Cocaina e marijuana in macchina, automobilista agitato ma lucido: nessuna condanna

Cade l’accusa di avere guidato in una condizione psico-fisica alterata dall’assunzione delle due sostanze stupefacenti. Nonostante la positività riscontrata dagli accertamenti biologici, l’agitazione mostrata dall’automobilista dinanzi ai carabinieri non è elemento sufficiente per una condanna.

Controllo notturno dei carabinieri. L’automobilista accosta e scende dalla vettura, ma la sua agitazione è sospetta Ciò spinge i due militari a perquisire il veicolo. Risultato vengono rinvenuti due involucri, uno contenente marijuana e l’altro contenente cocaina. Nonostante tutto, però, e pur essendo stata riscontrata una positività alla cocaina e ai cannabinoidi, crolla l’accusa di guida in stato di alterazione psico-fisica Cassazione, sentenza n. 7899/16, sezione Quarta Penale, depositata il 26 febbraio . Controllo. A inchiodare l’automobilista, almeno in prima battuta, è l’esito degli accertamenti biologici effettuati in ospedale è stata riscontrata, difatti, una significativa, nell’ottica dell’accusa, positività alla cocaina e ai cannabinoidi . Tale dato è chiarissimo, secondo i giudici di merito l’uomo, a loro avviso, ha fatto uso delle due sostanze nelle ore precedenti al controllo dei carabinieri. Inaccettabile, sempre secondo i giudici, la tesi difensiva, centrata sull’ammissione del consumo di marijuana e cocaina , consumo però collocato almeno due giorni prima rispetto agli accertamenti biologici effettuati in ospedale. Agitazione. Ora, però, la visione tracciata in Tribunale e condivisa in Appello viene demolita dai Giudici della Cassazione. Prima di valutare la vicenda, viene ricordato che non è sufficiente che l’automobilista si sia posto alla guida del veicolo subito dopo aver assunto droghe, ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione . Tale riferimento è decisivo. Perché lo stato di alterazione non pare affatto dimostrato, in questo caso. Molto più genericamente, evidenziano i Giudici, si è fatto riferimento a uno stato di agitazione manifestato dall’uomo durante il controllo dei carabinieri , agitazione dovuta, probabilmente, al timore di vedere rinvenuto lo stupefacente occultato nella vettura. Non a caso, viene aggiunto, un carabiniere ha descritto l’automobilista come spaventato, come se avesse qualcosa da nascondere . Impossibile, quindi, parlare di uno stato di scarsa lucidità e scarsa coscienza . Tutto ciò consente di ritenere non plausibile l’accusa contestata all’automobilista.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 dicembre 2015 – 26 febbraio 2016, n. 7899 Presidente Ciampi – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Lecco, con la quale S.L. era stato condannato a pena ritenuta equa in relazione al reato di guida in stato di alterazione psicofisica da assunzione di sostanze stupefacenti, commesso il 10.11.2011. Secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito, il S. era stato controllato da una pattuglia di Carabinieri intorno alle ore 2,00 del 10.11.2011 mentre percorreva, alla guida di un'autovettura targata , una strada provinciale in località Mandello del Lario. Venne eseguita una perquisizione personale e del veicolo, con l'esito del rinvenimento dì un involucro contenente marijuana e altro contenente cocaina. Il S. venne quindi sottoposto ad accertamenti biologici presso l'ospedale di Lecco, dai quali emerse la positività alla cocaina e ai cannabinoidi, con valori tali da far ritenere ai giudici che l'uso delle sostanze fosse stato recente e non risalente a due giorni prima, come sostenuto dall'imputato in dibattimento. 