Errore diagnostico: c’è anche quando si omettono controlli doverosi al fine di una corretta diagnosi

E’ sempre difficile, specie in situazioni di emergenza, prendere delle decisioni tuttavia, per quanto arduo possa essere il contesto ed opinabile il giudizio, quello che non può accettarsi è un atteggiamento di sostanziale irresponsabilità, di modo che possano ritenersi leciti quegli atteggiamenti di disinteresse verso la persona e la sua situazione.

La Suprema Corte, con una sentenza completa e ben motivata, n. 13127/2016, depositata il 1° aprile, ha enunciato, tra gli altri, il seguente principio, peraltro già espresso in altre circostanze l’errore diagnostico si [configura] non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si [omette] di eseguire o disporre controlli e accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi . Il caso. Nella specie è accaduto che durante una crociera una donna si sia sentita male i medici avevano prescritto alla stessa semplicemente alcune gocce di Valium poco dopo la donna, rientrata in cabina, moriva per infarto. Il processo di merito ha evidenziato che i sintomi presentati dalla paziente erano gravi e potevano di per sé allertare i sanitari presenti, i quali, non solo non hanno fatto effettuare ulteriori analisi per comprendere lo stato effettivo di salute della donna, ma hanno evidentemente somministrato un farmaco del tutto inutile. La difesa del ricorrente, pur essendo ormai prescritto il reato, ha comunque avanzato ricorso per cassazione, stando la condanna generica in favore delle parti civili, cercando di minare il giudizio di responsabilità comunque implicito nelle statuizioni civili. Dato il caso, non pare inutile soffermarsi un poco sulle motivazioni addotte dalla Suprema Corte. Le motivazioni. In primo luogo, la Cassazione, dopo aver ricordato che a fronte della dichiarazione di prescrizione del reato, si deve considerare se emerge l’evidenza dell’innocenza, fermo restando che il giudizio sul punto si deve tradurre in una constatazione” piuttosto che in un apprezzamento”, non richiedendosi alcun accertamento o approfondimento vedi Cass. Sez. Unite n. 35490/2009 , ha escluso il punto, disattendendo le argomentazioni difensive, che nella sostanza miravano a negare l’omissione, il nesso causale e la stessa colpa del ricorrente. Sul primo aspetto omissione la Suprema Corte ha evidenziato come in realtà i giudici avessero rimproverato un errore diagnostico a fronte di una pluralità di indici di sospetto e nell’adozione di una terapia del tutto inadeguata. Si è poi osservato in tema di nesso causale come, sempre dalle risultanze, fosse emersa l’incidenza di tali omissioni, posto che il pregresso stato di salute della paziente ancorché avesse dovuto sconsigliare l’imbarco non era stato determinante dell’evento morte, che ben poteva essere evitato. Infatti, tenendo presente l’insegnamento ormai pacifico, secondo cui deve accertarsi se la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del soggetto , e il criterio, secondo cui in tale materia bisogna considerare se il medico avesse tenuto la condotta doverosa prevista dalla legge, operando secondo il noto principio di controfattualità, guidato sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica, l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato, ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva vedi anche Cass. Sez. unite n. 30328/2002 , i giudici di merito avevano accertato che l’omissione in questione era stata eziologicamente significativa. In merito al profilo della colpa, l’Alta Corte ha chiaramente affermato l’inammissibilità della lagnanza, in quanto a fronte della possibilità di diagnosi differenziale non ancora risolta, costituisce obbligo del medico al quale sia stato sottoposto il caso compiere gli approfondimenti diagnostici necessari per accertare quale sia l’effettiva patologia che affligge il paziente e adeguare le terapie in corso a queste plurime possibilità. L’esclusione di ulteriori accertamenti può, infatti, essere giustificata esclusivamente dalla raggiunta certezza che una di queste patologie possa essere esclusa ovvero, nel caso in cui i trattamenti terapeutici siano incompatibili, che possa essere sospeso quello riferito alla patologia che, in base all’apprezzamento di tutti gli elementi conosciuti o conoscibili, se condotto secondo le regole dell’arte medica, possa essere ritenuto meno probabile, sempre che la patologia meno probabile non abbia caratteristiche di maggiore gravità e possa, quindi, essere ragionevolmente adottata la scelta di correre il rischio di non curarne una che, se esistente, potrebbe però provocare danni minori rispetto alla mancata cura di quelle più grave . Conclusioni. La sentenza in oggetto è pienamente condivisibile per i principi espressi e per la lucidità manifestata nella loro applicazione. Certamente il contesto nel quale il tutto si è verificato crociera nel Mediterraneo può in qualche modo attenuare la responsabilità penale del medico che è intervenuto. Ma tale attenuazione, non può – come