Fallo e aggressione sul parquet, reagisce con un pugno: plausibile la legittima difesa

Sotto accusa l’atleta colpevole di aver colpito con un cazzotto un avversario. Quest’ultimo, però, aveva realizzato un fallo antisportivo e si era reso protagonista di una condotta aggressiva. Riflettori puntati sull’ipotesi della legittima difesa.

Fallo antisportivo” chiamato dall’arbitro. Consequenziale l’espulsione. Sul parquet, però, l’atleta, una volta subito il contatto, reagisce colpendo con un pugno al volto l’autore della condotta fallosa. Quel pugno gli costa addirittura l’accusa di lesioni personali . Ma pare plausibile la tesi della legittima difesa Cassazione, sentenza n. 6342/16, sezione Quinta Penale, depositata il 16 febbraio . Fallo. Scenario della vicenda, per una volta, però non una partita di calcio, bensì un incontro di basket. Sul parquet lo scontro fisico assume i contorni della cronaca non sportiva. A dare il ‘la’ alla battaglia – prima in campo e poi nelle aule di giustizia – un fallo antisportivo segnalato dall’arbitro e accompagnato dall’ espulsione dell’atleta responsabile della condotta fallosa. Clamorosa la reazione dell’atleta che ha subito il contatto egli reagisce centrando l’avversario con un pugno al volto . Rissa inevitabile sul parquet. Meno scontate, invece, le ripercussioni sul fronte giudiziario. L’autore del pugno, difatti, viene citato in giudizio per lesioni personali . E, a sorpresa, in secondo grado, egli viene ritenuto colpevole e condannato al risarcimento dei danni in favore dell’atleta che, colpito al volto, aveva riportato lesioni guarite in 20 giorni . Decisivo, per i giudici del Tribunale, il referto arbitrale . Nonostante, è bene ricordarlo, esso fosse stato utilizzato dal giudice di pace per riconoscere la legittima difesa all’atleta finito sotto accusa. Difesa. Ma ora, nel contesto della Cassazione, riprende forza l’ipotesi della legittima difesa . E, paradossalmente, è richiamato per la terza volta il referto arbitrale . Da questo documento emerge, difatti, che l’atleta responsabile del gesto antisportivo tenne anche un atteggiamento aggressivo nei confronti dell’avversario, che reagì con un pugno . Più precisamente, arbitro e refertista ufficiale parlano di vera e propria aggressione . E a corredo sono significative anche le parole di alcuni testimoni, i quali hanno raccontato che l’autore del fatto era stato eccessivamente provocatorio . Tutto ciò, secondo i Magistrati del ‘Palazzaccio’, rende plausibile l’ipotesi della legittima difesa , già riconosciuta, come detto, dal giudice di pace. Ora, però, prendendo atto della prescrizione del reato , la valutazione dei comportamenti dei due atleti può rivelarsi decisiva sul fronte civile, in materia di risarcimento dei danni lamentati dalla persona colpita al volto.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 dicembre 2015 – 16 febbraio 2016, n. 6342 Presidente Sabeone – Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. II Tribunale di Pesaro, quale giudice d'appello avverso i provvedimenti del Giudice di pace, ha, con la sentenza impugnata, emessa su appello della parte civile, in totale riforma di quella assolutoria emessa dal primo giudice, condannato B.G. al risarcimento dei danni in favore di F.S., colpito al volto con un pugno nel corso di una partita di pallacanestro. Secondo la ricostruzione operata dal giudicante, il B., dopo aver subìto un fallo di gioco ed essere stato aggredito da F., sferrò un pugno al volto di quest'ultimo mentre non era più in pericolo per la propria incolumità, provocandogli lesioni guarite in venti giorni. 2. Ha presentato ricorso per Cassazione l'imputato a mezzo del difensore lamentando, innanzitutto, un vizio di motivazione con riguardo al disconoscimento della legittima difesa, affermata, invece, dal primo giudice. Si duole, in particolare, del fatto che il Tribunale abbia attribuito valenza dimostrativa, sotto il profilo della responsabilità, al referto arbitrale invece che alle dichiarazioni dei testi, i quali avevano invece chiarito che F. era stato eccessivamente provocatorio e che solo l'intervento di altri giocatori impedì che i suoi colpi andassero a segno nonché del fatto che il giudice d'appello abbia trascurato la perizia medico-legale espletata in primo grado, la quale aveva concluso per l'irrilevanza penale del fatto. Sottolinea che la proporzionalità della reazione va valutata con giudizio ex ante e che occorre tener conto di tutte le circostanze concrete in cui si è sviluppata la reazione, onde accertare l'esistenza dei canoni della proporzione e della necessità di difesa . Con altro motivo lamenta la violazione dell'art. 597 cod. proc. pen., per la ragione che è stata riconosciuta all'appellante una provvisionale in assenza di gravame sul punto e dei necessario supporto probatorio per la quantificazione del danno. 3. Con motivi nuovi depositati il 15/7/2015 l'imputato lamenta la violazione dei principio, di origine giurisprudenziale, secondo cui la rivalutazione delle prove dichiarative da parte del giudice d'appello deve passare attraverso la riassunzione diretta della testimonianza. Considerato in diritto E' fondato il primo motivo di ricorso, che è assorbente rispetto agli altri. L'episodio è stato concordemente ricostruito dai giudici di merito nel senso che fu F. Grilli ad assumere - dopo aver compiuto un fallo di gioco - un atteggiamento aggressivo nei confronti dell'imputato, il quale reagì colpendo l'avversario al volto con un pugno. Il Tribunale - andando di contrario avviso rispetto al Giudice di pace - ha ritenuto di escludere la legittima difesa sulla base dei referto arbitrale, nel quale - stando a quanto riportato in sentenza - era attribuita la responsabilità dell'occorso solo parzialmente a F. Grilli, in quanto questi, dopo aver posto in essere un fallo antisportivo ed essere stato, per questo, espulso dal campo, si è accanito contro il n. 21 B., il quale reagiva dando un pugno in volto al Grilli . A tale referto il Tribunale ha attribuito una valenza dimostrativa incontestabile , tale da mettere in cattiva luce nel senso di svelarne l'inaffidabilità l'arbitro Fabio Vedovi che lo aveva redatto e il refertista ufficiale Bertozzi Elena , i quali, esaminati a dibattimento, hanno parlato della necessità di B. di difendersi dall'aggressione della persona offesa. Da qui la conclusione che la vittima non aveva inferto lesioni all'imputato e che questi poteva sottrarsi all'aggressione, semplicemente allontanandosi dal luogo dello scontro . Tale conclusione non poggia, però, su dati probatori certi, perché - come rimarcato dalla difesa dell'imputato - il referto arbitrale non sembra avere la significazione attribuitagli dal Tribunale ed è difficilmente interpretabile senza le delucidazioni di chi lo ha redatto, giacché accanirsi contro una persona può significare molte cose, tra cui ingiuriarla e minacciarla, ma anche attentare alla sua incolumità fisica. Il disfavore con cui il Tribunale ha valutato la testimonianza di Vedovi e Bertozzi non appare giustificato, pertanto, dal tenore del referto arbitrale, che va valutato insieme agli altri elementi di prova emersi dall'istruttoria e non può costituire esso solo la prova della compiacenza dei testimoni verso l'imputato. La motivazione con cui è stata esclusa la legittima difesa non resiste, pertanto, alle critiche sollevate dalla difesa, per cui si impone l'annullamento della sentenza impugnata e - stante l'intervenuta prescrizione del reato dopo la sentenza d'appello - il rinvio al competente giudice civile. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Giudice civile competente per valore in grado di appello.