Spetta al giudice verificare che l’istante non abbia avuto tempestiva conoscenza dell’atto processuale

In tema di prova della tempestività della presentazione dell’istanza di rimessione in termini ai sensi dell’articolo 175, comma 2, c.p.p., grava sull’imputato l’onere di allegare le indicazioni circa il momento in cui è venuto a conoscenza del provvedimento, mentre spetta al giudice verificare che l’istante non abbia avuto in precedenza cognizione del medesimo.

Con la sentenza n. 6689/16, depositata il 19 febbraio, hanno deciso in tal senso i Giudici della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione in tema di rimessione in termini dell’imputato contumace. Il caso concreto. Nella specie, il Tribunale di Messina condannava un soggetto con sentenza del 9 dicembre 2011 alla pena di mesi tre di reclusione ed al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile. In ragione dell’immutata contumacia del prevenuto, la sentenza veniva notificata, nella forma dell’estratto contumaciale, in data 19 luglio 2012 presso la sede dell’impresa dell’imputato ove il medesimo si recava saltuariamente. Non essendovi, quindi, consegna diretta nelle mani dell’imputato, l’ufficiale giudiziario eseguiva tutti gli adempimenti previsti dall’articolo 157, comma 8, c.p.p., tramite deposito presso la Casa Comunale, affissione di avviso ed inoltro di lettera raccomandata peraltro, mai ritirata dal destinatario . A ciò seguiva nessuna interposizione d’appello, cui ne derivava la definitività della sentenza con visto di irrevocabilità del 31 ottobre 2012. In data 2 gennaio 2013, il condannato siculo riceveva atto di precetto con cui gli veniva intimato il pagamento di quanto liquidato dal giudice a titolo di risarcimento del danno in favore della costituita parte civile. Per tali motivi, veniva proposta dal prevenuto istanza di rimessione in termini, datata 9 gennaio 2013, per l’impugnazione della sentenza in questione, allegando il fatto che il luogo ove la notificazione dell’estratto contumaciale era stata eseguita non corrispondeva né alla sua residenza né al domicilio eletto, bensì costituiva solamente una sua sede lavorativa saltuaria, presso la quale, tra l’altro, non si era più portato a partire dal 7 giugno 2012, data in cui aveva subito un incidente stradale che lo aveva costretto a restare immobilizzato per lungo tempo presso la propria abitazione. Il rigetto della richiesta di rimessione in termini ed il primo annullamento della Suprema Corte. Il Tribunale di Messina il 20 marzo 2013 non accoglieva l’istanza promossa in siffatti termini, ritenendo che l’estratto contumaciale era stato notificato ritualmente nel luogo di avvenuta notifica dei precedenti atti processuali, ritenuti validi in tal senso, e che doveva escludersi la valenza del caso fortuito o della forza maggiore dell’impossibilità per l’imputato a raggiungere la sede lavorativa a causa dell’incidente stradale subito. Siffatta ordinanza veniva annullata senza rinvio dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 48113/2013, con trasmissione degli atti al Tribunale siculo per l’ulteriore corso, sulla scorta dell’osservazione secondo cui il condannato aveva richiesto la rimessione in termini solo ai sensi dell’articolo 175, comma 2, c.p.p., ove non è fatto alcun richiamo al caso fortuito o alla forza maggiore ipotesi contemplata, invece, al primo comma dell’articolo 175 c.p.p. . L’imputato ripropone la domanda che il Tribunale di Messina rigetta nuovamente. Sicchè, avverso l’ordinanza reiettiva del 12 aprile 2014 il prevenuto ricorre per cassazione per manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione. La Corte di legittimità annulla ancora una volta l’ordinanza di rigetto. Evidenziano gli Ermellini che la motivazione resa dal Tribunale di Messina è del tutto sfornita di un adeguato supporto motivazionale. In effetti, nell’ordinanza impugnata il giudice adito da una parte ha dato atto dell’insufficienza della mera verifica in ordine alla regolarità formale della notificazione dell’estratto contumaciale della sentenza, ma, d’altra parte, deduce le ragioni per ritenere intempestiva la richiesta di rimessione in termini proposta dal ricorrente, sul solo dato che il provvedimento de quo risultava regolarmente notificato ai sensi dell’articolo 157, comma 8, c.p.p Ebbene, il ragionamento in tal senso addotto non regge, soprattutto al cospetto del consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale, in materia di tempestività della presentazione dell’istanza di rimessione in termini ai sensi dell’articolo 175, comma 2, c.p.p., grava sull’imputato l’onere di allegare le indicazioni circa il momento in cui è venuto a conoscenza del provvedimento, mentre spetta al giudice verificare che l’istante non abbia avuto in precedenza cognizione del medesimo. Per tali motivi la Terza Sezione Penale della Suprema Corte cassa senza rinvio l’ordinanza impugnata e trasmette gli atti al Tribunale di Messina per l’ulteriore corso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 giugno 2015 - 19 febbraio 2016, n. 6689 Presidente Franco – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Il Tribunale di Messina, con ordinanza del 12 aprile 2014, ha respinto la richiesta, formulata da S.M. , volta ad ottenere la rimessione in termini del medesimo per proporre appello contro la sentenza emessa dal Tribunale di Messina in data 9 dicembre 2011, irrevocabile in data 31 ottobre 2012, con la quale il medesimo era stato condannato alla pena di mesi tre di reclusione, oltre al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile. Il Tribunale di Messina, nel provvedere in ordine alla istanza dello S. , precisa che su di essa già si era pronunziato il medesimo Ufficio giudiziario con la precedente ordinanza, di rigetto, datata 20 marzo 2013, la quale, impugnata di fronte a questa Corte dalla difesa dello S. , era stata oggetto di annullamento senza rinvio, con restituzione degli atti, tramite sentenza n. 48113 del 2013 procedendo, pertanto, a rivalutare la originaria istanza dello S. il Tribunale peloritano, considerati gli orientamenti giurisprudenziali formatisi, sia di fronte alla Corte Europea dei diritti dell'uomo si di fronte a questa Corte di cassazione, ha rilevato che, sebbene non fosse sufficiente l'apprezzamento della regolarità formale della notificazione nei suoi confronti dell'estratto contumaciale delle ricordata sentenza del 9 dicembre 2011, onde ritenere infondata la richiesta di rimessione in termini, tuttavia il caso di specie mostrava l'esistenza di profili che apparivano giustificare il rigetto della istanza in particolare sotto l'aspetto della tempestività della sua presentazione. Rilevava, infatti, il Tribunale, ritenuta la astratta idoneità del luogo ove erano state eseguite le notificazioni indirizzate allo S. e considerato che, secondo la previsione di cui all'art. 175, comma 2-bis, cod. proc. pen., la richiesta di rimessione in termini deve essere presentata entro i trenta giorni dalla data del provvedimento in relazione la richiesta è fatta, che la istanza presentata dalla difesa dello S. in data 9 gennaio 2013 e nella quale era stato indicato come dies a quo per la sua presentazione il giorno 2 gennaio 2013, data in cui lo S. aveva ricevuta la notificazione dell'atto di precetto inviatogli dalla parte civile costituita nel ricordato giudizio penale, avente ad oggetto l'intimazione al pagamento della somma in tale sede liquidata a favore di quella a titolo risarcitorio doveva considerarsi intempestiva, non potendo considerarsi persuasivo l'assunto espresso dalla difesa del ricorrente, secondo il quale prima della data del 2 gennaio 2013 non aveva avuto notizia della esistenza della sentenza emessa il precedente 9 dicembre 2011 dal Tribunale di Messina, posto che nel luglio del 2012 l'ufficiale giudiziario aveva provveduto alla notificazione dell'estratto contumaciale della sentenza de qua presso il ricordato indirizzo provvedendo altresì agli incombenti accessori laddove la notifica non avvenga tramite consegna diretta e non essendo logicamente accettabile la ricostruzione fatta dallo S. secondo la quale egli, ancorché certamente impossibilitato a ricevere la predetta notificazione nel luglio del 2012 in quanto immobilizzato presso la propria abitazione a seguito dei postumi di un intervento chirurgico, non aveva avuto, una volta ristabilitosi, modo di riaccedere sino al gennaio 2013 al locale ove egli svolgeva la propria attività lavorativa acquisendo così, prima del gennaio 2013, notizia dell'avvenuta notificazione dell'estratto della sentenza emessa a suo carico. Sulla base di tali argomenti il Tribunale rigettava nuovamente la richiesta di rimessione in termini. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione lo S. , deducendo due motivi di impugnazione. Col primo di essi il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 606, comma 1, lettere a , b , c ed e , cod. proc. pen., per avere, in sostanza, il Tribunale di Messina violato i limiti decisionali che, ai sensi dell'art. 627 cod. proc. pen., vincolerebbero il giudice del rinvio dopo l'annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione del provvedimento impugnato di fronte ad essa. Col secondo è dedotta la contraddittorietà e manifesta irragionevolezza della motivazione sulla base della quale il Tribunale ha respinto la rinnovata istanza dello S. . Considerato in diritto Il ricorso, risultato fondato per quanto di ragione deve, pertanto, essere accolto. Per la migliore intelligenza delle ragioni della presente decisione è necessario ripercorrere, con la massima brevità possibile, le precedenti fasi giudiziarie innestate nel presente contenzioso. Con sentenza del 9 dicembre 2011 lo S. fu condannato, in contumacia, dal Tribunale di Messina alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile. La predetta sentenza fu notificata, nelle forme dell'estratto contumaciale, allo S. in data 19 luglio 2012 presso la sede di una sua impresa ove egli si recava saltuariamente. Non essendo stato possibile eseguire la predetta notificazione tramite consegna diretta, essa era stata compiuta, ai sensi del comma 8 dell'art. 157 cod. proc. pen., tramite deposito presso la Casa comunale, affissione di avviso ed inoltro di comunicazione tramite lettera raccomandata peraltro mai ritirata dal destinatario, secondo quanto segnala lo stesso Tribunale . Nessuno avendo interposto appello avverso la predetta sentenza, la stessa era divenuta definitiva in data 31 ottobre 2012. Avendo lo S. ricevuto in data 2 gennaio 2013 atto di precetto col quale gli era intimato il pagamento di quanto liquidato con la detta sentenza a titolo di risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, egli con istanza depositata il 9 gennaio 2013, ha chiesto di essere rimesso in termini per impugnare la sentenza in questione, allegando il fatto che il luogo ove la notificazione dell'estratto contumaciale della sentenza a suo carico era stata eseguita non era la sua residenza né il domicilio eletto ma solamente una sua saltuaria sede lavorativa che, peraltro, egli, a decorrere dal 7 giugno 2012, data in cui aveva subito un incidente stradale, aveva cessato di frequentare per un considerevole periodo di tempo - dedicato a cure mediche e riabilitazione - in cui egli era rimasto immobilizzato presso la sua abitazione. Con ordinanza del 20 marzo 2013 il Tribunale di Messina rigettava la richiesta di rimessione in termini, ritenendo che, notificato l'estratto contumaciale della sentenza a carico dell'odierno ricorrente nello stesso luogo ove erano stati notificati i precedenti atti del procedimento, doveva, per un verso, considerarsi valida la notificazione in tal modo eseguita e, per altro verso, escludersi la valenza di caso fortuito o forza maggiore nella circostanza che lo S. aveva frequentato poco tale luogo, ove era, peraltro, la sede della sua impresa, ovvero che era stato ricoverato presso una struttura sanitaria. Con sentenza n. 48113 del 2013 questa Corte annullava senza rinvio la predetta ordinanza - osservando che il Tribunale, avendo richiamato i concetti di forza maggiore e caso fortuito, aveva anche confuso i termini della richiesta del ricorrente, formulata ai sensi del comma 2 dell'art. 175 cod. proc. pen., in relazione al quale erano indifferenti i due concetti sopra richiamati - e disponeva la restituzione degli atti al Tribunale di Messina per l'ulteriore corso. Con la ricordata ordinanza del 12 aprile 2014, oggetto del presente giudizio, il Tribunale di Messina reiterava il rigetto della istanza di rimessione in termini presentata dallo S. . Così ricapitolata la vicenda processuale oggetto dell'esame di questa Corte, rileva il Collegio che, mentre non può accogliersi la tesi secondo la quale, una volta intervenuta, per affetto della ricordata sentenza n. 48113 del 2013, la cassazione senza rinvio della prima ordinanza di rigetto della istanza di rimessione in termini presentata dallo S. , il Tribunale di Messina, nuovamente investito della questione, si sarebbe dovuto limitare, in accoglimento della richiesta, a rimettere il ricorrente in termini, è, invece, fondata la censura avente ad oggetto la contraddittorietà ed illogicità manifesta della motivazione con la quale il medesimo organo giudiziario ha per la seconda volta rigettato la richiesta di rimessione in termini. Invero, relativamente al primo motivo di impugnazione, va chiarito che l'avvenuto annullamento della primigenia ordinanza emessa dal Tribunale di Messina, dovuta ad un evidente vizio di motivazione in cui esso era incorso nel rigettare la istanza di rimessione in termini de qua , lungi dal contenere un dictum destinato, sia pure solo sostanzialmente, a sostituirsi alla decisione assunta dal predetto Tribunale, obbligandolo di fatto ad assumere in fase rescissoria una decisione a contenuto obbligato, imponeva esclusivamente al giudice cui gli atti erano stati ritrasmessi, all'esito della fase meramente rescindente del giudizio, di riesaminare, con ampia libertà di giudizio in ordine agli esiti dell'indagine, la fondatezza o meno della richiesta dello S. in sintesi doveva il Tribunale verificare la esistenza o meno degli elementi di fatto necessari a per ritenere giudizialmente accertata, in data anteriore al 10 dicembre 2012, la conoscenza da parte del ricorrente delle avvenuta emissione della sentenza di condanna a suo carico. E, prescindendo per ora dai termini in cui tale verifica è stata compiuta, il