già accennato all’inizio – essere tale da acconsentire prassi lassiste. Come bene ha ulteriormente scritto la Corte di Cassazione, fino a quando il dubbio diagnostico non sia stato risolto e non vi sia alcuna incompatibilità tra accertamenti diagnostici e trattamenti medico-chirurgici, il medico che si trovi di fronte alla possibilità di diagnosi differenziale non deve accontentarsi del raggiunto convincimento di aver individuato la patologia esistente quando non è in grado, in base alle conoscenze dell’arte medica da lui esigibili, di escludere la patologia alternativa, proseguendo gli accertamenti diagnostici ed i trattamenti necessari . In altri termini, non sono ammissibili decisioni che non siano il risultato di un serio processo di analisi. D’altra parte, se così non fosse, dovendo il paziente descrivere al medico solo i sintomi apparenti, nessuna analisi approfondita dovrebbe mai farsi o pretendersi, posto che ci si potrebbe accontentare della situazione più semplice ed economicamente, anche in termini di funzionalità e di efficienza, più vantaggiosa. Il paziente va dal medico per essere curato o perché possa essere curato nel modo migliore possibile. Naturalmente il paziente può accettare o rifiutare le terapie proposte, ma a condizione che sia posto nella condizione di ben conoscere l’oggetto del consenso richiesto. Sicché un medico che facesse riferimento a ipotesi o a diagnosi parziali, non potrebbe che svolgere solo in parte il proprio compito e ruolo. E chi lavora solo in parte non può lamentarsi, specie in ambito giudiziale, se non ottiene tutto.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 29 settembre 2015 – 1 aprile 2016, numero 13127 Presidente D’Isa – Relatore Ciampi Ritenuto in fatto 1. Con l'impugnata sentenza resa in data 26 febbraio 2014 la Corte d'Appello di Roma, in riforma della sentenza dei Tribunale di Roma in data 7 dicembre 2010, appellata da V.G. e G.M., assolveva l'imputato V. dal reato a lui ascritto per non aver commesso il fatto e con riferimento alla posizione dell'odierno ricorrente, rimetteva le parti davanti al competente giudice civile per la liquidazione dei danni, revocando le relative statuizioni della sentenza di primo grado. Agli imputati era stato contestato il reato di cui all'art. 589 cod. penumero perché in qualità di medici di bordo della motonave Vittoria Costa Crociere, concorrevano a cagionare, omettendo qualsiasi condotta idonea per impedirlo, il decesso della signora P.L., avvenuto il 27 aprile 2006, per colpa professionale, consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia in particolare, il dott. G. che in data 26 aprile 2006 alle ore 21,30, a bordo della motonave Vittoria Costa Crociere, sottoponeva a visita medica la signora P. la quale accusava un forte dolore epigastrico, associato ad astenia intensa e manifestazioni di insufficienza ventricolare sinistra, pur avendo rilevato ipertensione arteriosa ed eseguito ECG che mostrava tachicardia sinusale oltre 150 b/m e segni ecografici di ischemia miocardica, sintomatologia facilmente riconducibile all'insorgenza di un infarto, si limitava a somministrare 15 gocce di Valium terapia dei tutto inidonea a fronteggiare la situazione clinica , rinviando la paziente in cabina. Exitus verificatosi in acque territoriali greche a bordo della motonave Vittoria Costa Crociere il 27 aprile 2006 alle ore 00,30. 2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione a mezzo del difensore di fiducia il G., deducendo violazione dell'art. 606 , 1° comma, lett. b cod. proc. penumero , per erronea applicazione dell'art. 40 cod. penumero , in relazione all'art. 589 cod. penumero violazione dell'art. 606 , 1° comma, lett. e cod. proc. penumero per mancanza ed illogicità della motivazione in relazione agli artt. 40 e 589 cod. penumero violazione dell'art. 606 , 1° comma, lett. e cod. proc. penumero per mancanza ed illogicità della motivazione in relazione agli artt. 42, 43 e 589 cod. penumero Considerato in diritto 3. In via preliminare va rilevato che il reato ascritto all'imputato risulta estinto per essere decorso l'intero termine massimo di prescrizione del reato. Il fatto illecito risulta consumato il 27 aprite 2006 e la prescrizione, trattandosi di delitto punito con pena non superiore ad anni sei art. 589 c.p., comma 1 , è maturata con il decorso dell'intero termine massimo al trascorrere dei 27 ottobre 2013. Tanto determina che l'esame del ricorso deve essere condotto secondo la particolare prospettiva tracciata dall'art. 129 cod. proc. penumero dovendosi quindi verificare ove non risulti l'inammissibilità dell'impugnazione cfr. Sez. 2, numero 28848 dei 08/05/2013, Ciaffoni, Rv. 256463 Sez. U, numero 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266 se emerga l'evidenza dell'innocenza dell'imputato, ove l'evidenza va intesa come ricorrenza di circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione dei medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergente dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione giudiziale si risolva