“Quella è una strega”: parla con un bambino e così ne descrive la madre. Nessuna ingiuria

Cade definitivamente ogni contestazione nei confronti della donna che aveva apostrofato in malo modo la madre di un bimbo. La frase utilizzata è sicuramente inopportuna, e ha un evidente disvalore, ma il contesto, cioè il dialogo col bambino, ne azzera il carattere offensivo.

Una donna si rivolge a un bambino Stai lontano da questa casa, perché qui abita una brutta strega cattiva”. Dialogo a metà tra la presa in giro e la minaccia. Ma a rendere quelle parole ancor più pericolose è il fatto che la strega” sia proprio la madre del bimbo. Logica la reazione della persona additata così negativamente. Ma per quanto inopportuna, quella frase non è catalogabile come ingiuria Cassazione, sentenza n. 10426/16, sezione Quinta Penale, depositata l’11 marzo . Contesto. Ricostruito, senza problemi, l’episodio. Nessun dubbio sul fatto che la donna, ora sotto accusa, abbia pronunciato quella frase, rivolgendosi al figlio della strega”. Molti dubbi, invece, sulla possibilità di catalogare quella condotta, per quanto assurda, come ingiuria . Difatti, in secondo grado, la donna viene assolta esclusa l’ipotesi del reato di ingiuria ai danni della madre del bimbo. E ora questa visione, nonostante le obiezioni del legale della persona ritenutasi offesa, viene confermata dai Giudici della Cassazione. In premessa non è esclusa la potenziale carica lesiva delle singole espressioni utilizzate dalla donna. Ciò che però è da tenere in considerazione, aggiungono i Magistrati, è il contesto , cioè l’impiego di quelle frasi nel colloquio intervenuto con un bimbo di 3 anni . Consequenziale è la decisione di escludere il carattere offensivo della frase pronunciata dalla donna. Quella frase, sottolineano ancora i Giudici, è stata sicuramente inopportuna , ma non è scontato, sol per questo motivo, considerarla anche ingiuriosa .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 28 ottobre 2015 – 11 marzo 2016, n. 10426 Presidente Lapalorcia – Relatore Pistorelli Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata, in riforma della pronunzia di primo grado, il Tribunale di Belluno ha assolto C.C. dal reato di ingiuria ai danni di M.G.R. perché il fatto non sussiste. 2. Avverso la sentenza ricorre agli effetti civili a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale la M. nella sua qualità di parte civile articolando sette motivi. 2.1 Con il primo deduce errata applicazione della legge penale rilevando come del tutto ingiustificatamente il Tribunale abbia ritenuto inoffensiva la frase pronunziata dall'imputata la quale rivolgendosi al figlio minore della ricorrente aveva detto stai lontano da questa casa perché qui abita una brutta strega cattiva' , nonostante i termini impegnati dalla stessa risultino oggettivamente idonei a ledere l'onore e il decoro della persona offesa. 2.2 Con il secondo motivo la ricorrente denunzia la contraddittorietà della motivazione, giacchè il giudice dell'appello avrebbe dapprima affermato il carattere scarsamente offensivo delle espressioni utilizzate, per poi concludere per la loro totale inoffensività. Ulteriore vizio della motivazione viene prospettato con il successivo motivo, rilevandosi come il giudicante abbia inteso escludere il carattere offensivo della frase incriminata illogicamente imputandola all'intenzione di intimidire il figlio della ricorrente, così implicitamente riconoscendone l'intrinseco disvalore. Ed in tal senso con il quarto motivo lamenta come erroneamente la sentenza abbia sostanzialmente escluso la configurabilità dell'elemento soggettivo tipico dei reato rifacendosi alla suddetta intenzione, dimenticando che il dolo dell'ingiuria è invece quello generico. 2.3 Con il quinto motivo viene prospettata, sotto il titolo della violazione di legge, ulteriore contraddizione della sentenza nella individuazione della causa della riforma della pronunzia di primo grado, mentre con il sesto viene eccepito il difetto di motivazione sulla pur affermata contraddittorietà delle prova, con particolare riferimento alla confutazione delle argomentazioni che avevano sostenuto la decisione di segno diverso assunta in prime cure. Sul punto, infine, con il settimo motivo viene dedotto altresì il travisamento dei fatto, atteso che dalle dichiarazioni della persona offesa emergeva in maniera evidente la prova dei senso della frase pronunziata dall'imputata. 3. Con memoria depositata il 12 ottobre 2015 il difensore dell'imputata reitera innanzi tutto l'eccezione di inammissibilità della costituzione di parte civile già rigettata dal Tribunale, rilevando come la stessa sia stata formalmente presentata da un mero sostituto del difensore e procuratore speciale, che l'aveva sottoscritta, all'udienza di costituzione delle parti cui non aveva presenziato la M Nel resto la memoria contesta i motivi di ricorso chiedendo che lo stesso venga dichiarato inammissibile o comunque rigettato. Considerato in diritto 1. II ricorso è inammissibile. 