Necessario il dolo eventuale per la configurazione dell’omissione di soccorso

Nel reato di cui all’art. 189 comma 7 del Codice della Strada, la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente ha bisogno di soccorso può assumere la forma del dolo eventuale che si configura normalmente in relazione all’evento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza.

Con la sentenza n. 16986 depositata il 22 aprile 2016, la Quinta sezione Penale della Corte di Cassazione interviene in tema di dolo eventuale, precisandone i limiti nell’ipotesi di omissione di soccorso. Dato conoscitivo insito nel dolo. Sostengono i Giudici di Piazza Cavour, diversamente opinando, ogni volta che l’utente della strada dovesse omettere di fermarsi dopo che si è verificato un incidente stradale ricollegabile al suo comportamento, questi, precludendosi proprio a causa dell’omesso arresto del proprio veicolo, la possibilità di verificare direttamente e nella immediatezza se dall’incidente siano derivati danno alla persona, non sarebbe sistematicamente a conoscenza del fatto che è stato provocato un danno alle persone, tranne che in quelle ipotesi in cui si dovessero verificare dei sinistri così gravi da rendere indubbia ed inequivocabile la causazione di lesioni o della morte di terzi. In tal modo il dato conoscitivo insito nel dolo del delitto de quo – come si legge nella sentenza in commento - dovrebbe illogicamente essere escluso proprio a causa della inottemperanza a quell’obbligo di fermarsi che la norma impone in caso di incidente con danno alle persone. Presenza dei soccorritori. Nel caso di specie la Corte di appello territoriale aveva confermato la sentenza del Tribunale con la quale il ricorrente era stato dichiarato colpevole dei reati di cui agli artt. 589, commi 1 e 2 c.p., anche in relazione agli artt. 140, comma 1, 141, comma 1,2 e 3, coma 2 lett. a d.lgs. n. 285/1992, perché percorrendo una strada statale alla guida della propria vettura, superando il limite di velocità, cagionava la morte di una donna alla guida di un ciclomotore, non ottemperando altresì all’obbligo di prestare assistenza, allontanandosi dal luogo del sinistro e facendovi ritorno solo successivamente, quando sul posto era già sopraggiunto il personale della Polizia Stradale. Come si è visto poco sopra, secondo i Giudici del Palazzaccio, l’obbligo di fermarsi e attivarsi per prestare assistenza alle persone ferite sussiste indipendentemente dalla presenza di altri eventuali soccorritori e, nel caso di specie, il ricorrente non solo non risulta essersi attivato per prestare assistenza, ma, una volta provocato l’incidente, risulta essere fuggito via. I Giudici della Corte di Cassazione osservano anche che la dinamica del sinistro non risulta contestata in sede di appello, avendo inoltre la Corte territoriale ineccepibilmente valorizzato le risultanze della consulenza tecnica per il superamento del limite di velocità, le dichiarazioni rese da un teste oculare e gli esiti dell’alcoltest dimostrativi del fatto che l’imputato guidava in stato di ebrezza alcolica accertata. Adeguata motivazione. Da ultimo la Corte di Cassazione rileva che i giudici di merito non hanno compiutamente motivato la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6. c.p., limitandosi a ritenere irrilevante, a fronte della descritta condotta macroscopicamente imprudente e violativa di elementari regole del codice della strada, il fatto che il ricorrente avesse risarcito il danno prima della sentenza e la mancata costituzione della parte civile. In ogni caso, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena per il reato di omicidio colposo con rinvio per nuove esame alla Corte di appello territoriale, rigettando nel resto il ricorso proposto.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 marzo – 22 aprile 2016, numero 16986 Presidente Bianchi – Relatore Tanga Ritenuto in fatto 1. Con sentenza numero 434/15 del 11/03/2015, la Corte di Appello di Catanzaro confermava la sentenza in data 03/10/2013 del Tribunale di Paola, con la quale C.S. era stato dichiarato colpevole dei rati di cui Capo 1 agli artt. 589, commi 1 e 2, c.p., anche in relazione agli artt. 140, comma 1, 141, commi 1, 2 e 3, 186, comma 2, lett. a D.lgs. 285/1992, perché percorrendo la S.S. XX, direzione omissis , alla guida dell’autovettura VW Golf, di proprietà di V.G. , per colpa, consistita in imprudenza ed imperizia ed inosservanza