Omesso controllo su notizie del telegiornale e diffamazione: il direttore responsabile … non è responsabile

Il direttore responsabile di un telegiornale non risponde per l’omissione dei controlli finalizzati a scongiurare l’integrazione del reato di diffamazione, né ex art. 57 c.p., né ai sensi dell’art. 30 della l. n. 223/90. La prima norma, infatti, è riferita agli illeciti posti in essere attraverso la stampa periodica, mentre la seconda prevede che le sanzioni dalla stessa introdotte siano applicate a soggetti specificamente indicati concessionario privato, concessionaria pubblica o soggetto dai medesimi delegato al controllo del programma televisivo .

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12789/2016, depositata il 29 marzo scorso. Il caso. Il gup presso il Tribunale di Pescara rigettava la richiesta, avanzata dal pm, di revoca della sentenza di non luogo a procedere emessa dal medesimo Ufficio nei confronti di due imputati, per il reato di cui all’art. 30, commi 1 e 4, della l. n. 223/90 disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato, sanzioni penali . In particolare, il procedimento traeva origine dalla querela per diffamazione, sporta dalla vittima di un’aggressione, in relazione al contenuto di alcune notizie giornalistiche aventi ad oggetto l’accaduto e trasmessi sul telegiornale nazionale, verso i direttori responsabili del programma. Il gup rigettava la richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere, nei confronti degli imputati, sottolineando come gli illeciti di diffamazione posti in essere per mezzo di trasmissioni televisive fossero disciplinati dall’art. 30, comma 4, della l. n. 223/90, ai sensi della quale le sanzioni, di cui all’art. 13 della l. n. 47/48 disposizioni sulla stampa , possono trovare applicazione soltanto verso il concessionario o la persona delegata al controllo della trasmissione. Il pm presso il Tribunale ricorreva per cassazione, lamentando violazione dell’art. 30 della l. n. 223/90. La sopravvenienza di nuove fonti di prova. La Suprema Corte ha preliminarmente chiarito che l’art. 434 c.p.p. delimita le ipotesi in cui è possibile predisporre la revoca della sentenza di non luogo a procedere, riconducendole ai casi in cui vengano scoperte oppure sopravvengano nuove fonti di prova. La Cassazione ha ricordato l’orientamento delle Sezioni Unite secondo cui i nuovo elementi di prova, acquisiti dopo la pronuncia di non luogo a procedere, possono determinare la revoca del provvedimento soltanto ove siano stati acquisiti nel corso di indagini estranee al procedimento già definito o siano provenienti da altri procedimenti, ovvero reperiti in modo casuale o spontaneamente offerti, e comunque non siano il risultato di indagini finalizzate alla verifica ed all’approfondimento degli elementi emersi . E’ responsabile il direttore responsabile di un telegiornale? I Giudici del Palazzaccio hanno evidenziato come il gup del Tribunale di Pescara abbia correttamente operato nel caso di specie, conformandosi all’orientamento giurisprudenziale secondo cui il direttore responsabile di un telegiornale non risponde per l’omissione dei controlli finalizzati a scongiurare l’integrazione del reato di diffamazione, né ex art. 57 c.p., né ai sensi dell’art. 30 della l. n. 223/90. Ciò in quanto la prima norma è riferita agli illeciti posti in essere attraverso la stampa periodica, mentre la seconda prevede che le sanzioni dalla stessa introdotte siano applicate a soggetti specificamente indicati, individuati nel concessionario privato, la concessionaria pubblica oppure il soggetto dai medesimi delegato al controllo del programma televisivo. Le norme speciali di questa disposizione, ha chiosato il Collegio, non essere applicate analogicamente. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 29 gennaio – 29 marzo 2016, n. 12789 Presidente Vessichelli – Relatore Morelli Ritenuto in fatto 1.1.Viene proposto ricorso avverso il rigetto, da parte dei GUP presso il Tribunale di Pescara, della richiesta dei PM di revoca della sentenza di non luogo a procedere emessa dallo stesso Ufficio in data 5.12.13 nei confronti di B.A. e D.B.A.L., imputati del reato di cui all'articolo 30 co.1 e 4 1.223/90. 