in una constatazione piuttosto che in un apprezzamento , non richiedendosi alcun accertamento o approfondimento cfr. Sez. U, numero 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274 . Orbene, nel caso che occupa la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione. Ed invero, quanto appresso si osserverà in ordine alle argomentazioni svolte dalla Corte territoriale nella pronuncia impugnata, escludono qualsiasi possibilità di proscioglimento nel merito, ma anche vale ad escludere la fondatezza delle censure svolte dal ricorrente, che sono comunque da esaminare attesa la pronuncia di condanna generica dello stesso al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. In tema di declaratoria di estinzione del reato, infatti, l'art. 578 cod. proc. penumero prevede che il giudice d'appello o la Corte di Cassazione, nel dichiarare estinto per amnistia o prescrizione il reato per il quale sia intervenuta condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati , sono tenuti a decidere sull'impugnazione agli effetti dei capi della sentenza che concernano gli interessi civili al fine di tale decisione i motivi di impugnazione proposti dall'imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi trovare conferma della condanna al risarcimento del danno anche solo generica dalla mancanza di prova della innocenza dell' imputato, secondo quanto previsto dall'art. 129 c.p.p., comma 2 Cass. Sez. 6, sent. numero 3284 del 25/11/2009, Mosca, Rv. 245876 . Nella prospettiva appena indicata va affermato che il ricorso è infondato. Ed invero il ricorrente ha in particolare, con i tre distinti motivi di ricorso proposti, impugnato i punti ed i capi della sentenza di appello con cui è stata ritenuta la sussistenza della condotta omissiva contestata è stato ritenuto sussistente il nesso di causalità tra la condotta omissiva contestata e l'evento verificatosi è stata ritenuta la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato. Quanto al primo profilo nel ricorso si contesta la ricostruzione dei fatti contenuta nella gravata sentenza ed in particolare la loro tempistica, al fine di sostenere che il G. sarebbe intervenuto sulla P. per sole due ore e venti. II motivo così come proposto appare inammissibile, vertendo su una quaestio facti, non esaminabile in questa sede. Le mere affermazioni dei ricorrente sul punto contrastano con l'accertamento operato dai giudici di merito, senza neppure che venga specificamente segnalata una contraddittorietà di questo con le emergenze processuali. Va comunque precisato che il rimprovero che si muove al G. è duplice quello dell'errore diagnostico, sostanzialmente riconosciuto dallo stesso imputato, a fronte di una pluralità di indici di sospetto ed in particolare delle risultanze dell'ECG e quello, al primo conseguente, dell'adozione di una terapia dei tutto inadeguata. Sotto entrambi i profili la gravata sentenza, cui la Corte territoriale è pervenuta dopo aver accolto il motivo di gravame concernente la richiesta di rinnovazione istruttoria, disponendo nuovi accertamenti medico-legali, motiva in maniera assolutamente logica e congrua, richiamando anche le espletate consulenze tecniche che avevano evidenziato l'assoluta inadeguatezza della terapia farmacologica adottata dall'imputato, che non aveva in alcun modo risolto le difficoltà cardiologiche, aggravate dall'insorgenza, nelle due ore successive alla visita, di un edema polmonare acuto. Ha poi sottolineato come la condotta omissiva dell'imputato si era concretata, oltre che nella somministrazione di una terapia inadeguata, nella mancata richiesta di trasporto della paziente a mezzo elicottero, in un ospedale della terraferma dotato di un'unità di terapia intensiva cardiologica. Con il secondo motivo si contesta la ritenuta sussistenza del nesso di causalità. Nella specie la Corte territoriale ha ritenuto la sussistenza del nesso di causalità tra l'omessa adozione da parte dell'imputato di idonee misure idonee a rallentare il decorso della patologia acuta, colposamente non diagnosticata, e il mancato avvio presso struttura idonea a risolvere la stessa e il decesso della P Secondo la Corte di merito doveva ritenersi sicuramente accertato che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza dei soggetto. In altri termini, se il medico avesse tenuto la condotta doverosa prevista dalla legge, operando secondo il noto principio di controfattualità, guidato sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica -universale o statistica S.U., 10/7/2002, numero 30328 , l'evento non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. In questo senso l'evento doveva ritenersi evitabile. Né rilevano sotto questo profilo le condizioni pregresse della P., che, in tesi, ne avrebbero dovuto sconsigliare l'imbarco e di cui comunque hanno tenuto conto i consulenti. Ed, invero la deduzione in base alla quale la patologia cardiaca di cui la vittima soffriva fosse talmente grave per cui un intervento medico preventivo non sarebbe stato sufficiente ad evitare l'evento letale, è priva di qualsiasi supporto. La Corte del resto ha sul punto richiamato l'esito, non specificamente contestato, della prova scientifica, acquisita nel dibattimento, ritenendo con argomentazione logica che fosse destituita di fondamento scientifico l'opposta tesi, secondo la quale i comportamenti omessi non avrebbero comunque consentito di evitare l'evento cfr. pag. 9 dell'impugnata sentenza . La sentenza si sottrae, dunque alle proposte censure la conferma dell'ipotesi accusatoria sull'esistenza del nesso causale non è infatti stata dedotta automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica, poiché i giudici di merito hanno verificato , sulla base delle circostanze dei fatto e dell'evidenza disponibile nel caso concreto, che la condotta omissiva è stata condizione necessaria dell'evento lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica SU numero 30328 cit. , escludendo altresì l'interferenza di fattori alternativi. Con riferimento all'ultima doglianza afferente all'elemento soggettivo dei reato il motivo riguarda sostanzialmente la riconoscibilità della patologia, stante la repentinità della situazione verificatasi e le particolari circostanze di tempo e di luogo. Si tratta di censure inammissibili, posto che i giudici di merito hanno fondato il loro convincimento sui pareri degli esperti, ai quali hanno fatto riferimento, e non è ravvisabile alcuna illogicità, tanto meno manifesta, o contraddittorietà nel loro argomentare. Va, in ogni caso, rilevato che, a fronte della possibilità di una diagnosi differenziale non ancora risolta, costituisce obbligo del medico al quale sia stato sottoposto il caso compiere gli approfondimenti diagnostici necessari per accertare quale sia l'effettiva patologia che affligge il paziente e adeguare le terapie in corso a queste plurime possibilità. L'esclusione di ulteriori accertamenti può, infatti, essere giustificata esclusivamente dalla raggiunta certezza che una di queste patologie possa essere esclusa ovvero, nel caso in cui i trattamenti terapeutici siano incompatibili, che possa essere sospeso quello riferito alla patologia che, in base all'apprezzamento di tutti gli elementi conosciuti o conoscibili, se condotto secondo le regole dell'arte medica, possa essere ritenuto meno probabile, sempre che la patologia meno probabile non abbia caratteristiche di maggiore gravità e possa, quindi, essere ragionevolmente adottata la scelta di correre il rischio di non curarne una che, se esistente, potrebbe però provocare danni minori rispetto alla mancata cura di quella più grave. Ma, fino a quando il dubbio diagnostico non sia stato risolto e non vi sia alcuna incompatibilità tra accertamenti diagnostici e trattamenti medico chirurgici, il medico che si trovi di fronte alla possibilità di diagnosi differenziale non deve accontentarsi del raggiunto convincimento di aver individuato la patologia esistente quando non sia in grado, in base alle conoscenze dell'arte medica da lui esigibili, di escludere la patologia alternativa, proseguendo gli accertamenti diagnostici ed i trattamenti necessari. E' sufficiente evidenziare che entrambi i giudici di merito hanno peraltro adeguatamente motivato, anche sulla scorta dei pareri degli esperti acquisiti al processo, in merito all'esistenza di sintomi di elevata gravità che, sin dalla prima visita, avrebbero dovuto allarmare il sanitario ed indurlo ad un diverso comportamento. È peraltro, principio ribadito nella giurisprudenza di questa Corte come, in tema di colpa professionale medica, l’errore diagnostico si configuri non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli e accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi Sez. 4 numero 13542 del 14/02/2013, Caracciolo, numero m. Sez. 4, numero 10614 del 4/12/2012, dep. 2013, Perrotta, Rv.256337 Sez.4, numero 46412 del 28/10/2008, Calò, Rv.242250 . Senza, poi, trascurare il rilievo che nella specie l'insorgenza della patologia cardiaca era agevolmente dimostrata dai risultati dell'esame elettrocardiografico che, come precisato dalla Corte territoriale, rendevano facilmente prevedibile che il progressivo peggioramento delle condizioni della P., avrebbe condotto ad un esito letale, ovvero gravemente lesivo delle funzioni vitali. L'imputato avrebbe poi potuto agevolmente evitare l'ulteriore aggravamento delle condizioni della paziente, somministrando gli opportuni farmaci e richiedendo il trasporto a mezzo elicottero . 4. Alla luce delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata va annullata ai fini penali per essere il reato estinto per prescrizione, mentre il ricorso va rigettato ai fini civili ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dalle costituite parti civili, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata ai fini penali per essere il reato estinto per prescrizione rigetta il ricorso ai fini civili e condanna il ricorrente alla rifusone delle spese processuali sostenute dalle costituite parti civili E.P., N.P., M.P. e C.P. che liquida in complessivi € 2859,57 oltre accessori come per legge