Tribunale si è attenuto all'esame di quanto gli era stato devoluto. Fondato è, viceversa, il secondo motivo di impugnazione. Infatti la ordinanza impugnata, in termini del tutto contraddittori ed irragionevoli, da una parte ha dato per acquisita la insufficienza, ai fini del rigetto della istanza di rimessione in termini, della sola verifica della mera regolarità formale dell'avvenuta notificazione dell'estratto contumaciale della sentenza allo S. , ma, da altra parte, deduce le ragioni per ritenere che, al momento in cui il ricorrente ha presentato l'originaria istanza di rimessione in termini egli fosse già da oltre trenta giorni a conoscenza della sentenza circostanza questa che, sia detto per incidens , avrebbe dovuto coerentemente condurre alla inammissibilità della istanza e non al suo rigetto , dal fatto che l'estratto contumaciale di essa era stato regolarmente notificato allo S. , ai sensi dell'art. 157, comma 8, cod. proc. pen., presso la sede della sua impresa - luogo, precisa il giudicante, che non era pensabile che il ricorrente non avesse frequentato, almeno sporadicamente, da giugno 2012 sino a gennaio 2013. Peraltro, in maniera del tutto irragionevole, il Tribunale deduce l'avvenuta conoscenza della sentenza a carico dello S. dalla circostanza che le formalità previste dall'art. 157, comma 8, cod. proc. pen. prevedano, una volta depositato l'atto presso la Casa comunale, che di ciò l'ufficiale giudiziario dia comunicazione all'interessato tramite affissione di apposito avviso del quale lo stesso Tribunale riconosce la possibile fortuita dispersione e spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. In particolare il Tribunale ritiene particolarmente rilevante questo secondo adempimento accessorio onde assicurare la conoscenza dell'atto notificato, in quanto detta comunicazione appare difficilmente suscettibile della fortuita dispersione - ritenute, invece, compatibile col destino dell'affissione dell'avviso - in quanto la raccomandata viene riposta in una cassetta per la corrispondenza o, come ancor più di frequente avviene per gli esercizi commerciali, collocata sotto la porta di ingresso . Tale argomentazione è manifestamente irragionevole ove si rifletta sul fatto che, trattandosi di raccomandata con avviso di ricevimento, la stessa non può essere lasciata né nella cassetta della posta né, tantomeno, collocata sotto la porta di ingresso, dovendo la stessa essere necessariamente recapitata a mani del destinatario ovvero di un suo delegato che ne debbono sottoscrivere, appunto all'atto della consegna, l'avviso dei ricevimento. D'altra parte del mancato effettivo recapito della raccomandata contenente l'avviso dell'avvenuto deposito presso la Casa comunale dell'estratto contumaciale notificato allo S. ai sensi dell'art. 157, comma 8, cod. proc. pen., e pertanto della esistenza, quanto meno, di una ragionevole incertezza in ordine alla sua effettiva conoscenza da parte dell'odierno ricorrente, è lo stesso Tribunale di Messina a darne atto in seno alle premesse anteposte alla motivazione del suo provvedimento del 12 aprile 2014, laddove espressamente riferisce che la detta raccomandata non è mai stata ritirata dal destinatario. Tanto rilevato, va ribadito, quanto alla prova della tempestività della presentazione della istanza di rimessione in termini ai sensi dell'art. 175, comma 2, cod. proc. pen., quanto questa Corte ha, in più occasioni chiarito cfr da ultimo in ordine di tempo Corte di cassazione, Sezione IV penale, 24 aprile 2015, n. 17175 cioè che, in base alla vigente disciplina dettata dalla disposizione sopra citata, come modificata dall'art. 11, comma sesto, legge 28 aprile 2014, n. 67, grava sull'imputato l'onere di allegare indicazioni in ordine al momento in cui è venuto a conoscenza del provvedimento - cosa che la difesa dello S. ha fatto segnalando il momento in cui è stato notificato al ricorrente il precetto esecutivo da parte della costituita parte civile - mentre spetta al giudice verificare che l'istante non abbia avuto in precedenza tempestiva cognizione dello stesso - cosa che invece, come sopra evidenziato, il giudicante ha fatto in termini logicamente e giuridicamente inaccettabili. Alla luce, pertanto, degli argomenti sopra delineati, appare del tutto sfornita di adeguato supporto motivazionale la decisione assunta dal Tribunale di Messina, con l'impugnata ordinanza, di rigettare, nuovamente, la istanza di rimessione in termini presentata in data 9 gennaio 2013 da S.M. l'ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata, senza rinvio, e con trasmissione degli atti al Tribunale di Messina, ai sensi dell'art. 623, comma 1, lettera a , cod. proc. pen., per l'ulteriore corso. P.Q.M. Annulla la ordinanza impugnata senza rinvio e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Messina.