Cosa costituisce un legittimo impedimento?

L’assoluto impedimento a comparire dell’imputato, previsto dall’art. 420- quater, comma 1, c.p.p., sussiste anche con riferimento ad una malattia di natura cronica, a condizione che la stessa dia origine ad un effettivo impedimento, legittimo e di carattere assoluto , connesso ad una situazione che l’imputato non abbia il potere di governare e che non sia allo stesso riconducibile.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10482/2016, depositata il 15 marzo. Il caso. La Corte d’Appello di Palermo, riformando parzialmente la statuizione del giudice di prime cure, condannava un imputato per contravvenzioni edilizie, subordinando la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive. Il condannato ricorreva per cassazione, lamentando inosservanza di norme processuali artt. 178 e 420- ter c.p.p. , avendo i giudici di merito negato il legittimo impedimento dell’imputata e ritenendo il certificato medico prodotto insuscettibile di provare l’assoluta incapacità della medesima a presentarsi in sede di dibattimento. Assume rilievo anche l’incapacità prendere parte attivamente all’udienza. La Suprema Corte ha affermato che l’assoluto impedimento a comparire dell’imputato, previsto dall’art. 420- quater , comma 1, c.p.p., sussiste anche con riferimento ad una malattia di natura cronica, a condizione che la stessa dia origine ad un effettivo impedimento, legittimo e di carattere assoluto , connesso ad una situazione che l’imputato non abbia il potere di governare e che non sia allo stesso riconducibile. Gli Ermellini hanno, inoltre, chiarito che, per il legittimo impedimento, non assume rilievo soltanto l’incapacità di recarsi fisicamente in udienza, ma anche quella di prendervi parte attivamente, esercitando il diritto costituzionale di difesa. Deve, a parere del Collegio, considerarsi ricompresa nella nozione di legittimo impedimento anche la circostanza in cui l’imputato, comparso in udienza, non sia in grado di esercitare il diritto di difesa che gli è costituzionalmente garantito una volta che si accerti l’impossibilità della partecipazione”, al giudice corre l’obbligo di rinviare il dibattimento per il tempo necessario a che la causa impeditiva venga a cessare hanno chiosato i Giudici del Palazzaccio. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 dicembre 2015 – 14 marzo 2016, n. 10482 Presidente Amedeo – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Palermo con sentenza del 5 novembre 2014 in parziale riforma della sentenza del tribunale dì Castelvetrano sezione distaccata del Tribunale di Marsala , subordinava il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive, e confermava la condanna, per le contravvenzioni edilizie di cui all'imputazione, di I. M., alla pena di mesi tre di arresto ed € 7.000,00 di ammenda ritenuta la continuazione tra ì reati sub A, B, C e D dell'imputazione, oltre alle spese, con ordine di demolizione del manufatto abusivo, e ripristino dei luoghi. 2. I. M. propone ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. 2. 1. Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, inammissibilità e decadenza, e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con vizio risultante dal testo impugnato ovvero da altri atti del processo. I giudici hanno negato il legittimo impedimento dell'imputata udienza del 5 novembre 2014 ritenendo il certificato medico non comprovante l'assoluta incapacità dell'imputata a presentarsi al dibattimento, e una sua condizione cronica. La diagnosi del certificato anche se non costituiva un'impossibilità assoluta a deambulare era comunque tale da integrare legittimo impedimento a partecipare all'udienza. Secondo le massime di comune esperienza il dolore toracico e gli episodi di ipertensione riscontrati in una persona affetta da cardiopatia ischemica cronica, con angioplastica, costituisce uno stato morboso che incide sullo stato di salute e non permette la partecipazione al processo. Ne deriva la nullità del giudizio di appello per inosservanza delle norme di cui agli art. 178 e 420 ter del cod. proc. pen. 2. 