Furto o rapina impropria? Ecco i confini del “concorso anomalo”

E' sussistente il rapporto di causa ad effetto tra il reato di furto, oggetto di iniziale programmazione criminosa, e quello di rapina impropria, commesso successivamente. Ciò perché è perfettamente prevedibile che uno dei concorrenti possa assumere condotte violente o minacciose per assicurarsi il profitto del furto o l'impunità. Vi è concorso anomalo soltanto se il compartecipe che volle il reato meno grave, pur non avendo previsto il fatto maggiormente offensivo, avrebbe potuto prevederlo come sviluppo logico dell'azione delittuosa convenuta.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, con la sentenza n. 9906/16, depositata il 10 marzo. Hai voluto la bicicletta? E ora pedala! Classico motto che si addice a chi, consapevolmente, si caccia nei guai. Nella vicenda sottesa alla sentenza in commento due soggetti vengono condannati nei primi due gradi di giudizio per rapina impropria, commessa ai danni di una commessa d'un supermarket genovese. Uno dei due imputati, censurando la sentenza d'appello, ritiene essere stata falsamente applicata la norma sul cosiddetto concorso anomalo nel reato. Da quel che si comprende, secondo la prospettazione difensiva, egli si duole di aver inteso soltanto commettere un furto e di non aver previsto che il proprio compagno avrebbe potuto spingersi fino a minacciare la povera commessa del supermercato. La responsabilità per il reato più grave. Dice il codice che se il reato commesso è diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione. Siccome, però, la volontà antigiuridica ha il suo peso nell'azione criminosa, si prevede anche che se il reato commesso è più grave di quello originariamente progettato, chi volle il reato meno grave va incontro ad un trattamento sanzionatorio più mite. Dal punto di vista dogmatico, il concorso anomalo è un rompicapo perchè è vero che si tratta, in fondo, di una specifica ipotesi di aberratio delicti , ben nota alla dottrina penalistica, ma è altrettanto vero che, in realtà, la sua disciplina nasconde, neanche troppo efficacemente, una vera e propria ipotesi di responsabilità oggettiva. E noi tutti sappiamo che la responsabilità penale deve essere sorretta – per risultare compatibile con i canoni costituzionali – da una volontà colpevole. Come si fa, allora, per costituzionalizzare” la disciplina del concorso anomalo? Occorre chiaramente recuperare l'attribuibilità soggettiva del fatto – solitamente, nella prassi giudiziaria, sempre più grave di quello inizialmente previsto dallo sfortunato? compartecipe – al suo co-autore. A questo ci ha pensato, come vedremo, la giurisprudenza. L'evento diverso è conseguenza di quello inizialmente voluto? Il primo requisito che il codice pone è quello del legame causale tra il reato concertato e quello effettivamente commesso. La norma del codice parla, per la precisione, di evento” e specifica che quest'ultimo deve essere conseguenza dell'azione o dell'omissione del compartecipe anomalo. Più che evento, dovremmo dire illecito”, così da non confonderci con le differenti tipologie di fattispecie di evento o di mera condotta . Una rapina impropria può essere causata” da un furto? Certo, dice la Cassazione è del tutto prevedibile che un compartecipe possa trascendere ad atti di violenza o minaccia . E, a supporto di questa conclusione, gli Ermellini citano giurisprudenza ultratrentennale. I diversi coefficienti soggettivi valgono a distinguere il concorso semplice da quello anomalo. Si diceva della necessità di recuperare l'attribuibilità soggettiva del fatto al suo autore anche nel caso del concorso anomalo, proprio per de-oggettivizzare la responsabilità che dallo stesso deriva e per tracciare la differenza con il concorso di persone classico”. Secondo la Cassazione, è un problema di prevedibilità del fatto diverso e più grave se vi è stata previsione e accettazione del rischio di commissione di un reato diverso, siamo nell'area del concorso ordinario. Siamo, invece, nel regno del concorso anomalo se manca la previsione dell'evento maggiormente lesivo, che era, però, doveroso” prevedere come logico sviluppo dell'azione convenuta. Insomma, una specie di colpa per avere delinquito negligentemente, senza prevedere le conseguenze possibili di un'azione criminosa diversa letta così, la disciplina sembra in effetti più digeribile sotto il profilo della necessità che la responsabilità penale si fondi su di una volontà colpevole.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 16 febbraio – 10 marzo 2016, n. 9906 Presidente Fiandanese – Relatore Tutinelli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza 29 maggio 2014, la Corte d’appello di Genova ha confermato la condanna di C.M. e T.A. alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di rapina impropria, già irrogata con sentenza del GIP presso il Tribunale di Genova resa nel medesimo procedimento. In particolare, la Corte di appello ha fondato il provvedimento sulle dichiarazioni della parte offesa, la commessa di un supermarket che aveva subito la rapina. La medesima Corte ha disatteso le contestazioni degli imputati che in particolare contestavano l’attendibilità della parte offesa medesima che aveva reso delle dichiarazioni inizialmente riguardanti un impossessamento del denaro dalla cassa e ad una successiva fuga solo in sede di riconoscimento fotografico ed in maniera del tutto spontanea, aveva aggiunto di essere stata minacciata dal C. all’atto dell’impossessamento poiché costui le aveva fatto il gesto di darle un pugno all’accenno di una reazione. 2. Avverso tale provvedimento propongono ricorso per cassazione entrambi gli imputati. In particolare, l’imputata T. , a mezzo del proprio difensore lamenta violazione di legge in relazione alla qualificazione giuridica della fattispecie in conseguenza della inattendibilità della persona offesa erronea applicazione della legge penale in relazione alla contestata circostanza aggravante della presenza di più persone, posto che uno dei due si era ormai allontanato dall’atto della prospettata minaccia erronea applicazione della legge penale in relazione al mancato riconoscimento della fattispecie di cui all’articolo 116 del codice penale. L’imputato C. propone ricorso sia personalmente lamentando la propria omessa traduzione in occasione di udienza non precisata, sia a mezzo del proprio difensore lamentando manifesta illogicità della motivazione in relazione ai criteri in base ai quali è stata ritenuta credibile la cassiera del supermercato. Considerato in diritto 3. Va preliminarmente disattesa la contestazione effettuata dall’imputato C. nella prima redazione dei motivi di ricorso presentata personalmente. Afferma infatti l’imputato di proporre ricorso avverso la sentenza del GIP presso il Tribunale di Genova e non avere ricevuto l’ordine di traduzione. Non si specifica per quale udienza e in che contesto. Il motivo è inammissibile non essendo stata data indicazione alcuna del momento in cui la omessa traduzione sarebbe avvenuta con conseguente genericità del motivo che non permette a questa Corte nessun tipo di valutazione. 4. Il primo motivo articolato dalla difesa C. riguardante l’attendibilità della parte offesa che ha fornito un particolare decisivo ai fini della qualificazione giuridica dei fatti quello relativo alle minacce in un momento non di poco successivo ai fatti. Il primo motivo di ricorso, la difesa T. contesta erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 110 e 628 cod. pen., affermando che non esservi i presupposti per ritenere raggiunta la prova in ragione delle contraddizioni della cassiera del supermercato per i medesimi motivi. I motivi come sopra evocati sono manifestamente infondati. Va infatti ricordato che, nell’apprezzamento delle fonti di prova, il compito del giudice di legittimità non è di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma solo di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre v. Cass. SU 13.12.1995 n. 930 Cass. Sez. 6, 5.11.1996 n. 10751 Cass. Sez. 1, 6.6.1997 n. 7113 Cass. 10.2.1998 n. 803 Cass. Sez. 1, 17.12.1998 n. 1507 Cass. Sez. 6, 10.3.1999 n. 863 . Dall’affermazione di questo principio discende che esula dai poteri della Cassazione, nell’ambito del controllo della motivazione del provvedimento impugnato, la formulazione di una nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, giacché tale attività è riservata esclusivamente al giudice di merito, potendo riguardare il giudizio di legittimità solo la verifica dell’ iter argomentativo di tale giudice, accertando se quest’ultimo abbia o meno dato conto adeguatamente delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione Cass. Sez. 6, 14.4.1998 n. 1354 . Nel caso di specie, la motivazione della sentenza di secondo grado è ampia e diffusa proprio in ordine alla valutazione del carattere frazionato delle dichiarazioni della parte offesa e della mancanza di qualsiasi interesse nella causa evidenzia la spontaneità e genuinità della dichiarazione fornisce una ampia spiegazione dei motivi che possono avere determinato l’originaria omissione/dimenticanza secondo profili ampiamente logici e coerenti. Tale motivazione risulta essere logica e lineare, secondo criteri ampiamente condivisibili. Ne consegue la palese infondatezza del motivo di ricorso. 5. Con il primo motivo di ricorso la difesa T. lamenta violazione di legge con riferimento all’art. 110 cod. pen. perché autore delle minacce è stato il C. e non il T. . Con il terzo motivo di ricorso, la medesima difesa lamenta erronea applicazione dell’art. 116 cod. pen Si afferma in sostanza che il T. non avrebbe potuto prevedere che il compagno avrebbe minacciato la cassiera del supermercato. I motivi possono essere valutati unitariamente e risultano palesemente infondati. In punto di fatto, GIP e Corte di Appello di diffondono ampiamente sulla ricostruzione dei fatti e danno logica spiegazione in ordine alla affermazione per cui la possibilità che l’autore materiale dell’impossessamento fosse ampiamente prevedibile da parte del ricorrente. La giurisprudenza di questa Corte Suprema è, in proposito, assolutamente ferma nel ritenere che sussiste il necessario rapporto di causa ad effetto tra il reato di furto inizialmente programmato e quelli di rapina impropria, commessi successivamente, poiché è del tutto prevedibile che un compartecipe possa trascendere ad atti di violenza o minaccia nei confronti della parte lesa o di terzi, per assicurarsi il profitto del furto, o comunque guadagnare l’impunità Cass. pen., sez. 2^, n. 519 del 26 maggio 1981, dep. 23 gennaio 1982, Michelangeli, rv. 151694 conformi, sez. 2^, n. 1783 del 2 giugno 1983, dep. 1^ marzo 1984, Papa, rv. 162872, per la quale non è atipico ed imprevedibile l’uso della violenza da parte di uno solo dei concorrenti nel furto in danno delle persone intervenute per bloccarlo sez. 2^, n. 138 del 9 luglio 1984, dep. 8 gennaio 1985, Mariniello, rv. 167299, per la quale la rapina impropria non costituisce evento atipico ed imprevedibile rispetto al furto sez. 2^, n. 6300 del 230 ottobre 1990, dep. 10 giugno 1991, Pizzalu, rv. 187403, per la quale l’uso eventuale di violenza o minaccia può essere ritenuto prevedibile sviluppo della condotta finalizzata a commettere un furto, e, se realizzato, fa progredire la sottrazione della cosa mobile altrui in rapina impropria ascrivibile al compartecipe a titolo di concorso anomalo ex art. 116 c.p. da ultimo, sez. 6^, n. 9952 del 22 gennaio 2003, Fanti, rv. 224042 . Quanto ai tratti che distinguono il concorso anomalo ex art. 116 c.p. dall’ordinario concorso nel reato ex art. 110 c.p., si è in più occasioni chiarito che la responsabilità del compartecipe per il fatto più grave rispetto a quello concordato, materialmente commesso da un altro concorrente, integra il concorso ordinario ex art. 110 c.p., se il compartecipe ha previsto e accettato il rischio di commissione del delitto diverso e più grave, mentre configura il concorso anomalo ex art. 116 c.p., nel caso in cui l’agente, pur non avendo in concreto previsto il fatto più grave, avrebbe potuto rappresentarselo come sviluppo logicamente prevedibile dell’azione convenuta facendo uso, in relazione a tutte le circostanze del caso concreto, della dovuta diligenza per tutte, Cass. pen., sez. 1^, n. 4330 del 15 novembre 2011, dep. 1^ febbraio 2012, Camko, rv. 251849 . Nell’affermare la penale responsabilità dell’imputato ai sensi dell’art. 110 c.p., la Corte di Appello ha evidenziato che costituisce pur sempre logico e prevedibile sviluppo del furto programmato, e, di conseguenza, è ampiamente prevedibile da parte dei correi che quello che compie materialmente l’impossessamento del danaro direttamente dalla cassa e in presenza della cassiera possa dover fronteggiare o reprimere il tentativo di recupero . Si tratta di motivazione logica e coerente non essendovi spazio per dubitare che un complice anche scarsamente avveduto la cui presenza precedente e contestuale ai fatti ha l’unica funzione di supporto si rappresenti tale circostanza. 6. Con il secondo motivo di ricorso, si contesta la ipotizzabilità dell’aggravante della presenza di più persone riunite. Questa Corte ha evidenziato come, nel reato di estorsione, la circostanza aggravante speciale delle più persone riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia Sez. U, Sentenza n. 21837 del 29/03/2012 Rv. 252518 . Nel caso di specie, la minaccia è avvenuta secondo la difesa quando il T. era di spalle, stava già fuggendo, non poteva rendersi conto della minaccia stessa. Quanto alla prevedibilità della minaccia, si richiama quanto detto nella disamina dei motivi precedenti. Quanto alla contemporanea presenza di più persone al momento delle minacce, deve rilevarsi che la stessa prospettazione del motivo da parte della difesa non permette di escludere tale circostanza. Infatti, indubbio che la minaccia sia avvenuta quando la parte offesa aveva ampiamente percepito la presenza contemporanea di due persone in fuga dopo l’impossessamento il fatto che il ricorrente fosse di pochi passi avanti e di spalle non esclude comunque che i due si trovassero nello stesso contesto di luogo e che la donna si fosse ampiamente rappresentata la possibilità che in presenza di una propria ulteriore resistenza l’altro correo potesse tornare indietro a dare manforte al compagno, il che rispecchia perfettamente la ratio della previsione dell’aggravante, connessa al maggiore effetto intimidatorio prodotto dalla partecipazione al delitto di più persone e nella minorata possibilità di difesa della vittima, oggetto di violenza o minacce da parte più persone così, in motivazione, Sez. U, Sentenza n. 21837 del 29/03/2012 Rv. 252518 . Ne consegue l’inammissibilità del ricorso. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, e di ciascuno al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.