“Chiacchiere e distintivo”...quando la detenzione di un contrassegno falso è illecita?

L’art. 497 – ter c.p. contempla due ipotesi delittuose l’illecita detenzione di segni distintivi, contrassegni o documenti di identificazione in uso ai Corpi di polizia ovvero di oggetti o documenti che ne simulino la funzione. La simulazione di funzione, prevista dalla norma per l’integrazione della fattispecie delittuosa, presuppone che l’oggetto sia idoneo a trarre in inganno la generalità dei cittadini, in merito alle qualità personali di chi ne faccia uso e con riferimento al potere connesso all’utilizzo del segno medesimo.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6461/2016, depositata il 17 febbraio scorso. Il caso. La Corte d’Appello di Genova, confermando la statuizione del giudice di prime cure, condannava un imputato per il reato di cui all’art. 497 – ter c.p. possesso di segni distintivi contraffatti , in quanto deteneva illecitamente un segno distintivo in uso presso i Corpi di polizia , munito di tesserino recante il suo nominativo ed una sua foto. Il condannato ricorreva per cassazione, eccependo l’inidoneità del fatto contestato a trarre in inganno la generalità dei cittadini. Il distintivo deve essere idoneo a trarre in inganno la generalità dei cittadini. La Suprema Corte ha preliminarmente chiarito che l’art. 497 – ter c.p. contempla due ipotesi delittuose l’illecita detenzione di segni distintivi, contrassegni o documenti di identificazione in uso ai Corpi di polizia oppure l’illecita detenzione di oggetti o documenti che ne simulino la funzione. Gli Ermellini hanno affermato che la simulazione di funzione, prevista dalla norma per l’integrazione della fattispecie delittuosa, presuppone che l’oggetto sia idoneo a trarre in inganno la generalità dei cittadini, in merito alle qualità personali di chi ne faccia uso e con riferimento al potere connesso all’utilizzo del segno medesimo. Nel caso di specie, il Collegio ha evidenziato come il giudice di merito abbia escluso che la mera detenzione di un portatessere con la dicitura Ministero della Difesa possa integrare un illecito, assumendone però l’illiceità in considerazione della detenzione in rapporto cumulativo di una placca di metallo. A parere degli Ermellini, la detenzione dei due oggetti non assume alcuna capacità decettiva, neppure nell’ipotesi in cui siano detenuti cumulativamente, stante l’evidente grossolanità della pretesa simulazione . Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, per insussistenza del fatto.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 ottobre 2015 – 17 febbraio 2016, n. 6461 Presidente Lapalorcia – Relatore Bruno Ritenuto in fatto 1. II Gip dei Tribunale di Piacenza, con ordinanza dei 12/09/2015, ha respinto l'istanza, proposta da M.C., di restituzione nel termine per impugnare il decreto penale di condanna emesso nei suoi confronti il 07/07/2014, con il quale era stato condannato alla pena di € 200 di multa in relazione al reato di cui all'art. 392 cod. pen. 2. Ha proposto ricorso la difesa di M. con il quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione, con riguardo alla ritenuta inammissibilità della richiesta. Si lamenta nel ricorso che la decisione di rigetto ha conferito rilevanza alla regolarità formale della notifica del provvedimento che, essendo stata eseguita al difensore di ufficio e, nei confronti dell'interessato, per compiuta giacenza, non era in grado di conferire alcuna certezza di effettiva conoscenza dei provvedimento da parte di quest'ultimo. Si contesta inoltre il travisamento delle indicazioni fornite dall'istante circa i modi ed i tempi dell'effettiva conoscenza del procedimento, che deve connettersi all'acquisizione di specifici elementi di fatto al riguardo, e si riferisce che tale effettiva conoscenza deve collegarsi all'accesso del difensore presso gli uffici di procura, databile il 31/07/2015, rispetto al quale l'istanza risulta proposta tempestivamente, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, che aveva fatto riferimento a circostanze irrilevanti, quali la conoscenza informale di tale precedente eventualmente acquisita, per di più riannodando l'accadimento a circostanze, quale la richiesta di un certificato, mai adombrata dal richiedente. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato. 2. Questa Corte Sez. 4, 30 settembre 2009, Rv, 260312 ha in materia affermato il condiviso principio che in tema di restituzione in termini per proporre opposizione a decreto penale di condanna, in base alla vigente disciplina dettata dall'art. 175 cod. proc. pen., comma 2, come modificato dalla L. 28 aprile 2014, n. 67, art. 11, comma 6, è onere dell'imputato allegare il momento in cui è venuto a conoscenza del provvedimento, mentre spetta al giudice verificare che l'istante non abbia avuto tempestiva cognizione dello stesso, rimanendo a carico di quest'ultimo le conseguenze del mancato superamento dell'incertezza circa l'effettiva conoscenza del provvedimento ritualmente notificato. Nel caso concreto l'interessato, richiamata la circostanza della presenza di una comunicazione solo formale del provvedimento, eseguita nei suoi confronti, ha di fatto esaurito l'onere a suo carico, posto che nessuna delle due comunicazioni -al difensore d'ufficio e per compiuta giacenza consente di individuare una correlazione idonea a condurre alla dimostrazione dell'effettiva conoscenza del provvedimento al suo destinatario, acquisibile solo con l'accertamento di una consegna personale Sez. 3, n. 20795 del 30/04/2014, Amato, Rv. 259633 . Nel verificare la tempestività della richiesta il giudice ha posto in dubbio che tale evento potesse correlarsi, secondo quanto indicato, con la data in cui l'interessato ha preso contezza dei procedimenti iscritti al casellario giudiziale a suo carico, e l'attendibilità della ricostruzione su cui era fondata l'istanza, per effetto dell'accertata mancanza, nell'arco temporale indicato, di una richiesta di rilascio di certificazione sul punto. La circostanza risulta però a tal fine irrilevante posto che, a fronte dell'allegazione della parte relativa alla mancata conoscenza del provvedimento a seguito delle notifiche, pacificamente concludente per quanto detto, diviene onere del giudice dimostrare, sulla base dei concreti elementi in suo possesso che l'interessato abbia avuto conoscenza non del procedimento, ma specificamente del provvedimento e del suo contenuto, comprendente la precisa cognizione dei suoi estremi autorità, data, oggetto , secondo quanto espressamente previsto all'art. 175 commi 2 e 2 bis cod. proc. pen. e la decorrenza di tale conoscenza, in assenza di circostanze di fatto aventi efficacia dimostrativa univoca sul punto, non può che riannodarsi nella specie, sulla base di quanto evidenziato nell'istanza, al momento del rilascio al difensore di delega alla richiesta ed esame dell'intero procedimento in cancelleria, attività che, secondo quanto allegato, e sulla base della documentazione ostesa a tal fine, deve collocarsi in data 24/07/2015. Invero la decorrenza del termine deve connettersi allo svolgimento di un'attività procedimentale che consenta di individuare senza equivoci il momento in cui detta conoscenza si é verificata e di far così decorrere, da tale data, l'intervallo di trenta giorni per la proposizione dell'istanza di restituzione. Rispetto al 24/07/2015, secondo quanto emerge dagli atti, deve considerarsi tempestiva la richiesta proposta il 07/09/2015, stante la pacifica applicabilità, anche a tale termine, della sospensione per il periodo feriale Sez. 1, n. 1456 dei 09/12/2013 dep. 15/01/2014, Granados Choez, Rv. 258405 poiché le ipotesi in cui quest'ultima non opera, in deroga al regime ordinario, sono espressamente previste dal legislatore e hanno carattere eccezionale, e, in quanto tali, non sono suscettibili di interpretazione estensiva. In ragione di quanto esposto risulta che, contrariamente a quanto valutato nel provvedimento impugnato, il ricorrente ha fatto fronte tempestivamente all'indicato onere di allegazione, circostanza che impone l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. Il giudice di merito esaminerà nuovamente l'istanza alla luce dei principi sopra esposti. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Piacenza.