Lancia una bottiglietta verso il campo: condannato a un anno di reclusione

Non in discussione la gravità del gesto compiuto durante una partita di Coppa Uefa. Evidente il pericolo per le persone presenti allo stadio. Subito consegnato alla Polizia il tifoso responsabile del lancio per lui ‘Daspo’ e condanna penale.

Tifoso in piena trance agonistica durante la partita. Prende una bottiglietta e la lancia verso il campo da calcio. Per i Giudici, però, non ci sono attenuanti possibili legittima la condanna a un anno di reclusione Cassazione, sentenza n. 17100/16, sezione Terza Penale, depositata il 26 aprile . Corner. Contesto sportivo europeo. In campo allo stadio ‘San Paolo’ di Napoli per un match di Coppa Uefa la squadra partenopea e il Benfica. Al 15esimo del primo tempo calcio d’angolo per i portoghesi quando un giocatore della squadra ospite si avvicina al corner, però, viene sfiorato da una bottiglietta piena d’acqua, caduta dagli spalti. Attimi di tensione, ma tutto si risolve in pochi secondi, grazie alla buona volontà del pubblico presente sugli spalti. Alcuni tifosi individuano prontamente il responsabile del lancio, lo bloccano e lo consegnano – accompagnandolo anche con un coro di scherno – alla Polizia. Per la persona fermata scatta prima il ‘Daspo’, e poi arriva anche la condanna a un anno di reclusione . Pericolo. Nessun dubbio per i giudici di merito sul fatto che il lancio della bottiglietta abbia creato pericolo per le persone presenti in campo . E questa visione, nonostante le obiezioni del tifoso, viene condivisa dai Magistrati della Cassazione. Punto fermo, difatti, è la potenzialità lesiva della condotta assurda dell’uomo. Rilevanti, in questa ottica, le circostanze di tempo e di luogo dell’azione, che , evidenziano i Giudici, era stata posta in essere all’interno di uno stadio calcistico, durante la disputa di una importante partita con evidente affluenza di persone . Ciò consente di ritenere certa la messa in pericolo dell’incolumità fisica delle persone presenti alla competizione sportiva . Di conseguenza, va confermata, concludono i Giudici, la condanna del tifoso a un anno di reclusione .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 marzo – 26 aprile 2016, n. 17100 Presidente Ramacci – Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 3.3.2010, il Tribunale di Napoli, pronunciando nei confronti dell'attuale ricorrente R.S., imputato del reato di cui all'art 6 bis della legge 13.12.1989 n. 401 perché, in occasione della partita di calcio Napoli-Benfica, valevole per la Coppa U.E.F.A., lanciava verso il campo una bottiglia contenente acqua, in modo da creare pericolo per le persone ivi presenti, Io dichiarava responsabile dei reato ascrittogli e lo condannava alla pena di anni 1 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Con sentenza del 13.2.2015, la Corte di appello di Napoli, a seguito di appello dell'imputato, confermava la sentenza dei Tribunale e condannava l'appellante R.S. al pagamento delle spese del grado. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione R.S., articolando il motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'articolo 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 6 bis della legge 401/1989. Il ricorrente deduce che l'articolo 6 bis della legge 401/1989 prevede un delitto di pericolo concreto e che la Corte territoriale era incorsa nell'errore di ritenere la fattispecie quale reato di pericolo astratto, omettendo l'accertamento in ordine alla pericolosità concreta della condotta argomenta che la pericolosità concreta della condotta integra un elemento costitutivo del reato che deve essere provato. Chiede, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con contestuale pronuncia di assoluzione dell'imputato dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste. Considerato in diritto 1. II ricorso va rigettato perché infondato. 2.11 ricorrente, al quale è stato contestato il delitto di cui alla L. n. 401 del 1989, articolo 6 bis che sanziona, al comma 1, la condotta violenta di chi, nel corso o in occasione di manifestazioni sportive, salvo che il fatto costituisca più grave reato, lancia o utilizza, in modo da creare un concreto pericolo per le persone, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l'emissione dì fumo o dì gas visibile, ovvero bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti, o, comunque, atti ad offendere , con la pena edittale compresa tra un minimo di un anno ed un massimo di quattro anni di reclusione, deduce che la Corte territoriale avrebbe erroneamente applicato la norma incriminatrice senza offrire motivazione in ordine alla sussistenza dei pericolo concreto. La censura non è fondata. Nei reati di pericolo concreto, quale quello previsto e punito dall'articolo 6 bis, comma 1, della legge n. 401/1989, il pericolo assume carattere di elemento costitutivo della fattispecie ed il Giudice deve, quindi, accertare se il bene giuridico abbia corso un effettivo rischio di compromissione. Tale accertamento va effettuato facendo ricorso al criterio della valutazione prognostica ex ante, sulla base delle circostanze al momento verosimilmente esistenti e che rendevano prevedibile l'evento dannoso. Nella specie, la Corte territoriale ha ritenuto configurabile la fattispecie criminosa di cui all'articolo 6 bis, comma 1, della legge n. 401/1989, argomentato specificamente in merito alla potenzialità lesiva della condotta dell'imputato, evincendola correttamente dalle circostanze di tempo e di luogo dell'azione, che veniva posta in essere all'interno di un stadio calcistico durante la disputa di una importante partita con evidente affluenza di persone. Tanto è sufficiente a ritenere sussistente la messa in pericolo dell'incolumità fisica delle persone presenti alla competizione sportiva, in quanto nei reati di pericolo la tutela dei bene giuridico è anticipata e la repressione dei comportamento vietato avviene in una fase precedente rispetto ai reati di danno. 3. Consegue il rigetto dei ricorso e, a norma dell'articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.