Proporzionalità tra valore dei beni assoggettati a sequestro e profitto? La valutazione deve essere effettuata nel provvedimento che dispone la cautela

Con riferimento ai reati tributari, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente va riferito al complessivo ammontare dell’imposta evasa, che indubbiamente costituisce un vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e - per come tale - riconducibile al concetto di profitto”, costituito dal risparmio economico da cui consegue l’effettiva sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, di cui beneficia il reo evasore, maggiorati degli interessi e delle sanzioni.

In questo senso si sono espressi ieri gli Ermellini, a proposito di confisca per equivalente e reati tributari Cass., n. 4567/16, depositata il 3 febbraio . La vicenda. Il Tribunale del riesame di Perugia emetteva un’ordinanza quale giudice del rinvio a seguito di annullamento da parte della Cassazione di una precedente ordinanza emessa dal medesimo tribunale la stessa confermava il decreto di sequestro preventivo emesso nei confronti di due imputati di reati fiscali, disponendo al contempo – in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta – il dissequestro di un conto corrente e di due autovetture. Ai due prevenuti erano contestate plurime violazioni dell’art. 2, d.lgs. n. 74/2000, in quanto - nelle vesti di legale rappresentante e di presidente del cda di una srl uni personale – avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti, avevano indicato nelle dichiarazioni dei redditi elementi passivi inesistenti, per un ammontare di oltre 400.000 euro. Avverso la suddetta ordinanza gli interessati ricorrono per cassazione, lamentando violazione ed erronea applicazione dell’art. 322 ter c.p. in relazione all’individuazione del provento – profitto del disposto sequestro finalizzato alla confisca per equivalente in relazione all’art. 606, lett. b , c.p.p Le critiche. I ricorrenti si dolgono del fatto che i giudici di merito, discostandosi dal principio di diritto affermato dalla Cassazione, si siano limitati a sostenere che la avvenuta emissione del decreto che dispone il giudizio nei confronti degli imputati per i reati loro attribuiti precluda la disamina della questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti , quale presupposto che legittima la cautela reale. In verità, tali giudici avrebbero violato il disposto dell’art. 322 ter c.p. relativamente all’individuazione dell’entità del profitto sottoponibile a sequestro funzionale a confisca vi sarebbe stato un equivoco, nel senso che sarebbero state confuse le soglie di punibilità delle fattispecie di reato contestate con la quantificazione del profitto stesso. L’errore di diritto consisterebbe, pertanto, nell’aver ritenuto che l’emissione del decreto che dispone il giudizio nei confronti dei ricorrenti implichi che la valutazione del presunto profitto degli illeciti debba coincidere con gli importi degli elementi passivi asseritamente fittizi indicati nelle dichiarazioni dei redditi. Le difese ritengono che l’ammontare del profitto sottoponibile a sequestro finalizzato alla confisca non corrisponda alla somma dei costi relativi alle fatture per operazioni inesistenti all’incirca 416.000 euro , ma alla somma delle imposte evase, maggiorate degli interessi e delle sanzioni poco più di 200.000 euro , con la conseguenza che il disposto sequestro avrebbe dovuto essere proporzionalmente ridotto in relazione all’effettivo profitto presuntivamente conseguito e, comunque, da dimostrare in sede meritoria . Nuova valutazione sul valore dei beni sequestrati. Gli Ermellini accolgono il ricorso l’ordinanza viene annullata con rinvio per una nuova valutazione sul valore dei beni sequestrati. Pur ricordando come – ai sensi dell’art. 325 c.p.p. – contro le ordinanze cautelari reali si possa ricorrere in cassazione per sola violazione di legge, la Corte Suprema richiama il costante suo orientamento, secondo cui in tale locuzione vadano ricompresi sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi motivazionali talmente gravi da rendere l’apparato argomentativo posto alla base della decisione del tutto mancante o privo dei minimi requisiti di coerenza, completezza e ragionevolezza, tale da non rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice. Nel caso di specie, il Tribunale perugino ha commesso una violazione di legge in relazione all’individuazione del profitto del reato. Se è pur vero che il sequestro preventivo – in tema di reati tributari – può essere disposto sia per il prezzo, sia per il profitto del reato, potendo altresì andare a incidere su beni che rientrino nella sfera degli interessi economici del reo, anche laddove il potere dispositivo sia esercitato per il tramite di terzi, tuttavia occorre tener presente che la nozione di profitto” coincide con il vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato. Profitto e reati tributari. Il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente previsto dall’art. 1 comma 143 della legge 244 del 2007 deve essere riferito all’ammontare dell’imposta evasa questa corrisponde al vantaggio economico direttamente derivante dalla condotta illecita e – per come tale – riconducibile alla nozione di profitto del reato, costituito dal risparmio economico conseguente alla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale. A tal fine, pertanto, si deve tenere conto anche del mancato pagamento degli interessi e delle sanzioni dovute a seguito dell’accertamento fiscale. l’errore del tribunale perugino. Ad avviso degli Ermellini l’ordinanza impugnata è afflitta da error iuris laddove afferma che il profitto dei reati vada individuato con riferimento agli importi indicati nei capi di imputazione contenuti nel decreto che dispone il giudizio, dal momento che l’individuazione di detti importi e il superamento delle soglie di punibilità sarebbe strettamente connessa alla sussistenza del fumus. In verità, invece, a fronte di una contestazione per frode fiscale, il sequestro preventivo per equivalente non può mai avere ad oggetto beni corrispondenti a un valore che ecceda il profitto del reato il giudice è pur sempre tenuto a valutare la sussistenza di un’equivalenza tra il valore degli stessi e l’entità del profitto. Tale valutazione è imprescindibile al fine di un vaglio circa il rispetto del principio di proporzionalità tra il credito garantito e il patrimonio assoggettato a vincolo, non essendo in alcun caso consentito il differimento dell’adempimento estimatorio alla fase esecutiva della confisca. Per queste ragioni, la IV sezione della Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata, disponendo il rinvio per un nuovo esame della consistenza del profitto.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 dicembre 2015 – 3 febbraio 2016, numero 4567 Presidente Brusco – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 14.7.2015 il Tribunale del Riesame di Perugia, pronunciando quale giudice di rinvio a seguito del disposto annullamento da parte della III Sezione Penale di questa Corte di legittimità dell'ordinanza emessa dal medesimo tribunale in data 15.5.2014, confermava il decreto di sequestro preventivo emesso nei confronti degli odierni ricorrenti V.M. e D.S.C. dal GIP presso il Tribunale di Perugia in data 17.3.2014, disponendo, in parziale accoglimento dell'impugnazione proposta, il dissequestro di un conto corrente e di due vetture della TEAM TRANSLATION srl uni personale. - V.M. è indagato e per il delitto p.p. dall'art. 2 D.L.vo 10.3.2000 n 74 perché legale rappresentante della società Team Traslation srl unipersonale, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto avvalendosi delle fatture sotto indicate emesse dalla Wikitrado LTD per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti, indicava nelle dichiarazioni relative all'anno 2011 elementi passivi fit-tizi per complessivi per complessivi Euro 239.775,00 ANNO 2011 N.Fat. Data Num. Registr. Importo omissis Euro 48.355,00 omissis Euro 49.450,00 omissis Euro 74.550,00 omissis Euro 67.420,00 TOTALE Euro 239.775,00 In omissis - data presentazione della dichiarazione f per il delitto p.p. dall'art. 2 D.L.vo 10.3.2000 n 74 perché legale rappresentante della società Team Traslation srl unipersonale, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto avvalendosi delle fatture sotto indicate emesse dalla Wikitrado LCD per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti indicava nelle dichiarazioni relative all'anno 2012 elementi passivi fit-tizi per complessivi Euro 176.550,00 ANNO 2012 N. Fat. Data Num. Registr. Importo omissis Euro 49.550,00 omissis Euro 61.500,00 omissis Euro 30.000,00 omissis Euro 35.500,00 TOTALE Euro 176.550,00 In omissis - data presentazione della dichiarazione h per il delitto p.p. dall'art. 2 D.L.vo 10.3.2000 numero 74 perché quale amministratore unico della società Transitus Group srl già Transit srl p.iva omissis , al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto avvalendosi delle sotto indicate fatture emesse dalla Wikitrado LTD per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti indicava nelle dichiarazioni relative all'anno 2012 elementi passivi fittizi per complessivi per complessivi 160454,00 ANNO 2012 N.Fat. Data Num. Registr. Importo omissis Euro 10.361,17 omissis Euro 49.910,60 omissis Euro 35.662,68 omissis Euro 43.620,00 omissis Euro 8.396,00 omissis Euro 12.504,03 TOTALE Euro 160.454,48 In omissis - data presentazione della dichiarazione - D.S.C. è indagata g per il delitto p.p. dall'art. 2 D.L.vo 10.3.2000 n 74 perché quali presidente del consiglio di amministrazione della società Transitus Group srl già Transit srl p.iva omissis , al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto avvalendosi delle sotto indicate fatture emesse dalla Wikitrado IAD per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti indicava nelle dichiarazioni relative all'anno 2011 elementi passivi fittizi per complessivi per complessivi 71.624,00 ANNO 2011 N. Fat. Data Num. Registr. Importo omissis Euro 8.725,00 omissis Euro 7.764,12 omissis Euro 11.514,47 omissis Euro 43.620,00 TOTALE Euro 71.623,59 In omissis - data presentazione della dichiarazione 2. Ricorrono V.M. e D.S.C. , a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo l'unico motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att, cod. proc. penumero - Violazione ed errata applicazione dell'art. 322 ter in relazione all'individuazione del provento-profitto del disposto sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente in relazione all'art. 606 lett. b cod. proc. penumero . Il difensore ricorrente si duole che l'impugnata ordinanza del Tribunale del Riesame di Perugia si risolva in un inammissibile non liquet in cui i giudici di merito, discostandosi dal principio di diritto affermato dalla III Sezione di questa Corte di Cassazione nella sentenza numero 131/15 emessa in data 21/01/2015, si limitano a rilevare che l'avvenuta emissione del decreto che dispone il giudizio nei confronti di D.S.C. e di V.M. per le fattispecie di reato loro contestate id est artt. 2, 5 ed 8 del D. Lgs. 74/2000 preclude la disamina della questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti - anche in sede di giudizio di rinvio - quale presupposto legittimante la disposta cautela reale. Il Tribunale del Riesame erroneamente rileva - prosegue il ricorso - che tenuto conto dei due ricorsi per Cassazione, e del conseguente giudicato cautelare formatosi sulle altre parti dell'ordinanza del Tribunale del riesame, deve osservarsi che anche le questioni relative alla individuazione dell'entità del profitto non sono più proponibili ed in ogni caso sono infondate. Ed invero, il profitto dei reati deve essere individuato in questa fase, proprio a seguito dell'avvenuta emissione del decreto che dispone il giudizio, con riferimento agli importi indicati nei capi di imputazione, perché l'individuazione degli importi, e quindi anche il superamento delle soglie di punibilità, sono strettamente collegati al fumus cfr. foglio 2 dell'ordinanza impugnata . Ciò premesso, per il ricorrente appaiono di tutta evidenza gli errores in iudicando in cui incorre il provvedimento oggetto del presente ricorso per Cassazione. Da un lato il Tribunale del Riesame erroneamente ritiene che la questione relativa all'individuazione dell'entità del profitto, cui va necessariamente proporzionato il sequestro preventivo funzionale alla c.d. confisca per equivalente , non sia più proponibile in conseguenza del formarsi di un giudicato cautelare sul punto. Il difensore ricorrente contesta tale assunto in quanto la Corte di Cassazione nella predetta sentenza numero 131/2015 disponeva l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Perugia in accoglimento dei ricorsi ex art. 325 c.p.p. proposti nell'interesse di D.S.C. e V.M. , in cui veniva espressamente eccepita, da un lato, la rilevata violazione dell'art. 321 c.p.p. per l'insussistenza delle condizioni legittimanti la disposta misura cautelare reale dall'altro, l'errata applicazione e la violazione del disposto dell'art. 322 ter c.p. in relazione all'individuazione dell'entità del profitto del disposto sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente. Nessuna preclusione, né tantomeno un giudicato cautelare - secondo la tesi proposta in ricorso - può pertanto ritenersi che si sia cristallizzato sulla specifica censura, quivi eccepita, concernente la rilevata violazione ed errata applicazione dell'art. 322 ter c.p Il difensore ricorrente sottolinea come il Tribunale del Riesame incorra in un evidente equivoco, da un lato confondendo le soglie di punibilità delle fattispecie di reato contestate art. 5 D. Lgs. 74/2000, capi A , B e C_ della rubrica con la diversa quaestio iuris , dedotta nell'impugnazione, relativa all'esatta individuazione del profitto - provento dei reati contestati, presupposto indispensabile del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente. Peraltro i giudici di merito incorrerebbero in un evidente errore di diritto nel momento in cui ritengono che l'intervenuta emissione del decreto che dispone il giudizio nei confronti degli odierni ricorrenti implichi che la valutazione sull'entità del presunto profitto degli illeciti contestati debba coincidere con gli importi degli elementi passivi asseritamente fittizi, indicati nelle dichiarazioni dei redditi, così come contestati a V.M. nei capi E , F ed H , ed a D.S.C. nel capo G dell'imputazione. Il Tribunale del Riesame, così argomentando, da un lato pretermette la disamina delle consulenze tecniche di parte a firma del Dott. B.M. e del Dott. O.F. acquisite agli atti all. 5 - 6 . le quali attestano l'evidente sproporzione tra la disposta cautela reale e l'ammontare dell1 asserita imposta evasa, costituente il vantaggio patrimoniale derivante dalle presunte condotte illecite, in ipotesi maggiorata degli interessi e delle sanzioni. Dall'altro i giudici di merito erroneamente ritengono, ad avviso del difensore ricorrente, che la valutazione sull'entità del profitto ha già subito una decisione nel contraddittorio delle parti, nel giudizio di merito, e pertanto il decreto che dispone il giudizio ha la stessa efficacia preclusiva . Ne consegue che, aderendo alla tesi sostenuta nel provvedimento oggetto del presente ricorso, il decreto di rinvio a giudizio produrrebbe un'efficacia preclusiva, non solo sulla delibazione del fumus commissi delicti , ma anche, sulla diversa questione concernente l'esatta individuazione del profitto-provento dei reati contestati. Il provvedimento impugnato finisce così con il sovrapporre e confondere l'asserito illecito profitto dei reati fiscali con la somma degli importi dei ritenuti elementi passivi fittizi, indicati nelle dichiarazioni dei redditi ex art. 2 del D. Lgs. 74/2000 , così come contestati nei capi E F . G ed H dell'imputazione. Appare di tutta evidenza - si sostiene ancora in ricorso - l'errore concettuale del provvedimento impugnato posto che, in conformità al pacifico insegnamento giurisprudenziale ex multis sez. 3 numero 44309/2013 , il sequestro preventivo funzionale alla c.d. confisca per equivalente deve essere rapportato all'ammontare delle asserite imposte evase - costituenti, queste sì, il vantaggio patrimoniale derivante dalle presunte condotte illecite - in ipotesi maggiorate degli interessi e delle sanzioni. Il difensore ricorrente lamenta che i giudici di merito si siano illegittimamente discostati da tale consolidato orientamento giurisprudenziale, posto che hanno ritenuto di disporre il sequestro di cui trattasi per l'importo complessivo di Euro 416.325,00 - costituente la somma dei costi relativi alle fatture per asserite operazioni inesistenti dei reati ipotizzati di cui ai capi E ed F dell'imputazione contestati a V.M. . Invece il provento-profitto dell'ipotizzata violazione in esame, necessariamente rapportato alle asserite imposte evase, maggiorato degli interessi e delle sanzioni, sarebbe da individuarsi, nel caso di specie, in Euro 232.4052 in ricorso si rimanda alle pagg. 5-6 dell'elaborato a firma del Dott. B. - O. , all. 5 . Dunque il sequestro preventivo doveva essere proporzionalmente ridotto, nei termini sopra specificati, in relazione all'illecito profitto presuntivamente conseguito. Ed ancora il Tribunale del riesame non ha tenuto conto che anche con riferimento al reato di cui al capo H art. 2 D. Lgs. 74/2000 dell'imputazione contestato a V.M. il provvedimento genetico incorre in un'erronea determinazione del profitto dell'ipotizzato reato tributario - in ipotesi pari ad Euro 80.244,00 e non ad Euro 160.454,48 come erroneamente ritenuto dal decreto di sequestro preventivo viene richiamato sul punto foglio 8 della relazione a firma del Dott. B. -O. , all. 5 . Analoghe argomentazioni possono essere utilmente spese - rileva il difensore ricorrente - anche in relazione al reato di cui al capo G dell'imputazione ascritto alla Sig.ra D.S.C. . Ed invero nel provvedimento genetico la disposta misura cautelare reale è stata eseguita per l'importo di Euro 71.623,59 costituente l'importo complessivo dei costi, asseritamente fittizi relativi alle fatture Wikitrado dedotte in contabilità. Invece il provento-profitto dell'ipotizzata violazione ex art. 2 D. Lgs. 74/2000 sarebbe costituito, anche nel presente caso, dall'imposta evasa, maggiorata delle sanzioni ed interessi - da individuarsi in Euro 40.192.00 in ricorso si richiamano le osservazioni espresse a foglio 3 dell'elaborato del Dott. B. - O. , all. 6 . Pertanto, rileva il ricorrente che il sequestro preventivo, ove pure si volesse ritenere accertata la sussistenza del fumus commissi delicti dei reati fiscali contestati in conseguenza del disposto rinvio a giudizio degli odierni ricorrenti, doveva in ogni caso essere proporzionalmente ridotto nei termini sopra specificati nei limiti dell'illecito profitto conseguito. Chiede pertanto che questa Corte annulli l'ordinanza impugnata, con tutte le conseguenze di legge. Considerato in diritto 1. I motivi dianzi illustrati sono fondati, nei limiti che si andranno a specificare, e pertanto l'impugnato provvedimento va annullato con rinvio al tribunale di Perugia per un nuovo esame. 2. Va ricordato che l'art. 325 cod. proc. penumero prevede che contro le ordinanza in materia di riesame di misure cautelari reali il ricorso per cassazione possa essere proposto solo per violazione di legge. La giurisprudenza di questa Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, ha, tuttavia, più volte ribadito come in tale nozione debbano ricomprendersi sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice vedasi Sez. U, numero 25932 del 29.5.2008, Ivanov, rv. 239692 conf. sez. 5, numero 43068 del 13.10.2009, Bosi, rv. 245093 . Ancora più di recente è stato precisato che è ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l' iter logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato così sez. 6, numero 6589 del 10.1.2013, Gabriele, rv. 254893 nel giudicare una fattispecie in cui la Corte ha annullato il provvedimento impugnato che, in ordine a contestazioni per i reati previsti dagli artt. 416, 323, 476, 483 e 353 cod. penumero con riguardo all'affidamento di incarichi di progettazione e direzione di lavori pubblici, non aveva specificato le