1.2. Premesso che Sisti Silvana aveva sporto una querela per diffamazione in relazione al contenuto di alcune notizie giornalistiche riferibili ad una aggressione di cui era stata vittima, notizie riprese anche nei servizi mandati in onda sul TG3 nazionale e sul TG3 Lazio, era stata formulata richiesta di rinvio a giudizio in ordine all'ipotesi criminosa sopra enunciata nei confronti di B.A., direttore responsabile dei TG3 Lazio, e D.B. A., direttore responsabile di TG3. Il GUP aveva pronunciato sentenza di non doversi procedere nei confronti di entrambi per non avere commesso il fatto e, successivamente, il PM aveva chiesto la revoca della sentenza avendo proceduto ad una ulteriore attività investigativa che aveva consentito di meglio precisare il ruolo e le funzioni dei due imputati all'interno della RAI. 1.3. Con il provvedimento impugnato, il GUP ha rigettato la richiesta di revoca osservando che i reati di diffamazione commessi per il tramite di trasmissioni televisive sono disciplinati dall'articolo 30 co.4 1.223/90 che prevede l'applicabilità delle sanzioni di cui all'articolo 13 1.47/48 soltanto al concessionario o alla persona delegata al controllo della trasmissione. I direttori responsabili di un telegiornale o di una testata giornalistica televisiva non sono assimilabili né alla figura del concessionario né a quella del delegato, quindi la norma non sarebbe applicabile nei loro confronti per il divieto di un'applicazione analogica in ma/am partem. 2. Nel ricorso, il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Pescara deduce violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all'errata interpretazione dell'articolo 30 1.223/90 sostenendo che, nell'individuazione della persona fisica titolare, in concreto, dei poteri di controllo, deve necessariamente tenersi conto del riparto interno delle funzioni, considerato che, secondo lo statuto RAI, il legale rappresentante, cioè il presidente, non ha specifici poteri 4i controllo sul contenuto delle trasmissioni televisive. In forza delle norme che disciplinano la materia e del riparto di competenze e funzioni all'interno della RAI, i poteri di controllo spettano ai direttori responsabili delle testate giornalistiche e, quindi, in relazione al caso in esame, a B. e D.B 3. II Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte in cui chiede l'annullamento dei provvedimento impugnato, aderendo alla prospettazione dei ricorrente. 4. La difesa degli imputati ha presentato una memoria in cui evidenza come gli atti interni alla RAI a cui il PM ha fatto riferimento nel ricorso e, nello specifico, la qualifica indicata nel protocollo redatto ai fini della 1.231/01, non siano equiparabili alla delega da parte dei concessionario. Ai fini dell'integrazione del reato di cui all'articolo 30 1.223/90 da parte di soggetto diverso dal concessionario, è richiesta una delega specifica e formale avente ad oggetto il controllo sulle trasmissioni televisive. Si sostiene poi l'impossibilità di configurare, nel caso in esame, il reato di cui all'articolo 30 co.1, che si riferisce esclusivamente a trasmissioni avente il carattere di oscenità, ed anche la fattispecie di cui all'articolo 30 co.4, che introduce una sorta di responsabilità per diffamazione dolosa. Considerato in diritto 1.1. II ricorso è inammissibile sotto un duplice profilo. 1.2. L'articolo 434 c.p.p. disciplina le ipotesi di revoca della sentenza di non luogo a procedere limitandole al caso in cui sopravvengano o si scoprano nuove fonti di prova ed è escluso che possano essere ritenute tali le risultanze dell'ulteriore attività investigativa espletata dalla PG su incarico dei PM e diretta ad accertare i poteri dei due imputati nell'ambito dell'azienda RAI. Si veda, sul punto Sez. U , n. 8 del 23/02/2000 Rv. 215412 I nuovi elementi di prova acquisiti dal pubblico ministero successivamente alla pronuncia della sentenza di non luogo a procedere possono essere utilizzati ai fini della revoca della sentenza e della successiva applicazione di una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato prosciolto, a condizione che essi siano stati acquisiti aliunde nel corso di indagini estranee al procedimento già definito o siano provenienti da altri procedimenti, ovvero reperiti in modo casuale o spontaneamente offerti, e comunque non siano il risultato di indagini finalizzate alla verifica ed all'approfondimento degli elementi emersi . 2. Nel merito, l'interpretazione accolta dal GUP di Pescara è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui Il direttore responsabile di un telegiornale non risponde per l'omesso controllo necessario ad impedire il reato di diffamazione né ai sensi dell'articolo 57 cod. pen., dettato solo per i reati commessi con il mezzo della stampa periodica, né ai sensi dell'articolo 30 della 1. 6 agosto 1990, n. 223, atteso che le norme speciali previste in questa disposizione in tema di trattamento sanzionatorio e di competenza territoriale per il reato di diffamazione commesso attraverso trasmissioni televisive si riferiscono a soggetti specificamente indicati - il concessionario privato, la concessionaria pubblica ovvero la persona da loro delegata al controllo della trasmissione -, né possono trovare applicazione analogica . Sez. 5,n. 50987 de/ 06/10/2014 Rv. 261907 P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero.