Sindaco contro la Sovrintendente, ma il vero obiettivo è l’ente: nessuna diffamazione

Durissime le dichiarazioni del primo cittadino, in conferenza stampa e in consiglio comunale. Terreno di scontro è il progetto di bonifica di un’area. Nel mirino la responsabile della ‘Sovrintendenza’, che ritiene lesa la propria dignità personale e professionale e chiede un adeguato risarcimento. Le parole del sindaco, però, sono valutabili come critica legittima, rivolta peraltro principalmente all’ente, e solo di rimbalzo alla responsabile territoriale.

Scontro totale tra Comune e ‘Sovrintendenza ai beni ambientali e architettonici’. Emblematiche, e inequivocabili, le parole durissime utilizzate dal sindaco. Esse, però, vanno valutate come legittima critica a carattere politico, alla luce delle osservazioni fatte dalla ‘Sovrintendenza’ in merito a un progetto di bonifica. Cade, quindi, l’ipotesi della diffamazione nei confronti della Sovrintendente Cassazione, sentenza n. 17217, Sezione Quinta Penale, depositata ieri . Progetto. Sul tavolo la bonifica di un’area, in terra marchigiana, occupata per anni da una vecchia fabbrica di prodotti chimici. I contenuti dell’intera operazione, però, provocano non pochi attriti tra l’amministrazione comunale e la ‘Sovrintendenza’. In questo clima di tensione si collocano le parole polemiche pronunciate dal sindaco, prima in una conferenza stampa e poi in consiglio comunale, e riportate da un quotidiano. A finire nel mirino è la Sovrintendente ad ella viene attribuita l’espressione di osservazioni di carattere politico al di fuori delle proprie competenze e cognizioni , che, in adesione alla posizione della ‘Sovrintendenza’, la avrebbero ridicolizzata ed umiliata . E, giusto per chiudere il cerchio, il primo cittadino parla anche di incompetenza e inadeguatezza al proprio ruolo , sempre riferendosi alla Sovrintendente, e aggiunge che la ‘Sovrintendenza’ è incapace di motivare le proprie posizioni . Prevedibile la reazione della ‘numero uno’ della ‘Sovrintendenza’, che si ritiene diffamata e, di conseguenza, chiede al sindaco un adeguato risarcimento . Critica. Sono i giudici d’Appello, però, contrariamente a quanto deciso in Tribunale, a considerare il primo cittadino responsabile del reato di diffamazione . A loro dire l’esponente della ‘Sovrintendenza’ è stata ridicolizzata ed umiliata . Consequenziale, per lei, il risarcimento dei danni . Vittoria effimera, però, quella ottenuta in secondo grado. Perché i magistrati della Cassazione propongono una visione completamente diversa, riconoscendo a favore del sindaco il legittimo esercizio del diritto di critica . Nessuna aggressione personale, in realtà, ai danni della Sovrintendente. Piuttosto, le frasi a lei rivolte, spiegano i giudici, erano dirette a stigmatizzare l’acritica adesione alla linea dell’ente e a segnalarne le ricadute sulla sua credibilità personale . A questo proposito, va tenuto presente che, sempre secondo i giudici, le dichiarazioni ufficiali del sindaco erano centrate sulla posizione assunta dalla ‘Sovrintendenza’ , estranea, a suo dire, rispetto alle funzioni e competenze tecniche proprie dell’ente . Ciò con particolare riferimento alle modalità di esecuzione della bonifica e al vincolo architettonico apposto su un edificio presente in quell’area. Alla luce della vicenda, e delle parole utilizzate dal primo cittadino, per i giudici non vi è alcuna ipotesi di diffamazione . Il primo cittadino ha esercitato il proprio diritto di critica , e lo ha fatto censurando la Sovrintendente non sul fronte personale, bensì per la posizione condivisa con l’ente.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 3 marzo – 27 aprile 2016, n. 17217 Presidente Palla – Relatore Zaza Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata, in riforma della sentenza assolutoria del Tribunale di Ancona del 07/11/2007, appellata dalla parte civile, P.P. era ritenuto responsabile agli effetti civili del reato di diffamazione, commesso in danno di L.L., locale sovrintendente ai beni architettonici, con dichiarazioni rese quale Sindaco di Porto San Elpidio in una conferenza stampa il 19/09/2002 e nel corso di una riunione del consiglio comunale il successivo 27 settembre, riportate in articoli pubblicati sul quotidiano Corriere Adriatico, nelle quali attribuiva alla sovrintendenza l'incapacità di motivare le proprie posizioni e un comportamento paranoico, ed alla L. l'espressione di osservazioni di carattere politico al di fuori delle proprie competenze e cognizioni, che l'avrebbero ridicolizzata ed umiliata, e inoltre incompetenza e inadeguatezza al proprio ruolo e condannato al risarcimento dei danni in favore della parte civile. L'imputato ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale sull'affermazione di responsabilità il limite della continenza, nell'esercizio del diritto di critica agli interventi della sovrintendenza sul progetto di un'area del comune di Porto San Elpidio occupata da una vecchia fabbrica di prodotti chimici, ritenuti dall'imputato esorbitanti dall'intento di sostenere il vincolo architettonico sulla struttura nell'attingere le tecniche di bonifica, sarebbe stato rispettato, contrariamente a quanto concluso nella sentenza impugnata le frasi contestate, costituenti risposte a domande della giornalista L.F., dalla stessa solo parzialmente riportate, e ad un'interrogazione di un esponente dell'opposizione che aveva violentemente attaccato il P., non avrebbero assunto carattere offensivo nel contesto del dibattito, non superando i toni anche aspri compatibili con l'esercizio del diritto di critica e riferendo il giudizio di inadeguatezza alla posizione della sovrintendenza e non alla persona della L., che si affermava essersi esposta al ridicolo sostenendo tale posizione nel corso delle conferenze di servizi svoltesi sulla questione difetterebbe altresì la motivazione sull'elemento psicologico del reato. La parte civile ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale sulla liquidazione delle spese per le spese sostenute in primo grado sarebbe stata illegittimamente applicata la tariffa vigente all'epoca del giudizio di appello sia per dette spese che per quelle del secondo grado non sarebbero state distinte le singole voci liquidate. Considerato in diritto Il ricorso dell'imputato è fondato. La responsabilità dell'imputato veniva affermata nella sentenza impugnata con espresso riferimento al superamento del limite della continenza nell'esercizio del diritto di critica, derivante dall'uso di frasi gratuitamente umilianti nei confronti della L La Corte territoriale dava in tal modo atto che le espressioni contestate si inserivano in un dibattito di natura politica che contrapponeva le posizioni dell'amministrazione comunale di Porto San Elpidio e della locale sovrintendenza ai beni architettonici in merito al progetto di bonifica di un'area, e che le stesse erano mosse dall'intento di criticare l'atteggiamento della sovrintendenza in quanto ritenuto esorbitante dalle competenze di quell'ente ritenendo di conseguenza che l'illiceità della condotta dell'imputato fosse determinata dal mancato rispetto del requisito della continenza nello svolgimento di una critica implicitamente ritenuta legittima. Tale requisito viene a mancare laddove le espressioni utilizzate, per il loro carattere gravemente infamante o inutilmente umiliante, diano luogo ad una mera aggressione verbale nei confronti della persona destinataria delle stesse, che ne risulti di conseguenza denigrata in quanto tale Sez. 5, n. 15060 del 23/02/2011, Dessi, Rv. 250174 Sez. 5, n. 29730 del 04/05/2010, Andreotti, Rv. 247966 . Orbene, dall'esame delle espressioni nella specie contestate risulta all'evidenza come le descritte condizioni non ricorrano nei confronti dell'imputato. Il complesso delle dichiarazioni formulate dal P. si rivolgeva infatti alla posizione assunta dalla sovrintendenza, e si appuntava sulla asserita estraneità della stessa alle funzioni ed alle competenze tecniche proprie dell'ente, con particolare riguardo alla riferibilità delle modalità di esecuzione della bonifica al vincolo architettonico apposto su un edificio insistente sull'area. A tale posizione, nella sua oggettività, era segnatamente attribuito un atteggiamento definito come paranoico, ad intendere la pretesa, ritenuta infondata, di individuare ragioni di intervento della sovrintendenza ove le stesse non sussistevano. In questo contesto, le frasi specificamente riferite alla L. erano chiaramente dirette a stigmatizzarne l'acritica adesione alla linea dell'ente, ed a segnalarne le ricadute sulla credibilità personale della stessa L. ed in ciò non è dato ravvisare quel gratuito attacco alla dimensione personale del soggetto criticato che, per quanto detto, travalica il limite della continenza delle espressioni. Una condizione siffatta si realizza, secondo i principi in precedenza richiamati, ove l'aggressione verbale sposti completamente il proprio obiettivo dall'opinione criticata alle qualità della persona che detta opinione abbia espresso mentre nel caso in esame la persona della L. veniva resa oggetto di critica solo per la posizione condivisa con riguardo alla specifica vicenda in discussione, e per l'immagine offerta dalla querelante nella difesa di detta posizione. Il fatto contestato deve pertanto ritenersi scriminato dall'esercizio del diritto di critica ai sensi dell'art. 51 cod. pen. tanto implicando il rigetto del ricorso della parte civile. La sentenza impugnata deve di conseguenza essere annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato in applicazione dell'art. 51 cod. pen