2. La motivazione della sentenza impugnata non tiene in considerazione elementi di prova forniti in appello visti sul passaporto dell'imputata attestanti la sua assenza dall'Italia , né sussistono prove sui ritenuti contatti madre - figlio utilizzati in sentenza per affermare l'accordo per la realizzazione degli abusi edilizi. La sentenza inoltre è illogica laddove afferma che non solo l'imputata non si era attivata per demolire le opere abusive ma aveva proseguito nella sua attività di edificazione abusiva , fatto che non risulta provato. Manca pertanto la prova della committenza da parte dell'imputata seppur proprietaria del bene terreno . La Corte di cassazione infatti ha ritenuto che non può attribuirsi al proprietario di un bene un dovere di controllo, prescindendo dalla concreta situazione della realizzazione delle opere abusive. II proprietario dovrebbe rispondere del reato solo se avesse la disponibilità del bene o avesse dato incarico dei lavori, o se li avesse eseguiti personalmente. L'imputata non ha mai dato assenso ai lavori realizzati dal proprio figlio, e né ne era a conoscenza per i suoi lunghi periodi all'estero. Conferma tale assunto anche la deposizione dei teste d'accusa P. ispettore della P.M. e l'esame della stessa imputata, nonché la documentazione visti del passaporto . Si configura quindi il vizio motivazionale per travisamento del fatto. L'inizio dei lavori risulta alla fine dell'anno 2009, mentre l'imputata stava in U.S.A. data di ingresso settembre 2009 la Corte di appello ritiene una coabitazione, tra madre e figlio, dal 19 ottobre 2008, che escluderebbe la tesi difensiva. Invero la scoperta successiva dei lavori abusivi, ritenuta dalla Corte di appello, non prova la riconducibilità dei lavori all'imputata. Non probante è anche l'altra circostanza della presenza al secondo sopralluogo. 2. 3. Un vuoto motivazionale è rinvenibile anche per la mancata concessione delle generiche, escluse solo per il ritenuto e non provato ampliamento della volumetria. Ha chiesto quindi l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. E' fondato il primo motivo, che assorbe gli altri motivi di ricorso. I giudici hanno negato il legittimo impedimento dell'imputata udienza del 5 novembre 2014 ritenendo il certificato medico non comprovante l'assoluta incapacità dell'imputata a presentarsi al dibattimento, e una sua condizione cronica. La diagnosi del certificato era la seguente Si certifica che la Signora I. Maria è affetta da cardiopatia ischemica cronica con angioplastica coronarica ed episodi di ipertensione e recente dolore toracico, per cui necessita giorni otto di riposo e vita tranquilla e non può presentarsi al tribunale . La motivazione della Corte di appello di Palermo, laddove rileva una mancanza di attestazione della incapacità a deambulare risulta illogica e non aderente alla diagnosi del certificato, non riferita a problemi alla deambulazione, ma a problematiche di cardiopatia ischemica. La natura cronica eventuale della situazione, inoltre, non escludeva, automaticamente, come invece ritenuto dalla Corte di appello -- sentenza impugnata, pagina 4 -, l'insussistenza del legittimo impedimento. L'assoluto impedimento a comparire dell'imputato, indicato dall'art. 420quater comma 1 cod. proc. pen., sussiste anche in relazione ad una malattia a carattere cronico, purché determini un impedimento effettivo, legittimo e di carattere assoluto, riferibile ad una situazione non dominabile dall'imputato e a lui non ascrivibile in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto l'invalidità dell'ordinanza con cui il giudice di merito aveva dichiarato la contumacia dell'imputato sul presupposto che non sussistesse l'ipotesi di impedimento a comparire, trattandosi di una malattia dì natura cronica e, come tale, non suscettibile di prevedibili futuri miglioramenti . Sez. 6, n. 39930 del 30/10/2001 - dep. 09/11/2001, Puzzo, Rv. 220247 . Inoltre per il legittimo impedimento non rileva la sola incapacità di recarsi fisicamente in udienza come ritenuto dalla Corte di appello di Palermo, nella sentenza impugnata ma anche quella di partecipare attivamente, per l'esercizio dei diritto costituzionale di difesa. Nella nozione di legittimo impedimento a comparire al giudizio va compresa anche l'ipotesi in cui l'imputato, ancorché comparso, non sia in grado di esercitare il diritto, costituzionalmente garantito, di difendersi in modo pieno, non potendo assolutamente concepirsi una presenza al dibattimento che non consenta l'effettiva partecipazione ad esso, essendo la prima imprescindibilmente finalizzata alla seconda, sicché una volta che si accerti l'impossibilità della partecipazione , al giudice corre l'obbligo di rinviare il dibattimento per il tempo necessario a che la causa impeditiva venga a cessare, così come non può farsi luogo alla dichiarazione di contumacia qualora l'assenza fisica dell'imputato abbia valida giustificazione. fattispecie in tema di episodi di crisi ansioso-depressive dell'imputato . Sez. 1, n. 1338 del 26/11/1990 - dep. 01/02/1991, Brentino, Rv. 186298 . La sentenza deve quindi annullarsi con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Palermo.