delle richiamate disposizioni del c.d.s., ponendosi alla guida in stato di ebbrezza alcolica, viaggiando a una velocità superiore a quella massima consentita e comunque non adeguata alle condizioni di tempo e di luogo, entrando in violenta collisione con il ciclomotore Piaggio Vespa, cagionava la morte di G.R. che, alla guida di quel ciclomotore, percorreva la stessa strada, nello stesso senso di marcia nonché, del reato previsto e punito dall’articolo 189, comma 7, D.Lgs. 285/1992 Capo 2 perché, dopo aver provocato il sinistro stradale descritto, nel quale veniva coinvolta anche Veronica Giglio in quanto trasportata sul ciclomotore, non ottemperava all’obbligo di prestare assistenza, allontanandosi dal luogo del sinistro e facendovi ritorno solo successivamente, quando sul posto erano già sopraggiunto il personale della Polizia stradale, nonché del reato previsto e punito dall’articolo 186, comma 2 lett. B del D.Lgs. numero 285/1992 Capo 3 , perché si metteva alla guida dell’autovettura in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico pari a 1.01 g/1 e 1.05 g/1, provocando l’incidente descritto. In Paola il 30/11/2008. 2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione C.S. , a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi giusta il disposto di cui all’articolo 173, comma 1, disp. att. c.p.p. I violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla mancata valutazione di elementi di prova decisivi formulati con l’atto di appello. Deduce che la motivazione è in aperto contrasto con quanto accertato in istruttoria ed è in aperto contrasto sulle risultanze processuali così come palesate in atto di appello, inficiando la stessa addirittura di contraddittorietà manifesta II violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all’articolo 62, numero 6, c.p Deduce la mancanza di motivazione in ordine alla mancata concessione di quella attenuante III violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all’articolo 189, comma 7, C.d.S Deduce che nel caso di specie si hanno elementi sufficienti per poter ritenere, che entrambe le persone infortunate hanno ricevuto nell’immediatezza degli eventi ogni assistenza da parte di terzi. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato nei limiti e termini di cui appresso. 4. Va, preliminarmente affermata, ai sensi dell’articolo 624 c.p.p. la responsabilità per tutti i reati ascritti compreso quello sub capo 3 dell’imputazione per altro non oggetto di ricorso . 5. Quanto ai motivi sub I e III il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame e per confermare la responsabilità dell’imputato. 5.1. La Corte territoriale ha, in vero, fornito puntuale spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto. Va rammentato che le sentenze di primo e secondo grado si compenetrano in un unica motivazione, versandosi in ipotesi di sostanziale c.d. doppia conforme . 5.2. Nel caso che occupa, le doglianze già proposte attengono esclusivamente al fatto. Giova, qui, rammentare che, in ordine alla definizione dei confini del controllo di legittimità sulla motivazione in fatto può dirsi ormai consolidato il principio giurisprudenziale, ripetuto in plurime sentenze delle Sezioni unite penali, per il quale la Corte di cassazione ha il compito di controllare il ragionamento probatorio e la giustificazione della decisione del giudice di merito, non il contenuto della medesima, essendo essa giudice non del risultato probatorio, ma del relativo procedimento e della logicità del discorso argomentativo e rimanendo preclusa al giudice di legittimità la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti. 5.3. Quanto alla manifesta illogicità della motivazione, è consolidata in giurisprudenza la massima secondo cui la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito propone effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione è compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. 5.4. Il ricorso per cassazione deve, infatti, rappresentare censura alla sentenza impugnata, criticandone eventuali vizi in procedendo o in iudicando esso, quindi, non può consistere in una supina riproposizione delle doglianze espresse con l’appello, ma deve consistere in una critica alle ragioni in fatto o in diritto sulla cui scorta il secondo giudice ha ritenuto di dover disattendere il gravame Cassazione penale sez. IV numero 44139 del 27/10/2015 . 5.5. Giova, ancora, rammentare che, nel reato di omissione di soccorso, di cui all’articolo 189, comma 7, C.d.S., la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente ha bisogno di soccorso può assumere la forma del dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza ex multis , Sez. 4, numero 34134 del 13/07/2007, Rv. 237239 . 5.5.1. Diversamente opinando, ogni volta che l’utente della strada dovesse omettere di fermarsi dopo che si è verificato un incidente stradale ricollegabile al suo comportamento, questi, precludendosi proprio a causa dell’omesso arresto del proprio veicolo, la possibilità di verificare de visu e nella immediatezza se dall’incidente siano derivati danni alle persone, non sarebbe sistematicamente tranne che nei casi di verificazione di sinistri così gravi da rendere indubbia ed inequivocabile la causazione di lesioni o della morte a terzi a conoscenza del fatto che è stato provocato un danno alle persone, sicché il dato conoscitivo insito nel dolo del delitto de quo dovrebbe, illogicamente, essere escluso proprio a causa della inottemperanza a quell’obbligo di fermarsi che la norma impone in caso di incidente con danno alle persone” sez. 4, numero 34335 del 03/06/2009 sez. 4, numero 7615 del 10/11/2004 . 5.5.2. Va, inoltre, rimarcato che, alla stregua della norma in parola, l’obbligo di fermarsi e attivarsi per prestare assistenza alle persone ferite sussiste indipendentemente dalla presenza di altri eventuali soccorritori e, nel caso che occupa come ineccepibilmente rilevato dal Giudice del merito , il C. non solo non si è attivato per prestare assistenza ma, una volta provocato l’incidente, è fuggito via come riferito dal teste G. . 5.6. La dinamica del sinistro, infine, non è stata oggetto di censure nell’atto di appello e, inoltre, la Corte territoriale ha, ineccepibilmente, valorizzato le risultanze della consulenza tecnica secondo cui la velocità dell’autovettura dell’imputato era significativamente superiore al limite massimo ivi imposto di 60 Km/h , le dichiarazioni rese dal teste oculare G. , secondo cui la macchina del C. sopraggiungeva come un missile e per di più lo faceva in fase di sorpasso, in un tratto di strada con la linea di mezzeria continua, dove il sorpasso non è consentito e gli esiti dell’alcoltest dimostrativi del fatto che l’imputato guidava in stato di ebrezza alcolica accertata. 7. Quanto alla censura sub II , invece, si osserva 7.1. I giudici del merito, in vero, non hanno compiutamente motivato la mancata concessione dell’attenuante di cui all’articolo 62, numero 6, c.p. limitandosi a ritenere irrilevante, a fronte della descritta condotta macroscopicamente imprudente e violativa di elementari regole del codice della strada, in punto di accertamento della responsabilità, il fatto che il C. avesse risarcito il danno prima della sentenza e la mancata costituzione di parte civile. 7.2. In tal fine si rammenta che, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante di cui all’articolo 62, comma 1, numero 6 c.p., il risarcimento del danno deve essere integrale, comprensivo, quindi, della totale riparazione di ogni effetto dannoso, e la valutazione in ordine alla corrispondenza fra transazione e danno spetta al giudice, che può anche disattendere, con adeguata motivazione, finanche ogni dichiarazione satisfattiva resa dalla parte lesa. sez. 4, numero 34380 del 14/07/2011 . Ciò che qui, complessivamente, difetta è proprio l’ adeguata motivazione . 8. In conclusione, ritiene il Collegio che, una volta accertata la coerenza logica delle argomentazioni seguite dal giudice di merito, non è consentito alla corte di cassazione prendere in considerazione, sub specie di vizio motivazionale, la diversa valutazione delle risultanze processuali prospettata dal ricorrente sulla base dei propri differenti soggettivi punti di vista sez. 1, numero 6383/1997, Rv. 209787 sez. 1, numero 1083/1998, Rv. 210019 , sempre che come nel caso di specie sia da escludere con evidenza la prospettazione di un ragionevole dubbio circa l’effettivo raggiungimento dell’accertamento della responsabilità penale dell’imputato sez. 4. numero 97 del 11/12/2015 . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena per il reato di omicidio colposo con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Catanzaro. Rigetta nel resto il ricorso. Ai sensi dell’articolo 624 c.p.p. dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità per tutti i reati ascritti.