Difensore impegnato in altra udienza, chiede rinvio: il legittimo impedimento va puntualmente provato

L’impegno professionale dell’avvocato in altro procedimento costituisce un legittimo impedimento, che comporta un’assoluta impossibilità a comparire, ex art. 420-ter, comma 5, c.p.p., ove il difensore riferisca in merito all’impedimento non appena sia venuto a conoscenza della contemporaneità dei diversi impegni il legale ha, inoltre, l’onere di precisare le ragioni che conferiscono essenzialità all’espletamento della sua attività nel diverso procedimento, dimostrando l’assenza, in tale processo, di altro difensore che possa assistere l’imputato ovvero l’impossibilità di avvalersi di un sostituto, ai sensi dell’art. 102 c.p.p, tanto nel processo a cui ha intenzione di presenziare, quanto in quello che desidera rinviare.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12866/2016, depositata il 30 marzo. Il caso. La Corte d’Appello di Brescia, confermando la statuizione del giudice di prime cure, riconosceva un imputato responsabile del reato di rapina impropria. Il condannato ricorreva per cassazione, lamentando la violazione dell’art. 420- ter c.p.p. impedimento a comparire dell’imputato o del difensore , per non avere, la Corte territoriale, rinviato il dibattimento nonostante il difensore avesse presentato istanza in tal senso l’avvocato, in particolare, aveva comunicato di non poter presenziare in quanto impegnato in un’altra udienza presso una diversa Corte d’Appello. Quando c’è impossibilità a comparire? La Suprema Corte ha osservato che l’impegno professionale dell’avvocato in altro procedimento costituisce un legittimo impedimento, il quale comporta un’assoluta impossibilità a comparire, ex art. 420- ter , comma 5, c.p.p., ove il difensore riferisca in merito all’impedimento non appena sia venuto a conoscenza della contemporaneità dei diversi impegni il legale ha, inoltre, l’onere di precisare le ragioni che conferiscono essenzialità all’espletamento della sua attività nel diverso procedimento, dimostrando l’assenza, in tale processo, di altro difensore che possa assistere l’imputato ovvero l’impossibilità di avvalersi di un sostituto, ai sensi dell’art. 102 c.p.p, tanto nel processo a cui ha intenzione di presenziare, quanto in quello che desidera rinviare. Gli Ermellini, ribadendo l’orientamento giurisprudenziale delle Sezioni Unite, hanno aggiunto che, in presenza delle condizioni sopra espresse, il giudice ha l’onere di verificare l’effettiva prevalenza del diverso impegno indicato dall’avvocato ciò in quanto l’impegno, per rivestire efficacia impeditiva, deve possedere la caratteristica dell’obiettività e, quindi, avere rilievo prevalente non soltanto secondo l’opinione del professionista, ma in base a specifiche e concrete circostanze. I Giudici del Palazzaccio hanno, poi, chiarito che l’onere, gravante sul difensore, di comunicare tempestivamente il proprio impedimento è finalizzato a consentire al magistrato di individuare la data per una nuova udienza e risponde, quindi, ad esigenze organizzative dell’ufficio giudiziario. Nel caso di specie, il difensore aveva omesso di provare l’impossibilità di nominare un sostituto e l’istanza di rinvio era stata intempestiva. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 8 – 30 marzo 2016, n. 12866 Presidente Gentile – Relatore Rago Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14/07/2014, la Corte di Appello di Brescia confermava la sentenza con la quale, in data 17/01/2014, il Tribunale della medesima città aveva ritenuto Z.G. colpevole del delitto di rapina impropria. 2. Contro la suddetta sentenza, l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi 2.1. Violazione dell'art. 420 TER COD. PROC. PEN. Per non avere la Corte rinviato il dibattimento nonostante il difensore avesse presentato istanza con la quale si rappresentava la sua impossibilità ad essere presente essendo impegnato in altra udienza presso la Corte di Appello di Milano 2.2. MANIFESTA ILLOGICITÀ della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità fondata a sul riconoscimento effettuato dalla parte offesa b sul ritrovamento di un cellulare a bordo dell'auto che il ladro stava tentando di ruba re 2.3. VIOLAZIONE DELL'ART. 624 COD. PEN. Per non avere la Corte ritenuto di derubricare il fatto in furto tanto più che non vi era alcuna prova della volontà dell'imputato di aver manovrato la vettura al fine di far cadere la parte offesa dal cofano al quale si era aggrappato 2.4. VIOLAZIONE DELL'ART. 56 COD. PEN. Per non avere la Corte motivato in ordine al fatto che, in realtà, si era trattato solo di un tentativo e non di un reato consumato. Considerato in diritto 1. VIOLAZIONE DELL'ART. 420 TER COD. PROC. PEN. la doglianza è manifestamente infondata. In punto di fatto, risulta che il decreto di citazione a giudizio davanti la Corte di Appello di Milano era stato emesso il 