violazioni riscontrate, ma aveva fatto ricorso ad espressioni ambigue, le quali, anche alla luce di quanto prospettato dalla difesa in sede di riesame, non erano idonee ad escludere che si fosse trattato di mere irregolarità amministrative . Di fronte all'assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell'atto. 3. Ciò premesso, ritiene il Collegio che nel caso all'odierno esame, come si andrà a specificare, si sia in presenza di un deficit motivazionale tale da configurare l'errata applicazione di norme di diritto in relazione alla corretta individuazione del profitto del reato. Deve rilevarsi che in tema di reati tributari, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, può essere disposto non soltanto per il prezzo, ma anche per il profitto del reato sez. 3, numero 23108 del 23.4.2013, Nacci, rv. 255446, nella cui motivazione la Corte ha precisato che il principio rimane valido anche dopo le modifiche apportate all'art. 322 ter cod. penumero dalla l. numero 190 del 2012 conf. sez. 3 numero 35807 del 7.7.2010, Bellonzi e altri, rv. 248618 sez. 3 numero 25890 del 26.5.2010, Molon, rv. 248058 . Il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente art. 322-ter cod. penumero può essere applicato ai beni anche nella sola disponibilità dell'indagato, per quest'ultima intendendosi, al pari della nozione civilistica del possesso, tutte quelle situazioni nelle quali i beni stessi ricadano nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi sez. 3, numero 15210/2012 . Le Sezioni Unite hanno rilevato, in proposito, che non è rinvenibile in alcuna disposizione legislativa una definizione della nozione di profitto del reato e che tale locuzione viene utilizzata in maniera meramente enunciativa nelle varie fattispecie in cui è inserita, assumendo quindi un'ampia latitudine semantica da colmare in via interpretativa Sezioni Unite, 2.7.2008, numero 26654, Fisia Italimpianti S.p.A. ed altri . In detta pronuncia con riferimento alla confisca di valore prevista dall'art. 19 del d.Lgs. 8.6.2001, numero 231 sono state richiamate le consolidate affermazioni giurisprudenziali sulla nozione di profitto dei reato contenuta nell'art. 240 cod. penumero , secondo le quali il profitto a cui fa riferimento l'art. 240, comma 1, cod. penumero , deve essere identificato col vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato vedi Sez. Unite 24.2.1993, numero 1811, Bissoli 17.10.1996, numero 9149, Chabni Samir . Come affermato dalla condivisibile giurisprudenza di questa Suprema Corte, inoltre, in tema di reati tributari, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente prevista dall'art. 1, comma 143, della legge numero 244 del 2007 va riferito all'ammontare dell'imposta evasa, che costituisce un indubbio vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e, in quanto tale, riconducibile alla nozione di profitto del reato, costituito dal risparmio economico conseguente alla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, di cui certamente beneficia il reo a tal fine, per la quantificazione di questo risparmio, deve tenersi conto anche del mancato pagamento degli interessi e delle sanzioni dovute in seguito all'accertamento del debito tributario così questa sez. 3, 23 ottobre 2012, numero 45849 . 4. Ebbene, corretto è il richiamo che il tribunale perugino opera alla giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui non è proponibile in sede di riesame del provvedimento che dispone il sequestro preventivo la questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti , qualora sia intervenuto il decreto che dispone il rinvio a giudizio del soggetto interessato, attesa l'ontologica diversità delle regole relative alle misure cautelari personali rispetto a quelle riguardanti le misure cautelari reali cfr. per tutte sez. 2, numero 2210 del 5.11.2013 dep. il 20.1.2014, Bongini ed altro, rv. 259420 . Dunque, attesa l'avvenuta emissione del decreto che dispone il giudizio, non è più proponibile la questione relativa alla sussistenza del fumus comrnissi delicti in relazione alla potenziale sussistenza dei reati in contestazione, e ciò anche nel giudizio di rinvio. Tuttavia l’ error iuris in cui incorre il Tribunale di Perugia è individuabile nel passo del provvedimento impugnato in cui, in maniera tranciante, si rileva che .invero, il profitto dei reati deve essere individuato, in questa fase, proprio a seguito dell'avvenuta emissione del decreto che dispone il giudizio, con riferimento agli importi indicati nei capi di imputazione, perché l'individuazione degli importi, e quindi anche il superamento della soglia di punibilità, sono strettamente collegati al fumus. La valutazione sull'entità del profitto ha già subito una decisione nel contraddittorio delle parti, nel giudizio di merito, e pertanto il decreto che dispone il giudizio ha la stessa efficacia preclusiva . Inconferente è il richiamo all'orientamento espresso da sez. 3 numero 40992/2013 in quanto il quel caso questa Corte Suprema ha sì affermato il principio che in tema di reati tributari, il tribunale del riesame, chiamato a decidere sul sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, non può rideterminare l'ammontare della imposta evasa e, quindi, il quantum da sottoporre al vincolo reale trattandosi di valutazione riservata al giudizio di merito, ma perché nella specie l'ammontare dell'imposta evasa era stato calcolato induttivamente mediante studi di settore. Diverso è il caso della c.d. frode fiscale, che è quello che ci occupa, in cui la stessa sez. 3, in passato, ha precisato che il sequestro preventivo per equivalente , disposto nei confronti di persona sottoposta ad indagini per il reato di frode fiscale finalizzata all'evasione delle imposte sui redditi, non può avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto del reato, sicché il giudice è tenuto a valutare l'equivalenza tra il valore dei beni e l'entità del profitto così come avviene in sede di confisca così sez. 3, numero 1893 del 12.10.2011 dep. il 18.1.2012, Manfellotto, rv. 251797, che, in applicazione del principio enunciato, ha ritenuto corretta la quantificazione del profitto attraverso la sua assimilazione al risparmio derivante dal mancato versamento delle imposte sui redditi nonché alla percentuale del 25 per cento, pari alla aliquota evasa, calcolata sull'ammontare delle operazioni inesistenti fatturate . Trova, dunque, applicazione, in casi come quello che ci occupa, benché sia intervenuto il decreto che dispone il giudizio, il diverso principio secondo cui tema di misure cautelari reali, spetta al giudice che, in sede di riesame, proceda alla conferma del sequestro preventivo funzionale alla confisca di valore del profitto del reato, il compito di valutare la corretta determinazione dell'entità di quest'ultimo ex multis, sez. sez. 6, numero 18767 del 18.2.2014, Giacchetto, rv. 259678 . Peraltro, ritiene il Collegio che tale principio, a ben guardare, non si discosti da quello più volte ribadito per cui, in tema di misure cautelari reali, il Tribunale del riesame che proceda alla conferma del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, non deve accertare, ai fini del rispetto del principio di proporzionalità, l'esatta corrispondenza tra profitto del reato e quantum sottoposto a vincolo cautelare, essendo, invece, sufficiente che motivi sulla non esorbitanza del valore dei beni sequestrati rispetto al credito garantito sez. 3, numero 39091 del 23.4.2013, Cianfrone, rv. 257284 . Ne consegue che, laddove la valutazione del giudice risponda a tali criteri, essa è insindacabile in sede di legittimità. Il provvedimento del tribunale del riesame che conferma il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente può essere, infatti, ritenuto illegittimo nel solo caso in cui non contenga alcuna valutazione sul profitto del reato e/o sul valore dei beni sequestrati valutazione quest'ultima necessaria al fine di verificare il rispetto del principio di proporzionalità tra il credito garantito ed il patrimonio assoggettato a vincolo cautelare, non essendo consentito differire l'adempimento estimatorio alla fase esecutiva della confisca ex multis, sez. 3, 7 ottobre 2010, numero 41731 . 