Sostituzione di persona e decurtazione dei punti dalla patente

La quinta sezione penale della Corte di Cassazione interviene in tema di violazioni al codice della strada, definendo i limiti del profilo soggettivo del reato in una particolare fattispecie di mancata comunicazione delle generalità del conducente.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 49121/2015 depositata l’11 dicembre. Il caso. Il ricorrente viene riconosciuto responsabile del reato ascrittogli di sostituzione di persona, ai sensi dell’art. 494 c.p., capi 1 e 5, per aver predisposto e consegnato alle polizie locali competenti ad irrogare, in relazione ad alcune violazioni al codice della strada, la sanzione accessoria della decurtazione dei punti sulla patente, documentazione falsa attestante che, al momento dell’infrazione, alla guida del veicolo si trovavano cittadini extracomunitari. Doglianze della difesa. In particolare, con il ricorso proposto nell’interesse del soggetto ritenuto responsabile, si lamentano vizi motivazionali e di violazione di legge, per avere la Corte territoriale individuato il dolo specifico di cui all’art. 494 c.p., nel fine di evitare la decurtazione dei punti della patente di guida, trascurando di considerare che i proprietari dei veicoli, se anche avessero omesso di fornire l’indicazione del conducente del veicolo al momento dell’accertamento dell’illecito, non avrebbero subito alcuna decurtazione alla stregua del contenuto della sentenza n. 27/2005 della Corte Costituzionale, le cui indicazioni sono state successivamente trasfuse nell’art. 126- bis del codice della strada. Fine perseguito. Al riguardo gli Ermellini non possono che dichiarare l’inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza. Infatti, secondo i Giudici del Palazzaccio, la ricostruzione operata dalla Corte d’Appello territoriale risulta corretta quanto all’individuazione del fine perseguito, con le condotte contestate, dall’autore delle infrazioni al codice della strada, avendo riguardo all’azione compiuta – che, nell’attribuire a terzi la responsabilità della conduzione del veicolo, certamente finiva per sottrarre i reali autori dell’infrazione alla decurtazione della patente – e non con riguardo alle conseguenze che sarebbero scaturite da una condotta che l’imputato non ha tenuto, cioè la mancata comunicazione del nominativo del conducente. Scendendo nel dettaglio della sentenza della Corte Costituzionale n. 27/2005, richiamata nella sentenza in commento, i Giudici di Piazza Cavour evidenziano che con essa venne dichiarata l’illegittimità costituzione dell’art. 126- bis , comma 2, del codice della strada, nella parte in cui disponeva che nel caso di mancata identificazione del conducente, la segnalazione doveva essere effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non avesse comunicato, entro trenta giorni dalla richiesta, all’organo di polizia procedente i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione. La stessa sentenza ebbe a precisare che nel caso in cui il proprietario avesse omesso di comunicare i dati personali e della patente del conducente, trovava applicazione la sanzione pecuniaria di cui all’art. 180, comma 8, del codice della strada. L’interesse ad operare una comunicazione falsa. Concludendo il proprio ragionamento logico-giuridico, la Corte di Cassazione evidenzia che – come si legge nella sentenza in commento -, fermo restando che esisteva comunque all’epoca l’interesse a operare una comunicazione falsa delle generalità del conducente, per evitare, in caso di inerzia, l’applicazione di una ulteriore sanzione pecuniaria, la configurabilità dell’elemento soggettivo del reato ritenuto scaturisce nel caso di specie dall’analisi della condotta realizzata e non dagli effetti di una condotta che non è stata tenuta. Da qui la dichiarazione di inammissibilità per i ricorsi che, implicando il mancato perfezionamento del rapporto processuale, cristallizza in via definitiva la sentenza impugnata, precludendo in radice la possibilità di rilevare d’ufficio l’estinzione del reato per prescrizione intervenuta successivamente alla pronuncia in grado d’appello.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 ottobre – 11 dicembre 2015, n. 49121 Presidente Savani – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 03/03/2014 la Corte d'appello di Brescia, per quanto ancora rileva, ha confermato l'affermazione di responsabilità a di G.C., in relazione ai reati di cui all'art. 494 cod. pen. capi 1 e 5, rispettivamente commessi in data 23 - 25/09/2006 e in data 14/12/2006 , per avere predisposto e consegnato alle P.zie locali competenti ad irrogare, in relazione ad alcune violazioni al codice della strada, la sanzione accessoria della decurtazione dei punti sulla patente, documentazione falsa attestante che, al momento dell'infrazione, alla guida del veicolo si trovavano cittadini extracomunitari b di F.P., in relazione al reato di cui al capo 1, quale destinatario di due contravvenzioni, in relazione alle quali si era dispiegata l'attività del C 2. Nell'interesse del C. e del P. sono stati proposti ricorsi per cassazione. 