22/04/2014 il decreto di citazione a giudizio davanti alla Corte di Appello di Brescia, era stato emesso il 18/06/2014 e notificato il 23/06/2014 l'istanza di rinvio fu depositata in cancelleria il 02/07/2014. La Corte respinse la richiesta di rinvio dal momento che nell'istanza non è adeguatamente indicato, né dimostrato, che il richiedente non è nella condizione di poter nominare un proprio sostituto, nell'altra o in questa sede processuale, e che in ogni caso la richiesta è stata presentata intempestivamente rispetto alla notizia dell'intervenuta fissazione dell'incombente asseritamente pregiudicante . In punto di diritto va osservato che le SSUU con la sentenza n° 4909/2015 hanno statuito che l'impegno professionale dei difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire ai sensi dell'art. 420 ter c.p.p., comma 5, a condizione che il difensore prospetti l'impedimento appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni, indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l'espletamento della sua funzione nel diverso processo e rappresenti l'assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l'imputato, nonchè l'impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell'art. 102 c.p.p., sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio con conseguente congelamento del termine fino ad un massimo di sessanta giorni dalla cessazione dell'impedimento stesso . In motivazione, le SSUU, hanno chiarito che in presenza delle condizioni appena indicate, il giudice, chiamato a decidere sull'istanza di rinvio così articolata e documentata, dovrà accertare se sia effettivamente prevalente il diverso impegno rappresentato, proprio in quanto esso, per assumere l'efficacia impeditiva richiesta dalla norma, deve presentare anche la caratteristica della obiettività, nel senso che la priorità della esigenza difensiva nel procedimento pregiudicante deve trovare il suo fondamento non nella soggettiva opinione del difensore, ma deve risultare ancorata a specifiche circostanze semprechè non sussistano, ovviamente, contrarie ragioni di urgenza, che il giudice deve valutare con ponderata delibazione, nel necessario bilanciamento fra le contrapposte esigenze. Deve, in particolare, ritenersi particolarmente pregnante l'obbligo per il difensore di prospettare, al giudice ai quale si chiede il rinvio, con assoluta tempestività, il proprio impedimento appunto, appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni e ciò, al fine di poter consentire al giudice stesso di individuare la data della nuova udienza in caso di accoglimento dell'istanza di differimento anche in relazione alle esigenze organizzative del proprio ufficio, e far si che l'eventuale rinvio avvenga in tempo utile per evitare disagi alle altre parti o disfunzioni giudiziarie cfr. Sentenza Fogliani, cit. . Alla stregua del suddetto principio di diritto, la doglianza deve ritenersi manifestamente infondata, in quanto la decisione della Corte territoriale si pone in linea con quella delle cit. SSUU, avendo chiarito a che non era stato provato l'impossibilità di nominare un proprio sostituto b che, comunque l'istanza di rinvio era intempestiva nove giorni dopo da quando avrebbe potuto essere depositata . 2. MANIFESTA ILLOGICITÀ della motivazione La censura proposta con il presente ricorso, va ritenuta null'altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con motivazione logica, priva di aporie e dei tutto coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva. Pertanto, non essendo ravvisabile alcuno dei vizi motivazionali deducibili in sede di legittimità, la censura, essendo incentrata tutta su una nuova ed alternativa rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, va dichiarata inammissibile. Sul punto, va, infatti, rilevato che, in sede di legittimità, non è possibile dedurre come motivo il travisamento dei fatto , giacchè è preclusa la possibilità per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito ex plurimis Cass. 4675/2006 Rv. 235656. Poiché, nel caso di specie, il ricorrente si è limitato a contestare la valenza probatoria sia del riconoscimento effettuato dalla parte offesa al dibattimento sia il ritrovamento del telefono cellulare dal quale si è risaliti all'imputato , prospettando solo doglianze di merito, la censura non può che essere dichiarata inammissibile. 3. ERRATA QUALIFICAZIONE GIURIDICA ugualmente manifestamente infondata è la doglianza in ordine all'errata qualificazione giuridica art. 624 art. 56 cod. Pen. In quanto la ricostruzione del fatto così come effettuata in modo concorde da entrambi i giudici i merito, esclude che, nel medesimo, possa ravvisarsi sia il reato di furto, sia il reato tentato. 4. In conclusione, l'impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell'art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 1.000,00. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.