2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputato a mezzo del difensore di fiducia, deducendo con un primo motivo la violazione di legge ed il vizio motivazionale, perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente interpretato la norma incriminatrice, ritenendo che sia punita la mera condotta di guida dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti, e per aver fondato la dichiarazione di responsabilità su un ragionamento illogico, avendo tratto la prova della recente assunzione e dell'attuale stato di alterazione psicofisica dall'entità dei valori emersi dall'accertamento sui liquidi biologici. Inoltre la Corte di Appello ha ignorato i motivi di appello, con i quali si rilevava che all'atto del controllo il S. non aveva alcun sintomo che denotasse alterazione, che il certificato rilasciato dai sanitari non contiene alcuna delle indicazioni tipiche di un'alterazione psicofisica, che i testi escussi hanno dichiarato che l'imputato non aveva assunto stupefacenti il giorno dei fatto, che il rinvenimento di droga nella disponibilità del S. dimostra che questi non l'aveva ancora consumata, che la presenza in auto di un fucile da caccia conferma l'assenza di un'alterazione in atto. Infine argomenta in merito alla scarsa significatività dell'esito di accertamento condotto sulle urine e alla necessità di un secondo esame di conferma condotto con il gascromatografo, non effettuato nel caso di specie. Con un secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla determinazione della pena, operata dal primo giudice senza motivazione comprensibile e ricostruita in termini ipotetici dalla Corte di Appello. Considerato in diritto 4. II ricorso è fondato. Non vi é alcun dubbio in ordine al fatto che ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 187 cod. strada, non è sufficiente che l'agente si sia posto alla guida dei veicolo subito dopo aver assunto droghe ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione ex multis, Sez. 4, n. 39160 del 15/05/2013 - dep. 23/09/2013, P.G. in proc. Braccini, Rv. 256830 . Quanto all'accertamento del reato, la giurisprudenza di questa Corte ha statuito che lo stato di alterazione del conducente può essere dimostrato attraverso gli accertamenti biologici in associazione ai dati sintomatici rilevati al momento dei fatto, senza che sia necessario espletare una analisi su campioni di diversi liquidi fisiologici. E' stata quindi reputata sufficiente l'analisi delle urine unitamente allo stato confusionale dell'imputato riscontrato al momento dei fatto Sez. 4, n. 6995 dei 09/01/2013 - dep. 12/02/2013, Notarianni, Rv. 254402 . Nel caso di specie, tuttavia, il dato sintomatico valorizzato dalla Corte di Appello é del tutto inidoneo si tratta di uno stato di agitazione che si manifestò durante il controllo dei carabinieri e che indusse gli stessi ad eseguire la perquisizione sicchè ben potè essere determinato dal timore di veder rinvenuto lo stupefacente. Ne é dimostrazione quanto riferito da uno dei verbalizzanti in dibattimento per come riportato nella sentenza impugnata , ovvero che il S. appariva spaventato, come se avesse qualcosa da nascondere. Il primo giudice, d'altro canto, indica addirittura uno stato di lucidità e di coscienza. Va allora rammentato che in tema di ricorso per Cassazione, sussiste la ipotesi di manifesta illogicità della motivazione quando il giudice di merito, nel compiere l'esame degli elementi probatori sottoposti alla sua analisi e nell'esplicitare, in sentenza, l'iter logico seguito, si esprima attraverso una motivazione incoerente, incompiuta, monca e parziale. Invero il legislatore ha inteso equiparare la carenza di motivazione alla carenza di logica nella motivazione detta carenza va desunta, più che dalla mancanza di parti espositive del discorso motivazionale, dalla assenza di singoli elementi esplicativi, i quali siano tali da costituire tappe indispensabili di un percorso logico-argomentativo, che deve necessariamente snodarsi tra i temi sui quali il giudice è tenuto a formulare la sua valutazione Sez. 5, sent. n. 4893 del 16/03/2000 - dep. 20/04/2000, Pg in proc. Frasca, Rv. 215966 . Ne deriva la manifesta illogicità della motivazione, per l'assenza di un essenziale elemento esplicativo, che il richiamo alla circostanza indicata dalla Corte distrettuale non vale a sopperire. L'assenza di ulteriori elementi processuali suscettibili di valutazione conduce all'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste.