Rimozione degli effetti dell’illecito e tutela del patrimonio culturale…chi ingiunge la demolizione?

Il d. lgs. n. 42/2004, avente ad oggetto la disciplina del settore della conservazione dei beni culturali, riconosce un ruolo fondamentale al Ministero per i beni e le attività culturali ed anche al sopraintendente competente per territorio, il cui intervento è sollecitato in ragione del carattere tecnico della materia.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n 8186/2016, depositata il 29 febbraio. Il caso. Il gip presso il Tribunale di Foggia rigettava l’istanza finalizzata alla revoca dell’ordine di esecuzione emesso dal pm, con riferimento al decreto penale di condanna, esecutivo, con cui un imputato era stato riconosciuto colpevole dell’illecito di cui all’art. 169 del d. lgs. n. 42/2004 opere illecite . Il condannato ricorreva per cassazione, lamentando violazione di legge, consistente nel fatto che il gip avrebbe esorbitato la propria competenza, in quanto soltanto al Ministero delle Belle Arti spetterebbe ingiungere la demolizione delle opere illecite. L’eliminazione degli effetti dell’illecito non deve arrecare danno al patrimonio culturale. La Suprema Corte, condividendo anche le osservazioni del Procuratore Generale, ha, preliminarmente, sottolineato che non può essere contestato il potere del giudice di ordinare la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, una volta che sia stata accertata la violazione, rilevante dal punto di vista penale, della normativa in materia di tutela dei beni culturali. Il d. lgs. n. 42/2004, avente ad oggetto una regolamentazione complessa del settore della conservazione dei beni culturali, riconosce un ruolo fondamentale al Ministero per i beni e le attività culturali ed anche al sopraintendente competente per territorio, il cui intervento è sollecitato in ragione del carattere tecnico della materia. Il Collegio ha ritenuto che la stessa ratio debba governare l’ordine di demolizione, allo scopo di evitare che la rimozione degli effetti dell’illecito penale arrechi un danno al patrimonio culturale. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 gennaio – 29 febbraio 2016, n. 8186 Presidente Ramacci – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza dell’11/5/2015, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia rigettava l’istanza volta ad ottenere la revoca dell’ordine di esecuzione emesso dal pubblico ministero in sede con riguardo al decreto penale di condanna n. 1311/2013, esecutivo, che aveva riconosciuto B.M.G. colpevole del reato di cui all’art. 169, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. 2. Propone ricorso per cassazione lo stesso, a mezzo del proprio difensore, deducendo due motivi - violazione di legge. Il G.i.p. avrebbe esorbitato la propria competenza atteso che, integrando la condotta una violazione del d.lgs. n. 42 del 2004, la competenza ad ingiungere la demolizione spetterebbe soltanto al Ministero delle Belle Arti , non già al pubblico ministero - difetto di motivazione ed erronea interpretazione di legge. Il G.i.p. avrebbe degradato a mero errore materiale l’indicazione, nell’ordine di demolizione in esame, di un titolo di reato art. 20, I. n. 47 del 1985 diverso da quello oggetto del decreto penale per contro, proprio a cagione di ciò l’ordine stesso dovrebbe ritenersi del tutto nullo, poiché riferito ad un decreto penale inesistente, quindi non eseguibile. Sotto altro profilo, poi, la necessità di sospendere l’ordine medesimo deriverebbe dal fatto che, in ogni caso, lo stesso sarebbe stato disposto ove possibile sarebbe stato lo stesso Giudice, quindi, a ritenere doveroso un accertamento in materia da parte della competente Soprintendenza. 3. Con requisitoria scritta dell’8/7/2015, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza. Premesso che il richiamo all’art. 20, l. n. 47 del 1985 costituirebbe un evidente refuso materiale, privo di conseguenze, si osserva che l’art. 169, d.lgs. n. 42 del 2004 non contempla l’ordine di rimessione in pristino, ovvero la demolizione dell’abuso, invero prevista soltanto dall’art. 181, stesso decreto. Ne deriverebbe che, se per un verso è certa la competenza del pubblico ministero, per altro verso risulterebbe quantomeno dubbio che la stessa autorità giudiziaria possa emettere un diretto ordine demolitorio nei termini di cui alla diversa ipotesi di cui all’art. 181 citato. Con la conseguenza che risulterebbe opportuna una più approfondita analisi della questione, specie al fine di fissare le modalità di esecuzione in ottemperanza dell’ordine di rimessione in pristino. Considerato in diritto 3. Il ricorso risulta fondato nei termini che seguono. In ordine alla prima questione, relativa all’indicazione sull’ordine di demolizione di un titolo di reato diverso da quello riconosciuto a carico del B. , rileva la Corte che la motivazione dedotta dal G.i.p. di Foggia risulta del tutto adeguata. Ed invero, l’ordinanza ha rilevato che l’ingiunzione in esame individua con esattezza il decreto penale che ne costituisce fonte, con ogni indicazione numerica e cronologica, sì che l’errore materiale refuso in cui è incorso il pubblico ministero non potrebbe limitare o comprimere in alcun modo il diritto di difesa in capo al ricorrente quel che, all’evidenza, costituisce l’unico profilo in ordine al quale potrebbe esser sollevata una doglianza, contrariamente all’assunto contenuto nel gravame in forza del quale l’ordine di esecuzione sarebbe addirittura inesistente, poiché relativo ad un decreto penale mai emesso a carico del B. in ordine alla contravvenzione di cui all’art. 20, lett. c , l. n. 47 del 1985. 4. Con riguardo, poi, all’asserita incompetenza del pubblico ministero, per essere competente il Ministero per i beni e le attività culturali, ritiene il Collegio di condividere le considerazioni svolte dal Procuratore generale. Ed invero, premesso che non pare contestabile il potere del Giudice di ordinare la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, una volta accertata la violazione per esecuzione penalmente rilevante della normativa in materia di tutela dei beni culturali, atteso l’interesse alla rimozione delle conseguenze pregiudizievoli della condotta di reato ciò premesso, il d.lgs. n. 42 del 2004 contenente la previsione di cui all’art. 169 ascritta al B. individua una complessa disciplina in materia di conservazione dei beni culturali in particolare, gli artt. 32, 33, 34 , nell’ambito della quale viene riconosciuto un ruolo di primario rilievo al Ministero per i beni e le attività culturali ed al soprintendente competente per territorio, chiamati ad intervenire al riguardo in ragione del carattere particolarmente tecnico della materia e della necessità che simili interventi vengano svolti sotto il controllo degli organi a ciò deputati. Orbene, ritiene il Collegio che la medesima ratio debba coinvolgere anche l’ordine di demolizione, compreso quindi quello in oggetto, al fine di evitare che la doverosa rimozione degli effetti dell’illecito penale possa pregiudicare il patrimonio culturale, così arrecando allo stesso un ulteriore danno ne consegue che l’ordinanza del Tribunale di Foggia deve essere annullata con rinvio, affinché vengano meglio specificati i termini dell’ordine di demolizione in oggetto, invero già disposta dal Giudice di merito ove possibile e, pertanto, con evidente richiamo all’intervento degli organi preposti alla tutela del vincolo culturale violato. P.Q.M. Annulla con rinvio l’ordinanza impugnata al Tribunale di Foggia per nuovo esame.