“Ci avete rotto i c...ni”: volgarità dilagante oggi, ma certe espressioni restano offensive

Evidente il mutamento nei rapporti interpersonali e nelle relative comunicazioni. Altrettanto evidente la diffusione di un linguaggio volgare. Continuano ad esistere, però, dei limiti invalicabili. E, peraltro, il contesto in cui è pronunciata una frase aiuta a comprenderne il senso.

Impossibile, oggi più che in passato, pretendere comportamenti da gentleman. Evidente a tutti, difatti, la dilagante volgarità” che caratterizza i rapporti tra le persone. Ciò nonostante, però, determinate frasi – ad esempio, ci avete rotto i c oni” – continuano ad essere un’offesa in piena regola Cassazione, sentenza n. 4784/16, sezione Quinta Penale, depositata il 5 febbraio . Disprezzo. Scontro verbale di bassissimo livello. Diverse le frasi poco eleganti pronunciate tra le altre, ci avete rotto i c oni” e chi c o siete”. Nessun dubbio per i giudici di merito evidente il delitto di ingiuria compiuto da due uomini e da una donna. Pronta la replica difensiva in Cassazione, centrata su una sorta di modernizzazione del linguaggio. Più precisamente, il legale evidenzia che oggi determinate espressioni , pur apparendo volgari , non possono essere considerate intrinsecamente offensive nei confronti delle persone cui sono rivolte . Tale obiezione, però, pur teoricamente plausibile, viene respinta dai Giudici del ‘Palazzaccio’. Per i Magistrati, sia chiaro, è evidente come ai giorni nostri i rapporti interpersonali e le relative comunicazioni siano caratterizzati da una dilagante volgarità . Non si può pretendere, quindi, che tutti si comportino da perfetti gentiluomini . Nonostante tutto, però, continuano ad esistere limiti precisi, e, una volta superati questi limiti, la scurrilità delle espressioni adoperate e la intenzionale volgarità delle condotte tenute suonano come una implicita ma inequivocabile offesa. E in questo ragionamento ha un peso specifico anche il contesto . Ebbene, in questa vicenda lo scenario è connotato da astio, violenza e aggressività . Ciò permette di ritenere le espressioni incriminate non come una mancanza di rispetto o una manifestazione di inurbanità , bensì come coronamento di una condotta prevaricatrice , e quindi come evidente espressione di disprezzo .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 settembre 2015 – 5 febbraio 2016, n. 4784 Presidente Lombardi – Relatore Fumo Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la Corte di appello di L'Aquila ha dichiarato inammissibile per tardività l'appello proposto nell'interesse di R.G. imputato dei delitti ex artt. 594, 612, 635 cp e ha confermato le statuizioni di primo grado ivi incluse quelle in tema di risarcimento del danno alle PP.CC . nei confronti di L.P.I. e R. E. imputati dei delitti ex artt. 594 e 612 cp . 2. Ricorre per cassazione il comune difensore e deduce a la irritualità della querela in quanto non risultano identificati mancando addirittura la trascrizione delle complete generalità i querelanti, b omessa valutazione di prova decisiva dichiarazioni di R. M. , c omessa motivazione sulla concreta offensività delle espressioni adoperate, alla luce della più recente ed evoluta giurisprudenza di legittimità che ha chiarito che espressioni quali non mi rompere i coglioni o mi hai cacato il cazzo , pur volgari, non possono considerarsi intrinsecamente offensive nei confronti delle persone cui sono rivolte. In ogni caso hanno errato i giudici del merito nel ritenere non ricorrente la causa di non punibilità ex art. 599 cp, atteso che R. M. era stato picchiato dalle PP. CC . , come emerge da sentenza passata in giudicato. 3. È stata depositata memoria delle PP.CC . con allegata la nota spese. Considerato in diritto 1. Va innanzitutto rilevato che la dichiarazione di inammissibilità dell'appello di R.G. non è contrastata da alcuna censura o argomentazione del ricorso. Il ricorso del predetto dunque deve ritenersi inammissibile per genericità. Lo stesso va condannato alle spese dei grado e al versamento di somma in favore della cassa ammende. Si stima equo determinare detta somma in € 1000. 2. Quanto ai ricorsi di L.P. e di R. E., va innanzitutto notato che la mancata identificazione del soggetto che presenta la querela, da parte dell'autorità che la riceve, non determina l'invalidità dell'atto allorché risulti altrimenti certo che il proponente è il soggetto legittimato a proporla es. a seguito della successiva costituzione di PC, cfr. ASN 201209106-RV 252956 . 3. Per quel che riguarda le residue censure, va premesso che non risultano specifiche argomentazioni con riferimento al delitto di minaccia, in quanto l'attenzione del ricorrente si appunta tutta sul contestato delitto di ingiuria. Al proposito è appena il caso di osservare che, seppure ai giorni nostri i rapporti interpersonali e le relative comunicazioni sono caratterizzati da una dilagante volgarità, di talché non si può certamente pretendere che tutti si comportino da perfetti gentiluomini gentiluomo è - per il Gelli, autore del più diffuso, nei primi decenni del secolo scorso, codice cavalleresco - colui che, per una raffinata sensibilità morale, si impone la rigida osservanza di speciali norme, che si chiamano leggi cavalleresche , non di meno esistono limiti, superati i quali la patente scurrilità delle espressioni adoperate e la intenzionale volgarità delle condotte tenute suonano come - implicita, ma inequivocabile - offesa verso il destinatario. Costui è evidentemente considerato dall'agente persona indegna di rispetto quel rispetto che ex art. 3 Cost. è dovuto a tutti , tanto che ad essa ci si può rivolgere con modalità tali che ella comprenda di essere oggetto di disistima, quando non, addirittura, di dileggio. Certamente, come si osserva nel ricorso, determinate è il contesto in cui i fatti avvengono e le espressioni vengono pronunziate, ma, nel caso in esame, le sentenze di merito pongono in evidenza come il contesto fosse connotato da astio, violenza e aggressività minacce, danneggiamento , di talché l'uso delle espressioni di cui Jk capo di imputazione ci avete rotto i coglioni chi cazzo siete ecc costituisce, con tutta evidenza, ben più di una mancanza di rispetto o di una manifestazione di inurbanità, ma, come si evince, appunto, dalle predette sentenze, il coronamento di una condotta aggressiva, minacciosa e prevaricatrice tali parole, dunque, non possono che esser lette che come - ulteriore - espressione di disprezzo verso le PP.00. La censura, dunque, è manifestamente infondata. 4. Del tutto generica è poi la seconda censura, con la quale, come si è anticipato, si sostiene, in maniera del tutto aspecifica, che sono state erroneamente trascurate le dichiarazioni di R. M 5. La causa di non punibilità dovrebbe riposare sulla attestazione di una sentenza, pretesamente passata in giudicato, che tuttavia non risulta essere stata né esibita, né, tantomeno, depositata. 6. Per le ragioni sopra esposte, anche i ricorsi di L.P. e R. E. devono essere considerati inammissibili e anche questi imputati devono subire condanna alle spese e al versamento di somma di pari importo di quella indicata per R.G. in favore della cassa ammende. Tutti i ricorrenti vanno condannati al ristoro, in solido, delle spese sostenute nel grado dalle PP. CC ., spese che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese dei procedimento e al versamento della somma di mille euro in favore della cassa delle ammende condanna i ricorrenti in solido al rimborso delle spese sostenute nel grado dalle parti civili che liquida in complessivi euro millesettecentottantacinque 1785 , oltre accessori come per legge.