5. Il Tribunale del Riesame di Perugia ritiene erroneamente che l'emissione del decreto che dispone il giudizio gli consenta di disattendere la sentenza 26517/15 con cui la III Sezione di questa Corte di legittimità rilevava, annullando con rinvio il precedente provvedimento che la motivazione è solo apparente, perché avrebbe dovuto quanto meno svolgere una critica valutazione della censura della difesa seppure nel limiti dei giudizio cautelare soprattutto sull'integrazione della soglia di punibilità del reato di omessa dichiarazione messa in dubbio dalla consulenza B. -O. partendo dalla determinazione del costi-ricavi della società sanmarinese e indicare, almeno sommariamente, quali fossero gli accertamenti e strumenti probatori preclusi in sede di riesame . Analoghe considerazioni - si scriveva ancora nella prima sentenza di annullamento - valgono per l'individuazione del fumus del reato di cui all'art. 2 D.lvo numero 7412000 con particolare riferimento alla determinazione del profitto del reato e, quanto al ricorso del V. , alla eventuale inclusione nel sequestro di beni appartenenti alla Team Transiation sri unipersonaie che, secondo il ricorrente, non sarebbero inclusi nel titolo genetico . La giurisprudenza di questa Corte Suprema - veniva ancora ricordato dalla III Sezione - ormai da tempo, è orientata nel ritenere che nella valutazione del fumus commissi delicti , quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell'effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile l'impostazione accusatoria, e plausibile un giudizio prognostico negativo per l'indagato, pur senza sindacare la fondatezza dell'accusa tra le varie, venivano ricordate le sentenze sez. 5 49596/2014 rv. 261677 sez. 5, numero 18078/2010 rv. 247134 . Ebbene, rileva il Collegio, in relazione al nuovo provvedimento oggi impugnato, che i ponderosi motivi e la copiosa documentazione prodotta dalla difesa non paiono ancora una volta essere stati vagliati dal tribunale perugino, il quale ha ritenuto che l'intervenuta emissione del decreto che dispone il giudizio l'esentasse dal fornire una risposta quanto meno in relazione al quantum del profitto del reato tributario ipotizzato a carico degli indagati. S'impone, pertanto, un nuovo annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata, essendo il giudice del rinvio chiamato, rispondendo alle obiezioni difensive, a dare una risposta in motivazione sul quantum del profitto del reato che tenga conto dei principi più volte affermati da questa Corte secondo cui, con specifico riferimento ai reati tributari, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, va riferito all'ammontare dell'imposta evasa, che costituisce un indubbio vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e, in quanto tale, riconducibile alla nozione di profitto , costituito dal risparmio economico da cui consegue l'effettiva sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, di cui certamente beneficia il reo così sez. 3 numero 1199, 16 gennaio 2012. V. anche SS.UU. numero 18374, 23 aprile 2013 e sez. 3 numero 44309/2013, Spadaccini, non mass. . La quantificazione di detto risparmio deve essere comprensiva del mancato pagamento degli interessi e delle sanzioni dovute in seguito all'accertamento del debito tributario sez. 5 numero 1843, 17 gennaio 2012 . Va evidenziata anche la necessità, da parte del giudice del rinvio, di una valutazione sul valore dei beni sequestrati, al fine di verificare il rispetto del principio di proporzionalità tra il credito garantito ed il patrimonio assoggettato a vincolo cautelare, al fine di evitare che la misura cautelare si riveli eccessiva nei confronti del destinatario sez. 3 numero 17465/2012 sez. 3 numero 41731/2010 . Il sequestro non può, infatti, riguardare beni di valore eccedente il profitto del reato sez. 3 numero 1893/2012, sez. 3 numero 10120/2011 conf. sez. 5 numero 2101/2010 sez. 3 numero 30140/2012 . P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Perugia.