Spinge la maestra e la obbliga ad entrare in classe: condannato per percosse

Confermata la sanzione nei confronti dell’uomo 258 euro di multa. Alla donna 500 euro come risarcimento. Inequivocabile il gesto compiuto, consistito nello spingere con forza l’insegnante in aula.

Spinge a forza l’insegnante dentro l’aula. Condotta valutabile come violenta. Consequenziale la condanna per il reato di percosse Cassazione, sentenza n. 4272, sezione Quinta Penale, depositata oggi . Violenza. Nessun dubbio per il giudice di pace l’uomo va sanzionato per avere praticamente obbligato l’insegnante – una donna – ad entrare in classe. Pena fissata in 258 euro di multa . E alla persona offesa, costituitasi parte civile , viene riconosciuto un risarcimento del danno , quantificato in 500 euro . Secondo il Procuratore Generale della Corte d’appello, però, è erronea la qualificazione giuridica della condotta tenuta dall’uomo. Illogico parlare di semplici percosse , molto più sensato contestare il reato di violenza privata . Tale obiezione, però, si rivela fragile. Per i Giudici della Cassazione, difatti, è chiara la lettura della vicenda. L’uomo ha costretto l’insegnante, con una spinta, ad entrare in aula . E quella azione è valutabile come percosse . Ciò perché anche la spinta, concretandosi in una energia fisica esercitata con violenza e direttamente sulla persona, integra il percuotere . Confermata, quindi, e definitiva, la condanna decisa dal giudice di pace.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 settembre 2015 – 2 febbraio 2016, numero 4272 Presidente Lombardi – Relatore De Bernardinis Fatto e diritto Con sentenza in data 3/4/14 il Giudice di Pace di Locri condannava D.A.V., quale responsabile del reato di cui all'articolo 581 CP acc. in danno di L.T. alla pena di €258,00 di multa, oltre al risarcimento del danno, di €500,00, a favore della costituita parte civile. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il PG presso la Corte di Appello di Reggio Calabria, deducendo 1-erronea qualificazione giuridica del fatto in particolare il requirente riteneva configurabile nella specie l'ipotesi della violenza privata osservando che la persona offesa, insegnante, era stata costretta dall'imputato con una spinta, ad entrare in aula - Pertanto, il PG riteneva che il Giudice di pace avrebbe dovuto rilevare la propria incompetenza, e disporre la trasmissione degli atti al PM. Il ricorso risulta inammissibile. Invero, si rileva in primo luogo che dal testo dei provvedimento impugnato emerge la adeguata valutazione dei presupposti che integrano la fattispecie di percosse, alla stregua di quanto dichiarato in sede dibattimentale sia dalla persona offesa che da altra teste e che tali elementi valgono a confortare l'accusa formulata ai sensi dell'articolo 581 CP. secondo i principi enunciati da questa Corte secondo cui il termine percuotere non è assunto nell'articolo 581 CP. nel suo significato di battere, colpire, picchiare, bensì in quello più lato comprensivo di ogni violenta manomissione dell'altrui persona fisica, sicchè anche la spinta, concretandosi in un'energia fisica esercitata con violenza e direttamente sulla persona integra il percuotere v. in tal senso Cass. sez. V del 22/3/1988,numero 3764 Alla luce di tali rilievi i motivi di ricorso articolati dal PG devono ritenersi inammissibili, in quanto fondati su deduzioni in fatto, che -in assenza di riferimenti ad elementi che il giudice di merito abbia omesso di verificare-tendono alla diversa interpretazione delle risultanze dibattimentali. Va pertanto dichiarata l'inammissibilità dei ricorso. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del PG