte dell’imputato della lingua italiana spetta al giudice di merito, costituendo un’indagine di mero fatto non censurabile in sede di legittimità se motivato in termini corretti ed esaustivi Sez. 6, n. 28697 del 17/04/2012, Wu, Rv. 253250 . 2.2. In ogni caso, pur volendo ammettere la mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputata, nondimeno la scelta di definire il processo con le forme del giudizio abbreviato, senza eccepire l’assenza dell’interprete all’udienza camerale, implica una accettazione degli effetti dell’atto rilevante ai sensi dell’art. 183, lett. a, cod. proc. pen. Sez. U, n. 39298 del 26/09/2006, Cieslinsky, Rv. 234835 L’omessa traduzione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari in una lingua nota all’indagato, che non comprenda la lingua italiana, determina una nullità di ordine generale a regime intermedio che non può essere dedotta a seguito della scelta del giudizio abbreviato, in quanto la richiesta del rito speciale opera un effetto sanante della nullità ai sensi dell’art. 183 cod. proc. pen. Sez. 2, n. 18781 del 09/04/2014, Masciullo, Rv. 259523 Anche a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 32 del 2014, con cui è stata data attuazione alla direttiva 2010/64/UE sull’assistenza linguistica, la omessa traduzione in una lingua nota all’imputato delle dichiarazioni rese da una persona informata sui fatti determina una nullità di ordine generale a regime intermedio, non deducibile nel giudizio abbreviato quando l’imputato abbia chiesto la definizione del processo nelle forme di rito speciale consapevolmente astenendosi dal formulare eccezioni . Inoltre, trattandosi di nullità a regime intermedio la nullità avrebbe dovuto essere eccepita prima del suo compimento, ovvero, in ragione della presenza oltre che dell’imputata, nell’ipotesi difensiva, priva di sufficienti competenze linguistiche del difensore di fiducia, nel corso della celebrazione del giudizio abbreviato, prima delle conclusioni delle parti Sez. 3, n. 30891 del 24/06/2015, H., Rv. 264330 In tema di traduzione degli atti, anche dopo l’attuazione della direttiva 2010/64/UE ad opera del D.Lgs. 4 marzo 2014 n. 32, la mancata nomina di un interprete all’imputato che non conosce la lingua italiana dà luogo ad una nullità a regime intermedio, la quale deve essere eccepita dalla parte prima del compimento dell’atto ovvero, qualora ciò non sia possibile, immediatamente dopo e, comunque, non può più essere rilevata né dedotta dopo la deliberazione della sentenza di primo grado o, se si sia verificata nel giudizio, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo . 3. Il ricorso va dunque rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.