3. Con il ricorso proposto nell'interesse del C. si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale individuato il dolo specifico di cui all'art. 494 cod. pen., nel fine di evitare la decurtazione dei punti della patente di guida, trascurando di considerare che i proprietari dei veicoli, se anche avessero omesso di fornire l'indicazione dei conducente del veicolo al momento dell'accertamento dell'illecito, non avrebbero subito alcuna decurtazione, alla stregua del contenuto della sentenza n. 27 del 2005 della Corte costituzionale, le cui indicazioni erano poi state trasfuse nell'art. 126-bis cod. str., come modificato dalla l. n. 286 del 2006. 4. II ricorso proposto nell'interesse del P. lamenta violazione di legge, per avere la Corte territoriale ritenuto sussistente il reato di cui all'art. 494 cod. pen., nonostante che, con la falsa dichiarazione di cui all'art. 126-bis cod. str., non si attribuisca al soggetto indicato come conducente alcuna qualità, ma ci si limiti ad indicare un mero dato di fatto. Considerato in diritto 1. II ricorso proposto nell'interesse del C. è inammissibile, per manifesta infondatezza. Al riguardo, si osserva che la ricostruzione dello specifico fine perseguito, con le condotte contestate, dagli autori delle infrazioni al codice della strada e dal concorrente C. è stata correttamente operata dalla Corte territoriale, avendo riguardo all'azione compiuta - che, nell'attribuire a terzi la responsabilità della conduzione del veicolo, certamente finiva per sottrarre i reali autori dell'infrazione alla decurtazione dei punti dalla patente - e non con riguardo alle conseguenze che sarebbero scaturite da una condotta che gli imputati - e, per quanto qui rileva, il C. - non hanno tenuto, ossia la mancata comunicazione del nominativo dei conducente. La sentenza n. 27 del 2005 della Corte costituzionale ebbe, infatti, a dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2, del d. Igs. n. 285 del 1992, nella parte in cui disponeva che nel caso di mancata identificazione di questi, la segnalazione deve essere effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro trenta giorni dalla richiesta, all'organo di P.zia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione , anziché nel caso di mancata identificazione di questi, il proprietario del veicolo, entro trenta giorni dalla richiesta, deve fornire, all'organo di P.zia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione . La sentenza ritenne, tuttavia, necessario precisare che nel caso in cui il proprietario avesse omesso di comunicare i dati personali e della patente del conducente, trovava applicazione la sanzione pecuniaria di cui all'articolo 180, comma 8, del codice della strada. Fermo restando, quindi, che esisteva comunque all'epoca - come, del resto, anche oggi, alla luce dei nuovo testo dell'art. 126-bis cod. str. - l'interesse a operare una comunicazione falsa delle generalità del conducente, per evitare, in caso di inerzia, l'applicazione di una ulteriore sanzione pecuniaria, resta comunque da ribadire che la configurabilità dell'elemento soggettivo del reato ritenuto scaturisce, nel caso di specie, dall'analisi della condotta realizzata e non dagli effetti di una condotta che non è stata tenuta. 2. Anche il ricorso proposto nell'interesse del P. è inammissibile per manifesta infondatezza, giacché la qualità di cui all'art. 494 cod. pen. è nozione che esprime in termini sintetici, evocativi di un attributo della persona, null'altro che i presupposti idonei a giustificare, alla stregua della normativa, il prodursi di effetti giuridici. L'esaltazione dell'autonomia di tali dati fattuali operata in ricorso è, pertanto, del tutto arbitraria, poiché sempre l'attribuzione della qualità presuppone un substrato fattuale assunto come rilevante dall'ordinamento giuridico, in vista della produzione di effetti giuridici. 3. I ricorsi, in conclusione, vanno dichiarato inammissibili e tale situazione, implicando il mancato perfezionamento del rapporto processuale, cristallizza in via definitiva la sentenza impugnata, precludendo in radice la possibilità di rilevare di ufficio l'estinzione del reato per prescrizione intervenuta successivamente alla pronuncia in grado di appello cfr., tra le altre, Sez. U, n. 21 dell'11/11/1994, Cresci, Rv. 199903 Sez. 3, n. 18046 del 09/02/2011, Morra, Rv. 250328, in motivazione . 4. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.