Non versa l’assegno mensile a favore della figlia minore: irrilevante che abbia pagato le spese sportive

Rispetto ai figli minori lo stato di bisogno è in re ipsa atteso che si tratta di soggetti che non possono procurarsi un reddito proprio in particolare, è irrilevante che ai bisogni del figlio abbia provveduto l’altro genitore o un estraneo come pure è irrilevante che l’onerato abbia pagato spese voluttuarie in alternativa o sostituzione quel che rileva è unicamente che il genitore onerato abbia omesso di adempiere all’obbligo di versare la somma determinata dal giudice civile, facendo venir meno i mezzi di sussistenza al beneficiario.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13413/16, depositata il 4 aprile. Il caso. Un uomo era accusato di aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore convivente con la ex moglie. In primo grado era stato condannato a un mese di reclusione e alla multa nonché al risarcimento del danno in favore della parte civile, da liquidarsi in separata sede, concedendo una provvisionale pari ad euro 2 mila. La Corte d’appello però lo assolveva con la formula perché il fatto non sussiste . Di qui il ricorso per cassazione della parte civile, impugnazione valevole ai soli fini civili. In particolare la Corte d’appello non riteneva provato che l’imputato, cessata la convivenza con la moglie costituita parte civile nell’interesse della figlia minore, non avesse corrisposto serio ed affidabile contributo tale da essere idoneo al mantenimento e adeguato a soddisfare i bisogni primari della figlia minore. La donna aveva fatto ricorso a prestiti per fronteggiare le quotidiane necessità familiari. La figlia non era in stato di bisogno? Per negare lo stato di bisogno i giudici valorizzano che la figlia abitava con la madre nella casa di proprietà coniugale e la madre percepiva uno stipendio di circa 1.200 euro al mese ed era dipendente pubblica. Inoltre, secondo i giudici d’appello, l’imputato aveva versato somme e contribuito al pagamento di spese sanitarie e dentistiche e spese per la frequenza di attività sportive. La relazione dei servizi sociali deponeva nel senso che il tenore di vita della minore era rimasto invariato anche successivamente alla cessazione della convivenza tra i genitori. La Corte d’appello, pertanto, non riteneva dimostrato lo stato di bisogno della minore. Mancato adempimento dell’assegno non equivale a sottrazione degli obblighi di assistenza. Come noto, non può sovrapporsi tout court la prova del reato in contestazione all’inadempimento dell’obbligo di pagamento dell’assegno di mantenimento del figlio. Quest’ultimo ha un contenuto più ampio rispetto alla carenza di mezzi di sussistenza” invece necessaria per contestare il delitto de quo . Dall’inadempimento, in altri termini, deve derivare lo stato di bisogno per la persona offesa. La Corte d’appello aveva ritenuto mancasse il requisito dello stato di bisogno sulla scorta del fatto che alla minore provvedeva la madre, attuale parte civile, e che le somme – giudicate dalla stessa Corte inadeguate e di entità non significativa – fossero sufficienti per far fronte ai bisogni della minore. Ratio della protezione apprestata dalla norma incriminatrice. Fondamento della fattispecie di violazione degli obblighi di assistenza familiare è la protezione delle esigenze economiche dei familiari nell’ambito delle relazioni genitori/figli. Ciò premesso la Suprema Corte ritiene contraddittoria la sentenza impugnata. Stato di bisogno. Quanto alla nozione di stato di bisogno” non è revocabile in dubbio che, con riferimento ai figli minori, il requisito è incontrovertibile e sussistente in re ipsa trattandosi di soggetti che, proprio in quanto minori, non sono in grado di procacciarsi un reddito proprio. È pure irrilevante, ai fini della configurabilità della fattispecie, che ai bisogni del figlio abbia provveduto l’altro genitore o un soggetto estraneo. Si tratta infatti di un obbligo primario che inerisce alla qualità di genitore e che permane a suo carico indipendentemente dalle vicissitudini dei rapporti tra i genitori. Cosa si intende per mezzi di sussistenza. I mezzi di sussistenza non corrispondono né agli alimenti né all’importo dell’assegno di mantenimento corrispondono infatti solo a quanto è strettamente indispensabile, a prescindere dalle condizioni sociali o di vita pregressa dell’avente diritto, a soddisfare bisogni primari. Tra questi rientrano vitto, abitazione, medicinali, spese per istruzione e vestiario. Secondo la Suprema Corte, pertanto, è contraddittorio quanto afferma la Corte d’appello là dove afferma che gli obblighi gravanti sull’imputato siano stati assolti con il pagamento, nell’arco di tempo di tre anni, di meno di 1.200 euro complessivi e il pagamento di alcune spese sanitarie e sportive di valore indeterminato . Adempimenti alternativi o sostitutivi non sono satisfattori rispetto agli obblighi primari. L’adempimento corretto dell’obbligazione che consiste nella dazione dei mezzi di sussistenza nella qualità e quantità stabilita dal giudice comporta, ai fini della norma penale in questione, l’apprestamento solo ed esclusivamente di quel bene o di quel valore che il giudice civile ha determinato nel confronto dialettico tra le parti e nel superiore interesse del soggetto debole, oggetto di tutela privilegiata. L’obbligato non ha facoltà di sostituire la somma mensile dovuta con altri beni che, a suo giudizio, corrispondono meglio alle esigenze del minore beneficiario. È infatti al genitore affidatario meglio, quello con cui il minore vive prevalentemente che compete l’utilizzo in concreto della somma determinata dal giudice. Il genitore affidatario” gode di una pur limitata discrezionalità al riguardo. Il mancato adempimento, protrattosi per anni, della somma determinata dal giudice civile in favore della minore contraddice la nozione di adempimento dell’obbligo di assicurare mezzi di sussistenza . In cosa consiste l’adempimento. L’adempimento dell’obbligo infatti si concretizza con la messa a disposizione, in modo continuativo, regolare e certo, senza pause o inadeguatezze, dei mezzi economici in favore del genitore che viva prevalentemente con il minore. Il pagamento di spese voluttuarie”, quali quelle sportive, o anche di alcune di quelle sanitarie concordate non compensa” il mancato adempimento degli obblighi primari. Tali contribuzioni non sono alternative alla regolare corresponsione e, quindi, sono assolutamente irrilevanti perché non idonee all’adempimento dell’obbligo di assolvere, in via prioritaria, alle naturali e permanenti esigenze di sostentamento del minore. La sentenza di assoluzione impugnata è stata annullata con rinvio al giudice civile in quanto la Cassazione è intervenuta su ricorso della parte civile, legittimata ad impugnare una sentenza assolutoria solo ai fini civili”.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 febbraio – 4 aprile 2016, n. 13413 Presidente Citterio – Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del Tribunale di Catania, sezione distaccata di Acireale, del 10 luglio 2012, D.M.S. era stato condannato, concessegli le circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi uno di reclusione ed Euro cento di multa ed al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede, in favore della parte civile F.V. , alla quale venivano, altresì, liquidate le spese di giudizio ed una provvisionale dell’importo di Euro duemila. A carico del D.M. si procedeva per il reato di cui all’art. 570 cod. pen., con condotta permanente dal febbraio 2004 per avere fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore. 2. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello ha assolto il D.M. dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste. 3. La Corte di merito è pervenuta alla conclusione che non poteva ritenersi provato che il D.M. , dopo la cessazione del rapporto di convivenza con la F. , non avesse corrisposto un serio e stabile contributo idoneo al mantenimento della figlia minore, adeguato a soddisfarne i bisogni primari. Premesso, infatti, che la bambina abitava con la madre nell’immobile di proprietà coniugale che la madre, dipendente pubblica, percepiva uno stipendio di ca. 1.200,00 Euro mensili che il D.M. , aveva versato alla figlia somme certamente di entità non significativa e che aveva contribuito al pagamento di spese sanitarie come quelle dentistiche e le spese per la frequenza di attività sportive, la Corte ha ritenuto che non era dimostrato lo stato di bisogno della minore, tenuto conto che dalla relazione dei servizi sociali, risultava che il tenore di vita della bambina era rimasto invariato anche dopo la cessazione della convivenza tra i genitori e non potendo sovrapporre la prova del reato contestato all’inadempimento dell’obbligo di pagamento dell’assegno di mantenimento del figlio, che ha una portata più ampia, richiedendosi, per la sussistenza del reato, che dall’inadempimento derivi per la persona offesa la mancanza di adeguati mezzi di sussistenza. 4. Propone ricorso avvero la sentenza di assoluzione, con motivi qui sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili per la motivazione, la parte civile che denuncia il vizio di manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata e dal confronto con altri atti del processo e con la sentenza di primo grado. La difesa deduce la erroneità delle conclusioni alle quali è pervenuta la Corte di merito per la ritenuta insussistenza dello stato di bisogno della minore sul presupposto che al suo mantenimento sopperisse la madre e che le somme corrisposte dal D.M. - apprezzate dalla stessa Corte di entità non significativa e di importo inadeguato - fossero sufficienti a far fronte ai bisogni della minore. Evidenzia, in proposito, le diverse conclusioni alle quali era pervenuto il giudice di primo grado che aveva ricostruito gli importi delle somme di denaro versati dall’imputato negli anni in contestazione, ascendenti a poche centinaia di Euro, e che la F. aveva, invece, dovuto contrarre dei prestiti proprio per far fronte alle necessità della figlia. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. La Corte territoriale, dopo avere richiamato la giurisprudenza di legittimità sugli elementi costitutivi del reato ascritto al ricorrente, è pervenuta alla conclusione che non era dimostrato lo stato di bisogno della minore e che non poteva ritenersi provato che il D.M. non avesse corrisposto un serio e stabile contributo idoneo al mantenimento della figlia minore, adeguato a soddisfarne i bisogni primari. 3. Le conclusioni raggiunte sono erronee perché palesemente in contrasto con il fondamento della norma incriminatrice, individuato nella protezione delle esigenze economiche dei familiari nell’ambito delle relazioni fra genitori e figli, e con la nozione di stato di bisogno che, con riguardo ai figli minori, costituisce dato incontrovertibile e sussistente in re ipsa trattandosi di soggetti che, proprio perché tali, non sono in condizione di procacciarsi un reddito proprio. Né l’autore della condotta può addurre a propria discolpa la circostanza che ad assicurare i mezzi di sussistenza del minore abbia provveduto l’altro genitore, o altro soggetto estraneo, trattandosi di obbligo primario che inerisce alla qualità di genitore e che permane a suo carico, al di là delle vicissitudini dei rapporti instauratisi tra i genitori Sez. 6, n. 53607 del 20/11/2014, P., Rv 261871 . 4. Né è condivisibile la conclusione della Corte secondo la quale il D.M. avrebbe assolto l’obbligo di fornire alla figlia minore i mezzi di sussistenza corrispondendo alla madre, presso la quale la bambina viveva, somme di denaro, definite di entità non significativa e pagando alcune spese sanitarie o per la pratica di uno sport. 5. Se, infatti, è corretto l’assunto che i mezzi di sussistenza non corrispondono alle nozioni di alimenti e di assegno di mantenimento poiché identificano solo ciò che è strettamente indispensabile, a prescindere dalle condizioni sociali o di vita pregressa dell’avente diritto, a soddisfare bisogni primari come il vitto, l’abitazione, medicinali, spese per l’istruzione e il vestiario, si rivela intrinsecamente contraddittoria la conclusione della Corte territoriale a tenore della quale l’obbligo gravante sul D.M. possa ritenersi assolto mediante il versamento al genitore affidatario della minore di poche centinaia di Euro ascendenti a ca. 1.200,00 Euro in tre anni e il pagamento di alcune spese sanitarie e per la pratica sportiva, di valore indeterminato, anche tenuto conto della necessità della madre della minore di fare ricorso a prestiti per far fronte alle quotidiane necessità familiari. 6. La soluzione della Corte territoriale infatti non si confronta, con il principio di diritto secondo cui il corretto adempimento dell’obbligazione che consiste nella dazione messa a disposizione del minore dei mezzi di sussistenza, nella qualità e nel valore fissato dal giudice, comporta, di necessità ed agli effetti dell’applicazione dei disposti normativi dell’art. 570, secondo comma n. 2, cod. pen., l’apprestamento solo ed esclusivamente di quel bene o di quel valore che il giudice della separazione o del divorzio ha ritenuto di determinare, nel dialettico confronto delle parti e nel superiore interesse del soggetto debole, oggetto di tutela privilegiata. Né è in facoltà dell’obbligato sostituire la somma di denaro, mensilmente dovuta a tale titolo, con cose o beni che, a suo avviso, meglio corrispondono alle esigenze del minore beneficiario l’utilizzo in concreto della somma versata compete infatti al coniuge affidatario il quale, proprio per tale sua qualità, gode in proposito di una limitata discrezionalità il cui mancato rispetto, in danno del minore figlio, può trovare sanzione - ricorrendone le condizioni - nella stessa norma, in relazione all’art. 570, secondo comma n. 2 cod. pen. in tal senso Sez. 6, n. 8998, 11.2.2010, B.C.M., e Sez. 6^, n. 23017, 29514, P. . Rileva il Collegio che il mancato versamento, protrattosi per anni, dell’assegno stabilito in favore della minore contraddice alla nozione stessa di adempimento dell’obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza che non può che concretizzarsi con la messa a disposizione, continuativa, regolare e certa, che non lasci pause o inadeguatezze, dei mezzi economici in favore del genitore affidatario, responsabile immediato di una gestione ordinata delle quotidiane esigenze di sussistenza del minore o, quantomeno, in accordo, nei suoi contenuti, con il genitore affidatario. Non consta che, nel caso in esame, il pagamento di spese voluttuarie, come quelle della piscina, o anche di spese sanitarie le une e le altre di valore indeterminato siano state concordate con il genitore affidatario del minore sicché tali contribuzioni, allegate dall’imputato come alternative alla regolare contribuzione, sono assolutamente irrilevanti perché inidonee all’adempimento dell’obbligo di assolvere, prioritariamente, a sollevare il minore dalle naturali e permanenti esigenze di sostentamento. 7. Consegue l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello. Si oscuri.