2. Pregiudiziale è l'esame dell'eccezione processuale sollevata dalla difesa dell'imputata con la memoria depositata il 12 ottobre 2015 e che è fondata. 2.1 Va infatti ribadito il costante insegnamento di questa Corte per cui il sostituto processuale del procuratore speciale nominato dalla persona offesa non ha il potere di costituirsi parte civile, considerato che l'attribuzione al difensore del potere di costituirsi parte civile legitimatio ad causam costituisce istituto diverso dal rilascio del mandato alle liti rappresentanza processuale , in quanto solo per quest'ultimo l'art. 102 c.p.p. prevede la possibilità della nomina di un sostituto che eserciti i diritti e assuma i doveri dei difensore, con la conseguenza che il sostituto processuale non è legittimato a esercitare l'azione civile nel processo penale ex multis Sez. 5, n. 6680/10 del 23 ottobre 2009, Capuana, Rv. 246147 . 2.2 Dall'esame degli atti - cui il collegio ha accesso in ragione dell'evidenziata natura processuale dell'eccezione - emerge che all'udienza del 24 maggio 2012 la costituzione di parte civile venne formalizzata attraverso il deposito del relativo atto a firma dei difensore e procuratore speciale della persona offesa da parte del dott. A., sostituto processuale dell'avv. T., giusta delega ex art. 102 c.p.p. rilasciatagli dallo stesso. Trova dunque applicazione il principio illustrato in precedenza con la conseguente nullità della costituzione di parte civile per difetto di legittimazione del sostituto processuale dei procuratore speciale, che nemmeno può ritenersi sanata, nella specie, in ragione della eventuale presenza in udienza della persona offesa, stante invece, per come risulta dal relativo verbale, l'assenza di quest'ultima. Dalla nullità della costituzione deriva poi il difetto di legittimazione del difensore a proporre il ricorso sottoscritto dal medesimo e dunque l'inammissibilità dello stesso. 3. II ricorso sarebbe in ogni caso inammissibile. 3.1 Va infatti rilevato come il Tribunale abbia ritenuto la frase attribuita all'imputata priva di carica offensiva in ragione del contesto in cui è stata pronunziata. 3.2 In tal senso appare allora innanzi tutto generico il primo motivo di ricorso, nella misura in cui la ricorrente ha inteso esaltare la potenziale intrinseca carica lesiva delle singole espressioni utilizzate, senza però considerare come il giudice dell'appello non abbia negato in astratto la circostanza, evidenziando però e per l'appunto come il loro impiego concreto nel colloquio intervenuto con un bimbo di tre anni fosse privo di effettivo carattere offensivo. Si tratta di valutazione argomentata in maniera non manifestamente illogica, mentre ogni doglianza della ricorrente tesa ad una sua rivisitazione si traduce irrimediabilmente nella sollecitazione di questa Corte ad un inammissibile riesame del merito della decisione. 3.3 Manifestamente infondati risultano poi il secondo, il terzo ed il quinto motivo. In realtà il giudice dell'appello ha fondato la propria decisione tanto sulla rilevata inoffensività del fatto, quanto sulla contraddittorietà del compendio probatorio di riferimento, talchè è irrilevante quale sia effettivamente quella ritenuta pregiudiziale, giacchè si tratta di rationes decidendi autonome ed entrambe idonee ad esitare nella formula assolutoria prescelta. Che poi lo stesso giudice abbia comunque ritenuto inopportuna la frase pronunziata dall'imputata, riconoscendo dunque un implicito disvalore alla sua condotta, non comporta, come preteso con il ricorso, che automaticamente ne abbia altresì presupposto il carattere ingiurioso. 3.4 E manifestamente infondato è anche il quarto motivo, atteso che in alcun modo la sentenza ha affrontato il profilo dell'elemento soggettivo e men che meno ha assolto l'imputata per la riscontrata carenza del medesimo, atteso che altrimenti ben altra sarebbe stata la formula dispiegata nel dispositivo. 3.5 Generici risultano infine il sesto ed il settimo motivo. Quanto alle censure sollevate con il primo, la ricorrente non ha saputo precisare quali argomentazioni svolte dal giudice di prime cure non sarebbero state confutate dal Tribunale, mentre con riguardo alla rilevata contraddittorietà del compendio probatorio di riferimento ha invece omesso di confrontarsi compiutamente con la motivazione della sentenza impugnata, in cui si dà atto di come, secondo la testimonianza della madre della C., questa non avrebbe pronunziato la frase incriminata. 4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell'art. 616 c.p.p. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.